La felicità? S’insegna ad Harvard
Tutti al corso "Psicologia positiva"
Più del denaro, un rapporto amoroso soddisfacente, avere tanti amici ed essere rispettati dalla comunità nella quale si vive
di PAOLO PONTONIERE *
SAN FRANCISCO (California) - La felicità non è il prodotto del caso ma frutto di scelte deliberate. Non si tratta di un incidente di percorso che si verifica per alcuni e mai per altri, ma una grazia che illumina la vita di tutti quelli che la perseguono con determinazione sistematica, organizzazione, impegno e creatività. Non sono suggerimenti tratti da uno dei tanti libri di self-help pubblicati negli Stati Uniti, ma da lezioni di autorevoli professori della Harvard University.
Gli studenti l’hanno soprannominata scienza della felicità, il nome ufficiale del corso è psicologia positiva, e lo stano frequentando a centinaia. L’anno scorso furono 850, quest’anno è di gran lunga il corso più popolare dell’ateneo con un numero di iscritti. Un successone. Superiore anche a quello del corso di Introduzione Economica, uno dei più facili offerti da Harvard, e a quello di Etica Sociale che, tenuto da Robert Cole - uno che negli Usa viene ritenuto quasi un santo - aveva stabilito il record del corso col maggior numero di iscritti della storia dell’università americana.
In un’era in cui paesi come il Bhutan decidono di assumere come metro di misura del loro benessere l’indice di felicità dei propri cittadini piuttosto che le statistiche del Pil, non stupisce che gli insegnamenti per raggiungere la felicità stiano ricevendo tutta questa attenzione. Quando poi si viene ad un paese come gli Stati Uniti, che l’hanno inserita addirittura nella Costituzione, ci si rende conto che la ricerca della felicità non è una bazzecola.
Negli Usa ogni anno vengono dedicati tomi interminabili a come meglio realizzare l’intento dei padri fondatori di grantire una vita felice agli abitanti del nuovo mondo. Il proposito - o almeno la sua discussione - emerge di tanto in tanto anche nei discorsi dei candidati alla presidenza. L’industria del self-help è florida. E’ sufficiente fare un giro in un qualsiasi negozio di libri per rendersene conto: ogni anno sforna decine di best-seller in cui si assicura il metodo per raggiungere questo traguardo in modo semplice e a buon prezzo.
Adesso nel business della realizzazione della beatitudine sulla Terra ci si è messa anche la Harvard University. Qui il corso di psicologia positiva viene tenuto da Tan Ben-Shahar, autore del best-seller Happier: Learn the Secrets of Daily Joy and Lasting Fulfillment e speaker motivazionale di grande efficacia.
Questa materia di insegnamento - ad onor del vero - nasce nella Pennsylvania University dove Martin Seligman cominciò a formarlizzarne i canoni oltre un decennio orsono con una serie di ricerche sul tema dell’apprendimento dell’ottimismo. Seligman aveva scoperto che mentre la maggioranza degli animali - anche gli umani - finivano con l’abbandonare un’impresa nella quale apparentemente non avevano nessuna possibilità di riuscita, un piccolo numero invece non si arrendeva, persisteva nel suo obbiettivo anche quando le avversità sembravano insormontabili. Seligman, incuriosito dalla scoperta, cercò di capire come mai alcune persone sembrano possedere un grande potere di rimonta e di auto-controllo e se quelle qualità potevano essere apprese ed insegnate.
Ad Harvard Ben-Shahar ai suoi allievi, per apprendere come ci si inoltra sulla strada della soddisfazione emozionale, fa studiare anche i programmi per il self help più popolari del momento. Secondo Ben-Shahar dalla comprensione degli elementi che rendono efficaci programmi come i vari Alcoholic, Sex e Marijuana Anonymous, i suoi studenti possono apprendere quello che il rigore accademico non riesce ad insegnargli: ovvero come questi vari elementi si combinano nella realtà quotidiana di una persona, migliorandola.
Così gli allievi della Harvard University imparano che il 50 per cento circa del livello di felicità generale di un individuo è condizionato da un fattore genetico e che il resto è invece determinato da fattori endogeni ed esogeni che sono sotto il suo controllo diretto. Da cose come il lavoro che sceglie di fare, il numero e il tipo di relazioni sociali che intesse con l’ambiente circostante, dalla maniera in cui pensa e i suoi valori etici e morali.
