[...] La trasmissione è blindata e il papa è embedded.
Come Berlusconi quando va da Vespa? Paragone pesante e blasfemo.
Se Ratzinger usa gli stessi mezzi di Berlusconi viene colpito dallo stesso sospetto di menzogna [...]
Santissima Pasqua e benedetta tv
intervista a Gianni Vattimo
a cura di Iaia Vantaggiato (il manifesto, 22 aprile 2011)
Dall’ecumenismo un po’ reazionario di papa Wojtyla al postmodernismo di Joseph Ratzinger, il papa teologo che va in diretta su Rai Uno e parla con gli astronauti in orbita sullo Shuttle. Ne parliamo con Gianni Vattimo.
E’ pronto per la diretta? Il papa va in onda alle 14,10 ma non sappiamo se prima o dopo lo
stacco pubblicitario.
Diretta sino a un certo punto. E comunque io sono prevenuto perché non riesco a prendere sul serio questo papa. Anzi, a dir la verità, lo prendo troppo sul serio. Non mi piace il modo che ha di gestire la sua «papalità», il suo «papaggio». Del resto non so nemmeno se riuscirei a opporgliene un altro.
Giovanni XXIII, questa è facile.
Certo, se ci penso l’unico che mi piaceva davvero era proprio Giovanni XXIII.
Wojtyla no?
Umanamente simpatico ma anche un grande reazionario. Ha smontato il Concilio Vaticano II e distrutto la teologia della Liberazione. E Ratzinger è sempre stato la sua anima nera.
E l’anima nera oggi approda in tv. Neanche un po’ di emozione o almeno di stupore?
Potrei essere contento se il papa rispondesse alle domande dei fedeli direttamente. Ma questo non succede e allora non faccia finta. E’ come quando voleva andare all’università di Roma a parlare con gli accademici. Peccato che arrivava in sedia gestatoria e non permetteva a nessuno di parlare. Diceva le sue cose, questo sì, cose anche ragionevoli ma non «discutibili». Tanto valeva dirle in Vaticano senza scomodarsi andando all’università.
Il punto è che oggi il pontefice non va all’università ma in televisione. E’ diverso, no?
Certo, qui c’è lo spettacolo, il dispiego di tecnologie e pure il fatto che a maggio parlerà con gli astronauti. Ma c’è qualche altro capo di religione, che so, qualche parroco che fa questo?
Mettiamola così. C’è un papa teologo che apre alla scienza i cancelli del Vaticano e si mette in
contatto con lo Shuttle.
Io credo che quello che colpisce di più non è che il papa parli con gli astronauti se no si può sempre evocare Kruscioff quando diceva che Gagarin era andato in cielo, non aveva trovato dio e dunque dio non esisteva.
Kruscioff a parte, pontefici in televisione ne abbiamo visti spesso ma un papa che va
addirittura «in onda» colpisce un po’.
Certo che colpisce perché l’uso di questi strumenti implica un’accettazione del sistema di potere che sta dietro alla scienza e alla tecnologia. Gesù Cristo non me lo immaginerei mai così, «in diretta» su Rai Uno.
In fondo la si potrebbe leggere come una mission evangelica.
Non definirei evangelica la missione di chi va in giro a convertire la gente. Preferirei lasciare ciascuno nelle sua fede. Ma poi utilizzare addirittura gli strumenti che usano i potenti della terra. Secondo me non capita nemmeno al Dalai Lama. Molti pontefici hanno viaggiato negli ultimi decenni. e lo hanno fatto sempre con spirito «missionario». Quello stesso spirito missionario che guidava le imprese dei Conquistadores.
Insomma, lei abolirebbe le «missioni» all’estero e nel caso specifico anche nello spazio.
I pontefici non viaggiano a piedi, viaggiano con l’Alitalia. E perché non a piedi? Perché, il papa chi è? E’ un sovrano terreno. E’ un potente. Come farebbe a parlare con gli astronauti, del resto, se fosse un povero evangelico?
