Polemiche

Eco e Vattimo a colpi di fino sul ruolo degl’intellettuali riguardo a Israele

domenica 6 giugno 2010.
 

Uno scambio con Eco (sul blog di Gianni Vattimo)

Eccovi lo scambio avuto con Eco sul sito dell’Espresso - tutto ha origine dalla sua Bustina del 14 maggio -, raccolto nella sua interezza (almeno per ora). Buona lettura...

Boicottiamo i latinisti israeliani?

di Umberto Eco

Non sono d’accordo con il mio amico Gianni Vattimo che ha firmato l’appello secondo cui "gli accademici e intellettuali israeliani hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi"

Nel gennaio 2003 in una Bustina mi rammaricavo che la rivista inglese "The Translator", diretta da Mona Baker, stimata curatrice di una Encyclopedia of Translation Studies avesse deciso (per protestare contro la politica di Sharon) di boicottare le istituzioni universitarie israeliane, e pertanto aveva chiesto a due studiosi israeliani, che facevano parte del comitato direttivo della rivista, di dare le dimissioni. Per inciso i due studiosi erano notoriamente in polemica con la politica del loro governo, ma la cosa a Mona Frank non faceva né caldo né freddo.

Osservavo che occorre distinguere tra la politica di un governo (o addirittura tra la costituzione di uno Stato) e i fermenti culturali che agitano un certo paese. Implicitamente rilevavo che considerare tutti i cittadini di un paese responsabili della politica del loro governo era una forma di razzismo. Tra chi si comporta così e chi afferma che, siccome alcuni palestinesi commettono attentati terroristici, bisogna bombardare tutti i palestinesi, non c’è alcuna differenza.

Ora è stato presentato a Torino un manifesto della Italian Campaign for the Academic & Cultural Boycott of Israel in cui, sempre per censurare la politica del governo israeliano, si sostiene che "le università, gli accademici e gli intellettuali israeliani, nella quasi totalità, hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi e sono complici delle loro politiche. Le università israeliane sono anche i luoghi dove si realizzano alcuni dei più importanti progetti di ricerca, a fini militari, su nuove armi basate sulle nanotecnologie e su sistemi tecnologici e psicologici di controllo e oppressione della popolazione civile".

Pertanto si chiede di astenersi dalla partecipazione in ogni forma di cooperazione accademica e culturale, di collaborazione o di progetti congiunti con le istituzioni israeliane; di sostenere un boicottaggio globale delle istituzioni israeliane a livello nazionale e internazionale, inclusa la sospensione di tutte le forme di finanziamento e di sussidi a queste istituzioni. Non condivido affatto la politica del governo israeliano e ho visto con molto interesse il manifesto di moltissimi ebrei europei (JCall) contro l’espansione degli insediamenti israeliani (manifesto che, con le polemiche che ha suscitato, mostra come ci sia una accesa dialettica su questi problemi nel mondo ebraico, dentro e fuori Israele). Ma trovo mendace l’affermazione per cui "gli accademici e gli intellettuali israeliani, nella quasi totalità, hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi", perché tutti sappiamo di quanti intellettuali israeliani abbiano polemizzato e polemizzino su questi temi.

Dobbiamo astenerci di ospitare in un congresso di filosofia ogni filosofo cinese per il fatto che il governo di Pechino censura Google?Posso capire che (per uscire dall’imbarazzante argomento israeliano) se si apprende che i dipartimenti di fisica dell’università di Teheran o di Pyongyang collaborano attivamente alla costruzione della bomba atomica di quei paesi, i dipartimenti di fisica di Roma o di Oxford preferiscano interrompere ogni rapporto istituzionale con quei luoghi di ricerca. Ma non capisco perché debbano interrompersi i rapporti coi dipartimenti di storia dell’arte coreana o di letteratura persiana antica.