Gli studenti finiscono anche con lo scoprire che alcune condizioni esogene, come il reddito, non sono poi così importanti nel livello di soddisfazione individuale quanto lo sono invece il coinvolgimento in un rapporto amoroso, avere tanti amici ed essere rispettati dalla comunità nella quale si vive.
La psicologia positiva riesce a fondere così armoniosamente gli elementi più disparati delle scienze sociali. Al suo interno si trovano per esempio i principi dello stoicismo e del buddismo fusi con la filosofia aristoteliana e la pedagogia contemporanea. "Abbiamo preso alcun idée delle filosofie antiche e le abbiamo coniugate con con il nuovo studio scientifico della felicità", ha spiegato Seligman in un’intervista al londinese Times. Seligman, tra l’altro, pubblica su internet anche una lista di 24 domande per aiutare una persona a scoprire la sua dote personale - creatività, coraggio, intelligenza o amore - che l’aiuterà a raggiungere più facilmente la felicità.
Intanto negli Usa il numero delle istituzioni accademiche che offrono corsi sulla felicità o la realizzazione personale sta crescendo a vista d’occhio (attualmente sono oltre 200) e Ben-Shahra di recente ha tenuto anche una serie di lezioni in Cina. "In fondo il ruolo dell’università è quello di migliorare la qualità della vita delle persone", dichiara il professore, "e questo è precisamente quello che mi propongo di fare".
* la Repubblica, 8 settembre 2008
Sul tema, nel sito, si cfr.:
"Deus caritas est".
Sul Vaticano, in Piazza san Pietro,
il "Logo" del Grande Mercante!!!
Le Monde Diplomatique - La Valise diplomatique
L’ingiustizia sociale uccide
di Pierre Rimbert
(martedì 2 settembre 2008 - traduzione dal francese di José F. Padova) *
Questa constatazione senza sfumature non proviene da un’organizzazione marxista ortodossa, ma da uno studio dettagliato sui fattori sociali determinanti la salute nel mondo. Reso pubblico dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) il 28 agosto 2008, il rapporto, intitolato "Colmare il fossato in una generazione" (1) sintetizza i risultati di tre anni di ricerche.
Esso rileva come alle disuguaglianze sanitarie fra Paesi si aggiungano quelle fra ricchi e poveri nel medesimo paese. Per esempio, se l’aspettativa di vita alla nascita di un bambino americano è superiore di diciassette anni a quella di un indiano, la speranza di vita di un neonato scozzese di una periferia poverissima di Glasgow è di ventotto anni inferiore a quella di un lattante messo al mondo in un quartiere pieno di soldi della stessa città. «L’ingiustizia sociale uccide su grande scala», notano gli autori riuniti in seno alla Commissione sui fattori sociali determinanti la salute. Costituita dall’OMS nel 2005, comprende fra i suoi membri ricercatori in scienze sociali, medici, personalità politiche, ecc..
«La ripartizione disuguale dei fattori che nuocciono alla salute non è in alcun caso un fenomeno naturale, essi spiegano. Essa risulta dagli effetti congiunti di politiche e di programmi sociali insufficienti, di modalità economiche ingiuste e di strategie politiche mal pensate». Ridurre queste ineguaglianze passa evidentemente attraverso un accesso universale ai beni elementari (acqua, nutrimento, alloggio, cure, energia), ma anche attraverso l’educazione, la cultura, un’urbanizzazione armoniosa e buone condizioni di lavoro. Inoltre il fossato sanitario non si colmerà «se non si migliora la vita delle donne, delle bambine e delle ragazze», mentre i poteri pubblici si devono impegnare più fermamente per mettere fine alle discriminazioni che le colpiscono.
Questo documento di 256 pagine si legge come una requisitoria contro le politiche economiche magnificate dalle istituzioni finanziarie internazionali e messe in atto in numerosi Paesi. Esso raccomanda in particolare di «lottare contro le disuguaglianze nella ripartizione del potere, del denaro e delle risorse, vale a dire i fattori strutturali dai quali dipendono le condizioni di vita quotidiane a livello mondiale, nazionale e locale».
