Da alcuni giorni c’è un gran parlare della vittoria di Luxuria all’Isola dei Famosi. Gran parte della sinistra italiana, Liberazione compresa, ha esultato e festeggiato questa vittoria, come trionfo della libertà sessuale e riscatto politico di una parte politica oppressa dalle maggioranze di governo. Luxuria come Obama, qualcuno ha osannato. Le hanno persino offerto una candidatura al Parlamento europeo. In realtà la vicenda dovrebbe cagionare indignazione a chiunque abbia un minimo di interesse culturale e politico. La vittoria di Luxuria e la sua celebrazione politica è l’ennesima sconfitta di una sinistra incapace di liberarsi da una morsa che essa stessa contribuisce a stringere. Intanto Luxuria ha vinto un programma emblema di una televisione frivola e dell’apparire che condiziona costantemente e svuota le menti degli italiani. E poi ci lamentiamo che gli italiani votano Berlusconi... Ma lasciando da parte la televisione e, da democratici quale siamo, ammettiamo per assurdo che la maggioranza dei cittadini italiani abbia il diritto ad una televisione pubblica demenziale e che noi altri possiamo sopportare aspettando le seconde serate oppure attingendo ad altri mezzi di intrattenimento e cultura, dicevo ammettiamo per assurdo tutto ciò e poniamoci un’altra domanda: che cosa centra Luxuria e la sua vittoria all’Isola dei famosi con la politica? Che centra un personaggio televisivo e l’intrattenimento (e poi che intrattenimento!) con l’impegno politico? E non mi si venga a dire che Luxuria è l’affermazione della libertà sessuale... Vedo nella sua vittoria la prova o almeno il sintomo di un’Italia bigotta e la sua vicenda è simile alla vittoria di quella Miss Italia nera, che a mio parere vinse non perché bella ma perché nera, confermando il razzismo che contraddistingue larvatamente chi la votò per questa ragione. Luxuria per me è una persona normalissima, con tutta sincerità non la considero esteticamente accattivante, né culturalmente interessante, né tanto meno politicamente all’altezza. È semplicemente una donna che ha partecipato ad un reality show e nulla più. Poi gli stessi che sosterrebbero la candidatura di Luxuria al Parlamento europeo accusano, con uno snobismo nauseabondo e un maschilismo evidente, il ministro Carfagna di essere politicamente incapace perché è stata una soubrette di Berlusconi. Con altrettanta sincerità considero il ministro Carfagna una donna esteticamente apprezzabile, umanamente buona e al di sopra della media, in termini di formazione e studio, dei parlamentari e dei ministri italiani. In tutta questa situazione continua a sguazzare indisturbato Berlusconi. Ahi serva Italia, di dolore ostello,/ nave sanza nocchiere in gran tempesta,/ non donna di province, ma bordello! Questi versi del Sommo Poeta sono sempre attuali...
Vincenzo Tiano
28-11-2008
SE VINCE LUXURIA PERDE LA SINISTRA
di GIOVANNI VALENTINI (la Repubblica, 29.11.2008)
La vittoria di Vladimir Luxuria all’Isola dei famosi non è la rivincita del comunismo riciclato in salsa televisiva, bensì il trionfo della videocrazia, del potere che si fa televisione o viceversa. Ed è anche la sconfitta di una sinistra alternativa che, incapace ormai di coltivare la propria diversità sul terreno delle idee e dei valori, non trova di meglio che declinarla sul piano della sessualità.
Anche a rischio di essere scambiati per retrogradi o bigotti, si deve dire che quella di Luxuria (e di ciò che la sua figura rappresenta) è una resa alla mercificazione del reality; la sottomissione mediatica alla logica dello show; la subordinazione della politica allo spettacolo e all’esibizione di sé. Tutto ciò non giova certamente alla credibilità dei partiti, del Parlamento o delle istituzioni. Né tantomeno alla "questione omosessuale" che merita senz’altro maggiore rispetto e migliore considerazione, a cominciare proprio dal personaggio in questione.
