[...] Ci sono i giornalisti, davvero tanti. Anche quelli della stampa cattolica, da Avvenire a Famiglia Cristiana, il cui direttore Don Sciortino manda un messagio per dire che è "diabolico far credere che questa manifestazione sia una farsa. La legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a spalmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica" [...]
ABUSO ISTITUZIONALE DEL NOME "ITALIA" DA PARTE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO: DIMISSIONI SUBITO.
Il centro di Roma gremito per la manifestazione per la libertà di informare
Giornalisti, sindacati e tanti giovani. Saviano ricorda i cronisti caduti
Centinaia di migliaia in piazza
"Giù le mani dall’informazione"
di MATTEO TONELLI *
ROMA - "Il cittadino non informato o informato male è meno libero". Basterebbe questa frase, detta dal palco dal presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida, per spiegare il senso della giornata. Questo 3 ottobre che ha visto 300mila persone (secondo la stima degli organizzatori, 60mila per la questura) stipare all’inverosimile piazza del Popolo a Roma, fino a creare un muro di persone in buona parte delle vie del centro.
Dovere di informare e diritto di essere informati, è lo slogan di cui si è fatta promotrice la Federazione nazionale della stampa. E all’appello hanno risposto in centinaia di migliaia. Arrivati in piazza del Popolo per applaudire Roberto Saviano che elenca nomi dei giornalisti caduti mentre facevano il loro mestiere. Chiedendo che non si "infanghi" il loro nome. Ricordando che "verità e potere non coincidono mai". In piazza per gridare la loro solidarietà a Repubblica, L’unità, Annozero, Report e a tutti coloro che, da tempo, sono nel mirino dell’esecutivo. Per riconoscersi. Per dire e, dirsi, che la libera informazione è il tassello fondamentale della democrazia. Per cantare che "libertà e partecipazione".
E’ una piazza davvero affollata quella baciata da un primaverile sole romano. Con la voglia di far sentire la sua voce. Di dire che non tutto "è reality", che "un’altra Italia è possibile". Una piazza militante, certo. Con i cartelli contro Berlusconi. Che fischia sonoramente quando i precari nominano il ministro Gelmini. Ma che non fa sconti nemmeno a sinistra. "D’Alema chiedi scusa e poi vattene", recita un cartello.
E’ una piazza che esprime un bisogno di partecipazione, di mobilitazione. Piena di ragazzi e ragazze. Sono davvero tanti quelli venuti a piazza del Popolo. Gente che cita Gramsci e il suo "odio per gli indifferenti". Una piazza variegata. Ci sono i giornalisti, davvero tanti. Anche quelli della stampa cattolica, da Avvenire a Famiglia Cristiana, il cui direttore Don Sciortino manda un messagio per dire che è "diabolico far credere che questa manifestazione sia una farsa. La legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a spalmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica". Si schiera anche il cdr di Mediaset.
Ci sono cittadini che a farsi dare dei "farabutti" dal premier non ci stanno. Anche se quelli di Rai3 se lo scrivono, beffardamente, in uno striscione. Giornalisti che vedono minacciata la loro professione. "Il governo ritiri il dl Alfano e le querele contro Repubblica e Unità" dice il segretario della Fnsi, Franco Siddi.
E ci sono i partiti e le loro bandiere, anche se gli organizzatori avevano chiesto un passo indietro. Franceschini e Bersani (che per un giorno dimenticano la sfida congressuale), Bertinotti, Di Pietro. C’è la Cgil di Guglielmo Epifani che ha organizzato molti pullman.
Mancano Cisl e Uil e la piazza li fischia. Ed ancora l’associazionismo, l’Arci, Giustizia e Libertà. Gli universitari con il bavaglio sulla bocca. Ma anche il mondo della cultura, preoccupato per i tagli, altra forma di restringimento della libertà. Nanni Moretti si mischia tra la folla e lancia un affondo al centrosinistra "che negli ultimi 15 anni ha sbagliato tutto". Serena Dandini incassa applausi. E ci sono i precari della scuola che oggi a Roma si sono ritrovati in corteo. E tantissimi semplici cittadini.
Come Paola Franchi e Graziella e Donatella Andreani. Sono partite da Verona alle sette della mattina. Il perché lo spiegano così: "Bisogna difendere la democrazia, oggi è sempre più difficile far conoscere verità. Lo diciamo anche ai giornalisti: tenete la schiena dritta".
C’è gente così a questa manifestazione che non è una festa, non è una farsa (come l’ha definita Berlusconi) e non è nemmeno uno spettacolo (nonostante ci siano i cantanti). "E’ l’ennesima manifestazione contro Berlusconi" tuona la destra. E di sicuro, da queste parti, il premier non riscuote simpatie. Ma non è lui il protagonista, stavolta. Certo, alcuni cartelli lo sbeffeggiano. Richiamano la vicende delle escort a palazzo Grazioli. "L’infomazione rende liberi, papi ci rende schiavi". "Dieci ragazze per me posson bastare". "Le notizie non si coprono con il cerone".
