Cervello, conta la parte sinistra
Gazzaniga: «L’uomo può vivere anche se la destra è lesionata»
di Massimo Piattelli Palmarini
(Corriere della Sera, 06.09.2008)
In un giorno del 1956, al White Memorial Medical Center, alla periferia di Los Angeles, i neurologi esaminarono il triste caso di un ex paracadutista americano, il quale aveva riportato nel 1944 un grave trauma cranico. Questo paziente, poi divenuto ultra-celebre nella letteratura clinica, è noto mediante le iniziali W. J.
Il poveretto soffriva di frequenti convulsioni epilettiche resistenti ai farmaci. I neurochirurghi Joseph Bogen e Phillip Vogel, nel 1962, decisero di sezionare il ponte calloso che connette i due emisferi cerebrali. Due neuropsicologi del vicino California Institute of Technology vennero chiamati a seguire la successiva rieducazione e ad effettuare un’attenta analisi delle conseguenze psicologiche, cognitive e comportamentali dell’intervento. Essi erano il ben noto e allora cinquantenne professor Roger Walcott Sperry e il suo giovane assistente Michael S. Gazzaniga.
Penso che tutti abbiamo sentito parlare del cervello diviso, dello «split brain», e abbiamo una qualche nozione della diversità tra emisfero sinistro (logico, linguistico, metodico, riflessivo) e emisfero destro (artistico, attento alle forme e alle melodie, intuitivo).
Ebbene, tutto è partito proprio dal caso W. J. e dai lavori di Sperry e Gazzaniga. Mike Gazzaniga è oggi direttore del Centro SAGE per lo Studio della Mente all’Università di California a Santa Barbara. E’ appena uscito il suo ultimo libro, dal semplicissimo titolo «Human», e dal sottotitolo «la scienza che è alla base di ciò che ci rende unici».
In che cosa siamo così unici nel mondo animale? Lo lascio dire a Gazzaniga, in esclusiva per il Corriere Scienza: «E’ perché abbiamo un cervello capace di conoscere, apprezzare e desiderare le arti e governare i nostri atteggiamenti sociali e morali. Su un punto Darwin aveva torto, cioè noi non siamo in continuità con gli altri primati, la differenza tra noi e loro e qualitativa, non puramente quantitativa».
Gli chiedo di essere più esplicito: «Dal punto di vista cognitivo, noi abitiamo in una nicchia ecologica del tutto speciale. Evoluzionisticamente parlando, siamo come un treno senza freni. Possiamo modificare l’ambiente quasi senza limiti, il nostro cervello è molto meno modulare di quello di specie anche a noi vicine. Il passato del nostro cervello, della nostra mente e del nostro corpo ci condiziona assai poco. In altre parole, non possiamo liberamente cambiare la nostra natura, ma possiamo cambiare i nostri comportamenti. Dobbiamo sperare solo di sapere bene quello che stiamo facendo».
L’idea del cervello sinistro e destro è diventata moneta corrente. Che cosa c’è di vero e di esagerato oggi in questa idea? «Ciò che più ci preme, nella nostra esistenza, è la capacità di pensare e di trovare soluzioni, essere creativi e comunicativi. Tutto ciò è provincia dell’emisfero sinistro. Quello destro gioca anch’esso un ruolo importante, ma si è visto che la vita ordinaria può continuare anche quando viene colpito».
Dopo quasi mezzo secolo, quali lezioni possiamo trarre da questa lunga avventura clinica e scientifica? «Che gli esseri umani possiedono, nel loro emisfero sinistro, un dispositivo particolare che ci consente di dare un senso ai nostri propri comportamenti e umori, ci consente di interpretarli. Molti sono prodotti da meccanismi cerebrali impermeabili alla coscienza. Questo dispositivo è il loro interprete ci consente di raccontare a noi stessi la favola che siamo un’entità unica e consapevole, a dispetto di un sistema cerebrale che è di fatto distribuito e in parte modulare».
Gazzaniga è riconosciuto come un padre fondatore delle neuroscienze cognitive: «Sono quel neuroscienziato irrequieto, che ha sempre guardato verso il futuro e ha non solo dato contributi al problema dei rapporti tra mente e cervello, ma ha anche creato il settore della neuro-etica». Il suo libro «Il Cervello Etico» lo testimonia; inoltre è a capo di un vasto progetto di neuroetica sovvenzionato dalla Fondazione McArthur e darà l’anno prossimo in Scozia le prestigiose Gifford Lectures, venerabile istituzione che esiste dal 1887.
