Uno scambio con Eco (sul blog di Gianni Vattimo)
Eccovi lo scambio avuto con Eco sul sito dell’Espresso - tutto ha origine dalla sua Bustina del 14 maggio -, raccolto nella sua interezza (almeno per ora). Buona lettura...
Boicottiamo i latinisti israeliani?
di Umberto Eco
Non sono d’accordo con il mio amico Gianni Vattimo che ha firmato l’appello secondo cui "gli accademici e intellettuali israeliani hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi"
Nel gennaio 2003 in una Bustina mi rammaricavo che la rivista inglese "The Translator", diretta da Mona Baker, stimata curatrice di una Encyclopedia of Translation Studies avesse deciso (per protestare contro la politica di Sharon) di boicottare le istituzioni universitarie israeliane, e pertanto aveva chiesto a due studiosi israeliani, che facevano parte del comitato direttivo della rivista, di dare le dimissioni. Per inciso i due studiosi erano notoriamente in polemica con la politica del loro governo, ma la cosa a Mona Frank non faceva né caldo né freddo.
Osservavo che occorre distinguere tra la politica di un governo (o addirittura tra la costituzione di uno Stato) e i fermenti culturali che agitano un certo paese. Implicitamente rilevavo che considerare tutti i cittadini di un paese responsabili della politica del loro governo era una forma di razzismo. Tra chi si comporta così e chi afferma che, siccome alcuni palestinesi commettono attentati terroristici, bisogna bombardare tutti i palestinesi, non c’è alcuna differenza.
Ora è stato presentato a Torino un manifesto della Italian Campaign for the Academic & Cultural Boycott of Israel in cui, sempre per censurare la politica del governo israeliano, si sostiene che "le università, gli accademici e gli intellettuali israeliani, nella quasi totalità, hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi e sono complici delle loro politiche. Le università israeliane sono anche i luoghi dove si realizzano alcuni dei più importanti progetti di ricerca, a fini militari, su nuove armi basate sulle nanotecnologie e su sistemi tecnologici e psicologici di controllo e oppressione della popolazione civile".
Pertanto si chiede di astenersi dalla partecipazione in ogni forma di cooperazione accademica e culturale, di collaborazione o di progetti congiunti con le istituzioni israeliane; di sostenere un boicottaggio globale delle istituzioni israeliane a livello nazionale e internazionale, inclusa la sospensione di tutte le forme di finanziamento e di sussidi a queste istituzioni. Non condivido affatto la politica del governo israeliano e ho visto con molto interesse il manifesto di moltissimi ebrei europei (JCall) contro l’espansione degli insediamenti israeliani (manifesto che, con le polemiche che ha suscitato, mostra come ci sia una accesa dialettica su questi problemi nel mondo ebraico, dentro e fuori Israele). Ma trovo mendace l’affermazione per cui "gli accademici e gli intellettuali israeliani, nella quasi totalità, hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi", perché tutti sappiamo di quanti intellettuali israeliani abbiano polemizzato e polemizzino su questi temi.
Dobbiamo astenerci di ospitare in un congresso di filosofia ogni filosofo cinese per il fatto che il governo di Pechino censura Google?Posso capire che (per uscire dall’imbarazzante argomento israeliano) se si apprende che i dipartimenti di fisica dell’università di Teheran o di Pyongyang collaborano attivamente alla costruzione della bomba atomica di quei paesi, i dipartimenti di fisica di Roma o di Oxford preferiscano interrompere ogni rapporto istituzionale con quei luoghi di ricerca. Ma non capisco perché debbano interrompersi i rapporti coi dipartimenti di storia dell’arte coreana o di letteratura persiana antica.
Vedo che ha partecipato al lancio del nuovo appello al boicottaggio il mio amico Gianni Vattimo. Ora facciamo (per assurdo!) l’ipotesi che in alcuni paesi stranieri si diffonda la voce che il governo Berlusconi attenta al sacro principio democratico della divisione dei poteri delegittimando la magistratura, e si avvale del sostegno di un partito decisamente razzista e xenofobo.
