[...] Il panorama dell’anno scolastico 2010-2011 è semplice: 25.600 professori senza lavoro e migliaia di perdenti posto (coloro che rimarranno titolari di cattedra ma che non avranno più le 18 ore nella stessa scuola e che progressivamente potrebbero diventare soprannumerari e successivamente titolari senza orario, dopo due anni anche loro licenziabili). L’esito finale dei tagli sull’orario nelle superiori, per tutte e cinque le classi a regime nel 2011-2012 [...]
USCIAMO DAL SILENZIO: BASTA CON QUESTA "MINESTRA UNICA"!!!
di Fabio Luppino (l’Unità, 22.04.2010)
Sostenere oggi le graduatorie regionali per i docenti della scuola è solo demagogia gratuita e anche un po’ codarda. L’idea leghista ha un retroterra razzista. Ma, guarda un po’, se ne parla con convinzione solo ora. Serve a tenere alto il fuoco della pura Padania contro tutti, ma senza fondamento. Grave è l’apertura del ministro ad una soluzione che cozza contro una recente sentenza del Consiglio di Stato, la Costituzione italiana ed europea e qualche mezza dozzina di trattati internazionali.
Con i colpi di accetta inferti dal governo all’occupazione nella scuola le graduatorie regionali sono un’altra inutile provocazione. Dal prossimo anno gli elenchi degli aventi diritto ad incarico saranno quasi inservibili. Proporli su base locale significa semplicemente fare la fotografia dell’esistente. Non si muoverà più nessuno perché non ci sono più posti (a meno che non si voglia cacciare chi già c’è, ma non è residente al Nord). La presunta aspirazione di docenti del Sud a spostarsi a Nord non ha più ragione di essere.
Il panorama dell’anno scolastico 2010-2011 è semplice: 25.600 professori senza lavoro e migliaia di perdenti posto (coloro che rimarranno titolari di cattedra ma che non avranno più le 18 ore nella stessa scuola e che progressivamente potrebbero diventare soprannumerari e successivamente titolari senza orario, dopo due anni anche loro licenziabili). L’esito finale dei tagli sull’orario nelle superiori, per tutte e cinque le classi a regime nel 2011-2012.
L’aspetto avvilente della proposta leghista a cui fa sponda il ministro sta nel sovvertimento storico che essa sottende. Lo spostamento dei docenti da Sud a Nord è sempre stata una necessità del Nord. I laureati e abilitati per decine di anni sopra Bologna sono sempre stati in numero insufficiente a coprire il fabbisogno della scuola. È strano come ad autorevoli commentatori, anche di estrazione meridionale, ieri questo particolare sia sfuggito. La Lega si è ben guardata quindici anni fa dal fare una proposta del genere. Non era praticabile. È vero anche che questo spiega quale sia il retroterra socio culturale leghista: una percentuale più bassa di cittadini istruiti.
La demagogia attecchisce qui, così come i richiami a martello sulla sicurezza, l’aggressione dell’immigrazione (anche qui con un rovesciamento dell’ordine dei fattori: senza manodopera immigrata il favoloso boom del nordest non ci sarebbe mai stato). Con un’architrave politico culturale che è la difesa del dio denaro a tutti i costi e del proprio giardino adeguatamente staccionato: andate a Ponte di Legno e toccherete con mano la materializzazione dell’ideologia leghista.
Quindi, le graduatorie su base regionale sono fuoco demagogico che si somma ad altrettanto sconsiderato fuoco. Quel populismo che lacera il tessuto civile.❖
Sul tema, nel sito, si cfr.:
25 aprile, nell’Anpi boom di partigiani junior
Iscritti a quota 110 mila, uno su dieci sotto i 30 anni
di Maria Cristina Carratù (la Repubblica, 22.04.2010)
ROMA - Più che mai rinvigorita. L’Anpi, l’associazione dei partigiani, fa un bilancio alla vigilia del 25 aprile, dal quale risulta che ha raggiunto 110 mila iscritti, nel 2009. Un boom mai visto. Ma soprattutto, dovuto alle nuove leve di «ragazzi partigiani», giovani e perfino giovanissimi che di guerra e Resistenza hanno solo sentito parlare, ma convinti di poter contribuire lo stesso alla causa per cui i partigiani doc lottarono e morirono: la democrazia e la Costituzione.