Che cosa ci riserverà il futuro? «C’è stato il continuo progresso, proprio da voi in Italia, da Camillo Golgi a Giacomo Rizzolatti, dall’identificazione delle singole cellule nervose alle reti di neuroni e alla comprensione di come il cervello capisce le intenzioni altrui. Il futuro delle neuroscienze sta tutto nella scoperta di nuovi strumenti di indagine e nuovi metodi per capire i sistemi complessi ».
Sul tema, nel sito e in rete, si cfr.:
ESTETICA (E NON SOLO) E DEMOCRAZIA. PER LA CRITICA DELLA FACOLTA’ DI GIUDIZIO E DELLA CREATIVITA’ DELL’ "UOMO SUPREMO" (KANT).
CREATIVITA’: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETA’ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Da Emilio Garroni, una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico.
Cervello e linguaggio
Comunicare senza parole
di Arnaldo Benini (Il Sole-24 Ore, Domenica, 6.12.2015)
Guardando la comunicazione gestuale fra non udenti, ci si chiede come possano trasmettere con gesti e mimiche idee, propositi, stati d’animo, racconti, antipatie e simpatie, ironie, rabbuffi, consensi e rimproveri. Gli udenti comunicano con articolazioni vocali, i non udenti con movimenti di braccia, tronco, faccia, bocca (specie il labbro superiore), che entrano nei meccanismi percettivi come stimolazioni visive. La comunicazione gestuale è un sistema strutturato con vocabolario e grammatica, che, come il linguaggio, è basato su sintassi, semantica e fonologia. I non udenti danno un accento ai gesti che usano.
La comunicazione gestuale è acquisita gradualmente e cambia nel tempo, come il linguaggio, ed è diversa a seconda dell’area linguistica. Non udenti di Stati Uniti e d’Inghilterra, ad esempio, non si capiscono. Le neuroscienze cognitive studiano questa comunicazione non solo per l’importanza sociale, ma perché contribuisce alla conoscenza di varie aree cerebrali corticali e sottocorticali e delle loro connessioni. Le indagini sulla comunicazione gestuale confermano che le aree cerebrali del linguaggio (come anche, ad esempio, quelle primarie della visione) sono più estese, variabili e flessibili di quanto si pensasse.
Resta da chiarire quanto ciò dipenda da strutture e ultrastutture intrinseche alle aree e quanto da connessioni con aree lontane, nel senso della diaschisi (Cfr. Il Sole 24 Ore 21.12.2014).
Le visualizzazioni cerebrali (fondamentali in questi studi) mostrano che in coloro che comunicano con gesti, e solo nei non udenti che li vedono, sono attive le stesse aree sopra, sotto e dietro la fessura di Silvio dell’emisfero cerebrale sinistro, dove viene creato e capito il linguaggio parlato. Attivi nella comunicazione gestuale sono l’opercolo frontale e temporale, le aree frontali e prefrontali e il cervelletto, come nel linguaggio parlato. Il giro fusiforme, che riconosce i volti, è particolarmente attivo quando i gesti si riferiscono a verbi, le aree motorie per verbi di movimento. Più attivi che nel linguaggio parlato sono i lobi parietali, verosimilmente perché la comunicazione gestuale avviene nello spazio, di cui i lobi parietali sono i terminali cerebrali.
La comunicazione gestuale è prodotta da una vasta attivazione corticale e sottocorticale, in parte comune al linguaggio parlato. A ciò si deve la sua ricchezza, varietà, duttilità, capacità e forza esplicative. Nel linguaggio gestuale una mano, di regola la destra, è dominante, e, se necessario, è usata l’altra. In entrambi i casi sono attive le aree linguistiche dell’emisfero sinistro.
Un ictus nell’emisfero cerebrale sinistro del non udente può compromettere o rendere impossibile la comunicazione gestuale, come avviene col linguaggio parlato in caso di afasia. Gli udenti accompagnano e sottolineano quel che dicono con gesti. Si motteggia che alcuni popoli parlano più con le mani che con la bocca.