Una settimana di passione. Anche per i palinsensti televisivi.
Sì, e in Italia tutto finisce per diventare un po’ stucchevole. Anche la settimana santa che nei telegiornali viene data come seconda o addirittura prima notizia. Ma chi può credere a una religione cosi avviluppata ai sistemi di potere?
Lei pensa a una trasmissione blindata?
La trasmissione è blindata e il papa è embedded.
Come Berlusconi quando va da Vespa? Paragone pesante e blasfemo.
Se Ratzinger usa gli stessi mezzi di Berlusconi viene colpito dallo stesso sospetto di menzogna.
I mezzi saranno gli stessi ma i fini no.
Da quando la gente partecipa poco agli scioperi? Da quando li annuncia la televisione. Se lo dice la televisione, basta. Fa parte della ritualità sociale.
Ma anche una diversa modalità di partecipazione.
Fino a che punto si può parlare di religione se non a tu per tu o in piccole comunità?.
Siamo arrivati al papa nell’epoca della sua riproducibilità tecnica?
Il papa nell’epoca della sua riproducibilità tecnica e la Chiesa nell’epoca della comunicazione generalizzata ha ancora senso. Mc Luhan aveva detto che il mezzo è il messaggio, il mezzo condiziona molto profondamente il messaggio. Il papa che dà la benedizione urbi et orbi, la messa in televisione la domenica non hanno lo stesso valore dell’adempiere a un precetto. Certo la benedizione è uno spettacolo ma non posso sentirmi benedetto dal papa perché manca qualsiasi senso di vicinanza.
Ama il tuo «prossimo»?
Amare il prossimo è amare il prossimo se poi tu ami tutti praticamente non ami nessuno.
La sofferenza sarà il tema della trasmissione.
Quando il papa parla della sofferenza come valore è come se parlasse delle indulgenze, quelle che i papi del rinascimento mettevano in vendita. La sofferenza non è mai stata un merito per nessuno, al limite è una prova morale. E anche questo discorso sulla sofferenza è una pretesa di autorità. Perché di quel patrimonio di meriti soprannaturali - la sofferenza, appunta - noi non disponiamo, ne dispone il papa.
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
Habemus Ratzinger
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 23 aprile 2011)
Habemus Papam: quello vero, in anteprima mondiale a rispondere alla Tv a sette domande di telespettatori. Non è una diretta, tutto è stato preregistrato nel palazzo apostolico, ma resta uno scoop della trasmissione “A sua immagine” l’aver portato il pontefice ad un colloquio con gente di tutto il mondo. Perché le domande non venivano soltanto dall’Italia, ma anche dal lontano Giappone e persino dai musulmani della Costa d’Avorio.
Però non è neanche il trionfo della spontaneità. La disponibilità di papa Ratzinger si inserisce in una strategia di public relation dopo le crisi cicliche del pontificato, culminate l’anno scorso quando la Chiesa è stata scossa dagli scandali degli abusi sessuali.
PER APRIRE una nuova pagina di comunicazione nel 2010 i collaboratori del Papa hanno dato il via al libro-intervista con il giornalista tedesco Peter Seewald e ora è stata varata l’operazione Venerdì Santo.
Habemus un pontefice, che con la consueta chiarezza e semplicità, affronta concetti teologici complessi: il senso del dolore nel progetto divino, la discesa agli inferi di Cristo dopo la morte, il suo corpo dopo la resurrezione. C’è anche, tra i quesiti, un argomento che consente una discreta scivolata nella politica italiana con un riferimento implicito al testamento biologico.
Una madre parla del figlio in stato vegetativo dal 2009. Replica Benedetto XVI che “certamente l’anima è ancora presente nel corpo”. E’ come una chitarra le cui corde sono spezzate e non si possono suonare, dice il pontefice. Eppure, “io sono sicuro che quest’anima nascosta sente in profondità il vostro amore, anche se non capisce le parole”. E perciò la presenza dei genitori è un atto di grande valore, “entra nella profondità di quest’anima nascosta” ed è testimonianza di fede in Dio oltre che di rispetto della vita e di “amore per un corpo lacerato, un’anima sofferente”.
