Caro vicedirettore Vincenzo Tiano,
se abbiamo trovato dio, è inutile cercarlo. Se la verità è il quadro che alcuni di voi, miei amici, continuate a dipingere, non mi resta altro che contemplarla.
Il punto è che ciascuno ha un’idea della politica, legittima e rispettabile. Se vogliamo discutere, però, dobbiamo abbandonare il paradigma della verità manifesta.
Molti, infatti, credono di possederla. E, quando ciò accade, si comportano un po’ come i catechisti della prima ora: se mi converto, concorro alla mia salvezza e a quella del genere umano.
Tu stesso, che dimostri grande passione politica, sei ancora alla ricerca di dio: discuti, polemizzi, argomenti. Ed è bene continuare a farlo.
Chi ci legge non sempre intende ciò che scriviamo in ambito locale. Questo sito s’avvia, come sai, essendo tra i fondatori, a raggiungere un record considerevole: 6 milioni di visite reali.
"la Voce di Fiore" non si occupa solo di San Giovanni in Fiore: ogni giorno ha circa 3mila lettori. Erano il doppio, ma da ultimo, poiché impegnati nel lavoro, abbiamo avuto un calo.
Vorrei ricordarti, tra le nostre azioni degne di nota, l’opera d’informazione sul caso Contrada (qui il link) e su altre pagine aperte della storia italiana. Un giorno ci scrisse anche il presidente emerito della Repubblica, il senatore Francesco Cossiga - qui il link. E, ancora, il giudice Michele Barillaro, estensore della sentenza del procedimento cd. "Via D’Amelio ter" - qui il link.
Potrei rammentare anche episodi riguardanti la nostra Calabria: il discorso di Mario Pirillo ai precari dell’ex Fondo sollievo, da noi registrato e reso pubblico (qui il link); poi ripreso sul suo blog dal collega Roberto Galullo, di "Il Sole 24 Ore" - qui il link.
Non mi piacciono le celebrazioni, ma, per il principio evangelico del dare a Cesare quel che è di Cesare, posto che pure io cerco dio, vorrei per una volta rammentare il ruolo che insieme abbiamo svolto fuori delle mura domestiche.
In primo luogo il contributo alla lotta per la verità sui fatti di Palermo e l’impegno vivo per divulgare l’eredità di Paolo Borsellino:
"la Voce di Fiore" ha, dunque, una sua identità, chiaramente riconoscibile. Una parola, in proposito, voglio spenderla per Federico La Sala, che - malgrado senza successo continui a ripetergli d’evitare titoli troppo lunghi - ha pazientemente aggiornato le pagine del sito, aprendo una mole di questioni attuali e cruciali. E una parola per sant’Alfredo Federico, che da quasi sette anni paga il dominio della Voce.
E’ da un preciso contesto culturale che abbiamo preso le nostre mosse. Contesto fatto di riflessioni, proposte, ispirazioni filosofiche, visioni del mondo e della vita, informazione e piccole azioni concrete (lista Vattimo, iniziative culturali e antimafia, festival filosofico, il libro "La società sparente" e forse la mia candidatura alle scorse regionali).
Passo subito alla politica, con delle precisazioni per i lettori che ci seguono da fuori e che non sono di San Giovanni in Fiore.
Tu mi dici, in soldoni, che Antonio Barile sta coinvolgendo la città, creando unità attorno alla sua figura. Non lo dubito, ma dovrebbe essere più inclusivo e guardare all’intera città e alla politica nazionale.
In quanto alla comunicazione su Internet dei suoi sostenitori, è una continua ripetizione delle virtù del candidato, senza alcun riferimento, ad oggi, alla questione dell’emigrazione, della legalità, del Sud, in cui San Giovanni in Fiore si trova e a cui si ricollegano i grandi temi dell’occupazione, della scuola e della sanità pubbliche. Aggiungi, poi, che dall’altra parte c’è il marcio e ometti completamente di affrontare il problema che ho posto.
Lo scrivo più chiaramente: questo problema si chiama Silvio Berlusconi. Scendendo, si chiama Giuseppe Scopelliti.
Tu mi proponi di far finta di nulla, in pratica. E, se scrivo, come ribadisco, che Berlusconi e Scopelliti sono un enorme problema, mi ribatti che Mario Oliverio è il peggio, da un ventennio l’ordinatore e il padrone politico della zona.