Vedo che ha partecipato al lancio del nuovo appello al boicottaggio il mio amico Gianni Vattimo. Ora facciamo (per assurdo!) l’ipotesi che in alcuni paesi stranieri si diffonda la voce che il governo Berlusconi attenta al sacro principio democratico della divisione dei poteri delegittimando la magistratura, e si avvale del sostegno di un partito decisamente razzista e xenofobo.

Piacerebbe a Vattimo che, in polemica con questo governo, le università americane non lo invitassero più come visiting professor, e speciali comitati per la difesa del diritto provvedessero a eliminare tutte le sue pubblicazioni dalle biblioteche Usa? Io credo che griderebbe all’ingiustizia e affermerebbe che fare così è come giudicare tutti gli ebrei responsabili di deicidio solo perché il Sinedrio quel venerdì santo era di malumore.

Non è vero che tutti i rumeni sono stupratori, tutti i preti pedofili e tutti gli studiosi di Heidegger nazisti. E quindi qualsiasi posizione politica, qualsiasi polemica nei confronti di un governo, non deve coinvolgere un intero popolo e una intera cultura. E questo vale in particolare per la repubblica del sapere, dove la solidarietà tra studiosi, artisti e scrittori di tutto il mondo è sempre stato un modo per difendere, al di là di ogni frontiera, i diritti umani. (14 maggio 2010)

-   In risposta alla Bustina

Sono contento che Eco non "condivida" (ci mancherebbe) la politica del governo israeliano - distinguerlo dallo stato israeliano è formalmente corretto ma storicamente vacuo: da quando esiste, lo stato di Israele ha sempre praticato una politica espansionistica e spesso genocida.

Anch’io conosco intellettuali ebrei, anche israeliani, che si oppongono al loro governo, a cominciare da Chomsky, e poi Ilan Pappe, Norman Finkelstein. Ma quanti intellettuali italiani, ebrei o no, hanno preso chiare posizioni contro la strage di Gaza due anni fa? Il giorno che Berlusconi bombardasse a tappeto Nizza e la Savoia perché sono terre storicamente nostre (non c’è la tomba di Rachele, va bene; ma mito per mito...), credo che i cittadini di altri paesi avrebbero ben diritto di cercare di premere su di lui anche isolando gli accademici, gli scienziati, gli esponenti di una cultura che, per neutra che sia, è sempre una forma di reclame per il paese - stato o governo - da cui viene Eco stesso, se non sbaglio, si rifiutò tempo fa di andare in Francia a rappresentare la cultura italiana a una manifestazione promossa dal governo Berlusconi. Per lo più sono gesti simbolici, che devono far conoscere i problemi al pubblico vasto. Poi i latinisti e gli archeologi possono benissimo comunicare con teleconferenze o anche scrivendosi per posta. Può diventare più rilevante che si rallentino o interrompano lavori comuni nelle scienze dure. Ma appunto, quelli sappiamo che sono per lo più diretti a scopi militari dai quali la cultura umana, e la repubblica delle lettere a cui Eco sembra credere ancora tanto, non possono che aspettarsi ulteriori sconquassi...