Definita da Simona Ventura con un’enfasi da premio Oscar "una lama nel burro dei pregiudizi italiani", Luxuria non aveva bisogno di naufragare su un set artificiale per testimoniare la propria condizione, il proprio impegno civile e la propria sofferenza umana. Con l’ingresso in Parlamento, aveva scelto coraggiosamente di proiettare la sua storia personale sullo schermo della politica, richiamando l’opinione pubblica di destra e di sinistra a riflettere seriamente sul tema dell’omosessualità. E invece, con lo sbarco sull’isola, ne ha interpretato una versione ridotta e caricaturale, una parodia per il piccolo schermo della tv.
Avevamo già assistito in passato alle più svariate performances di deputati o senatori davanti alle telecamere e perfino alla metamorfosi di un ex presidente della Camera, come Irene Pivetti, prima in conduttrice televisiva, poi in show-girl e infine in ballerina. Ma la prestazione di Luxuria sull’isola dei finti naufraghi, premiata prima dal boom degli ascolti e quindi dal voto dei telespettatori, è destinata a rimanere negli annali come l’apice di una degenerazione della vita pubblica attraverso il video, con l’aggravante che in questo caso si tratta per di più della tv di Stato. L’ex parlamentare di Rifondazione comunista s’è incaricata di rappresentare così non tanto la fine di un’ideologia, quanto l’estinzione genetica di una specie culturale e politica i cui connotati principali d’identità erano il rigore, la riservatezza, la sobrietà: quella "virtù civile", insomma, di cui parla Viroli nel saggio che citiamo di nuovo all’inizio.
Sembra francamente improbabile che una tale vittoria mediatica possa produrre qualche effetto positivo, sul piano dell’immagine o su quello elettorale, a favore della sinistra cosiddetta antagonista. Ma purtroppo, al giorno d’oggi, non si può escludere neppure questo. E sarebbe, appunto, la sconfitta più mortificante.
Come meravigliarsi allora che in un Paese come il nostro, dove l’onorevole Luxuria vince all’Isola dei famosi, l’esimio senatore Villari resti abbarbicato alla poltrona di presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza, nonostante il coro pressoché unanime che adesso l’invita a dimettersi? Non è forse, proprio lui, il più degno custode di una televisione pubblica che manda in onda tali distorsioni catodiche? A questo punto, Riccardo Villari rischia ormai di diventare un eroe nazionale, il leader riconosciuto dei voltagabbana, il campione assoluto dei combattenti e reduci. Chissà, anzi, che non si debba assistere prima o poi alla sua riabilitazione, beatificazione e santificazione.
Con questa epica resistenza, il presidente eletto e dimissionato della Vigilanza può aprire ora la strada alla più spettacolare normalizzazione della Rai, consentendo al centrodestra di impossessarsi definitivamente di viale Mazzini senza colpo ferire. Magari per confermare gli stessi consiglieri di amministrazione nominati in precedenza dal centrosinistra e addirittura lo stesso "presidente di garanzia", in carico all’attuale opposizione. O comunque, nuovi consiglieri di minoranza scelti però dalla maggioranza. E naturalmente, per insediare i fedelissimi di quest’ultima alla direzione generale, alla direzione delle reti e a quella dei telegiornali. Un intrigo di trasformismo e opportunismo che meriterebbe senza dubbio un serial televisivo.
Agli strateghi della nostra sinistra, riformista e massimalista, si può solo raccomandare di leggere un paragrafo di due paginette contenuto nel libro del collega Salvatore Giannella, intitolato Voglia di cambiare e pubblicato da Chiarelettere. Si racconta come ha fatto Zapatero in Spagna a sottrarre la tv pubblica al potere dei partiti.
La prima mossa è stata la riduzione dei costi: 4.150 dipendenti, su novemila, mandati a casa con prepensionamenti e indennizzi nel giro di due anni. Debito di 7.551 milioni di euro trasferito allo Stato. E infine, trasformazione dell’ente pubblico in una società anonima pubblica, con capitale statale e autonomia di gestione, sottoposta al controllo del Parlamento.