Poi mi precisi che Rosa e Tullio Cusani, con cui condivido anche il buddismo, sono passati con Barile; che i miei sostenitori d’Impegnocivile hanno scelto Barile e che, dunque, sono io quello che non capisce.
Ognuno è libero di compiere le sue scelte, ma è pur vero che la storia deve insegnare qualcosa. Allora, la ripercorro in breve, soprattutto per i ventiquattro lettori di Verona, Desenzano del Garda, Isernia, Messina, Siracusa, L’Aquila, Palermo, Firenze, Bologna, Pordenone, Trento, Palagianello, Brescia e Roma.
Nel 2005, candidammo il filosofo Gianni Vattimo, omosessuale, a sindaco di San Giovanni in Fiore. Andammo da soli e, al ballottaggio fra il candidato di centrodestra e quello di centrosinistra, Vattimo dichiarò, pur non votando da noi, la preferenza per il primo, Antonio Barile. La notizia ebbe risalto sulla stampa nazionale, con addebito di eresia.
Non ci fu un approfondimento sui media: nessun giornalista si chiese quali fossero le condizioni reali della nostra città, da noi denunciate, con particolari e nomi, in maniera più diretta e coraggiosa del pur valido oppositore Barile.
Prima del ballottaggio, mentre la sinistra, con l’appoggio di alcuni sacerdoti locali, vedeva Vattimo come "il diavolo venuto da Torino", "pericoloso per i giovani", Barile ci avvicinò e gli chiedemmo di rinunciare al simbolo del Pdl e di ritirare la sua candidatura per quella del filosofo. Disse di no.
Da allora, non c’è stato giorno in cui non abbia spinto per un progetto politico autonomo in loco, condivisibile dalle persone oneste sul piano intellettuale e morale.
Autonomo nel senso di indipendente da partiti e schieramenti, visto che conosciamo, e non possiamo negarle, le logiche calabresi di potere. Della destra e della sinistra.
Ovviamente, Barile non è affatto un mascalzone, ma non ha avuto il coraggio e l’audacia di fare a meno di Berlusconi e di Scopelliti; nonostante la sua vittoria nel 2010 sia stata determinata da una diversa consapevolezza, nella coscienza collettiva, rispetto agli uomini, ai metodi e alle necessità della politica.
Consapevolezza a cui, senza alcun interesse materiale, "la Voce di Fiore" ha dato un contributo decisivo. Consapevolezza maturata particolarmente in persone profonde, preziose e sempre interessate al bene comune. Mi riferisco a Rosa e Tullio, a Giannetto Papaianni, a Gabriella Militerno, a Bruno Oliverio e ad altri amici.
In qualche modo, se oggi il centrosinistra ha candidato a sindaco Emilio Vaccai, della società civile, questo lo si deve anche all’azione informativa e pedagogica del nostro sito.
Se sarà di facciata, non possiamo dirlo prima del tempo. Non è giusto e non è onesto intellettualmente. Questo non significa, come tu mi hai scritto, che io esalti gli altri candidati, Vaccai, Monica e Bernardo Spadafora. Né vuol dire che m’impegno subito a votare uno di loro o Barile.
E’ importante che favoriamo un confronto senza pregiudizi, sgombrando il campo dal paradigma della verità. Anche per amore verso la nostra terra.
Ciascuno dei quattro aspiranti alla carica di sindaco deve dimostrare equilibrio, capacità di governo, accortezza, coraggio, obiettività e indipendenza. Soprattutto, deve convincere per uomini e programmi.
Sarebbe interessante, in proposito, sapere anzitempo da ciascuno chi chiamerebbe in giunta, come risolvere lo scandalo dell’Abbazia florense: sia la vicenda della casa di riposo che quella del restauro sospeso.
Caro Vincenzo,
per ora fai un discorso tipicamente politico, che rispetto. Io riesco, con tutti i miei limiti, a mantenermi critico e propositivo.
In pratica, non accetto che Barile mi passi come la verità rivelata. Auspico un confronto pacato e disteso fra i candidati. Se ieri c’erano ragioni per usare un linguaggio duro e dritto - non nel senso di mafioso -, oggi non possiamo che giudicare i candidati e i loro progetti politici sulla base dell’esposizione pubblica.
Io penso che Barile sia stato mandato a casa con una scusa. Mi riferisco alle dimissioni dei consiglieri comunali del centrosinistra per la vicenda dell’ospedale.