Piacerebbe a Vattimo che, in polemica con questo governo, le università americane non lo invitassero più come visiting professor, e speciali comitati per la difesa del diritto provvedessero a eliminare tutte le sue pubblicazioni dalle biblioteche Usa? Io credo che griderebbe all’ingiustizia e affermerebbe che fare così è come giudicare tutti gli ebrei responsabili di deicidio solo perché il Sinedrio quel venerdì santo era di malumore.
Non è vero che tutti i rumeni sono stupratori, tutti i preti pedofili e tutti gli studiosi di Heidegger nazisti. E quindi qualsiasi posizione politica, qualsiasi polemica nei confronti di un governo, non deve coinvolgere un intero popolo e una intera cultura. E questo vale in particolare per la repubblica del sapere, dove la solidarietà tra studiosi, artisti e scrittori di tutto il mondo è sempre stato un modo per difendere, al di là di ogni frontiera, i diritti umani. (14 maggio 2010)
In risposta alla Bustina
Sono contento che Eco non "condivida" (ci mancherebbe) la politica del governo israeliano - distinguerlo dallo stato israeliano è formalmente corretto ma storicamente vacuo: da quando esiste, lo stato di Israele ha sempre praticato una politica espansionistica e spesso genocida.
Anch’io conosco intellettuali ebrei, anche israeliani, che si oppongono al loro governo, a cominciare da Chomsky, e poi Ilan Pappe, Norman Finkelstein. Ma quanti intellettuali italiani, ebrei o no, hanno preso chiare posizioni contro la strage di Gaza due anni fa? Il giorno che Berlusconi bombardasse a tappeto Nizza e la Savoia perché sono terre storicamente nostre (non c’è la tomba di Rachele, va bene; ma mito per mito...), credo che i cittadini di altri paesi avrebbero ben diritto di cercare di premere su di lui anche isolando gli accademici, gli scienziati, gli esponenti di una cultura che, per neutra che sia, è sempre una forma di reclame per il paese - stato o governo - da cui viene Eco stesso, se non sbaglio, si rifiutò tempo fa di andare in Francia a rappresentare la cultura italiana a una manifestazione promossa dal governo Berlusconi. Per lo più sono gesti simbolici, che devono far conoscere i problemi al pubblico vasto. Poi i latinisti e gli archeologi possono benissimo comunicare con teleconferenze o anche scrivendosi per posta. Può diventare più rilevante che si rallentino o interrompano lavori comuni nelle scienze dure. Ma appunto, quelli sappiamo che sono per lo più diretti a scopi militari dai quali la cultura umana, e la repubblica delle lettere a cui Eco sembra credere ancora tanto, non possono che aspettarsi ulteriori sconquassi...
Inviato da giannivattimo il 19 maggio 2010 alle 16:04
In risposta alla risposta
Caro giannivattimo, la passione è una bella cosa, ma non sempre aiuta nelluso del raziocinio. Certo, se Berlusconi bombardasse Nizza come tu dici, sarebbe poco gentile, ma perché il paragone sia meno campato in aria, bisognerebbe far sì che da Nizza fossero partiti razzi e infiltrazioni terroristiche per lungo tempo, e che a Parigi sieda un movimento che si prefigga la distruzione dellItalia e la dispersione o lo sterminio degli italiani, per non parlare di tutte quelle condizioni (presenza millenaria, diaspora, pacifiche migrazioni di ritorno) che renderebbero il quadro più coerente, anche se meno strumentale al tuo ragionamento, e che qui mancano. Quanto allaltro punto, la non-partecipazione alla manifestazione culturale, è ancora più sconcertante. Io difendo proprio il diritto dei singoli a decidere che fare caso per caso, come allora è stato possibile. Se le cose andassero secondo la tua logica, avrebbero dovuto essere i francesi a rifiutarsi di tenere quella manifestazione, prima ancora di rifiutare linvito a qualsiasi ospite italiano, benché ostile alle politiche berlusconiane. Come vedi, sono paragoni tanto grossolani che non stanno in piedi neppure transennati. Va be che sei il campione del pensiero debole, ma insomma... Quanto agli altri gioiosi commentatori, che citano à tort et à travers persino Popper pur di dire che Israele è peggio della Germania nazista, mi aspetto come minimo che siano domiciliati in Casa Pound. E che le allocuzioni contro la Sinagoga di Satana siano solo questione di minuti.