A. Newmann dell’Università di Halifax in Canada e collaboratori in varie università negli Stati Uniti e in Europa, si sono chiesti quale sia il rapporto fra la gestualità dei non udenti, per i quali essa è l’unica comunicazione, e quella con la quale gli udenti sottolineano quel che dicono, specie quando parlano di movimenti.
L’analogia è apparente: nei non udenti, nei gesti senza significato linguistico, sono attive, oltre a quelle dei movimenti, le aree linguistiche dell’emisfero sinistro, anche se meno intensamente dei gesti con significato linguistico. La pratica della comunicazione gestuale porta i non udenti a dare un significato linguistico anche a gesti superflui. Negli udenti sono attive solo le aree dei movimenti in chi parla e della loro percezione in chi ascolta e vede, ma non le aree linguistiche. Esiste un vasto meccanismo nervoso linguistico che, se non può esprimersi con lingua, labbra e voce, lo può con i gesti. I cervelli possono comunicare anche senza parole.
L’asimmetria nell’uomo e negli animali
Guarda a sinistra, vai a destra
Le due metà del cervello svolgono funzioni diverse, lavorano insieme per evitare sprechi ma non sempre vanno d’accordo. Ecco dove e come nasce la nostra duplice personalità
di Arnaldo Benini (il Sole Domenica, 09.02.2014)
Il cervello dei vertebrati, e quindi dei primati e degli esseri umani, consiste di due metà apparentemente identiche, gli emisferi cerebrali. Essi regolano la metà opposta del corpo e percepiscono la metà controlaterale del corpo e del mondo, perché le vie dal cervello al corpo e quelle dagli organi di senso agli emisferi sono prevalentemente incrociate, nel midollo spinale o nel tronco encefalico.
La prima scoperta, nella seconda metà del XIX secolo, della differenza fra le due metà, fu la localizzazione dei centri del linguaggio nell’emisfero sinistro, che controlla anche la mano dominante. Linguaggio e prevalenza della mano destra potrebbero aver avuto una selezione evolutiva comune. Fin circa 40 anni fa si pensava che l’asimmetria fosse circoscritta alla manualità e al linguaggio umani.
Una delle prime prove dell’asimmetria negli animali fu che gli uccelli canterini (come canarini e usignoli) non cantano se viene anestetizzato il nervo sinistro della siringe. Oggi è evidente che l’asimmetria dei sistemi nervosi è una costante della storia della vita secondo una linea evolutiva di miliardi d’anni, a partire forse da un minuscolo verme. Essa gioca il ruolo fondamentale nel comportamento, sia per il cervello umano con i suoi 110 miliardi di neuroni e le innumerevoli sinapsi, che per sistemi nervosi le cui poche cellule si distribuiscono nei due lati di minuscole teste.
Neuroetologia
L’asimmetria dei sistemi nervosi è evidente nell’asimmetria del comportamento. Uno dei campi più attivi della biologia interdisciplinare, la neuroetologia, (i cui pionieri sono Giorgio Vallortigara di Trento, Lesley Rogers di Armidale in Australia, e Richard J. Andrei di Brighton) studia l’asimmetria indagando il comportamento d’uomini, primati, mammiferi, lucertole, pesci, tartarughe, uccelli, topi, ratti, api, formiche, calamari, pulcini, lumache e d’altri animali grandi e piccoli.
Nel 90% degli esseri umani e in quasi tutte le scimmie la mano destra è prevalente. La sua area motoria nell’emisfero sinistro ha un contenuto più elevato di neuroni e sinapsi. Lo scimpanzé tiene fermo il vaso con la mano sinistra ed estrae il miele con un dito della mano destra. Per gesti informativi, uomini, scimpanzé e baboons usano prevalentemente la mano destra. Per molte attività topi e ratti usano di regola la zampa anteriore destra. Il pulcino esce dal guscio con la zampina destra. La linea mentale dei numeri (1...2...3) va da sinistra a destra. Per meccanismi cerebrali congeniti o acquisiti? Pulcini neonati furono allenati a beccare semi nel quarto e nel sesto buco (contando dal basso) di un’asta posta verticalmente.