Collegando salute e lavoro, i membri della Commissione si scostano in modo strano dalle raccomandazioni liberali dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE): «Il pieno impiego, l’equità in materia di lavoro e di condizioni di lavoro decenti devono essere gli obiettivi comuni delle istituzioni internazionali e porsi nel cuore delle politiche e delle strategie di sviluppo nazionale, mentre i lavoratori devono essere meglio rappresentati al momento dell’elaborazione delle politiche, della legislazione e dei programmi che riguardano l’occupazione e il lavoro». Effettivamente «un lavoro, non pericoloso e rimunerato correttamente» riduce i fattori di rischio. Come pure un impiego stabile, visto che «la mortalità è sensibilmente più elevata fra i lavoratori temporanei che fra quelli permanenti».
Per porre rimedio alle ineguaglianze sanitarie e alle disparità delle condizioni di vita quotidiane, il rapporto dell’OMS raccomanda di istituire «una protezione sociale universale generosa» - che funzioni di preferenza «mediante ripartizione» -, così come importanti investimenti nel settore della sanità. Un cantiere di questo genere «esige un settore pubblico potente, determinato, capace e sufficientemente provvisto di finanziamenti».
Dal momento che i governi dei Paesi capitalisti avanzati delegano al settore commerciale una parte sempre più importante delle attività riguardanti la salute e trasferiscono alle assicurazioni private intere sezioni della copertura assicurativa delle malattie, gli autori dello studio ricordano che «la salute non è un bene negoziabile». La fornitura di beni sociali essenziali, come l’accesso all’acqua e alle cure, «deve essere regolata dal settore pubblico e non dalla legge del mercato». I membri della Commissione dell’OMS insistono su questo punto: «Poiché i mercati non possono fornire i beni e i servizi indispensabili in modo equo, il finanziamento da parte dello Stato esige dal settore pubblico che garantisca un inquadramento solido e consenta spese sufficienti». Prima di concludere, in barba ai sostenitori di una fiscalità sempre più ridotta, così: «Ciò presuppone un’imposta progressiva, perché è accertato che una ridistribuzione anche se modesta contribuisce a ridurre la povertà molto più della sola crescita economica».
Alla luce di questi risultati bisogna pensare a stampare sulle scatole dei medicinali «Abbassare l’imposta nuoce alla salute» e «L’ingiustizia sociale uccide».
(1) http://www.monde-diplomatique.fr/carnet/2008-09-02-inegalites
* Il Dialogo, Mercoledì, 10 settembre 2008 - ripresa parziale, senza tabelle
APPELLO
S.O.S ACQUA
di Alex Zanotelli
Cosenza ,15 agosto 2008
Nel cuore di questa estate torrida e di questa terra calabra, lavorando con i giovani nelle cooperative del vescovo Brigantini (Locride) e dell’Arca di Noè (Cosenza), mi giunge, come un fulmine a ciel sereno, la notizia che il governo Berlusconi sancisce la privatizzazione dell’acqua. Infatti il 5 agosto il Parlamento italiano ha votato l’articolo 23 bis del decreto legge numero 112 del ministro G. Tremonti che nel comma 1 afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell’economia capitalistica. Tutto questo con l’appoggio dell’opposizione, in particolare del Pd ,nella persona del suo corrispettivo ministro-ombra Lanzillotta. (Una decisione che mi indigna , ma non mi sorprende, vista la risposta dell’on Veltroni alla lettera sull’acqua che gli avevo inviata durante le elezioni!).
Così il governo Berlusconi , con l’assenso dell’opposizione, ha decretato che l’Italia è oggi tra i paesi per i quali l’acqua è una merce.