Ma è anche vero che la gestione politica dell’allora sindaco fu molto discutibile: rese pubblicamente l’idea d’essere subordinato a Scopelliti, benché non potesse pagare per una situazione prodotta, negli anni, dall’intera classe dirigente calabrese. Trasversale, affarista e collusa.
Se le nostre comuni battaglie hanno avuto e hanno un senso, dovresti essere tu, caro Vincenzo, a premere perché Barile rinunci ai suoi collegamenti, non solo simbolici, a Berlusconi e Scopelliti.
E mi auguro che lo stesso sappiano fare i giovani di San Giovanni in Fiore che si riconoscono nei partiti della sinistra, liberandosi dei vecchi lupi, ancora a palazzo.
Io, comunque, resto convinto che la società si possa e debba costruire dal basso, senza affiliazioni.
Emiliano Morrone
Ilda Boccassini (Napoli, 7 dicembre 1949) è un magistrato italiano, Procuratore Aggiunto presso il tribunale di Milano.
Dopo la laurea in Giurisprudenza entra in magistratura, con funzioni effettive, nel 1979 prestando servizio dapprima alla Procura della Repubblica di Brescia, e ottenendo poco dopo il trasferimento alla Procura della Repubblica di Milano. Si occupa, quasi subito dopo il suo arrivo a Milano, di criminalità organizzata.
La sua prima inchiesta di rilevanza nazionale viene denominata Duomo Connection e ha come oggetto l’infiltrazione mafiosa nell’Italia settentrionale. L’inchiesta è portata avanti con la collaborazione di un gruppo di investigatori guidati dall’allora tenente Ultimo, il capitano divenuto poi famoso per l’arresto di Totò Riina. Sono gli anni delle prime collaborazioni anche con il Giudice Giovanni Falcone, che sfoceranno in un legame di profonda amicizia.[1]
All’inizio degli anni novanta entra in rotta di collisione con altri colleghi del pool antimafia milanese, ne viene estromessa dall’allora Procuratore Capo Francesco Saverio Borrelli[senza fonte], ma porta comunque a termine il processo sulla Duomo Connection. Dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio, nel 1992, chiede di essere trasferita a Caltanissetta dove rimane fino al ’94 sulle tracce degli assassini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.[2] Collabora nuovamente con Ultimo alla cattura di Riina e scopre, in collaborazione con altri magistrati applicati a quelle indagini, mandanti ed esecutori delle stragi Falcone e Borsellino. Dopo una breve parentesi alla Procura di Palermo torna a Milano e, su richiesta del Procuratore Borrelli, si occupa dell’inchiesta denominata Mani pulite subentrando ad Antonio Di Pietro dimessosi dalla magistratura il 6 dicembre del 1994.[3] Collabora, quindi, con i colleghi Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Armando Spataro e Francesco Greco, seguendo in particolare gli sviluppi delle inchieste riguardanti Silvio Berlusconi e Cesare Previti[senza fonte].
Continua ad operare presso la Procura di Milano dove si occupa di indagini sulla criminalità mafiosa e sul terrorismo. Ha diretto a partire dal 2004 le indagini della DIGOS che il 12 febbraio 2007 hanno portato all’arresto di 15 sospetti appartenenti all’ala movimentista delle Nuove Brigate Rosse, denominata anche Seconda Posizione. Secondo l’accusa, la presunta organizzazione terroristica, operante nel Nord Italia, stava preparando attentati contro persone e aziende. Il 28 maggio 2009 il Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) l’ha promossa alla funzione di Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Milano.[4]
Attualmente indaga sul caso riguardante l’affidamento di una giovane donna marocchina, definito giornalisticamente caso Ruby, nota negli ambienti della politica e della moda, che avrebbe compiuto alcuni furti.[5] L’inchiesta interessa, tra gli altri, il presidente del Consiglio dei Ministri italiano Silvio Berlusconi che, secondo l’accusa, avrebbe esercitato indebite pressioni sulla questura di Milano per ottenere suo rilascio e che l’avrebbe pagata in cambio di prestazioni sessuali quando era ancora minorenne.[6] A causa di quest’incarico e di altre attività che hanno impegnato le procure della Repubblica nelle indagini su Silvio Berlusconi per reati quali concorso esterno in associazione mafiosa, prostituzione minorile, concussione, corruzione, strage, appropriazione indebita, traffico di droga, riciclaggio di denaro sporco, abuso d’ufficio, frode fiscale e falso in bilancio, Berlusconi la ha indicata fra gli appartenenti ad una ipotetica frangia della magistratura, da lui definita "sovietica" e "comunista".