Inviato da umbertoecho il 19 maggio 2010 alle 21:48
La nuova Bustina di Eco...
Congiuntivi e pestaggi
di Umberto Eco
A Vattimo non rimprovero di usare male i congiuntivi. Ma se per gli errori di qualcuno si condanna una intera categoria, o un popolo, non si farà dell’antisemitismo ma certamente si fa del razzismo.
Quindici giorni fa ho protestato contro un invito al boicottaggio delle istituzioni accademiche e degli intellettuali israeliani, firmato anche dal mio amico Gianni Vattimo. Io non mettevo in questione il dissenso che si può manifestare nei confronti della politica del governo israeliano, ma dicevo che non si può sostenere, come faceva l’appello, che "gli accademici e gli intellettuali israeliani, nella quasi totalità, hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi". Tutti sappiamo quanti intellettuali israeliani polemizzino su questi temi.
Ora ricevo una cortese lettera di Vattimo e al tempo stesso altri messaggi di lettori che condividono le sue idee. Vattimo scrive: "Mi sento come uno a cui venga rimproverato l’uso improprio di un congiuntivo - capisco quanto le parole e la sintassi siano importanti per te semiotico - in una discussione sul pestaggio della Diaz... La domanda essenziale era: quanti intellettuali italiani del tuo calibro o, scusa, poco meno hanno preso pubblicamente posizione sul massacro di Gaza? E adesso quanti protestano per Chomsky fermato alla frontiera?".
Ma io a Vattimo non rimproveravo, a proposito del pestaggio alla Diaz, di usare male i congiuntivi, bensì di voler pestare per ritorsione tutti i poliziotti italiani. Idea che, immagino, dovrebbe essere respinta da ogni persona di buon senso. Se per gli errori di qualcuno si condanna una intera categoria, o addirittura un popolo, forse non si farà dell’antisemitismo ma certamente si fa del razzismo. La domanda essenziale di cui egli parla non era perché non si parla di Gaza (faccenda atroce) o dell’esecrabile proibizione di transito a Chomsky (che tra l’altro si era pronunciato contro il boicottaggio). La domanda essenziale riguardava il boicottaggio.
Tutte le lettere che ho ricevuto si sforzano di elencarmi tutti gli argomenti contro la politica del governo israeliano, dimenticando che io stesso ho detto di non condividerla. Ma il mio articolo chiedeva se, sulla base di un rifiuto della politica di un governo, si possono mettere al bando della comunità intellettuale internazionale tutti gli studiosi, gli scienziati, gli scrittori del paese dove quel governo governa. Pare che i miei obiettori non vedano alcuna differenza tra i due problemi. Per esempio Vattimo, per sottolineare che nell’idea del boicottaggio c’è dell’antisionismo ma non dell’antisemitismo, mi scrive: "Sarebbero antisemiti i tanti ebrei antisionisti che sentono la loro religiosità ebraica minacciata proprio da questa politica di potenza?". Ma è proprio questo il punto. Se si ammette, e sarebbe difficile non farlo, che ci sono tanti ebrei (anche in Israele, si badi) che rifiutano la politica di potenza del loro governo, perché allora bandire un boicottaggio globale che coinvolge anche loro?
Sono di questi giorni due brutte notizie. Una è che nelle scuole degli estremisti religiosi israeliani sono state vietate le tragedie di Sofocle, "Anna Karenina", le opere di Bashevis Singer e l’ultimo romanzo di Amos Oz. Qui non c’entra il governo, c’entrano i talebani locali, e sappiamo che ci sono dei talebani dappertutto (c’erano persino dei talebani cattolici che mettevano Machiavelli all’indice). Ma allora (seconda brutta notizia) perché i boicottatori torinesi si sono comportati da talebani quando hanno protestato perché si voleva dare il premio del Salone del Libro (come poi è stato dato) a Oz? Insomma, Amos Oz non lo vogliono a Mea Shearim (il quartiere dei fondamentalisti di Gerusalemme) e non lo vogliono a Torino (città sacra alla Sindone). Dove deve andare questo ebreo errante?