Inviato da giannivattimo il 19 maggio 2010 alle 16:04

-  In risposta alla risposta

Caro giannivattimo, la passione è una bella cosa, ma non sempre aiuta nelluso del raziocinio. Certo, se Berlusconi bombardasse Nizza come tu dici, sarebbe poco gentile, ma perché il paragone sia meno campato in aria, bisognerebbe far sì che da Nizza fossero partiti razzi e infiltrazioni terroristiche per lungo tempo, e che a Parigi sieda un movimento che si prefigga la distruzione dellItalia e la dispersione o lo sterminio degli italiani, per non parlare di tutte quelle condizioni (presenza millenaria, diaspora, pacifiche migrazioni di ritorno) che renderebbero il quadro più coerente, anche se meno strumentale al tuo ragionamento, e che qui mancano. Quanto allaltro punto, la non-partecipazione alla manifestazione culturale, è ancora più sconcertante. Io difendo proprio il diritto dei singoli a decidere che fare caso per caso, come allora è stato possibile. Se le cose andassero secondo la tua logica, avrebbero dovuto essere i francesi a rifiutarsi di tenere quella manifestazione, prima ancora di rifiutare linvito a qualsiasi ospite italiano, benché ostile alle politiche berlusconiane. Come vedi, sono paragoni tanto grossolani che non stanno in piedi neppure transennati. Va be che sei il campione del pensiero debole, ma insomma... Quanto agli altri gioiosi commentatori, che citano à tort et à travers persino Popper pur di dire che Israele è peggio della Germania nazista, mi aspetto come minimo che siano domiciliati in Casa Pound. E che le allocuzioni contro la Sinagoga di Satana siano solo questione di minuti.

Inviato da umbertoecho il 19 maggio 2010 alle 21:48

La nuova Bustina di Eco...

Congiuntivi e pestaggi

di Umberto Eco

A Vattimo non rimprovero di usare male i congiuntivi. Ma se per gli errori di qualcuno si condanna una intera categoria, o un popolo, non si farà dell’antisemitismo ma certamente si fa del razzismo.

Quindici giorni fa ho protestato contro un invito al boicottaggio delle istituzioni accademiche e degli intellettuali israeliani, firmato anche dal mio amico Gianni Vattimo. Io non mettevo in questione il dissenso che si può manifestare nei confronti della politica del governo israeliano, ma dicevo che non si può sostenere, come faceva l’appello, che "gli accademici e gli intellettuali israeliani, nella quasi totalità, hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi". Tutti sappiamo quanti intellettuali israeliani polemizzino su questi temi.

Ora ricevo una cortese lettera di Vattimo e al tempo stesso altri messaggi di lettori che condividono le sue idee. Vattimo scrive: "Mi sento come uno a cui venga rimproverato l’uso improprio di un congiuntivo - capisco quanto le parole e la sintassi siano importanti per te semiotico - in una discussione sul pestaggio della Diaz... La domanda essenziale era: quanti intellettuali italiani del tuo calibro o, scusa, poco meno hanno preso pubblicamente posizione sul massacro di Gaza? E adesso quanti protestano per Chomsky fermato alla frontiera?".

Ma io a Vattimo non rimproveravo, a proposito del pestaggio alla Diaz, di usare male i congiuntivi, bensì di voler pestare per ritorsione tutti i poliziotti italiani. Idea che, immagino, dovrebbe essere respinta da ogni persona di buon senso. Se per gli errori di qualcuno si condanna una intera categoria, o addirittura un popolo, forse non si farà dell’antisemitismo ma certamente si fa del razzismo. La domanda essenziale di cui egli parla non era perché non si parla di Gaza (faccenda atroce) o dell’esecrabile proibizione di transito a Chomsky (che tra l’altro si era pronunciato contro il boicottaggio). La domanda essenziale riguardava il boicottaggio.

Tutte le lettere che ho ricevuto si sforzano di elencarmi tutti gli argomenti contro la politica del governo israeliano, dimenticando che io stesso ho detto di non condividerla. Ma il mio articolo chiedeva se, sulla base di un rifiuto della politica di un governo, si possono mettere al bando della comunità intellettuale internazionale tutti gli studiosi, gli scienziati, gli scrittori del paese dove quel governo governa. Pare che i miei obiettori non vedano alcuna differenza tra i due problemi. Per esempio Vattimo, per sottolineare che nell’idea del boicottaggio c’è dell’antisionismo ma non dell’antisemitismo, mi scrive: "Sarebbero antisemiti i tanti ebrei antisionisti che sentono la loro religiosità ebraica minacciata proprio da questa politica di potenza?". Ma è proprio questo il punto. Se si ammette, e sarebbe difficile non farlo, che ci sono tanti ebrei (anche in Israele, si badi) che rifiutano la politica di potenza del loro governo, perché allora bandire un boicottaggio globale che coinvolge anche loro?