tratto da wikipedia
CIRCOLO CULTURALE IMPEGNOCIVILE
SAN GIOVANNI IN FIORE Comunicato n° 4 28 aprile 2011
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Quello che segue è il saluto che l’Associazione Impegnocivile ha inteso portare, tramite il Prof. Mario Basile, alla presentazione delle liste a sostegno della candidatura di Antonio Barile a sindaco di S. Giovanni in Fiore, giorno 27 aprile 2011 alle ore 21 presso il “Cinema Teatro Italia” di S. Giovanni in Fiore:
“Parlo a nome dell’Associazione Culturale Impegnocivile di S. Giovanni in Fiore.
E debbo subito dire che sono tali e tante le ragioni che hanno portato la nostra Associazione a vedere con grande interesse e con la massima simpatia ciò che si muove attorno al candidato sindaco Antonio Barile che non si sa veramente da dove cominciare e quali di queste ragioni approfondire nel breve tempo che possiamo stasera utilizzare..
Vogliamo innanzitutto premettere l’auspicio e l’impegno di tenere questa competizione elettorale, che è certo di straordinaria importanza, nel binario della civiltà e del rispetto reciproco.
Riteniamo quindi opportuno soffermarci velocemente su di una valutazione generale dei tre aspetti fondamentali che, secondo noi, hanno positivamente contraddistinto l’azione della Giunta Barile:
• il primo aspetto è relativo allo stile di lavoro dei suoi componenti; • il secondo è relativo al metodo seguito; • il terzo è naturalmente relativo ai contenuti della sua azione.
Per quanto riguarda lo stile osserviamo che nessuno di noi può trovare nella sua esperienza esempi di amministratori comunali che si siano dedicati in modo così intenso e così esclusivo alla cura della cosa pubblica come abbiamo potuto vedere in quasi tutti i componenti della Giunta guidata da Antonio Barile.
Per quanto riguarda il metodo seguito nell’impostare i diversi progetti abbiamo finalmente potuto toccare con mano l’interesse e la voglia degli amministratori comunali di coinvolgere quante più persone, quanti più soggetti, quante più associazioni fosse possibile. Così come abbiamo potuto constatare come ogni scelta, ogni provvedimento adottato dall’Amministrazione Comunale fosse sottratta alla esigenza di compiacere qualcuno o di agevolare qualche occulto progetto e sia stata invece ispirata alla necessità di perseguire sempre e comunque l’interesse pubblico. A volte anche a costo di perdere l’appoggio di qualche sostenitore non sufficientemente disinteressato.
Volendo poi entrare nel merito delle scelte che sono state fatte nel corso della breve esperienza dei mesi scorsi e delle scelte che si profilano per il futuro, riteniamo di potere affermare che siamo riusciti finalmente ad intravedere la possibilità di dare a questa Città un’”anima”, una sua connotazione significativa, un suo profilo, un suo volto; siamo finalmente riusciti a immaginare una città abitata da cittadini responsabili, consapevoli della necessità di ritrovare l’essenza dei propri luoghi, essenza che è intessuta di spiritualità, carica di storia e ricca di bellezze naturali. Abitata da cittadini capaci di riconoscere la vocazione del proprio territorio che non è certo quello di diventare la discarica della provincia di Cosenza; cittadini capaci di riconoscere la vocazione del proprio territorio per difenderlo, tutelarlo e conservarlo a beneficio delle generazioni future ma capaci anche di valorizzarlo e quindi utilizzarlo per la nostra crescita economica.
Tutto questo ci ha profondamente convinti che la Giunta Barile ha operato una radicale e totale rottura con il passato.
Ecco, sono in sintesi queste le ragioni per le quali Impegnocivile è impegnato con grande convinzione per il successo del movimento guidato da Antonio Barile.
Il miracolo di un cambiamento duraturo è oggi possibile perché oggi si è verificata la quasi miracolosa congiuntura di tre elementi essenziali: 1) le capacità culturali e tecniche degli uomini impegnati in questo progetto, 2) la maturità del nostro popolo che prova ormai un crescente disgusto per le sconcezze che è stato sinora costretto a vedere; 3) il momento di oggettiva debolezza degli uomini che attualmente impersonano il sistema di potere costruito in sessant’anni. Diciamo senza paura di esagerare che ora o mai più sarà possibile sgretolare quell’assurdo sistema di potere.