Dopo questi anni di lotta contro la privatizzazione dell’acqua con tanti amici,con comitati locali e regionali, con il Forum e il Contratto Mondiale dell’ acqua ......queste notizie sono per me un pugno allo stomaco, che mi fa male. Questo è un tradimento da parte di tutti i partiti ! Ancora più grave è il fatto , sottolineato dagli amici R.Lembo e R. Petrella, che il “Decreto modifica la natura stessa dello Stato e delle collettività territoriali. I Comuni, in particolare , non sono più dei soggetti pubblici territoriali responsabili dei beni comuni, ma diventano dei soggetti proprietari di beni competitivi in una logica di interessi privati, per cui il loro primo dovere è di garantire che i dividendi dell’impresa siano i più elevati nell’interesse delle finanze comunali .“ Ci stiamo facendo a pezzi anche la nostra Costituzione!
Concretamente cosa significa tutto questo? Ce lo rivelano le drammatiche notizie che ci pervengono da Aprilia (Latina) dimostrandoci quello che avviene quando l’acqua finisce in mano ai privati. Acqualatina , (Veolia , la più grande multinazionale dell’acqua ha il 46,5 % di azioni.) che gestisce l’acqua di Aprilia, ha deciso nel 2005 di aumentare le bollette del 300%! Oltre quattromila famiglie da quell’anno, si rifiutano di pagare le bollette ad Acqualatina , pagandole invece al Comune. Una lotta lunga e dura di resistenza quella degli amici di Aprilia contro Acqualatina! Ora nel cuore dell’estate, Acqualatina manda le sue squadre di vigilantes armati e carabinieri per staccare i contatori o ridurre il flusso dell’acqua. Tutto questo con l’avallo del Comune e della provincia di Latina ! L’obiettivo? Costringere chi contesta ad andare allo sportello di Acqualatina per pagare.
E’ una resistenza eroica e impari questa di Aprilia: la gente si sente abbandonata a se stessa. Non possiamo lasciarli soli!
L’ estate porta brutte notizie anche dalla mia Napoli e dalla regione Campania. L’assessore al Bilancio del Comune di Napoli, Cardillo lancia una proposta che diventerà operativa nel gennaio 2009. L’ Arin, la municipalizzata dell’acqua del Comune di Napoli, diventerà una multi-servizi che includerà Napoligas e una compagnia per le energie rinnovabili. Per far digerire la pillola, Cardillo promette una “Robintax” per i poveri ( tariffe più basse per le classi deboli). Con la privatizzazione dell’acqua si creano necessariamente cittadini di seria A ( i ricchi ) e di serie B ( i poveri), come sostiene l’economista M.Florio dell’università degli studi di Milano.
Sono brutte notizie queste per tutto il movimento napoletano che nel 2006 aveva costretto 136 comuni di ATO 2 a ritornare sui propri passi e a proclamare l’acqua come bene comune. Invece dell’acqua pubblica, l’assessore Cardillo sta forse preparando un bel bocconcino per A2A ( la multiservizi di Brescia e Milano ) o per Veolia, qualora prendessero in mano la gestione dei rifiuti campani? Sarebbe il grande trionfo a Napoli dei potentati economico-finanziari.
A questo bisogna aggiungere la grave notizia che a Castellamare di Stabia (un Comune di centomila abitanti della provincia di Napoli ), 67 mila persone hanno ricevuto, per la prima volta, le bollette dalla Gori , (una SPA di cui il 46% delle azioni è di proprietà dell’ Acea di Roma). Questo in barba alle decisioni del Consiglio Comunale e dei cittadini che da anni si battono contro la Gori, che ormai ha messo le mani sui 76 Comuni Vesuviani ( da Nola a Sorrento).
“Non pagate le bollette dell’acqua!”, è l’invito del Comitato locale alle famiglie di Castellamare. Sarà anche qui una lotta lunga e difficile, come quella di Aprilia. Mi sento profondamente ferito e tradito da queste notizie che mi giungono un po’ dappertutto.
Mi chiedo amareggiato: Ma dov’è finita quella grossa spinta contro la privatizzazione dell’acqua che ha portato alla raccolta di 400 mila firme di appoggio alla Legge di iniziativa popolare sull’acqua ?
Ma cosa succede in questo nostro paese? Perchè siamo così immobili? Perchè ci è così difficile fare causa comune con tutte le lotte locali, rinchiudendoci nei nostri territori? Perché il Forum dell’acqua non lancia una campagna su internet, per inviare migliaia di sollecitazioni alla Commissione Ambiente della Camera dove dorme la Legge di iniziativa popolare sull’acqua?
