[...] Il capo dello Stato ha espresso preoccupazione per la "crisi di fiducia" nel Paese per "un funzionamento gravemente insoddisfacente, nel suo complesso, dell’amministrazione della giustizia e per effetto anche dell’incrinarsi dell’immagine e del prestigio della magistratura". Ci sono problemi che da troppo tempo governi e Parlamento non hanno risolto "in modo ordinato e coerente, dedicandovi anche le necessarie risorse. Tuttavia, la magistratura non può non interrogarsi su sue corresponsabilità", dice il presidente, e sulle ripercussioni sulla propria credibilità. L’obiettivo concreto è quello di "operare decisamente anche nello svolgimento dell’attività del Csm al fine di recuperare pienamente quel bene prezioso che è il prestigio della magistratura" [...]
Il capo dello Stato al Csm: "Si può rimodulare la seconda parte della Carta
ma attenzione agli equilibri". E ai magistrati dice: "Serve seria autocritica"
Napolitano: "Riforme giustizia
possibili ma senza strappi" *
ROMA - Riforme sì, ma senza strappi. Lo ha ribadito davanti al plenum del Csm, Giorgio Napolitano, dicendo che le riforme istituzionali sono possibili, modificando l’equilibrio fra le istituzioni, modificando la seconda parte della Costituzione, ma si devono evitare "strappi negli attuali equilibri costituzionali senza definirne altri convincenti e accettabili, coerenti con i principi della Carta del 1948 e con fondamentali conquiste di libertà e pluralismo, tra le quali, di certo, c’è l’indipendenza della magistratura". Se non si tenesse conto di ciò, ha aggiunto, si potrebbero "produrre gravi danni e conseguenze".
Allo stesso tempo il presidente ha aggiunto un severo monito: "La magistratura non può non interrogarsi su sue corresponsabilita dinanzi al prodursi o all’aggravarsi delle insufficienze del sistema della giustizia, ed anche su sue più specifiche responsabilità nel radicarsi di tensioni e opacità sul piano dei complessivi equilibri istituzionali".
Napolitano raccomanda quindi alla magistratura "una aperta, seria, non timorosa riflessione critica su se stessa" per approdare alle "necessarie autocorrezioni" del suo funzionamento. Questo, ha sottolineato davanti al plenum del Csm, "sarebbe il modo migliore per prevenire qualsiasi tentazione di sostanziale lesione dell’indipendenza della magistratura".
Il capo dello Stato ha espresso preoccupazione per la "crisi di fiducia" nel Paese per "un funzionamento gravemente insoddisfacente, nel suo complesso, dell’amministrazione della giustizia e per effetto anche dell’incrinarsi dell’immagine e del prestigio della magistratura". Ci sono problemi che da troppo tempo governi e Parlamento non hanno risolto "in modo ordinato e coerente, dedicandovi anche le necessarie risorse. Tuttavia, la magistratura non può non interrogarsi su sue corresponsabilità", dice il presidente, e sulle ripercussioni sulla propria credibilità. L’obiettivo concreto è quello di "operare decisamente anche nello svolgimento dell’attività del Csm al fine di recuperare pienamente quel bene prezioso che è il prestigio della magistratura".
Un appello, infine, al Csm, perché sia di esempio nel mondo giudiziario in termini di "rigore e misura dell’obiettività e imparzialità ", innanzitutto operando senza farsi condizionare "da logiche di appartenenza correntizia" rispettando, come è chiesto ad ogni istituzione, "gli equilibri costituzionali e i limiti che comportano".
* la Repubblica, 9 giugno 2009
L’associazione nazionale magistrati: "Così giustizia in ginocchio"
Il sindacato delle toghe auspica "una riforma seria per un servizio giustizia credibile"
Processo breve, allarme dell’Anm
Bersani: "Ci metteremo di traverso"
ROMA - E’ scontro aperto sulle norme che limitano la durata dei processi. Che non piacciono all’Anm e nemmeno all’opposizione. Ma che la maggioranza vuole portare avanti con determinazione. "Metteranno in ginocchio la giustizia - dice il presidente Palamara dell’Anm -, la cui macchina è già disastrata. Con il processo breve - continua - non si dà giustizia alle vittime del reato", mentre si rischia di "dare impunità a chi ha commesso fatti delittuosi". Il leader del sindacato delle toghe ribadisce inoltre che i magistrati "vogliono dire basta a guerre e contrapposizioni", ma auspicano "una riforma seria per un servizio giustizia credibile agli occhi dei cittadini". Ieri, sempre contro il processo breve, erano scesi in sciopero gli avvocati penalisti.