"Il nuovo modello ? si legge ancora nel libro di Giannella ? prevede la creazione di un consiglio d’amministrazione indipendente con maggiori funzioni e con più responsabilità rispetto al passato. Il consiglio è formato da dodici membri eletti con la maggioranza dei due terzi (quattro dal Senato e otto dalla Camera) e ha un mandato di sei anni in modo da non coincidere con la durata della legislatura. Anche il presidente viene nominato dal Parlamento (in precedenza lo nominava il governo)".
Non è, come si vede, la rivoluzione. Ma soltanto una ragionevole riforma, forse fin troppo graduale e prudente. Nell’Italia di Berlusconi, di Luxuria e di Villari, invece, la Rai è e resta ? per ora ? quella imposta dalla legge Gasparri. Una tv di Stato assoggettata alla partitocrazia, controllata dal governo con la complicità dell’opposizione e la partecipazione straordinaria della sinistra trasgressiva.
(sabatorepubblica.it)
Sul tema, nel sito, si cfr.:
QUARANTA POVERI EURO
di Galapagos (il manifesto, 27.11.2008)
Centinaia di miliardi stanno cadendo a pioggia sul sistema finanziario (a difesa dei risparmiatori, è l’alibi) e per cercare di sostenere i consumi. Il tutto in base a un principio semplice che altre volte ha funzionato: se decine di milioni di cittadini spendono un po’ di più, sicuramente la ripresa poi decollerà. Riproponendo il solito modello di crescita, che non modifica di una virgola i rapporti sociali e la distribuzione del reddito. Si può fare diversamente? Guido Bertolaso alla Camera ha fatto sapere che «per la messa in sicurezza delle scuole servo 13 miliardi». Una cifra enorme. In gioco però non c’è solo la sicurezza dei ragazzi, ma un modello di sviluppo e di intervento nell’economia diverso. Immaginare che impulso anti-recessivo potrebbe arrivare da 13 miliardi impiegati nell’edilizia scolastica. E quanto lavoro si potrebbe creare con questo «investimento in civiltà». Ma la civiltà a questo governo non interessa. Le scuole private invece sì.
In Italia una delle cause primarie che ostacolano la crescita demografica e la partecipazione al lavoro delle donne è l’assenza di servizi e politiche sociali. Mancano migliaia di asili nido. La loro costruzione e la successiva gestione potrebbero creare decine di migliaia di posti di lavoro. Meglio gli asili nido o un bonus-bebé una-tantum e un aumento ridicolo degli assegni familiari? Detta in altra forma: meglio un maggiore welfare o un modello che monetizza (neanche tanto) la schiavitù domestica? A parte pochi euro destinati agli ammortizzatori sociali, il decreto anti-crisi del governo non punta al sostegno dei redditi - in particolare per i precari che perdono il lavoro - e a creare con interventi diretti nell’economia, nuovi posti di lavoro.
Il modello di Tremonti è quello spettacolare a miserabile della social card: 40 euro al mese possono far comodo a chi vive nella miseria, ma non ne cambiano la condizione miserabile di vita. Sono altri i servizi da fornire alle famiglie disagiate e agli anziani. Stesso discorso per la sanità. Si seguitano a tollerare gli abusi delle strutture private in convenzione, ma non si fa nulla per riportare in tempi civili le liste d’attesa per gli esami diagnostici. Per i quali servono mesi nelle strutture pubbliche e poche ore se si opta per l’intra moenia a pagamento che sfrutta la struttura pubblica.