La fiducia che abbiamo negli uomini liberi del nostro popolo,il coraggio, la determinazione e le capacità di Antonio Barile e del gruppo di giovani che si è raccolto attorno lui ci fanno ritenere molto probabile, anzi certo l’avvio di un nuovo cammino per la nostra Città”.
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Per chi non fosse sufficientemente informato sulla nostra Associazione, facciamo presente che essa è stata costituita nel 1985.
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Al fine di contribuire a tenere la presente competizione elettorale nei termini della civiltà e del rispetto reciproco, questa Associazione coglie l’occasione per esprimere ferma condanna per alcuni volantini anonimi divulgati nei giorni scorsi. Riteniamo assolutamente inaccettabili sia la forma anonima sia molta parte di quanto in essi affermato.
Fonte: blog di Gianni Vattimo sul sito de "Il Fatto quotidiano"
I custodi della democrazia parlamentare (non parlo ovviamente di Giuliano Ferrara) che si sono scandalizzati dell’articolo di Asor Rosa sul Manifesto del 13 aprile hanno forse letto meno attentamente un articolo di Juergen Habermas uscito su La Repubblica dello stesso giorno. Le considerazioni di Habermas, meno esplicitamente riferite alla situazione italiana, erano però le stesse di Asor Rosa: prendevano atto (citando persino il New York Times) della crisi irreversibile del sistema democratico parlamentare in cui viviamo noi del “mondo libero”, e tematizzava la dissoluzione sempre più marcata di ogni politica degna di questo nome. Secondo Habermas, solo (forse) l’ideale dell’unità europea, praticato seriamente, potrebbe ancora fornire contenuti significativi per i quali impegnarsi come cittadini. In considerazione di questo, l’articolo concludeva con la tesi che “forse per i partiti politici sarebbe ora di rimboccarsi le maniche” (ahi, ha letto Bersani?) e “scendere in piazza per l’unificazione europea”.
Ciò che colpisce, in un pensatore “moderno” e istituzionalista come Habermas, è proprio l’allusione alla piazza. Proprio un razionalista illuminista come lui, da sempre persuaso che si possa fondare una politica democratica sul dialogo e, in definitiva, le istituzioni (parlamenti, Onu, ecc.), chiamare i partiti a scendere in piazza è un segno che la speranza (o la pazienza) sta venendo meno. Non c’è da aspettarsi che la politica ritrovi un contenuto e un volto decente, capace di non defraudare i cittadini dei loro diritti, se si guarda solo ai parlamenti e alle istituzioni. Asor Rosa, nel suo articolo, è più habermasiano di lui: non invoca la piazza (forse per la semplice ragione che, come l’esperienza italiana insegna, la piazza non ce la fa; Berlusconi resiste perché ha “servi di acciaio” che occupano il parlamento), ma chiede l’intervento costituzionale delle forze dell’ordine: Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza.
Il capo delle forze armate è il Presidente della Repubblica, che è anche il custode della Costituzione. Come ha il potere, uditi i presidenti delle Camere e del Consiglio (ma non ci sarebbe un ennesimo conflitto di interessi, nel caso del cavaliere? Lo “oda” pure, ma non gli dia retta!), di sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni, così (se leggiamo bene la Costituzione) può decretare lo stato di emergenza e ordinare alle forze dell’ordine di difendere, per l’appunto, l’ordine democratico. Gli esempi che Asor Rosa adduce sono dei più convincenti: sarebbe stato golpe se Vittorio Emanuele III avesse schierato l’esercito contro le milizie fasciste in marcia su Roma, e avesse rifiutato di affidare il governo a Mussolini? Possiamo allora chiedergli di aspettare che il pericolo fascista - anche solo della corruzione dilagante, del trionfo del potere mafioso su cui si regge Berlusconi - diventi più evidente e cioè, ormai, incontrastabile?