Un cartello ricorda le dieci domande di Repubblica a cui il premier non ha mai risposto. L’antiberlusconismo c’è. I fischi al Tg4 e a Feltri pure. Ma c’è anche molto altro. Ci sono cartelli che citano Calamandrei quando paragona la libertà all’aria. Altri che ricordano come non essere ascoltati non sia una buona ragione per tacere. Se c’è un messaggio che questa piazza lancia è proprio questo. Non è più tempo di feste e spettacoli. E quando Marina Rei canta Gaber, quel "libertà è partecipazione" sembra l’unica colonna sonora possibile per una giornata così.
* la Repubblica, 3 ottobre 2009
Sul tema, nel sito, si cfr.:
ABUSO ISTITUZIONALE DEL NOME "ITALIA" DA PARTE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO: DIMISSIONI SUBITO.
La Stampa, 3/10/2009 (20:44)
LA PROTESTA
In piazza per difendere l’informazione
A Roma sfila il popolo della sinistra
Saviano: «Fermiamo l’indifferenza».
ROMA La Fnsi aveva chiesto di non portare in piazza del Popolo le bandiere dei partiti e invece c’erano tutte: da quelle del Pd alle bandiere dell’Idv, alle classiche bandiere rosse di Rifondazione, di Sinistra e Libertà, di Sinistra critica e soprattutto assieme a quelle della Cgil, supporto organizzativo non estraneo al clamoroso successo della manifestazione per la libertà dell’informazione (al di là delle cifre piuttosto ottimistiche sulle presenze, prima 150mila, poi 300mila, diffuse dagli organizzatori: ma anche i 60mila valutati dalla tradizionalmente prudente Questura sono una cifra molto significativa). Piazza piena, vie circostanti intasate di gente, automobili bloccate in ingorghi interminabili nel centro di Roma, forse a causa di una sottovalutazione dell’evento da parte dei responsabili cittadini dell’ordine pubblico. In piazza anche molti leader dell’opposizione, mentre dal Governo si moltiplicano i commenti polemici sull’iniziativa.
Oratore simbolo della manifestazione è Roberto Saviano. Lo scrittore, minacciato di morte dalla camorra per le sue rivelazioni sui legami fra economia criminale ed economia legale, spiega dal palco che «la libertà per cui stiamo combattendo è la serenità di poter raccontare, è la possibilità di lavorare senza doversi aspettare ritorsioni». Quanto alle bandiere di partito, «non le abbiamo chiamate noi», precisa Roberto Natale, presidente della Fnsi, ma in ogni caso «è stato compreso lo spirito dell’iniziativa, una piazza per parlare dei problemi dell’informazione non come problemi di una categoria, ma come attacco al diritto di una comunità nazionale a essere informata».
A mettersi in sintonia con la piazza, provano i politici presenti, a cominciare dai due rivali nel Pd Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani. Silvio Berlusconi ha definito «una farsa» la manifestazione? «Gli dà fastidio - commenta - che ci sia tanta gente in piazza». E anche se «Berlusconi dice che non c’è problema - osserva dal canto suo Bersani - il mondo e questa piazza ci dicono che il problema c’è, è la maggioranza e il Governo non possono ignorarlo». Mentre Massimo D’Alema invita il premier a non «insultare i cittadini», una cosa «sempre di cattivo gusto, soprattutto quando si mobilitano così numerosi». Il leader dell’Idv Di Pietro sottolinea che la manifestazione, essendo «per la libertà di stampa», è anche inevitabilmente, a suo giudizio, «contro il governo Berlusconi che è in totale conflitto di interessi».
Durissimi i comenti di parte governativa. Il leader della Lega Umberto Bossi liquida le proteste: «La libertà di stampa in Italia c’è e purtroppo c’è anche la libertà di insulto, che è un’altra roba». Per il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi la manifestazione «conferma che la sinistra in Italia vive completamente estraniata dalla realtà, una condizione che alimenta e giustifica ogni sorta di estremismo». Mentre il ministro del Welfare Maurizio Sacconi si scaglia contro la Federazione della Stampa, promotrice dell’iniziativa: «La manifestazione - accusa - non può coprire il suo fallimento» nel difendere gli interessi della categoria.
In ogni caso, al di là dei numeri, le molte decine di migliaia che hanno affollato il centro di Roma rendono visibile l’esistenza di un ’popolo di sinistrà o se si preferisce di centrosinistra, non molto diverso, nella composizione e nelle aspettative politiche, da quello che spinse Romano Prodi al suo secondo, risicato successo alle elezioni politiche nel 2006. È un popolo che può anche seguire i partiti, dividendosi, quando il centrosinistra governa, ma che resta irriducibilmente ostile al centrodestra berlusconiano (che non a caso lo irride), ed è pronto a rispondere unito alla chiamata in piazza quando si presenta l’occasione. E tutto questo si è visto chiaramente, proprio nella giornata in cui Pd e Idv tornano a fare a cannonate dopo le accuse di Di Pietro al Quirinale a all’opposizione «connivente» sullo scudo fiscale. Proprio per questo la lettura forse più nitida della giornata la fa uno che da un anno a questa parte vive alla periferia della battaglia politica, l’ex presidente della Camera ed ex segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti: «Questo popolo è qui contro le limitazioni alla libertà di espressione, ma chiede molto di più. Vuole essere protagonista, vivere la politica».