ESISTENZIALISMO. PER UNA CRITICA DEL FARISEISMO FILOSOFICO ATEO-DEVOTO CONTEMPORANEO ...

ANDRE’ GLUKSMANN: "VIVERE NELLA MENZOGNA", CON "ONORE"?! Fraintende Socrate ("Solo Dio è sapiente"), fraintende Kant ("Sàpere aude"), e si aggira ancora nella "foresta nera" di Heidegger. Un’anticipazione del suo ultimo saggio - a cura di Federico La Sala

Heidegger (... ) si serve abilmente di Kant contro Kant per condurre la propria lotta contro l’ange­lismo neokantiano, e fa un taglio netto con un’adolescenza teologica e cattolica.
venerdì 2 ottobre 2009.
 


Anticipazioni

Nel saggio, in uscita in Francia, il pensatore esplora le radici dell’esistenzialismo e il suo impatto sulla nostra epoca

Glucksmann: compito del filosofo scavare il vuoto sotto le certezze

Socrate giganteggia sull’Occidente. Anche sul suo erede Heidegger

di André Gluksmann (Corriere della Sera, 02.10.2009)


Come si comincia a «filosofare»? Consumando i jeans sui banchi del liceo? Pendendo dalla bocca dei professori all’università? Me­ditando sui grandi testi? Frequentando gli autori giusti? Poi cimentandosi da soli nel­la dissertazione? Why not? Solo che questi utili sostegni non garantiscono le menti stracolme contro il vuoto delle lezioni ap­prese.

Nessuno può insegnarmi a giudica­re, poiché devo prima giudicare se i consi­gli e i consiglieri sono buoni o cattivi. Se vuoi filosofare, nessuno può pensare al tuo posto. Se vuoi cominciare a pensare, decidi di pensare da te.

Questo modo inso­lente di mettere fra parentesi il ricorso alle opinioni già confezionate viene facilmente considerato presuntuoso e soggettivo: per­ché sarei un giudice migliore di altri?
La risposta socratica capovolge la do­manda: perché gli altri, per numero o per età, si sbaglierebbero meno di me? Non si entra nel pensare affermando d’essere il migliore. Non cerchiamo la saggezza per eccellenza, ma per difetto. Scopriamoci sbigottiti come chiunque altro davanti a ciò che sbalordisce e disarma.

Per comin­ciare a filosofare, bisogna osare stupirsi, «questo sentimento (pathos ), cioè il fatto di stupirsi, di meravigliarsi, è caratteristica principale del filosofo, poiché per la filoso­fia non esiste altra origine (arché, princi­pio), per cui chi ha detto che Iris è figlia di Thaumas non è privo di abilità nel pratica­re la genealogia» (...).


In meno di un secolo, lo sconvolgimen­to europeo si è propagato nell’intero piane­ta in preda all’evaporarsi delle tradizioni, all’incertezza dell’avvenire e alla precarietà accertata dell’esistenza umana.

Gli antichi hanno battezzato «peste» un cataclisma fi­sico, politico e mentale che affligge l’insie­me di una società. Questa malattia mortale inaugura l’ Iliade di Omero, riappare nella Tebe di Eschilo, nell’Atene di Tucidide e nell’Italia di Lucrezio.

Il Rinascimento, con Boccaccio, Margherita di Navarra e infine Shakespeare, la evoca di nuovo come ele­mento fondatore in cui la letteratura esplo­ra nuovi modi di esistere e di resistere, mentre il vecchio universo crolla senza spe­ranza di ritorno. Kafka, Beckett, Solzheni­tsyn e qualche altro hanno testimoniato si­smi materiali e spirituali altrettanto note­voli.

Il merito del giovane Heidegger fu, ne­gli anni Venti, di meditare filosoficamente sull’angoscia che sommergeva l’incipiente XX secolo.
Alla rivoluzione mentale che il nuovo pensiero invocava fu affibbiato un vocabo­lo divenuto ben presto alla moda e come tutte le mode destinato a propagarsi abusivamente: «esistenzialismo». Così fu desi­gnata la volontà di staccarsi dai dogmi rite­nuti intangibili di una Belle époque che le grandi potenze europee, nazionaliste e co­loniali, imponevano attraverso le armi e gli animi.

Finita la sollecitudine divina che guidava le anime pie e cullava il concerto delle nazioni cristiane! Finita la moda dei determinismi scientifici e laici che inqua­dravano rigidamente l’Universo con leggi chiare e definitive, sottoponendo i cittadi­ni alle regole della ragione e le speranze di ognuno alla saggezza collettiva. Religiosi o liberi pensatori, gli europei perdevano la testa nello stesso momento in cui smarrivano i propri amuleti.

Senza accanirsi nel conservare o ripristinare catechismi in di­suso, l’offensiva esistenzialista si accinse a proprio rischio e pericolo a scavare il gran­de vuoto. In qual modo le opinioni di un pensatore toccano il destino di un’epoca? Solo nella misura in cui esse diventano filo­sofiche, e non più strettamente familiari, sentimentali, corporativistiche o comunita­rie. Nella misura in cui non si limitano a subire la crisi generale, ma si mettono a pensarla.