Acquisita la regola, l’asticella fu posta orizzontalmente. La maggior parte dei pulcini andava a cercare i semi nel quarto e nel sesto buco contando da sinistra. La linea dei numeri è quindi un meccanismo cerebrale acquisito, dovuto probabilmente all’emisfero destro che orienta l’attenzione verso sinistra. Se le due antenne dei moscerini della frutta vengono, una dopo l’altra, coperte da un sottile strato di silicone, si nota che la sinistra percepisce gli odori più intensamente della destra e che solo lei determina la rotta del volo.
Api furono allenate a sporgere la proboscide quando sentivano odore di vaniglia o di limone per ricevere una goccia di zucchero. L’antenna sinistra imparava più lentamente che la destra. Dopo 24 ore avveniva il contrario. L’antenna destra attiva più rapidamente la memoria a breve, quella sinistra a lungo termine. Il camaleonte americano è duttile: ha un colore amabile nella parte del corpo rivolta verso la femmina e uno minaccioso verso il rivale.
Funzioni della parte sinistra del sistema nervoso
La parte sinistra del sistema nervoso valuta la quotidianità ed elabora il comportamento distinguendo gli stimoli secondo regole congenite o acquisite. I passerotti percepiscono il cinguettio dei loro compagni più con l’orecchio destro, cioè con l’area uditiva della metà sinistra del cervello. Uccelli, pesci, mammiferi cercano cibo con l’occhio destro, e si guardano dai pericoli col sinistro (cioè con l’area visiva della metà destra del cervello). Piccioni, polli e altri uccelli utilizzano l’occhio destro per distinguere semi da sassolini. Un uccello della Nuova Zelanda ha il becco piegato verso destra, che gli consente di beccare a colpo sicuro e in fretta. Rettili, pesci, tartarughe e altri animali cacciatori attaccano la preda vista con l’occhio destro. La maggior parte dei cani reagisce a stimoli gradevoli (una carezza, del cibo) muovendo la coda verso destra fino a toccare il fianco. Se lo stimolo è sgradevole (un cane ostile, un gatto) la coda è mossa verso sinistra. Piccioni, quaglie, polli, trampolieri, beccano i semi che si trovano a destra del becco, perché il terreno è esplorato con l’occhio destro.
L’area del linguaggio del lobo frontale è particolarmente ricca di connessioni nervose. Oltre al linguaggio e alla motilità della mano destra dominante, l’emisfero sinistro regola il comportamento che dipende da convinzioni, conoscenze e riflessioni. Esso impara, formula regole, valuta passato e presente e pianifica il futuro. È l’emisfero dell’autocoscienza, cioè della riflessione su sé stessi, di cui il linguaggio interiore è lo strumento.
Nell’uomo, per i primi tre anni, l’emisfero destro riceve più sangue di quello sinistro. A partire dal quarto anno, l’emisfero sinistro è più voluminoso e riceve più sangue di quello destro, a conferma della sua preminenza. L’emisfero sinistro tiene sotto controllo il destro, che elabora emozioni ed affettività. All’inizio di sindromi demenziali, alcuni pazienti mostrano un’insospettata capacità di disegnare o pitturare. La degenerazione più intensa dell’emisfero sinistro potrebbe aver indebolito il controllo sul destro, che così esprimerebbe liberamente le emozioni.
Funzioni della parte destra del sistema nervoso
L’emisfero destro elabora gli influssi e gli stimoli dall’ambiente che regolano il comportamento. Tartarughe, lucertole, polli, cavalli e alcuni primati guidano l’approccio sessuale soprattutto con l’occhio sinistro. L’emisfero destro registra ed elabora nuovi impulsi e distingue le varie emozioni. La sua reazione è particolarmente intensa nel caso d’emozioni negative. Per questo il cane allarmato scodinzola verso sinistra. Il cavallo irritato aggredisce il rivale quando esso è visto dal suo occhio sinistro. I vertebrati reagiscono ai cacciatori e ad altri pericoli più in fretta e più ingegnosamente se li vedono con l’occhio sinistro. Nell’uomo l’emisfero destro è particolarmente sensibile a stimoli inattesi, potenzialmente pericolosi e associati a forti emozioni. A essi la mano sinistra reagisce più in fretta della destra dominante. In caso di paura o terrore è attiva l’amigdala di destra.