Asor Rosa, nell’intervista a La Repubblica (del 14 aprile, ndr), sembra volersi limitare alla messa in luce di una questione di metodo: se la maggioranza parlamentare - di cui sappiamo come è stata reclutata, e persino a che prezzi - calpesta la Costituzione e si rifiuta di essere giudicata dalle autorità competenti, che cosa bisogna fare? Difendere l’ordine democratico con le forze dell’ordine è appunto quel che si deve fare. Se no, di grazia, che cosa? Se Hitler, sia con l’uso dei media di cui illegalmente dispone, sia comprando i voti, o semplicemente perché una maggioranza di cittadini lo preferiscono, vince le elezioni, lo stato democratico non ha mezzi per difendersi? Può una tornata elettorale ordinaria valere come base di legittimità per il cambio della Costituzione? La banda di gangster che oggi occupa il governo dispone, oltre tutto, di una maggioranza estremamente esigua, e con le leggi che approva sta di fatto stravolgendo la Costituzione. Non è ora per il Capo dello Stato di intervenire? Fermi con la forza legale di cui dispone questa inedita marcia (anche nel senso di marciume!) su Roma. Prima che sia troppo tardi. O la sua inerzia significa che, appunto, troppo tardi è già?
Post-scriptum (post-post?)
Forse il mio, ma anche quello di Asor Rosa e Habermas, è solo un problema di salute: s’invecchia, e si diventa insofferenti. Sta di fatto, però, che poco fa ho rifiutato l’ennesimo invito di una televisione privata in cui ho anche degli amici, che mi chiedeva di partecipare a una trasmissione in cui avrei dovuto misurarmi anche con la Santanché. E, cosa ancora più grave, ieri sera sono scappato, subito dopo l’inizio, da Annozero per vedere un film. La parte della Santanché lì era esercitata da Cota. Non faccio queste confessioni per mettere in piazza i miei stati d’animo o di stomaco, ma per chiedere ai non pochi con cui condivido orientamento politico e esili speranze di futuro se non sia il caso di mettersi in sciopero del “dialogo”, in una sorta di Aventino civico che consista nel rifiutare di scendere troppo in basso, per rispetto della dignità e della, sia pur limitata, intelligenza di cui ancora ci sembra di disporre. Se per sentire dire da Santoro alcune verità sullo stato del Paese dobbiamo ascoltare anche - democraticamente - le autentiche turpitudini di figure e figuri come la Santanché, Cota, o persino di quel brav’uomo di Paniz, allora meglio il silenzio, svegliateci quando sarà passata la nuttata, oppure quando verranno ad arrestarci per vilipendio della par condicio.
Par condicio con i banditi, i bugiardi, i credenti nella relazione di parentela di Ruby con Mubarak, i venduti a un tanto al chilo (posti di sottosegretario, o anche solo mutui da pagare...)? Preferiamo riconoscere francamente che il fascismo c’è già; non possiamo sparare, per ora (come dicono Castelli e Speroni), ma almeno siamo coscienti che lì, prima o poi, ci porteranno questi affaristi e delinquenti che occupano il governo del paese in violazione di ogni elementare diritto umano. E l’Europa, che pure ha decretato sanzioni contro l’Austria quando in Carinzia aveva vinto le elezioni il “fascista” Haider, buonanima, tace sullo scempio della democrazia in Italia? Altro che aiuto sull’immigrazione, qui ci sarebbero gli estremi per un intervento armato della Nato... Paradossi, paradossi - come quelli che, secondo la timorata direttrice del Manifesto, sarebbero il vero senso dell’intervento di Asor Rosa, che così risulta solo un’ennesima chiacchiera da “dibattito” in regime di par condicio... Quando ci accorgeremo che l’Italia è (ri)diventata un paese fascista sarà troppo tardi. Magari ci verranno conservati i dibattiti televisivi con la Santanché, finché i nostri stomaci resisteranno...
Gianni Vattimo
REGALO DI PASQUA!