Vattimo insiste nel dire che essere antisionista non è essere antisemita. Ci credo. So benissimo che quando due anni fa ha affermato che ormai era lì lì per credere ai "Protocolli dei savi di Sion" aveva solo voluto fare una di quelle battute provocatorie in cui eccelle - perché nessuna persona sensata e di buoni studi può leggere i "Protocolli" e ritenere che quell’insieme di autodenunce che si contraddicono tra loro sia opera autentica (e che i Savi Anziani di Sion fossero così coglioni). Ma Vattimo si sarà accorto che su Internet, accanto ai siti dove si condanna la sua uscita, ve ne sono moltissimi che invece ci gongolano. Ogni battuta estremistica rischia sempre di stimolare il consenso dei dissennati.
Ma Vattimo (e come lo capisco) alle battute non sa rinunciare, e conclude: "Ahmadinejad come minaccia di distruzione di Israele? Ma qualcuno ci crede davvero?". Beh, sarò un sentimentale, ma a me un tizio che vuole fare sparire una nazione dalla faccia del mondo un poco di paura la fa. Per le stesse ragioni per cui mi preoccupo per l’avvenire dei palestinesi. (27 maggio 2010)
In risposta alla Bustina (2)
Sono consapevole che la lettera che avevo scritto, e mandato personalmente, a Eco e che speravo uscisse sull’Espresso non è stata pubblicata per una serie di equivoci "tecnici" di cui sono io responsabile (e non il Mossad!). Mi dispiace dunque che i lettori dell’Espresso cartaceo (io sono uno di loro!) non l’abbiano potuta leggere, con la conseguenza che quest’ultima risposta di Eco (la Bustina di questo numero) riuscirà loro perlomeno parziale. Cercherò, con le mie deboli capacità informatiche, di postare la lettera sull’Espresso elettronico (nonché sul mio blog, http://giannivattimo.blogspot.com/, dove comparirà a breve - spero - tutto il carteggio), in modo che almeno se ne possa avere contezza post-factum e scriptum.
Ma vorrei che i lettori cartacei sapessero almeno che Eco legge in modo alquanto frettoloso ciò che Chomsky dice sul boicottaggio: come si vede dall’intervista a Haaretz (leggibile in inglese sul sito apposito), Chomsky dice che gli sembra inutile boicottare Israele e che bisognerebbe piuttosto boicottare gli Usa. Una piccola aggiunta ala Bustina non farebbe male!
Gianni Vattimo
Ecco la lettera.
Caro Umberto...
Caro Umberto, la tua ultima risposta sull’Espresso mi lascia molto perplesso - lo dico solo per amore della rima. Mi sento come uno a cui venga rimproverato l’uso improprio di un congiuntivo - capisco quanto le parole e la sintassi siano importanti per te semiotico - in una discussione sul pestaggio della Diaz. Ho sbagliato io a fare quelle ipotesi grottesche sul bombardamento di Nizza, ma sbagli ancora di più tu ad attaccartici. La domanda essenziale era: quanti intellettuali italiani del tuo calibro o, scusa, poco meno hanno preso pubblicamente posizione sul massacro di Gaza? E adesso quanti protestano per Chomsky fermato alla frontiera?
Anche la tua (amichevole, grazie) reazione alla mia partecipazione al boicottaggio mi sembra un segno del fatto che ci sono nella cultura italiana - molto più che in quella di altri paesi, come la Gran Bretagna, la Francia (vedi le posizioni di Morin, per esempio), persino degli Stati Uniti (Judith Butler, Chomsky...) - dei paletti invalicabili dalle persone “raziocinanti” (dal cui novero tu mi escludi proprio per questo, anche a parte il pensiero debole), più o meno come quelli che impediscono di dubitare del famoso buco nel muro del Pentagono attraverso cui avrebbe dovuto passare, l’11 settembre, un grosso aereo passeggeri. Non se ne discute, è irragionevole. Ma davvero?