Il sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo ha confermato il varo della norma blocca-processi, come ha rivelato oggi Liana Milella su Repubblica. "Dobbiamo adeguarci alla sentenza della Corte costituzionale del 14 dicembre", ha spiegato. In quella sentenza, firmata da Giuseppe Frigo, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 517 del codice di procedura penale che non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato, relativamente al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell’azione penale. Dunque, di fronte a una nuova contestazione deve essere riaperto il termine per consentire eventualmente all’imputato di chiedere il rito abbreviato. I processi interessati sarebbero sospesi per tre mesi. "C’è una sentenza", ha insistito Caliendo, "cui bisogna porre rimedio".
E oggi, anche il Pd fa sentire la sua voce: "Contro il processo breve ci metteremo di traverso - dice il segretario Pierluigi Bersani - Dopo le decisioni assunte ieri da governo e maggioranza stiamo entrando in un tunnel pericolosissimo. Non solo è una disarticolazione del sistema giudiziario ma è un’aministia per i colletti bianchi. E non si può per l’esigenza di uno mettere a repentaglio il sistema intero".
"Se Berlusconi pensa di essere uno statista - ammonisce il segretario del Pd - ora è il momento di dimostrarlo. Non si può pensare di parlare contemporaneamente di processo breve e di riforme. A questo punto, se intende andare avanti su questa strada, la destra si assuma le sue responsabilità" chiude il segretario democratico.
Molto critica anche l’Idv che, per bocca del capogruppo alla Camera Massimo Donadi parla di "schiaffo a tutti gli italiani onesti". "Il Pdl aumenta la velocità sulla giustizia per salvare Berlusconi dai processi prima delle regionali mentre la vera priorità è affrontare la crisi economica - continua Donadi - L’unica cosa che accelera nel Paese è l’inflazione, ma evidentemente a questa maggioranza non interessa perchè se ne infischia dei problemi concreti delle persone".
* la Repubblica, 12 gennaio 2010
La Stampa, 10/6/2009 (11:53)
Il Csm sul pacchetto sicurezza: "Viola i diritti dei clandestini"
«Il reato di clandestinità paralizzerà la giustizia»
ROMA Il Csm si avvia ad esprimere un parere sostanzialmente negativo nei confronti del reato di clandestinità, contenuto nel ddl sicurezza approvato di recente alla Camera e in via di discussione al Senato. «La norma - si legge nel parere redatto dalla Sesta Commissione di Palazzo dei Marescialli, relatori i consiglieri Antonio Patrono, Mauro Volpi e Livio Pepino - si presta a una pluralità di osservazioni critiche, che hanno come punto di partenza la constatazione ovvia dell’eccezionale aggravio che la sua introduzione comporterebbe per l’attività giudiziaria in generale, in considerazione dell’imponenza quantitativa del fenomeno dell’immigrazione irregolare nel nostro Paese, e ruotano attorno al rapporto tra vantaggi e svantaggi che ne deriverebbero». Non solo: secondo i consiglieri del Csm, infatti, alcune norme relative al reato di clandestinità andrebbero a confliggere con principi cardine e diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione. Ad esempio il fatto che i pubblici ufficiali abbiano l’obbligo di denunciare lo straniero presente clandestinamente in Italia comporterebbe il rischio che quest’ultimo, per timore di essere scoperto, non si avvalga della sanità pubblica o non denunci all’anagrafe i figli.
«L’esperienza giudiziaria - si osserva nel parere della Commissione, che oggi sarà al vaglio del plenum del Csm - evidenzia una inevitabile incidenza negativa del nuovo reato in tema di accesso a servizi pubblici essenziali relativi a beni fondamentali tutelati dalla Costituzione da parte degli immigrati non dotati, o non più dotati, di valido titolo di soggiorno». Secondo la nuova normativa, infatti, «tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’obbligo di denuncia in relazione alla cognizione funzionale di un reato procedibile d’ufficio. Il rischio concreto è quindi - avvertono i consiglieri di Palazzo dei Marescialli - che si possano creare circuiti illegali alternativi che offrano prestazioni non più ottenibili dalle strutture pubbliche».
Dall’altro lato, le norme sul reato di clandestinità, se approvate così come sono uscite da Montecitorio, darebbero vita al cosiddetto fenomeno dei bambini invisibili. L’obbligo di esibire il permesso di soggiorno al momento della registrazione del nuovo nato, argomentano i consiglieri del Csm, si pone «in contrasto con il diritto della persona minore di età alla propria identità personale e alla cittadinanza, da riconoscersi immediatamente al momento della sua nascita» determinando «un’iniqua condizione del figlio di genitori stranieri non regolari nel nostro territorio, con la conseguenza che lo stesso non solo verrebbe privato della propria identità ma potrebbe essere più facilmente esposto ad azioni volte a falsi riconoscimenti da parte di terzi, per fini illeciti e in violazione della legge sull’adozione».