Ogni anno, normalmente in primavera e in autunno, l’Italia frana con danni idrogeologici enormi ai quali ex post si mette qualche toppa. Quanta occupazione si potrebbe creare in questo settore? E quanta occupazione si potrebbe creare con il risanamento della rete idrica che priva di acqua milioni di famiglie e fa guadagnare miliardi alle organizzazioni mafiose? E quanta occupazione si potrebbe creare con lo sviluppo delle energie rinnovabili? Obama punta a milioni di nuovi posti; Berlusconi non punta a niente: solo alle grandi opere. Ma Brunetta fa di peggio: dopo la campagna antifannulloni, fa ricchi 3000 dipendenti politicamente scelti. E la sinistra tace: solo parlare di allargare gli spazi del welfare appare un’eresia. Meglio brindare a Luxuria.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Su Luxuria, «Liberazione» e l’Isola dei famosi
di Luca Martinelli - Collettivo Italia Centro-America (Cica)
martedì 25 novembre 2008
Ciao a tutti.
Il Collettivo Italia Centro America ha inviato questa lettera al quotidiano "Liberazione", in risposta allo scandoloso articolo con cui il quotidiano di Rifondazione comunista "celebra" oggi la vittoria di Vladimir Luxuria all’Isola dei famosi.
Fate girare.
Luca
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“ Forza Vladimir, hai vinto tu”. Davvero? Ne siamo sicuri? Le parole con cui Angela Azzaro celebra la “vittoria” di Luxuria all’Isola dei famosi mi fanno vergognare. Secondo la giornalista di Liberazione, Luxuria “ha spiegato a milioni e milioni di italiani che la realtà è diversa e che anche questa realtà deve godere degli stessi diritti della presunta maggioranza”. E, perciò, dovremmo ringraziare “anche a Simona Ventura, che con Vladimir ha tirato su gli ascolti (è l’edizione più vista dell’Isola) ma anche il nostro morale”.
Il mio morale, purtroppo, è a terra: dopo le lettere del nostro Collettivo Italia-Centro America, Luxuria aveva promesso di portare sull’isola e in televisione il tema dei diritti indigeni delle popolazioni garifuna -quelle che vivono nell’arcipelago dei Cayos Cochinos, che non è disabitato né uno scoglio sperduto in mezzo al mare-. Non lo ha fatto, il “compagno” Luxuria, ma non ne avevo dubbi: non ci ha voluto mostrare il suo contratto, le clausole che aveva firmato con la Magnolia di Giorgio Gori.
Magnolia, la società produttrice del format; la società a cui la televisione di Stato, la Rai, dà ogni anno soldi dei cittadini per permetterci di vedere il reality in televisione.
Soldi che gravano sul bilancio pubblico. Quanto paga, ogni cittadino italiano, per permettere la trasmissione dell’Isola dei famosi? Ce lo dicano gli ex deputati ed ex senatori di Rifondazione. E allora un invito: il prossimo anno non pagate il canone Rai. Boicottiamo una televisione di Stato che scende allo stesso livello delle televisioni private del presidente del Consiglio, complice -negli ultimi quindici anni- di una deriva consumista che ha messo in ginocchio il Paese e le coscienze degli italiani.
Mi stupisce, di fronte a tutto questo, che Rifondazione comunista stia zitta, anzi celebri la vittoria di “una di noi” all’Isola.
Soprattutto, però, mi spiace che la Azzaro -e Liberazione- celebrino la vittoria di Luxuria come una vittoria dei “diritti”. Perché la parola diritti si declina, appunto, al plurale, e non può limitarsi a considerare che con Vladimir “si rompe il tabù dell’eterosessualità a tutti i costi”. Riteniamo utile e necessario, imprescindibile, aprire sulla televisione pubblica un dibattito serio sull’omosessualità, su “una società che fonda il potere degli uomini sulla divisione netta tra i ruoli, i generi, tra etero da una parte e gay e lesbiche dall’altra”. Ma non è l’Isola dei famosi, senza dubbio, l’ambito in cui farlo.
Ai lettori di Liberazione, elettori di Rifondazione e di certo sensibili al tema dei diritti umani a tutto tondo, mi piace ricordare solo un paio di episodi accaduti nella zona dei Cayos Cochinos e nella Bahia de Tela. Notizie, purtroppo, che non hanno trovato spazio tra le pieghe della televisione di Stato.