I miei amici della campagna per il boicottaggio hanno preparato un volantino, anch’esso amichevole, che intendono distribuire in occasione di una tua visita ad Alessandria, salvo errori, il 20 maggio. Ti si ricordano tanti aspetti del problema che tu sembri ignorare,o metti tra parentesi, precipitando sempre (vedi il finale del tuo pezzo) sull’accusa di antisemitismo, casa Pound, ecc. Israele da quando esiste non ha cessato neanche un giorno di espandersi con le armi a spese della Palestina, ignorando tutte le delibere dell’Onu (dalla quale pure dipende la sua stessa nascita come stato). Ha usato e usa armi messe al bando dalle convenzioni internazionali, armi che non ha comprato fatte, ma che ha messo a punto con l’attiva collaborazione dei suoi scienziati e delle sue università. Ha sempre risposto ai razzi dei palestinesi con vere e proprie stragi di rappresaglia, abbattendo interi quartieri delle città da cui i razzi provenivano (hai mai considerato la proporzione tra i morti israeliani e quelli palestinesi in questi anni? Molto peggio che la decimazione nazista delle Ardeatine). Ha fatto proposte “di pace” provocatoriamente assurde (pensa alla divisione territoriale che prevedrebbe uno stato palestinese “a fette”, con posti di blocco continui e ora il Muro). A Gaza, sta cercando di risolvere a modo suo il problema palestinese con un vero e proprio genocidio, chiudendo le vie di rifornimento di cibi, medicine, acqua potabile, e bloccando le possibilità di lavoro, a cominciare dalla pesca. Il ritornello dei due popoli e due stati va avanti da decenni senza alcuna possibilità di realizzarsi, aiutando a prender tempo in vista di uno sterminio sempre più evidente.
Parliamo di raziocinio? C’è del raziocinio nell’accusare di antisemitismo (a casa Pound, a casa Pound!) chiunque si lasci commuovere da questi fatti? Sarebbero antisemiti i tanti ebrei antisionisti che sentono la loro religiosità ebraica minacciata proprio da questa politica di potenza? Mi sembra sempre più verosimile che si sentano come si sentono oggi tanti cattolici, i quali sono tentati di non credere più in Gesù Cristo se non sparisce il Vaticano. Ahmadinejad come minaccia di distruzione di Israele? Ma qualcuno ci crede davvero? Dov’è il rischio di una ripetizione dell’Olocausto? Nessuno di noi antisionisti (uguale antisemiti, Napolitano dixit) si sogna di dar retta ai negazionisti. Ma il rispetto per la memoria dei morti di Auschwitz non dovrebbe imporre proprio a Israele di non utilizzare il loro martirio per giustificare una politica genocida che, quando non ha altre motivazioni ancora meno nobili, sembra ormai solo ispirata a un (biblico?) bisogno di vendetta?
Gianni Vattimo
Fuga di morte
di Giorgio Agamben (il manifesto, 2 giugno 2010)
Molti ricordano i versi della poesia «Fuga di morte» in cui Paul Celan evocava nel 1952 lo sterminio degli ebrei: «La morte è un maestro dalla Germania / ti colpisce con palle di piombo e ti colpisce preciso». È triste per chi, come me, è legato alla cultura ebraica, dover dire che oggi «La morte è un maestro da Israele». Ed è tanto più triste, perché i soldati che hanno attaccato le navi dei pacifisti non soltanto hanno agito come pirati in acque internazionali, ma soprattutto hanno agito come guardiani del Lager in cui Israele ha trasformato la Palestina.
Intervista a Dario Fo
«Silvio cancella la democrazia e la sinistra se ne sta al balcone»
Il premio Nobel: «Per fermare il premier servirebbero una coerenza e un coraggio morale che fin qui sono mancati. Vedo timori e dolcinerie mentre i tori travolgono tutto»
La storia. «Non è uno show in cui sperare di fare una figura passabile. Chi si assume la responsabilità di non aver capito e lottato?»
La strada. «L’avete indicata anche voi dell’Unità: disobbedire. Non si salva l’Italia scendendo a patti con un oscuro nemico del paese»
di Toni Jop (l’Unità, 02.06.2010)
Partiamo da questo punto incontestabile: siamo governati da un premier che dice “ti amo” a questo paese mentre giorno dopo giorno gli toglie la libertà. Sembra una parabola classica sul potere. Infatti, Berlusconi più ci ama più ci tappa le orecchie. Adesso vuole discrezione, questa è la sordina che vorrebbe imporre alle intercettazioni, questa la gabbia in cui vorrebbe chiudere i magistrati. Affranti, in questa valle di lacrime abbiamo chiesto lumi a Dario Fo, per aggiornare i nostri sensi intorpiditi da un “amore” che ci vuole al buio.