Negli uomini, nei primati e in altri vertebrati l’emisfero destro elabora le informazioni spaziali molto più del sinistro, soprattutto perché a destra il lobo parietale è più sviluppato. Nei taxisti di Londra, alle prese con un traffico faticoso, l’ippocampo e il lobo parietale, particolarmente impegnati nella memoria e nell’informazione spaziale, sono più voluminosi a destra. Scoiattoli e topi che nascondono il cibo per il futuro hanno, sin dalla nascita, l’ippocampo destro più grande.
L’orecchio sinistro elabora il contenuto emozionale di ciò che si sente, quello destro il significato. L’attività musicale coinvolge molta parte del cervello, con prevalenza dell’emisfero destro, specie del lobo temporale. Una lesione del lobo temporale destro può portare all’incapacità di distinguere una barzelletta da una minaccia o il russare dal suono di una campana. Lo stimolo a urinare è regolato prevalentemente dall’emisfero destro. Ciò potrebbe spiegare l’urgenza di urinare ripetutamente in caso di tensione e di forti emozioni. Nei ritratti di quadri e fotografie la testa è di regola girata verso destra, in modo che in primo piano ci sia la parte sinistra del volto, innervata dall’emisfero destro elaboratore delle emozioni. Se è esposta la parte destra, spesso si tratta d’uomini severi e assorti. Lo stress cronico può portare a una dominanza dell’emisfero destro e provocare depressione.
Vantaggi e svantaggi dell’asimmetria
L’asimmetria evita lo sperpero d’energia che si avrebbe se i due emisferi fossero in competizione per le varie funzioni. Inoltre la lateralità evita doppioni e lascia spazio ad altre funzioni. Ciò potrebbe, almeno in parte, chiarire ciò che ancor non è del tutto spiegabile, e cioè come un organo piccolo come il cervello umano sia capace di tante e tanto sofisticate attività, da quelle vegetative a quelle della mente.
Il linguaggio a sinistra ha il vantaggio della contiguità dei meccanismi nervosi dell’autocoscienza e della razionalità, di cui il linguaggio è lo strumento. In caso di lesione dei centri del linguaggio, l’emisfero destro non può però sostituirli. Gli occhi laterali di pesci e uccelli hanno il vantaggio di un ampio campo visivo con due rappresentazioni cerebrali. Per verificare la presenza di una minaccia, pesci e uccelli devono però girare la testa in modo che sia vista dall’occhio sinistro, e ciò attira l’attenzione del predatore. Molti di loro, nella perenne lotta per la vita, hanno imparato che è opportuno aggredire le prede dalla parte del loro occhio destro.
Ogni metà del nostro cervello corrisponde a un individuo con le sue qualità e debolezze. Alle caratteristiche comuni agli altri esseri viventi, il cervello umano, in particolare con lo sviluppo, durato oltre due milioni d’anni, della parte anteriore dei lobi frontali, ha aggiunto la razionalità e l’autocoscienza. I loro meccanismi si trovano prevalentemente nell’emisfero sinistro. Esso elabora prevalentemente la razionalità, il destro gli affetti e l’emotività.
Le due metà sono collegate da ampie commessure e lavorano insieme. Ciò impedisce, ad esempio, che una mano disfi quel che ha fatto l’altra o che si ostacolino a vicenda. I due emisferi non sembrano andar sempre d’accordo. Noi siamo costituiti da due personalità, in contrasto per tutta la vita e in equilibrio precario. Ciò spiega molte nostre caratteristiche, il nostro comportamento non sempre gradevole, le difficoltà, spesso, di prendere decisioni, i rimorsi, i rimpianti, l’impulsività, l’avventatezza del comportamento non meditato. In una storia fantasiosa dell’autocoscienza, Julian Jaynes sostiene che l’umanità fu guidata dall’emisfero destro fin quando essa credeva alle voci interiori, alle favole, ai miti, ai comandi divini.
Lentamente l’emisfero sinistro avrebbe preso il sopravvento. Il mondo cambiò. Nell’antichità si seguivano le voci interiori. Nell’Europa cristiana, per una simile credenza, si rischiava di finire sul rogo. Nell’Iliade, nell’Odissea, nel Vecchio Testamento gli uomini seguono, anche se talvolta controvoglia, i comandi divini. Solo con la prevalenza dell’emisfero sinistro l’uomo si sarebbe convinto di agire seconda la sua volontà.