Un 25 aprile in cui non mancano le polemiche. A Mogliano, in provincia di Treviso non si suonerà "Bella ciao". Anche se il sindaco leghista, Giovanni Azzolini nega: «Nessun problema a far suonare ’Bella ciao’ alla banda comunale, se i partigiani lo chiedono», meglio, però, la ‘Canzone del Piave’, «che celebra il fiume sacro alla patria». Azzolini ricorda di «essere iscritto all’Anpi», non vuole sentire parlare di veti e davanti alle tv locali e sul web canta "Bella ciao" e parla di «fraintendimento». Tuttavia, ritiene che l’inno al Piave è più adatto, «tanto più che proprio da Mogliano la Terza Armata partì per riconquistare l’Italia». Protesta l’Anpi, ricordando che ‘Bella Ciao’ è «canzone di tutti».
I partigiani snocciolano i numeri: a controbilanciare il 10% di iscritti, ovviamente in calo, di partigiani storici e di ‘patrioti’ delle Sap e delle Gap (le Squadre e i Gruppi di Azione Patriottica), uomini e donne che hanno doppiato da un pezzo gli 80 anni, c’è ormai un altro 10% di ‘juniores’ fra i 18 e i 30 anni, mentre il grosso degli iscritti (60-65%) appartiene alla fascia, ampiamente «postbellica», di 35-65enni. Una vera rivoluzione, anagrafica e culturale, resa possibile dal nuovo statuto che dal 2006 ha aperto le porte dell’Anpi a chiunque dichiari e sottoscriva di essere «antifascista». Nel giro di tre anni si è passati così da 83 a 110 mila iscritti, con un più 27 mila che, confrontato con il calo costante degli anni pre-riforma (dai 75 mila iscritti del 2000 se ne stavano perdendo centinaia l’anno), ha riportato l’entusiasmo nei comitati di tutta Italia.
Ma guai a pensare che la modifica dello statuto sia stata un escamotage anti-età: «Noi abbiamo combattuto per valori che tutti gli uomini hanno dentro, e che spetta a tutti difendere, in qualunque epoca» sostiene Silvano Sarti, 84enne protagonista della Resistenza fiorentina e presidente dell’Anpi di Firenze. Dove, nelle due sezioni più grandi della provincia, i giovani di 18-35 anni sono passati in tre anni da zero a 342, i 35-60enni sono più di due terzi degli iscritti, e a capo di un’altra è stato da poco eletto il segretario più giovane d’Italia: «Chi si associa all’Anpi» spiega Sarti «semplicemente ama la Costituzione e vuole difenderla. E chi deve scendere per primo in piazza se non dei giovani con le gambe buone?».
E che non si tratti solo di numeri, lo dimostra, spiega il vicepresidente dell’Anpi nazionale Armando Cossutta, quel che avviene nelle sezioni e nei comitati provinciali: «Pieni di gente di ogni classe sociale, di ogni professione, di ogni età, felici di avere uno spazio che i partiti non offrono più: limpido, pulito, senza arrivismi». La «nuova giovinezza» dell’Anpi «sembra figlia anche della crisi della politica». E il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha invitato l’intera giunta a iscriversi all’Anpi, con lui in prima fila.
La favola dei prof del sud
Ma solo lo 0,5% torna al meridione e due su dieci restano al nord
di FLAVIA AMABILE (La Stampa, 22/4/2010)
La sento ripetere da tempo ormai questa leggenda dei professori meridionali che vanno al Nord, rubano i posti ai settentrionali e dopo un anno si fanno trasferire al sud lasciando stuoli di studenti a dover ricominciare da capo con un nuovo insegnante, forse ancora di origini meridionali, in una progressione senza fine che provoca danni irreversibili nei ragazzi del nord per colpa dei soliti prof del sud, un po’ maneggioni, un po’ approfittatori, di sicuro incapaci di stare alle regole del gioco e anche ladri di posti altrui.
Su questa favola si è costruita una parte del consenso del centrodestra nei confronti della proposta della Lega e poi del governo di realizzare graduatorie regionali per il reclutamento dei professori. C’è un solo, vero punto debole in questo ragionamento, i dati.
La Fondazione Agnelli li aveva pubblicati nei mesi scorsi sottolineando in neretto che dalla lettura dell’analisi «risultano smentiti convincimenti talvolta presenti nell’opinione pubblica e nelle forze politiche, ad esempio quelli della mobilità di rientro degli insegnanti meridionali». Le cifre raccontano una realtà ben diversa: su 120 mila domande di trasferimento l’anno sono 692, lo 0,5%, quelle che riguardano prof che dal Nord vanno al Sud. E al nord fra gli insegnanti di ruolo 2 su 10 sono originari del sud.