Sarà vero amore, Dario? «Dubita, fratello, dubita, che il dubbio ti tiene in vita. Io, per esempio, ho scritto un testo sull’Orecchio di Dioniso. Non fabula, sed historia. Allora, c’era questo Orecchio che amplificava a mille le voci del popolo cosicché, in favore degli dei, una si potesse avvertire molto distante. Orecchio divino, divina macchina sonora. Ma un giorno, il senso dell’ ascolto fu invertito e al “popolo” giunsero le parole segrete degli dei. La divina macchina venne immediatamente murata. Murarono il mito, cosicché si vide di che pasta fosse il mito e quale fosse il cibo prediletto del potere: la coscienza del “popolo”. Chiaro?».
Maestro, questa è la storia della sinistra! Siamo noi che vogliamo ascoltare ciò che non va ascoltato, le parole del potere, le parole proibite. Siamo sulla strada giusta?
«Mica tanto. Perché tutto è scoperto, il gioco è scoperto nella sua violenta doppiezza ma non vedo una adeguata capacità di reazione. Abbiamo un premier che ormai non nasconde i veri obiettivi delle sue azioni e delle sue scelte. Dalle leggi ad personam al ddl sulle intercettazioni mentre echeggiano le voci secondo cui bombe e stragi “mafiose” sarebbero servite da scivolo per la nascita di una forza politica capace di traghettare il peggio della prima repubblica in una seconda, sedicente repubblica».
Ma, scusi, che dobbiamo fare? Denunciamo, facciamo opposizione secondo le regole democratiche...
«Ah sì? Eppure a me pare che la sinistra se ne stia affacciata al balcone mentre i tori corrono e travolgono ogni cosa giù in strada. Vedi, se, come è stato finalmente annunciato dalla sinistra, oggi è in gioco la democrazia, allora conviene adeguare le risorse e la lucidità a questa realtà tremenda. Serve una coerenza ferrea che fin qui è mancata. Serve un coraggio morale che fin qui ha oscillato. Eppure, il disegno del potere fu chiaro fin dal G8 di Genova. Ora dico forte: se i responsabili istituzionali di quel massacro degno di una dittatura non pagheranno per quel che hanno fatto, si toglieranno le basi democratiche anche a questa Seconda Repubblica. E i cocci saranno sempre nostri».
Intende per caso sostenere che la sinistra non sta facendo opposizione?
«Tu fai il furbetto, e io so - viva la rima quello che ho detto. All’opposizione restano il mugugno, il timore reverenziale di offendere, una dolcineria paurosa nei confronti di chi sta cancellando la democrazia e questo è ormai chiaro anche alla sinistra non vedente. Il fatto che non lo diciamo più solo io e pochi altri è una consolazione e insieme una disperazione. La storia non è uno show in cui si può sperare di fare una figura passabile, men che meno ora quando tutto è in gioco. Chi si assume la responsabilità di non aver capito e lottato con azioni concrete e coerenti?».
Va bene, ci indichi la strada, qualcuno la seguirà. Ma tenga a mente: lei passa per essere un insopportabile pessimista, un noioso bardo saputello e di Cassandra - viva la rima - fratello...
«La strada l’avete indicata anche voi dell’Unità: disobbedire, la disobbedienza civile sorretta da un “no” forte e coerente di tutto il centrosinistra alla vergogna che ogni giorno il premier allestisce da pessimo attore qual è. Altro che trattativa, altro che accordi: non si salva l’Italia scendendo a patti con un oscuro nemico del paese e della democrazia. Pessimista io? Bene, è il pessimismo che ci tiene in vita. Infatti, guardate l’Ottimista: aveva detto che la crisi non esisteva e che il paese stava benissimo, semmai doveva comprare di più. Eccolo imbastire un gigantesco trucco col quale sfiancherà “il popolo” e grazierà i ricchi e i potenti. Mentre moltiplica la sua personale dotazione di ville meravigliose...»
Eppure, moltissimi italiani hanno ancora fiducia nel premier...