Sono di questi giorni due brutte notizie. Una è che nelle scuole degli estremisti religiosi israeliani sono state vietate le tragedie di Sofocle, "Anna Karenina", le opere di Bashevis Singer e l’ultimo romanzo di Amos Oz. Qui non c’entra il governo, c’entrano i talebani locali, e sappiamo che ci sono dei talebani dappertutto (c’erano persino dei talebani cattolici che mettevano Machiavelli all’indice). Ma allora (seconda brutta notizia) perché i boicottatori torinesi si sono comportati da talebani quando hanno protestato perché si voleva dare il premio del Salone del Libro (come poi è stato dato) a Oz? Insomma, Amos Oz non lo vogliono a Mea Shearim (il quartiere dei fondamentalisti di Gerusalemme) e non lo vogliono a Torino (città sacra alla Sindone). Dove deve andare questo ebreo errante?

Vattimo insiste nel dire che essere antisionista non è essere antisemita. Ci credo. So benissimo che quando due anni fa ha affermato che ormai era lì lì per credere ai "Protocolli dei savi di Sion" aveva solo voluto fare una di quelle battute provocatorie in cui eccelle - perché nessuna persona sensata e di buoni studi può leggere i "Protocolli" e ritenere che quell’insieme di autodenunce che si contraddicono tra loro sia opera autentica (e che i Savi Anziani di Sion fossero così coglioni). Ma Vattimo si sarà accorto che su Internet, accanto ai siti dove si condanna la sua uscita, ve ne sono moltissimi che invece ci gongolano. Ogni battuta estremistica rischia sempre di stimolare il consenso dei dissennati.

Ma Vattimo (e come lo capisco) alle battute non sa rinunciare, e conclude: "Ahmadinejad come minaccia di distruzione di Israele? Ma qualcuno ci crede davvero?". Beh, sarò un sentimentale, ma a me un tizio che vuole fare sparire una nazione dalla faccia del mondo un poco di paura la fa. Per le stesse ragioni per cui mi preoccupo per l’avvenire dei palestinesi. (27 maggio 2010)

-   In risposta alla Bustina (2)

Sono consapevole che la lettera che avevo scritto, e mandato personalmente, a Eco e che speravo uscisse sull’Espresso non è stata pubblicata per una serie di equivoci "tecnici" di cui sono io responsabile (e non il Mossad!). Mi dispiace dunque che i lettori dell’Espresso cartaceo (io sono uno di loro!) non l’abbiano potuta leggere, con la conseguenza che quest’ultima risposta di Eco (la Bustina di questo numero) riuscirà loro perlomeno parziale. Cercherò, con le mie deboli capacità informatiche, di postare la lettera sull’Espresso elettronico (nonché sul mio blog, http://giannivattimo.blogspot.com/, dove comparirà a breve - spero - tutto il carteggio), in modo che almeno se ne possa avere contezza post-factum e scriptum.

Ma vorrei che i lettori cartacei sapessero almeno che Eco legge in modo alquanto frettoloso ciò che Chomsky dice sul boicottaggio: come si vede dall’intervista a Haaretz (leggibile in inglese sul sito apposito), Chomsky dice che gli sembra inutile boicottare Israele e che bisognerebbe piuttosto boicottare gli Usa. Una piccola aggiunta ala Bustina non farebbe male!

Gianni Vattimo

Ecco la lettera.

Caro Umberto...

Caro Umberto, la tua ultima risposta sull’Espresso mi lascia molto perplesso - lo dico solo per amore della rima. Mi sento come uno a cui venga rimproverato l’uso improprio di un congiuntivo - capisco quanto le parole e la sintassi siano importanti per te semiotico - in una discussione sul pestaggio della Diaz. Ho sbagliato io a fare quelle ipotesi grottesche sul bombardamento di Nizza, ma sbagli ancora di più tu ad attaccartici. La domanda essenziale era: quanti intellettuali italiani del tuo calibro o, scusa, poco meno hanno preso pubblicamente posizione sul massacro di Gaza? E adesso quanti protestano per Chomsky fermato alla frontiera?