Tutti i dati potete trovarli a questo link .
25 APRILE
Salerno, Cirielli "cancella" la Resistenza
"Liberi solo grazie agli americani"
Il presidente della Provincia fa affiggere manifesti celebrativi ma senza citare la lotta di liberazione. "Fra i partigiani c’era anche chi, su commissione della Russia, voleva instaurare la dittatura comunista. L’Italia si è salvata grazie al sacrificio di migliaia di giovani Usa" *
SALERNO - Alla vigilia del 25 aprile scoppia il "caso Salerno". Il presidente della Provincia Edmondo Cirielli, l’ex deputato di An oggi Pdl e presidente della commissione Difesa della Camera, "cancella" dal manifesto celebrativo la Resistenza e la lotta di liberazione dall’occupazione nazifascista. A Salerno campeggiano i manifesti della Provincia ma su di essi non c’è nessun riferimento - come fanno notare esponenti locali del centrosinistra - alla Resistenza partigiana e alla lotta al nazifascismo, bensì un elogio all’esercito americano "per l’intervento nella nostra terra che ha sancito un’alleanza che ha garantito un luogo periodo di pace e di progresso economico e sociale senza precedenti e che ha salvato l’Italia, come l’Europa, dalla dittatura comunista". Il centrosinistra salernitano parla di "provocazione da guascone" di Cirielli: "Non si può rinnegare la storia" e "piegarla alle contingenti convenienze della politica".
"Polemiche costruite ad arte", si difende il diretto interessato. Che si difende dalle accuse di revisionismo: "La presa di distanza dalle conseguenze nefaste, per la democrazia, dell’esperienza fascista - spiega - è inequivocabilmente scritta nel testo: ’la festa del 25 aprile celebra la riconquista della libertà del popolo italiano e la difesa dei valori fondanti per la dignità dell’uomo e per la convivenza civile e democratica della nostra comunità nazionale. Il riconoscimento dell’impegno, del ruolo svolto dagli italiani che hanno sacrificato la loro vita a fianco degli alleati per la conquista della libertà è ugualmente presente in maniera centrale come fondativo della nostra nuova Italia".
Cirielli punta il dito contro "una certa cultura antidemocratica per anni a servizio, a volte anche a pagamento, della Russia comunista", cultura che, a suo giudizio, vorrebbe "negare alle giovani generazioni la possibilità di conoscere una serie di verità storiche", come ad esempio quella che "senza l’intervento e il consequenziale sacrificio di centinaia di migliaia di giovani americani, l’Italia non sarebbe stata liberata e la coalizione non avrebbe sconfitto la germania nazista", che "la Resistenza era un movimento composito che intruppava anche persone che non combattevano per la libertà e per la democrazia, ma per instaurare una dittatura comunista in italia". Infine, che "se ci avesse liberato l’Armata Rossa, anziché gli americani, per 50 anni non saremmo stati un paese libero".
* la Repubblica, 23.04.2010
«Perché tanti giovani stanno con i Partigiani? Per fare vera politica»
Parla Chiara Gribaudo educatrice ventottenne di Borgo San Dalmazzo: «Con la Resistenza e la Costituzione si può ancora immaginare l’altra Italia»
Rifondare l’antifascismo «La nostra Carta è chiara: lì c’è il federalismo vero basato sulle autonomie comunali e c’è il ripudio della xenofobia attuale»
di Toni Jop (l’Unità, 24.04.2010)
Sanno che non si può dare niente per scontato, che c’è bisogno della loro energia, che la vitalità è contagiosa come il credere insieme ai valori dell’antifascismo e della democrazia. Sono i giovani che «stanno» con i Partigiani, ragazze e ragazzi che hanno raccolto il testimone mai come ora preziosissimo per motivi anagrafici e per problemi politici dagli italiani che possono raccontare quello che hanno visto e vissuto durante il fascismo, la guerra e la lotta partigiana. Sanno che sono liberi di pensare e di muoversi perché prima di loro si è mobilitata una moltitudine a combattere per questo. È soprattutto loro questo 25 aprile. Perché contrastano l’arroganza (e il fascismo non più «velato») di chi vorrebbe cancellare la Festa della Liberazione con il silenzio, con l’imperio o con la forza del mercato. Rispondono allestendo stupefacenti iniziative solari e coinvolgenti, e persino commoventi. Come quella della Liberi Nantes, che farà tornare in vita il campo di calcio «XXV Aprile», fino a ieri abbandonato e lasciato alle intemperie. Chi sta coi Partigiani sa che la democrazia e l’antifascismo hanno bisogno di cure.