Per cominciare, come dicono i re­ligiosi, bisogna spogliare il vecchio uomo. Demolire, distruggere l’orizzonte di confor­mismo che impedisce di fronteggiare la crisi. Demolire e distruggere diventa ben presto un tema ricorrente nel giovane Hei­degger.


L’idealismo, spesso «neokantia­no », che fino a Heidegger dominava l’uni­versità tedesca, che a sua volta dettava leg­ge in Europa, non escludeva bruscamente eventuali difficoltà, ostacoli, e anche crisi.

Il pensiero dominante tuttavia concepiva le contrarietà solo seguendo un ordine su­periore che dava senso a questi ostacoli. Ottimista, esso adottava con imperturbabi­le serietà la promessa, sebbene ironica, del Mefistofele di Goethe: «Sono parte di quel­la forza che vuole sempre il male e sempre fa il bene». Sereno, esso prendeva alla let­tera «l’astuzia della ragione» immaginata da Hegel, secondo cui dal peggio nasce il meglio, o sognata da Marx, secondo cui la storia progredisce «attraverso i suoi aspet­ti negativi» (...).


Il XX secolo diagnostica una crisi delle fondamenta, quando studiosi o semplici cittadini finiscono per vagabondare di qua e di là. La filosofia che nasce e rinasce sce­glie come dimora la crisi più violenta, quella che minaccia di sradicare le civiltà. Fede­le a questo scuotimento iniziale, il socrati­smo non prodiga cure palliative o farmaco­pee corroboranti, promette di pensare fi­no in fondo, costi quel che costi, la scossa mentale e di soggiornare in essa senza illu­sioni.

Atteggiamento minoritario, questo rifiuto di «vivere nella menzogna» è il filo conduttore di una dissidenza polimorfa che da 2.500 anni anima meditazioni, letterature e iniziative il più delle volte solita­rie.
Crisi di ogni genere - sociali, economi­che, istituzionali, internazionali, morali - punteggiano l’attualità. Lo storico le enu­mera. Saggi e specialisti propongono rime­di. Il filosofo socratico le analizza. Non im­putategli la sua diffidenza. Se necessario, egli coopererà - come Montaigne fu sin­daco di Bordeaux e consigliere del futuro Enrico IV - per colmare le lacune immi­nenti. Ma come Montaigne, autore dei Sag­gi, primo filosofo francese, il filosofo socratico non accetta mai di voltare pagina in fretta e furia, occultando i buchi neri che la crisi mette in luce: lavora sulla lun­ga, sulla lunghissima durata.


La peste immaginata da Albert Camus nella sua città, Orano, può pure simboleg­giare la «peste bruna» che sommerge la Germania nazista, ma resta comunque un incidente delimitato da invalicabili barrie­re spaziali e temporali. La città (Orano), il Paese (la Germania dal 1933 al 1945) attra­versano uno stato d’eccezione; il mondo tutt’intorno sfugge a questo cammino ex­tra- ordinario (Sonderweg), il pericolo rima­ne all’esterno, fermamente contenuto, co­sì come fu domata nel 1820 l’ultima grande peste, questa sì schiettamente fisiologica, dalle parti di Marsiglia (fucili e batterie di cannoni, un cordone sanitario inviolabile cingevano la regione contaminata).

L’opi­nione pubblica costruisce troppo facilmen­te una linea Maginot mentale e considera la crisi un’eccezione alla regola. Ecco come rassicurare senza tanti sforzi. La filosofia, invece, tenta di sondare lo sconvolgimen­to in profondità, nella sua lunga durata, e l’ausculta come crisi della regola stessa. Heidegger, seguendo una simile direzio­ne, si serve abilmente di Kant contro Kant per condurre la propria lotta contro l’ange­lismo neokantiano, e fa un taglio netto con un’adolescenza teologica e cattolica. Infatti, quali che siano le credenze intime di ciascuno, la filosofia lavora senza reti e «senza dio».
(Traduzione di Daniela Maggioni)


Sul tema, nel sito, si cfr.:

-  FILOSOFIA DELLA RIVELAZIONE. 1841-1842, Kierkegaard a Berlino ad ascoltare Schelling

-  CIELO PURO E LIBERO MARE....
-  ETICA DELL’ATEISMO?! AL DI LA’ DEI FONDAMENTALISMI LAICI E RELIGIOSI: UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA

-  BARBARA SPINELLI CERCA DI CORREGGERE GIOVANNI PAOLO II, MA FA FATICA SENZA LA LEZIONE DEI "DUE SOLI" DI DANTE E DEI "DUE LIBRI" DI GALILEI. Un brano dal suo pamphlet: "Una parola ha detto Dio, due ne ho udite. Lo splendore delle verità"

-  LA MEMORIA PERDUTA DELLA "DIVINA FORESTA SPESSA E VIVA"


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