L’ITALIA, IL "BAAL-LISMO", E LA FINE DELLA SOVRANITA’ E DELLA SOVRA-UNITA’. "LA REPUBBLICA, UNA E INDIVISIBILE", VENDUTA L’ANIMA E FATTOSI RUBARE IL NOME STESSO "ITALIA", E’ DIVENTATA LA CASA DEL "POPOLO DELLA LIBERTA’" (1994-2010)!!!

L’ITALIA, IL "MONOTEISMO" DELLA LINGUA E DEL DIRITTO, E "L’UNITA’ DA CUSTODIRE". Una nota di Michele Ainis - a cura di Federico La Sala

(...) l’esperienza insegna che i valori costituzionali possono venire erosi gradualmente, in forme oblique (...) E questo pericolo chiama in causa non solo il Capo dello Stato, bensì ciascuno di noi, la vigilanza di ogni cittadino.
martedì 18 maggio 2010.
 

-  IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI

-  COSTITUZIONE, LINGUA E PAROLA.....

-  L’OCCUPAZIONE DELLA LEGGE E DELLA LINGUA ITALIANA: L’ITALIA E LA VERGOGNA.


Quale unità custodire

di MICHELE AINIS (La Stampa, 12.05.2010)

L’unità nazionale è figlia della storia, di processi culturali, fatti linguistici, intraprese politiche, fenomeni sociali. Ma è anche frutto del diritto: senza coesione giuridica non c’è unità politica, senza un tessuto di regole comuni e condivise è impossibile la stessa convivenza. Dunque il diritto non può creare l’unità nazionale, però deve alimentarla, e in conclusione deve conservarla.

A questa vocazione risponde innanzitutto la legge più alta, quella scolpita nelle tavole costituzionali. Nei 150 anni dell’Italia unita ne incontriamo due, diverse nella propria genesi, nella concezione dei rapporti fra lo Stato e i cittadini, nell’architettura della cittadella pubblica. Eppure c’è almeno un filo di continuità fra lo Statuto Albertino e la Carta repubblicana: l’uno e l’altra sono stati concepiti con lo sguardo rivolto al futuro, alle generazioni che verranno. Nel più autorevole commento allo Statuto, firmato da Racioppi e Brunelli, quest’ultimo era raffigurato come una sorgente di «principii in attesa della loro sostanza vitale». Un secolo più tardi Piero Calamandrei illustrò il medesimo concetto sui banchi dell’Assemblea Costituente; e rivolgendosi agli altri deputati li esortò a operare, secondo il verso dantesco, «come quei che va di notte, che porta il lume dietro e a sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte».

C’è insomma una tradizione giuridica italiana che si mantiene inalterata pur nel passaggio dal regno alla repubblica; ma in che misura si è tradotta in un fattore d’unificazione? Se effettuassimo un esame intransigente, dovremmo stendere un bilancio in rosso. Sull’unità degli italiani pesano fratture storiche mai del tutto ricucite: quella fra élite e masse popolari, a partire dal modo in cui le classi dirigenti sabaude gestirono il nuovo Stato nazionale; quella fra laici e cattolici dopo il Non expedit di Pio IX; la guerra civile dopo l’8 settembre; la conta fra monarchici e repubblicani; lo scontro fra partiti di sistema e partiti antisistema, gli uni e gli altri - significativamente - con un riferimento fuori dal contesto nazionale (Washington, Mosca, Città del Vaticano). E pesa infine una questione meridionale che nel tempo si è aggravata, invece d’attenuarsi.

Tuttavia gli ostacoli al sentimento unitario non devono indurci a negare quello stesso sentimento. Vale per l’unità nazionale, vale per tutti gli altri valori espressi dalla Costituzione, a cominciare dai valori di eguaglianza e libertà. Potrà mai esistere una società totalmente libera, totalmente eguale? Non su questa terra, perché la vita stessa genera ogni giorno nuove situazioni di diseguaglianza, nuove ferite alla libertà degli individui. Conta allora la tensione verso l’eguaglianza, verso la libertà, infine verso l’unità. La condizione umana riecheggia la fatica di Sisifo, ciascuno di noi porta un masso sulle spalle, senza mai riuscire a liberarsene. A loro volta i valori costituzionali sono come l’orizzonte che ci sovrasta: non possiamo toccarlo con le mani, ma non possiamo neppure evitare di tendervi lo sguardo.

Nella Carta repubblicana, questo orizzonte si disegna nell’art. 5: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali». Una formula icastica, che però fu ritenuta a lungo una scatola vuota. Per quale ragione? Perché ospita due principi che a prima vista si negano l’un l’altro, perché l’unità è nemica della diversità. Ma l’identità - in termini aristotelici - è sempre un divenire, sia per i singoli sia per i corpi collettivi. In secondo luogo, l’unità non è uniformità: anche il matrimonio è un’unione fra sessi diversi, e d’altronde l’unione dell’uno sarebbe un ossimoro. In terzo luogo, in democrazia l’unità è a sua volta pluralista, il pluralismo genera l’autonomia delle comunità locali, e l’autonomia esprime una carica antiautoritaria, perché avvicina governanti e governati.

Da qui la doppia valenza dell’art. 5: vi si estrae sia un principio propulsivo, nel senso del decentramento del potere pubblico; sia un principio negativo, un argine a riforme che possano disgregare il nostro tessuto connettivo, anche se approvate nella forma della legge costituzionale.

Ma a chi spetta custodire l’unità? Dice l’art. 87: «Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale». Anche in questo caso la formula costituzionale inizialmente venne irrisa, fino a qualificarla espressione «poetica» o al più pleonastica.

Sennonché - come osservò Ruini in Assemblea costituente - vi s’incarna «la forza permanente dello Stato al di sopra delle fuggevoli maggioranze». Certo: il Presidente è specchio dell’unità che c’è, può rifletterla, non può crearla artificiosamente. Anche il suo ruolo di custode sarebbe impotente dinanzi a fenomeni insurrezionali, quando il fatto diventa diritto. Ma l’esperienza insegna che i valori costituzionali possono venire erosi gradualmente, in forme oblique, attraverso una pioggia d’episodi minori che in conclusione ne faccia marcire le radici. E questo pericolo chiama in causa non solo il Capo dello Stato, bensì ciascuno di noi, la vigilanza di ogni cittadino.

michele.ainis@uniroma3.it


Sul tema, nel sito, si cfr.:

-  POLITICA, FILOSOFIA, E MERAVIGLIA. L’Italia come volontà e come rappresentazione di un solo Partito: "Forza Italia"!!! Materiali per un convegno prossimo futuro

-  IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI

-  ZAGREBELSKY E IL GRANDE SILENZIO SULLA NASCITA DEL PARTITO GOLPISTA DEL FALSO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ("FORZA ITALIA"). La democrazia delegittimata

-  VERGOGNA E "LATINORUM": UNA GOGNA PER L’ITALIA INTERA.

-  LA LEZIONE DI FREUD: SIGMUND FREUD E LA LEGGE DELL’"UNO", DEL "PADRE NOSTRO". IL ‘LUPO’ HOBBESIANO, L’ ‘AGNELLO’ CATTOLICO, E “L’UOMO MOSE’ E LA RELIGIONE MONOTEISTICA”. Indicazioni per una rilettura

-  L’ILLUMINISMO, OGGI. LIBERARE IL CIELO. Cristianesimo, democrazia e necessità di "una seconda rivoluzione copernicana"

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