Poi, il Csm denuncia tutta un’altra serie di problemi connessi all’introduzione della nuova fattispecie di reato, problemi che comporterebbero un «notevole aggravio» per il già saturo sistema giudiziario italiano, senza che esso, di contro, comporti «apprezzabili benefici» in materia di lotta all’immigrazione Clandestina. La pena pecuniaria prevista per chi commette il reato, ad esempio, «non appare prevedibilmente efficace per chi è spinto a emigrare da condizioni disperate o comunque difficili».
L’amministrazione della giustizia, per contropartita, verrebbe invece ad essere gravata da «pesanti ripercussioni negative sull’attività non solo del giudice di pace, ma anche degli uffici giudiziari ordinari impegnati nel processo in primo grado e nelle fasi di impugnazione successive, dovendo oltretutto far fronte anche ai nuovi e più impegnativi incombenti derivanti dall’applicazione di una nuova procedura accelerata contenuta anch’essa nel disegno di legge, procedura - si legge ancora - che prevede la presentazione immediata dell’imputato a giudizio dinanzi al giudice di pace in casi particolari». Il Csm, poi, respinge anche l’attribuzione delle competenze in materia al giudice di pace che, pur dettata evidenti ragioni pratiche, altera gli attuali criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e magistratura onoraria e snatura la fisionomia di quest’ultima.
In conclusione, i consiglieri del Csm tengono a sottolineare la volontà di segnalare al ministro e al Parlamento «i problemi» che dalla nuova normativa potrebbero derivare, «senza che ciò significhi in alcun modo volontà di sostituirsi ad altre istituzioni dello Stato in compiti che solo ad esse appartengono. Spetta ovviamente al Parlamento e ad esso soltanto - scrivono i consiglieri - operare le scelte normative ritenute più opportune, in particolare, per quanto qui rileva, nell’ambito della politica criminale, ma compete al Consiglio, rappresentativo della magistratura, segnalarne, in spirito di leale collaborazione, le conseguenze sul sistema giudiziario, anche al fine di consentire gli opportuni approfondimenti».
Pd, Udc e Idv insieme scrivono a Napolitano, contestando il metodo di voto
La maggioranza lo difende: "Nessuna imposizione del governo al Parlamento"
Intercettazioni, scontro sulla fiducia
L’Anm: "Così muore la giustizia penale"
Durissimo attacco dell’associazione magistrati: "E’ come chiederci
di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo disarmati e con un braccio legato" *
ROMA - Oggi la Camera vota la fiducia al ddl intercettazioni ed è scontro con l’opposizione che, unita, scrive al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Pd, Udc e Idv insieme contestano il ricorso al voto di fiducia, ma anche i contenuti del provvedimento, col suo ledere la libertà di stampa. Ma ancora più duro è l’attacco al disegno di legge che arriva dall’associazione nazionale magistrati: così, avvertono i magistrati, "muore la giustizia penale".
La lettera a Napolitano. "Confidiamo, signor presidente - conclude la missiva firmata dal capogruppo del Pd, Antonello Soro, dal vicepresidente dei deputati Udc, Michele Vietti, e dal capogruppo Idv, Massimo Donadi - nel suo intervento, nelle forme che riterrà opportune, per restituire pienezza di contenuti democratici al dibattito parlamentare sulle leggi". Il "dubbio legittimo è che il governo usi impropriamente l’istituto della fiducia come strumento di controllo della propria ’amplissima maggioranza’", denunciano i ancora i rappresentanti dell’opposizione.
La difesa della maggioranza. "E’ errato parlare di un’imposizione del governo al Parlamento: il ricorso alla fiducia e il fatto che del testo in materia di intercettazioni se ne parli da troppo tempo ha portato a renderlo finalmente legge", dice il viceministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani, e aggiunge: "Il testo è stato largamente modificato rispetto a quello iniziale anche e soprattutto con il contributo dell’opposizione".
L’attacco dell’Anm. La riforma delle intercettazioni segna nei fatti "la morte della giustizia penale in Italia": questa la dura presa di posizione dell’associazione, contro norme che "rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti". E "impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". In pratica, prosegue l’Anm, è come se governo e Parlamento chiedessero "alle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena".
L’allarme sulla mafia. "Per la riconoscibilità dell’associazione mafiosa, le intercettazioni sono importanti. Bisogna stare attenti a dire ’ma tanto per le indagini sulla mafia rimangono’, perché a volte si risale all’associazione mafiosa partendo da altri tipi di indagine, da reati minori". Lo dice il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Quattrocchi, nel corso della conferenza stampa in cui sono stati illustrati i risultati dell’operazione sulle infiltrazioni camorristiche in Toscana, che ha portato a otto arresti, 18 denunce e sequestri di beni per 20 milioni di euro.