Il 24 settembre 2008 è stato assassinato il pescatore garifuna di Triunfo de la Cruz Guillermo Norales. L’omicidio è firmato da soldati della Marina honduregna della città de La Ceiba, che pattugliavano le acque nei pressi del Refugio de Vida Silvestre de Cuero y Salado. Si perché in Honduras, come in tutto il Sud del mondo, quando si crea un’area protetta, impedendo la pesca, ciò avviene per permettere uno sviluppo turistico “per gli occidentali” (nel caso della Bahia de Tela il progetto si chiama “Los Mycos Beach and Resosrt Centre”), togliendo di mezzo gli abitanti originari del luogo.
Lunedì 13 ottobre, invece, un incontro con la Marina honduregna di stanza nell’arciplego dei Cayo Cochinos (quello dell’Isola) è toccato invece a Joel García e Minor López. I due pescatori garifuna sono stati bloccati nei pressi del Cayo Bulaños, minacciati di morte, privati del loro cayuco (l’imbarcazione tradizionale dei garifuna), e gettati in mare. Gli effettivi della Marina si sono poi ritirati, portando con loro il cayuco, unica fonte di sostentamento per le famiglie garifuna dei Cayos Cochinos, verso la base di Cayo Mayor. Eccolo, il mare “aperto” dell’Isola dei famosi.
Luca Martinelli - Collettivo Italia Centro-America (Cica)
In questa puntata, l’ultima dall’Italia prima di partire per il Perù, la redazione di Enlazando Radio racconta la storia dell’isola dell’Honduras saccheggiata da imprese turistiche, tra cui l’italianissima Astaldi. Per far luce su questa vicenda, abbiamo parlato con due esperti: Luca Martinelli, della Campagna della Riforma della Banca Mondiale, e Magdalena Perez, indigena Talupan che oggi vive a Roma.
Il forum Enlazando Alternativas 3 sarà anche l’occasione per seguire alcune delle udienze che sta portando avanti il Tribunale dei popoli, tra queste probabilmente, quella relativa al caso della nota impresa costruttrice italiana Astaldi in Honduras, vicenda che, come vedremo, è strettamente collegata alla produzione del format televisivo italiano “L’isola dei famosi”. Era il 17 agosto del 2007 quando Manuel Zelaya, presidente dell’Honduras, poggiava la prima pietra del progetto “eco-etno turistico” Los Micos beach and resort”, 4 hotel cinque stelle, 256 ville di lusso , campi da golf, centri commerciali all’interno del parco nazionale protetto Jeanette Kawas, area che comprende un tratto di spiaggia di 3 km per 300 ettari in una zona prima vergine, dove c’era solo una laguna e un parco di mangrovie.
Un progetto che è stato ben pensato dunque, e che si è fatto pubblicità prima di aprire i battenti, assicurandosi frotte di turisti con bandana emozionati all’idea di toccare la terra delle star della tv, chiudendo un occhio sul peggioramento delle condizioni di vita della popolazione locale e sull’impatto ambientale. Fino ad oggi centinaia di pescatori sono stato costetti a farsi ospitare da altre comunità del posto.
I mostri turistici nelle isole hondurene non sono purtroppo una novità: già nel 2002 si era dato inizio alla costruzione del complesso Marbella, ville di cemento armato con giardino in riva al mare; in quella occasione la comunità si organizzò e si costitui un comitato di difesa della terra sotto la guida di Jesus Alvarez e Alfredo Lopez: il primo viene assassinato nel 1997, il secondo arrestato con la falsa accusa di narcotraffico.
Il contro-forum di Lima è ormai , alle porte, l’incontro tra la società civile europea e latinoamericana infatti, ricordiamolo, si svolgerà nella capitale peruviana dal 13 al 16 maggio, per l’occasione Amisnet sarà proprio lì a seguire i lavori insieme al foro de radio i medios indipendientes, e quindi continuerà questa trasmissione che da settimanale, per cinque giorni, sarà quotidiana.
http://www.terrelibere.it/terrediconfine/?x=completa&riga=03395