«Senti questo elenco. Al ministro Scajola hanno comprato, pare, una casa a sua insaputa. Scajola non sapeva. Alla lista della spesa del ministro Bondi, nella manovra hanno fatto dei tagli che il ministro ignorava. Bondi non sapeva. Alle spalle di Berlusconi hanno piazzato una crisi economica spaventosa che il premier ignorava. Berlusconi non sapeva. Scelgano gli italiani: stanno votando un mucchio di farabutti oppure dei pazzeschi cretini?».
Se nei vostri "colpi di fino", così borghesi quanto inutili, poteste gentilmente evitare di citare Casa Pound accostandola a razzismo e antisemistismo per due ordini di motivi:
1 . Per evitare di risultare due vecchi tromboni ingnoranti, vittime del pregiudizio antifascista, che parlano di qualcosa senza averne studiato minimamente genesi storia e attualità. Ignorando quindi completamente una realtà evidente anche ai "minimoinformati" su Casa Pound: non è razzista ne tantomeno antisemita.
2 - Perchè anche i vecchi tromboni vengono querelati. E se perdono pagano come tutti.
*****
Gentile moderatori, non mi aspetto naturalmente che pubblichiate, ma avvisate i filosofi: noi quereliamo pesante.
Simone Di Stefano - CASAPOUND ITALIA
Caro Di Stefano,
personalmente non sopporto le offese personali. Specie a terzi. Tutto si può dire in modo forte e deciso, ma con un linguaggio consono. Mi rincresce molto sottolinearglielo, mi creda. In quanto al resto, sono affari di Eco e Vattimo. Noi, ha visto, le abbiamo pubblicato la risposta. Che la prossima non sia uno sfogo.
Cordialmente,
Emiliano Morrone, direttore responsabile di "la Voce di Fiore"
Il dibattito sul tema risulta al nostro orecchio poco interessante.
Non tanto per disinteresse nei confronti delle sorti del popolo palestinese o per scarsa attenzione nei confronti della geopolitica mediorientale, quanto piuttosto per l’esistenza di leggi che consentono ad Umberto Eco di esprimere il suo pensiero sul tema e che consentono altresì di incriminare chi la pensa in modo diverso da Umberto Eco stesso. Per quanto sopra la nostra opinione ce la teniamo per noi, convinti come siamo che gli Italiani abbiano adesso problemi più stringenti cui dare risposte.
E certamente nemmeno ci saremmo sentiti in dovere di intervenire se il professore di cui sopra non avesse asserito che "chi cita Popper per dimostrare che Israele è peggio della Germania nazista deve aver dimora presso Casa Pound". Ebbene presso Casapound trovano dimora 28 famiglie italiane in stato di grave emergenza abitativa. 28 famiglie cui questo Stato avrebbe dovuto fornire l’aiuto che spetta ad un figlio in difficoltà, anche e soprattutto in ragione del fatto che quello "stato sociale" ereditato dal fascismo e consacrato a puro strumento di raccolta del consenso elettorale, lo finanziamo tutti noi contribuenti d’Italia. 28 famiglie che qualcuno ha scelto di togliere dalle macchine in cui vivevano, da affitti che strozzavano qualsiasi speranza di un futuro migliore; 28 famiglie che qualcuno ha scelto di aiutare privando se stesso di tempo e soldi, togliendo alla propria famiglia il calore della presenza e, spesso, arricchendo la propria fedina penale di crimini che non sono crimini.
Lei, caro intellettuale e professore, quanti Italiani - o non Italiani - ha aiutato ricorrendo alle cospicue risorse che lo Stato le fornisce - magari non sempre corrispondenti all’impegno che lei profonde nel ruolo per il quale è pagato - o agli introiti di quei bei libri alla cui stesura tanto tempo può dedicare, anche grazie allo stipendio che noi le paghiamo?
Certo non aspettiamo risposte a questa seppur semplice domanda, ma un maggiore approfondimento sui temi da chi dovrebbe aver diffuso la cultura della ricerca e dello studio, quello lo pretendiamo.
Andrea Antonini - Casapound Italia
Gentile Morrone,
come ha letto, ho consigliato ai due filosivi di EVITARE di sembrare due "vecchi tromboni".
Mi creda, essere di continuo tirati in ballo a sproposito è oltremodo snervante.
Simone Di Stefano