Editoriale

Calabria, San Giovanni in Fiore, capitale di emigrazione e silenzio: o apparati o società civile

sabato 20 novembre 2010.
 

(San Giovanni in Fiore, Cosenza) - Questa città sta ad un bivio, serrata nel suo freddo d’ottobre; cupo, tristo, opprimente. Cadono le foglie, i boschi si fanno prugna, lilla, arancio; deserto e cipresso intorno. Siamo in Calabria, nel cuore della Sila, l’altopiano che il romantico Goethe definì “altare eretto a divinità”. Quell’ara è oggi un mondezzaio di “merda”, per usare un termine di due affaristi dei rifiuti? Chi il dio?

Una nebbia, perfino padana, lenta s’abbassa sulle vie del centro. Presagio del federalismo “verdano”, di nordici reboanti che danno i numeri delle nostre onte, orbe. A San Giovanni in Fiore abbiamo il record del lavoro che non c’è: sussidi e analoghi ammazzano la dignità individuale, polverizzano lo spirito e la forza collettivi. Migliaia di elettori ricattati, raggirati, soggiogati; muta la borghesia piccola e rapace di tanti istruiti, stagionale “la rivolta dei sussidi perduti”. L’espressione, di Gian Antonio Stella, apparve nel 2004 sul Corriere della Sera.

Passato il treno della Provincia di Crotone - un’oligarchia rigettò la volontà popolare d’annessione al nuovo ente -, il progressivo scadimento ha rassegnato tutti. Per convenienza, quieto vivere, viltà. Sempre meno uffici, servizi, prospettive. Soli, morto il sole.

Tempo immobile e ghiaccio dentro la politica, fuori del colore rumoroso in municipio, di bestemmie tra i banchi del consiglio comunale. Nelle case, quelle ancora abitate, s’accendono camini; ma la speranza è spenta. Fumo. Poi, scheletri di quattro e cinque piani di cemento armato, palazzi rifiniti e vuoti, auto che girano e rigirano quasi per condanna. Ecologia della mente, delle anime.

“Su paise è ’na ’cullùra’”, proferì l’avvocato Francesco Caputo durante una causa penale. “Cullùra” sta per “cerchio”; evocazione, forse, del mito dell’“eterno ritorno”.

Maiale a friggersi la suina, rosso pallido e tv sono rifugio e rimedio, privatissimi, d’una gente che non sa più a chi credere. E ha perso agorà e socialità del dopoguerra, qui, nella capitale dell’emigrazione e del silenzio. Chi resta è costretto a subire o ubbidisce per la mancia? Non è dal bisogno che nascono le mafie?

Un disoccupato dice che davanti al comune celebrerà cogli altri “la festa dei poveri”. Uguale sotto Montecitorio. Si recita a soggetto?

Questo loculo di tumori e timori è l’emblema d’un Sud che celebra la sua morte e resurrezione come un gioco: spira senza assistenza, respira se il potere la concede. Assegni per tirare a campare, sanità a gettoni e singhiozzi, buoni spesa, spese buone, posticini. A ridosso d’ogni voto; con la tacita benedizione dei colleghi, si fa per dire, di don Diana.

È a una svolta il percorso del comitato per le Primarie aperte, che ha coinvolto partiti e società civile al fine di eleggere, in tempi e seggi comuni, il rispettivo candidato sindaco. Ma non dipende dall’instancabile promotore, Giovanni Militerno, oculista a Bologna. Il Pd temporeggia, non vuole intromissioni, come manifestamente dichiarato dal “leader maximo” Mario Oliverio, presidente della Provincia di Cosenza. Non gli va giù che sia il popolo a scegliere: non è sua prerogativa, in un contesto organizzato dalle gerarchie di partito. Così s’adoperano, i Democratici, a quadrare la “cullùra”: d’accordo sulla carta per volontà di Franco Laratta, deputato e moderno segretario locale; contrariati, nella sostanza, apparati e persuasori.

Legambiente ha denunciato una mossa del sindaco, Antonio Nicoletti (Sdi), con cui otterrebbe più soldi dalla costruzione d’una nuova discarica; decisa nelle stanze dei bottoni, col "no" del popolo. Il che servirebbe, sempre per Legambiente, a coprire i grandi debiti a palazzo; frutto, a nostro avviso, d’una gestione insana del denaro pubblico, anche al vaglio della magistratura. Ancora, è sempre più caotica la vicenda del restauro dell’Abbazia florense, tra i monumenti religiosi più importanti, finanziato con fondi europei e bloccato da un sequestro con avvisi di garanzia ai tecnici nominati dal Comune.

Allora, se si pronuncia il popolo è un bel guaio? Chi delibera, poi, sulla spazzatura all’insaputa dei governati? Come regolarsi circa gli incarichi professionali della Pa, che, è noto, sono a discrezione?

L’impressione è che il progetto delle Primarie non si realizzerà. Al pari di tutte le proposte di emancipazione e democrazia effettiva, in questo carcere di massima sicurezza.

Occorre un piano di salvataggio o, se saranno le Primarie, di sostegno.

Senza pretese e incassando prevedibili insulti, abbiamo già argomentato, a destre, centri e sinistre, la necessità d’una coalizione di salute pubblica: un programma chiaro e figure trasparenti, punto. Via professioni di fede, partitismi e calcoli aritmetici. Le priorità: tornare alle regole; programmare insieme alla comunità; eliminare le perdite; controllare direttamente l’uso delle acque; tutelare l’ambiente, massacrato dal cemento, dalla “merda” e dagli arbitri; produrre cultura; prevenire il crimine; uscire dall’isolamento; garantire i più deboli.

Ciò che è scritto rimane. Ognuno è responsabile.

Questa città sta ad un bivio, serrata nel suo freddo d’ottobre; cupo, tristo, opprimente.

Emiliano Morrone e Carmine Gazzanni


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