Parlano di secessione ma a Roma ci stanno comodi, parlano di territorio e democrazia, ma per loro la soluzione è un nuovo statalismo centralista appeso a un leader che impone atti di fede e osservanza assoluta. Mistificano tutto, dalla storia al vocabolario. Sto nell’Anpi anche per trovare una casa che ospiti i valori su cui voglio fondare la mia esistenza». Chiara Gribaudo ha 28 anni, è nata, vive e lavora come educatrice precaria a Borgo San Dalmazzo, una decina di chilometri da Cuneo. Terra, a proposito, di buon vino e di partigiani.
Chiara, che senso ha iscriversi all’Anpi alla tua età?
«Tu chiamale, se vuoi, tradizioni. Ecco, vengo da una realtà che si è conquistata una medaglia d’oro per ciò che ha fatto per salvare dallo sterminio molti ebrei. A Borgo c’era un campo si smistamento. Sono figli di questa terra Duccio Galimberti, Nuto Revelli, Giacosa, Mauri, Barbato».
Mai militato nelle file di un partito di sinistra?
«Sì, ci ho provato. Sinistra giovanile, Ds, poi Pd. Ho fatto anche le primarie, ma mi sono sganciata. Mi ha respinto una fredda burocrazia, cercavo un caldo dibattito, ma non voglio sparare sulla sinistra, ha già abbastanza problemi per suo conto...»
Così, ti sei rifugiata nell’Anpi, delusa...
«Abbastanza. Nell’Associazione ho trovato quello che cercavo: lì sono custoditi tutti i valori in cui mi riconosco, dall’antifascismo alla Costituzione. È la Costituzione la cerniera che tiene assieme il nostro passato e il nostro presente. Attuare pienamente la Costituzione è già un grandioso programma politico, nella Carta ci sono tutte le risposte di cui la gente oggi ha bisogno. Non è un Vangelo, ma se si tocca lo si deve fare con immensa attenzione e sulla base di una coralità leale».
Questo vale anche per l’unità d’Italia?
«È stata la lotta partigiana che ha attualizzato il senso dell’unità del Paese. I partigiani combattevano contro fascisti, nazisti e invasori, sono morti per difendere l’integrità fisica e morale di un intero paese, né per il Nord, né per il Sud».
Cosa ti dice la parola «federalismo»?
«Penso faccia parte del mio bagaglio culturale se sta a indicare uno smistamento dei poteri verso il basso, in direzione di istituzioni molto rappresentative, come i comuni. Ma non credo che la Lega operi in questa direzione, le interessa rifondare il potere statuale su basi etniche, decisamente orribile e orribile la mistificazione cui fanno ricorso. Ma attenzione: non criminalizziamo tutti quelli che votano Lega. Non si identificano con Borghezio e nemmeno con la secessione. Il federalismo fiscale può essere utile se non è una mannaia contro i più deboli. L’Italia, ripeto, deve essere una comunità solidale stretta attorno alla Costituzione».
Speriamo. Ma oggi dobbiamo ben registrare una sorta di territorializzazione delle zolle politiche: a Nord la Lega, al centro il centrosinistra, a Sud...In mezzo c’è il presidente della Repubblica, delicato ago della bilancia...
«Sì, un ago che, lo ammetto, potrebbe fare qualcosa di più in questa direzione. Intanto, converrebbe rifondare l’antifascismo; diciamo che l’antifascismo è il pilastro su cui riorganizzare moralmente il paese, togliendo terreno ai riscrittori della storia, come Pansa e soci. Siamo stati troppo tolleranti nei confronti di chi, come il premier, ha inteso sottrarsi a un principio politico comune a tutti i paesi occidentali. Bisogna inserire nella scuola lo studio di pagine non lontane della nostra vicenda collettiva. Sai come mi sono avvicinata all’Anpi? Ascoltando, alle superiori, i racconti di ex partigiani...». Scommetti su una identità italiana? «Sì, a patto che accetti di essere un’identità sempre in costruzione, multipla, fondata anche sulla relazione con gli ultimi arrivati».