Nell’antichità filosofia e poesia coincidevano. La separazione, per George Steiner, avvenne con Platone, che separò la riflessione filosofica dai racconti dei poeti e dei rapsodi, non obbligati alla verità. In realtà, l’unione di poesia e di riflessione non andò perduta. Basti pensare a Lucrezio, Plotino, Dante, Voltaire, Milton, Hölderlin, Leopardi, o Wittgenstein, che desiderava che la poesia fosse la voce della sua riflessione. Con Il caso singolare del Dr. Jekyll e del Mr. Hyde e col Visconte dimezzato, Robert Louis Stevenson e Italo Calvino hanno fatto della scissione dell’anima, causata dall’asimmetria cerebrale, due capolavori narrativi.
Cervelli diversi tra uomo e donna: la foto conferma
di Caterina Soffici (il Fatto, 04.12.2013)
L’annosa questione è stata infine risolta. Un gruppo di ricercatori ha svelato il mistero dei misteri: la differenza tra uomini e donne. Ci hanno versato sopra fiumi di inchiostro, sul perché le donne non sanno leggere le cartine geografiche e gli uomini non chiedono mai le indicazioni stradale. Lo psicologo John Gray ha fatto fortuna scrivendo Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, best-seller da 6 milioni di copie.
Ora l’arcano è svelato da un gruppo di ricercatori dell’Università della Pennsylvania che ha trovato la spiegazione scientifica del perché uomini e donne pensano e agiscono diversamente.
L’The Independent ci apre addirittura l’edizione di ieri. Ora sappiamo con certezza che a influenzare il comportamento e le scelte diverse di uomini e donne sono le connessioni dei neuroni nel cervello. Nell’uomo sotto attive quelle della parte frontale e posteriore nello stesso emisfero che regolano le percezioni e le azioni coordinate. Nella donna invece, sono più attivi i legami tra i due emisferi, perciò hanno più sviluppato il pensiero logico (emisfero destro) e l’intuizione (sinistro).
La ricerca ha coinvolto 949 volontari tra gli 8 e i 22 anni, 521 donne e 428 uomini e ha confermato che le differenze iniziano a emergere con l’adolescenza, tra i 14 e i 17 anni e aumentano sempre più dopo i 18. Storia di ormoni. Quando entrano in circolo anche il cervello inizia a lavorare in modo diverso.
I volontari si sono sottoposti a un esame con uno scanner che ha messo in evidenza il percorso delle connessioni: le immagini non lasciano dubbi. Secoli di luoghi comuni confermati da una semplice foto del cervello in azione. Se le donne si ricordano maggiormente un volto, hanno più facilità relazionale, chiacchierano di più e hanno il 6° senso, il motivo è scientifico. Con buona pace di una parte del pensiero femminista che ha sempre sostenuto l’uguaglianza biologica, non è solo un fatto di condizionamenti sociali. È il cervello che funziona diversamente.
Cervello. Quel ping pong tra i neuroni che rende diversi uomini e donne
Dotati di una maggiore percezione degli spazi e capacità sportive i primi, intuitive e multitasking le seconde
Usa fotografa per la prima volta le strade seguite dagli impulsi cerebrali di maschi e femmine
di Elena Dusi (la Repubblica, 04.12.2013)
Nel ping pong dei pensieri che ci corrono in testa, uomini e donne giocano su due tavoli diversi. I maschi ragionano in lungo, le donne in largo. Nei primi le idee rimbalzano avanti e indietro, nelle seconde a destra e sinistra. Per gli esperti di architettura cerebrale, questa asimmetria si traduce in una differenza fra i due sessi, ma anche in una complementarietà, con i pregi dell’uno che compensano i difetti dell’altro. Alla maggiore capacità maschile di percepire lo spazio e coordinare al suo interno i movimenti del corpo fa da contraltare l’innata dote femminile di intuire, collegare e svolgere più compiti insieme. Lo stereotipo dell’uomo specializzato nel parcheggiare l’auto o leggere una cartina e della donna abile nel multitasking viene oggi confermato da uno studio che osserva come sono strutturati i fasci di fibre nervose nell’intero cervello di maschi e femmine.