Risposta delicata, ma certamente tale da suggerire che male fanno quanti in parlamento chiedono l’autodeterminazione del paziente nell’interrompere i trattamenti medici quando si è in stato vegetativo persistente. D’altronde la posizione di Benedetto XVI quella è, e non cambia.
TREMILA DOMANDE sono arrivate in redazione, sette ne sono state scelte. Una bimba del Giappone parla della sua paura, della casa che ha “tremato tanto, tanto”, dei coetanei morti. E’ la domanda terribile sulla “teodicea”, la giustizia divina nelle catastrofi che colpiscono vite innocenti. Dal terremoto di Lisbona nel 1755 ai lager di Auschwitz è l’interrogativo che continua a tormentare lo spirito europeo. Risponde il Papa che è importante sapere che “Dio mi ama, anche se sembra che non mi conosca”. Un giorno la bimba capirà che “questa sofferenza non era invano, ma che dietro di essa c’è un progetto di amore”.
Procede così - oscillando tra la catechesi e la consolazione del buon parroco, un po’ filosofia, un po’ teologia - il ping pong delle domande e delle risposte. Al fondo si ha l’impressione che Benedetto XVI non ami molto questo genere di dialogo, spezzettato in mollichine dove grandi temi non permettono il dispiegarsi di pensieri complessi. Il Papa appare molto stanco, il viso poco espressivo (sorride soltanto quando gli comunicano che c’è l’ultima domanda). Due settimane fa, alla presentazione di un documentario polacco su Giovanni Paolo II si presentava molto più vigoroso.
Una donna musulmana della Costa d’Avorio parla delle tensioni interetniche ed interreligiose. E qui papa Ratzinger sembra animarsi di più. Perché tocca un tema centrale della sua predicazione: la violenza non porta da nessuna parte, la pace si crea con i mezzi della pace. Cristo “è venuto debole, è venuto solo con la forza dell’amore, totalmente senza violenza fino ad andare alla croce”. E questo, sottolinea il pontefice, “mostra il vero volto di Dio”.
Nel dialogo virtuale con il mondo niente di problematico viene sottoposto al pontefice. Niente sulla Chiesa, niente sul tema degli abusi che ha sconvolto l’anno appena trascorso. Le domande contengono già le riposte. Che cosa si può esprimere ai cristiani perseguitati in Iraq se non la giustasolidarietà?
Tra le pieghe dell’immaginaria conversazione, Ratzinger infila qualche concetto più sottile. La “discesa agli inferi” di Cristo dopo la crocifissione viene descritta come un estendersi della sua presenza a “tutto il passato” della storia dell’umanità per portarlo nel piano della resurrezione.
E sul corpo di Cristo risorto il Papa respinge qualsiasi visione fisico-biologica (come ha fatto già nel suo secondo libro su Gesù), spiegando con un’immagine ardita che “ha preso anche la materia con sé, e così la materia ha la promessa dell’eternità”. E’ UN VERO UOMO, non un fantasma, che vive una vera vita, ma una vita nuova che “non è più sottomessa alla morte e che è la nostra grande promessa”. D’altronde con l’eucaristia, sottolinea Ratzinger, Gesù entra nel corpo dei fedeli non come “carne da mangiare” ma come persona che tocca interiormente il credente.
Esercizi difficili, televisivamente parlando. Più immediata è la risposta sulle parole di Gesù in croce a Maria e Giovanni. “E’ umano”, soprattutto umano prima che teologico, l’affidamento di Maria a Giovanni fatto da Cristo prima di morire. Un modo di tutelarla nella società orientale dove per una donna sola era impossibile vivere. Poi subentra subito il “guardiano della fede”: la Madre è l’immagine della Chiesa e “non possiamo essere cristiani da soli”, con un cristianesimo costruito secondo le proprie idee. Un avvertimento preciso.