Anche la tua (amichevole, grazie) reazione alla mia partecipazione al boicottaggio mi sembra un segno del fatto che ci sono nella cultura italiana - molto più che in quella di altri paesi, come la Gran Bretagna, la Francia (vedi le posizioni di Morin, per esempio), persino degli Stati Uniti (Judith Butler, Chomsky...) - dei paletti invalicabili dalle persone “raziocinanti” (dal cui novero tu mi escludi proprio per questo, anche a parte il pensiero debole), più o meno come quelli che impediscono di dubitare del famoso buco nel muro del Pentagono attraverso cui avrebbe dovuto passare, l’11 settembre, un grosso aereo passeggeri. Non se ne discute, è irragionevole. Ma davvero?

I miei amici della campagna per il boicottaggio hanno preparato un volantino, anch’esso amichevole, che intendono distribuire in occasione di una tua visita ad Alessandria, salvo errori, il 20 maggio. Ti si ricordano tanti aspetti del problema che tu sembri ignorare,o metti tra parentesi, precipitando sempre (vedi il finale del tuo pezzo) sull’accusa di antisemitismo, casa Pound, ecc. Israele da quando esiste non ha cessato neanche un giorno di espandersi con le armi a spese della Palestina, ignorando tutte le delibere dell’Onu (dalla quale pure dipende la sua stessa nascita come stato). Ha usato e usa armi messe al bando dalle convenzioni internazionali, armi che non ha comprato fatte, ma che ha messo a punto con l’attiva collaborazione dei suoi scienziati e delle sue università. Ha sempre risposto ai razzi dei palestinesi con vere e proprie stragi di rappresaglia, abbattendo interi quartieri delle città da cui i razzi provenivano (hai mai considerato la proporzione tra i morti israeliani e quelli palestinesi in questi anni? Molto peggio che la decimazione nazista delle Ardeatine). Ha fatto proposte “di pace” provocatoriamente assurde (pensa alla divisione territoriale che prevedrebbe uno stato palestinese “a fette”, con posti di blocco continui e ora il Muro). A Gaza, sta cercando di risolvere a modo suo il problema palestinese con un vero e proprio genocidio, chiudendo le vie di rifornimento di cibi, medicine, acqua potabile, e bloccando le possibilità di lavoro, a cominciare dalla pesca. Il ritornello dei due popoli e due stati va avanti da decenni senza alcuna possibilità di realizzarsi, aiutando a prender tempo in vista di uno sterminio sempre più evidente.

Parliamo di raziocinio? C’è del raziocinio nell’accusare di antisemitismo (a casa Pound, a casa Pound!) chiunque si lasci commuovere da questi fatti? Sarebbero antisemiti i tanti ebrei antisionisti che sentono la loro religiosità ebraica minacciata proprio da questa politica di potenza? Mi sembra sempre più verosimile che si sentano come si sentono oggi tanti cattolici, i quali sono tentati di non credere più in Gesù Cristo se non sparisce il Vaticano. Ahmadinejad come minaccia di distruzione di Israele? Ma qualcuno ci crede davvero? Dov’è il rischio di una ripetizione dell’Olocausto? Nessuno di noi antisionisti (uguale antisemiti, Napolitano dixit) si sogna di dar retta ai negazionisti. Ma il rispetto per la memoria dei morti di Auschwitz non dovrebbe imporre proprio a Israele di non utilizzare il loro martirio per giustificare una politica genocida che, quando non ha altre motivazioni ancora meno nobili, sembra ormai solo ispirata a un (biblico?) bisogno di vendetta?

Gianni Vattimo


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