Gli impulsi cerebrali - spiega la ricerca su Pnas- seguono due autostrade diverse nei due sessi. Fra i maschi sono molto potenti i collegamenti fra parte anteriore e posteriore del cervello. Fra le donne invece è la comunicazione fra i due emisferi a essere privilegiata. Tradotto in termini di attitudini, i maschi hanno un collegamento diretto fra le percezioni (collocate nella zona frontale) e i movimenti che coinvolgono i muscoli (gestiti dalla parte anteriore della corteccia cerebrale) e sfruttano una rapidità maggiore nel processare le informazioni. Gli impulsi elettrici nel cervello maschile viaggiano soprattutto da una parte all’altra dello stesso emisfero, esattamente il contrario delle donne, specializzate nel “saltare i ponti” fra parte destra e sinistra del cervello. Questo vuol dire, aggiunge la ricerca di un team dell’università della Pennsylvania, capacità di unire le doti di analisi (emisfero sinistro) al ben noto, secondo alcuni addirittura diabolico, intuito femminile. O di ricordare volti e nomi di persone incontrate in situazioni inusuali: compito per cui serve integrare dati immagazzinati in zone diverse del cervello.
Le differenze fra ragazzi e ragazze, come gli altri tratti sessuali, emergono intorno ai 14 anni e si approfondiscono durante l’adolescenza. Queste informazioni già note all’aneddotica sono state per la prima volta tradotte in spettacolari immagini grazie al metodo della “connettomica”. Una tecnica speciale di risonanza magnetica permette di visualizzare l’intero cervello e il percorso seguito dagli impulsi elettrici. Queste traiettorie dei pensieri sono tutt’altro che casuali: seguono autostrade ben precise, legate alle attitudini di ciascuno di noi e nitidamente visibili nelle immagini ottenute con la risonanza magnetica. «Oltre alle differenze, ciò che colpisce è la complementarietà fra doti femminili e maschili» commenta la coordinatrice dello studio Ragini Verma, che insegna radiologia all’università della Pennsylvania e ha guidato la navigazione all’interno del cervello di 949 giovani fra gli 8 e i 22 anni. «Possiamo finalmente dire di aver osservato le basi neurologiche delle diverse attitudini di uomini e donne». Per Ruben Gur, psichiatra dello stesso ateneo, «le differenze contribuiscono alla sopravvivenza della specie. La specializzazione contribuisce infatti all’adattabilità e aumenta il ventaglio dei comportamenti».
Federica Agosta, ricercatrice della Neuroimaging research unit del San Raffaele
“Ma per avere alcune qualità ci si può sempre allenare”
intervista di E. D. (la Repubblica, 04.12.2013)
Diversi fin nell’architettura. «Le differenze che notiamo nei comportamenti e nelle attitudini nascono proprio da una diversa organizzazione dei fasci nervosi all’interno del cervello» spiega Federica Agosta, ricercatrice della Neuroimaging researchunit del San Raffaele a Milano.
Anche il vostro gruppo ha studiato le differenze fra uomini e donne. Vi sorprendono i risultati di oggi?
«No, lo avevano già dimostrato vari test comportamentali: i maschi sono più bravi nei compiti procedurali e motori, nei processi visivi e spaziali, mentre il punto forte delle donne sono multitasking, attenzione e memoria».
Questa architettura del cervello è fissa o può essere alterata dedicandosi a determinate attività?
«Il cervello resta un organo plastico, specialmente in età giovane. Dedicarsi con assiduità a determinate attività, sia motorie che intellettive, può far aumentare il volume dell’area cerebrale dedicata e far crescere il numero dei neuroni».
Lo studio del connettoma che vediamo nella ricerca di oggi ci dà più informazioni rispetto ai metodi usati nel passato?
«Gli studi tradizionali osservavano singole aree del cervello. Lo studio del connettoma ci permette di guardare l’organo nel suo complesso, e di mettere in evidenza il percorso degli impulsi nervosi».
In società complesse come quelle attuali le qualità femminili appaiono forse leggermente più utili?
«In effetti. Gli uomini ci battono in procedura, ma nelle attività della vita quotidiana le donne hanno spesso maggiore controllo». (e.d.)