Non è giunto il momento di appellarsi ai parlamentari di tutti i partiti per far passare in Parlamento una legge-quadro sull’acqua?
Dobbiamo darci tutti una mossa per realizzare il sogno che ci accompagna e cioè che l’acqua è un diritto fondamentale umano, che deve essere gestita dalle comunità locali con totale capitale pubblico, al minor costo possibile per l’utente, senza essere S.P.A . “L’acqua appartiene a tutti e a nessuno può essere concesso di appropriarsene per trarne “illecito” profitto- ha scritto l’arcivescovo emerito di Messina G. Marra. Pertanto si chiede che venga gestita esclusivamente dai Comuni organizzati in società pubblica, che hanno da sempre il dovere di garantirne la distribuzione per tutti al costo più basso possibile .”
Quando ascolteremo parole del genere dalla Conferenza Episcopale Italiana ? Quand’è che prenderà posizione su un problema che vuole dire vita o morte per le nostre classi deboli ma soprattutto per gli impoveriti del mondo? (Avremo milioni di morti per sete!) E’ quanto ha affermato nel mezzo di questa estate, il 16 luglio, il Papa Benedetto XVI:” Riguardo al diritto all’acqua, si deve sottolineare anche che si tratta di un diritto che ha un proprio fondamento nella dignità umana. Da questa prospettiva bisogna esaminare attentamente gli atteggiamenti di coloro che considerano e trattano l’acqua unicamente come bene economico.”
Quand’è che i nostri vescovi ne trarranno le dovute conseguenze per il nostro paese e coinvolgeranno tutte le parrocchie in un grande movimento in difesa dell’acqua ? L’acqua è vita. “L’acqua è sacra, non solo perché è prezioso dono del Creatore- ha scritto recentemente il vescovo di Caserta, Nogaro - ma perché è sacra ogni persona , ogni uomo, ogni donna della terra fatta a immagine di Dio che dall’acqua trae esistenza, energia e vita.” Sull’acqua ci giochiamo tutto!
Partendo dal basso, dalle lotte in difesa dell’acqua a livello locale, dobbiamo ripartire in un grande movimento che obblighi il nostro Parlamento a proclamare che l’acqua non è una merce, ma un diritto di tutti. Diamoci da fare perché vinca la vita!
Alex Zanotelli
* Il Dialogo, Mercoledì, 27 agosto 2008
SUL TEMA, nel sito, SI CFR.:
Incoronato il nuovo re a 28 anni: il Bhutan si apre al mondo *
Festa grande in Bhutan, dove è stato incoronato il quinto re della dinastia del Dragone, il 28enne Jigme Keshar, diventato ora il più giovane capo di stato del mondo. Il tradizionale rituale buddista, con i canti dei monaci ritmati dal suono del gong, ha segnato la fastosa cerimonia nella sala dorata del trono del palazzo reale, la fortezza di Tashichhidzong. Una folla di sudditi in festa, con i colorati abiti tradizionali, ha invaso le strade della capitale, Thimpu, per salutare il nuovo sovrano.
Il nuovo re di questo piccolo regno isolato fra le montagne dell’Himalaya ha studiato negli Stati Uniti e a Oxford, e ha frequentato l’accademia militare in India. Suo padre, il popolare sovrano Jygme Singye Wangchuk, 53 anni, ha abdicato nel 2006 dopo aver deciso di avviare una transizione dalla monarchia assoluta verso la democrazia. L’erede era di fatto già alla guida del paese, ma è stato incoronato solo oggi in una data considerata fausta dagli astrologi.
L’avvio alla democrazia è iniziato in marzo con le prime elezioni. Il nuovo re, figlio della terza delle quattro mogli del padre, tutte sorelle, avrà un importante ruolo come simbolo di unità e guida nel passaggio alla democrazia.
Grande come la Svizzera, il Bhutan è stretto fra India e Cina e conta 70mila abitanti. È rimasto in gran parte isolato dal mondo esterno e al nuovo re spetterà anche gestire l’inevitabile apertura al globale, senza distruggere le tradizioni.
* l’Unità, Pubblicato il: 06.11.08, Modificato il: 06.11.08 alle ore 12.10