Quei legami famigliari "scritti" nel cervello
di Massimo Ammaniti (la Repubblica, 11.08.2010)
La figura materna è l’archetipo della vita: madre che protegge, che si prende cura e che rinuncia a se stessa per i propri figli. Forse per questo motivo è difficile attribuire alle madri sentimenti negativi come l’odio e il risentimento, che in alcuni momenti possono essere emergere e che possono interferire nel rapporto coi figli soprattutto se questi stati d’animo, come scrive lo psicoanalista inglese Donald Winnicott, vengono ignorati e soprattutto negati. Come è ben noto per diventare madri si va incontro a grandi cambiamenti: in primo luogo fisici, basti pensare alla gravidanza, e poi trasformazioni psicologiche dell’identità femminile fino al nuovo ruolo sociale che viene ad assumere la donna.
Ma anche il cervello delle madri va incontro a grandi cambiamenti proprio perché una madre deve essere particolarmente capace di proteggere il figlio, di anticipare e prevenire i possibili pericoli, di provvederne alla cura e all’alimentazione. E madri non si nasce ma si diventa, come affermano due neurobiologi, Craig Kinsley e Kelly Lambert, che hanno studiato gli effetti della gravidanza e della maternità sul cervello materno in campo animale. Mettendo a confronto topoline madri che avevano da poco figliato con topoline vergini, si è visto che le prime erano in grado di trovare il cibo nascosto in un labirinto in 3 minuti, mentre queste ultime riuscivano a trovarlo solo dopo 7 giorni. Da questo studio è evidente la superiorità delle topoline madri nell’orientarsi nello spazio e nel ricordare gli indizi ambientali per trovare il cibo per la propria prole.
Ma che cosa succede nel cervello delle madri? In gravidanza si verifica un vero e proprio bagno di ormoni, estrogeni e progesterone, che non solo inducono le trasformazioni dell’utero e della placenta ma influenzano la stessa struttura del cervello. In primo luogo i neuroni cerebrali assumono dimensioni maggiori e si modificano anche sul piano biochimico con l’attivazione di determinate aree cerebrali, un vero circuito cerebrale materno. Si tratta delle regioni limbiche, ipotalamiche e del tronco cerebrale che influenzano il comportamento materno per cui le madri sono più attente e recettive ai segnali e ai comportamenti del figlio.
Se si potesse guardare dentro la testa delle madri si potrebbe constatare la particolare attività dell’emisfero cerebrale destro nell’accudimento e nell’amore per i figli. Infatti se si osserva come le madri tengono in braccio il figlio, lo prendono prevalentemente col braccio e con la mano sinistra, molto più dei padri e delle donne che non hanno ancora avuto un figlio. Questa particolare posizione viene assunta in modo istintivo e permette di tenere il figlio nella parte sinistra dello sguardo, ossia quella che comunica direttamente con l’emisfero cerebrale destro, maggiormente coinvolto nell’attaccamento al figlio e nelle risposte emotive.
L’amore che la madre prova per il figlio è una specie di innamoramento, che comporta un intenso compiacimento quando si sta insieme e si comunica. Due ricercatori dell’University College di Londra, Bartels e Zeki, hanno studiato con la Risonanza Magnetica il cervello delle madri e quello delle persone innamorate ed hanno scoperto che sono attivate aree cerebrali sovrapponibili. Si tratta di aree cerebrali in cui sono presenti recettori del sistema di ricompensa, ossia legati al neuro-ormone dopamina che suscita quelle sensazioni piacevoli tipiche di chi è innamorato, ma anche di altre aree ricche di ossitocina e di vasopressina, neuro-ormoni che influenzano il legame di attaccamento. Ma quello che stupisce di più è il fatto che in entrambi i casi avviene una disattivazione delle zone cerebrali legate al giudizio sociale e al riconoscimento delle emozioni negative, la spiegazione scientifica del detto napoletano "ogni scarrafone è bello a mamma sua".
Anche le recenti ricerche da noi effettuate ci consentono di comprendere il rapporto empatico fra madre e figlio. Quando le madri osservano le diverse espressioni emotive del proprio figlio si attivano le zone cerebrali in cui sono presenti i neuroni specchio che permettono di rivivere l’esperienza dell’altro anche soltanto osservandola. In questo modo le madri sono in grado di mettersi nei panni del figlio e comprenderne gli stati d’animo e le motivazioni. E’ indubbio che queste nuove ricerche in campo neurobiologico siano in grado di andare aldilà dello "strato roccioso", che secondo Freud costituirebbe il limite biologico all’esplorazione della mente umana.