Carissimo Emiliano diventa difficilissimo sconfiggere la stupidaggine divenuta col tempo molto furba forse perché nel nostro paese non sono mai mancati gli esempi. Non esiste, hai ragione tu, nessuna riflessione sana che può fare da modello etico-politico. Tutti si ammantano di principi, tutti ripetono le stesse parole, tutti sono troppo convinti, tutti si inventano, tutti si propongono, tutti si vendono. Qualcuno fa demagogia proponendo ragionamenti ingannevoli, in fondo parole buttate lì senza analisi appropriate. Vedi Emiliano, in fondo il discorso è molto semplice e non bisogna andare troppo lontano. Prendiamo soltanto un punto. Io bene o male seguo questo giornale on line e riconosco facilmente che tu hai fatto il possibile nel dare GIUSTI consigli a qualcuno nel mollare un simbolo fastidioso dove compare il nome di un personaggio che anche nel non volerlo definire un “gangster” dobbiamo ammettere che molte ombre gravitano sulla sua figura. Allora perché Barile neanche stavolta ti ha ascoltato? Semplice! Perché a San Giovanni in Fiore il politico prima fa i conti sul probabile consenso e poi si ammanta con le vesti dell’etica. D’altra parte quando tu eri giustamente candidato come indipendente con Italia dei Valori in appoggio a Callipo nessuno si è mosso per la tua battaglia isolata. Anzi a me è sembrato sciacallaggio e totalmente contraddittoria la presenza di un gazebo con i simboli del PDL, mentre tu su quel palchetto “all’angelo” sbraitavi contro i mafiosi calabresi indagati (tra questi anche Scopelliti) ed accertati, contro le manovre poco pulite, il tutto nell’indifferenza totale di questo bel popolo sangiovannese ricco, appassionato e perbene tanto caro a qualcuno. Sai io magari potrei sembrare di parte avendo avuto e avendole tuttora simpatie per i movimenti No e New global per i pacifisti e gli ecologisti ad oltranza per i centri sociali, per i sindacati di base, e soprattutto per gli anarchici non alla moda in definitiva per un futuro crollo delle scale (chi ascolta Claudio Lolli mi capisce). Ecco io potrei scrivere ancora per ore sulla strumentalizzazione, su programmi scopiazzati e non capiti, sulla mistificazione attraverso parole vuote di contenuto, ma è talmente forte lo spettro del passato (unica considerazione di Barile che ritengo abbastanza vera) che fa buttare la gente a capofitto verso un probabile nuovo che a parere mio copia molto del vecchio (tra gestione cooperative e sial da una parte e gestione ex fondo sollievo dall’altra vedo poche differenze) il metodo è quasi lo stesso, il fine è quello di sempre, il voto. Potrei fare delle considerazioni sugli “intellettuali” di “impegnocivile”, per dovere di cronaca potrei parlare della fine che fece un inserto di controinformazione con tanto di controredazione pieno di bellissime vignette e simpatici articoli “culturali” che si chiamava “l’I-SOLA” pubblicato in un periodo di breve durata nel ”La Città di Gioacchino”tra il ’94-’95. Le critiche mosse a Laratta non le vedo molto brillanti. Io semplicemente credo che quando si forma un gruppo non si capisce in fondo di che pasta sono fatte le persone. In Laratta probabilmente è prevalsa una scelta che non lo poteva avvicinare al partito di Berlusconi, mentre insieme con i cosiddetti “nemici” di prima, avendo quest’ultimi optato per un cambiamento più moderato verso l’unione con la sinistra democristiana rappresentata dal PP prima e in parte dalla Margherita dopo, ha aderito in maniera naturale alla fondazione del Partito Democratico. Sull’adesione alla provincia Crotone si sono fronteggiate due posizioni, e non sappiamo se la gente abbia deciso liberamente di non fare raggiungere il quorum, a me è un po’ dispiaciuto, ma condividendo la scelta individuale di andare o meno a votare ho accettato democraticamente quel risultato senza farla troppo lunga su fantomatiche manovre dall’alto. Anzi è probabile che chi non si è recato alle urne lo abbia fatto liberamente e convintissimo allo scopo di invalidare il referendum in modo più certo. Per quanto riguarda l’amico Tullio Cusani gli ho brevemente esposto delle mie considerazioni che in parte coincidono anche con il tuo consiglio non ascoltato. Purtroppo il suo intervento compare isolato e senza link nelle pagine nuove del giornale e questo non mi sembra corretto in periodo di campagna elettorale. Io mi ero prefissato di intervenire a proposito ed esclusivamente quando veniva tirato in modo scorretto il nome di Vattimo, però anche se negli articoli propagandistici che ultimamente sto leggendo ci sono solo riferimenti a Vattimo di poco conto (tipo l’elenco delle persone che l’hanno votato senza approfondire i motivi perché l’hanno votato dimenticando che parecchi della sinistra lo votarono perché il filosofo era ed è di sinistra), quello che invece non sopporto e il non voler capire da parte di qualcuno che tu semplicemente ed oculatamente consigliavi lo sganciamento da quel simbolo e soprattutto da quei nomi presenti nel simbolo. Perché i simboli non sono tutti uguali, rappresentano cose diverse. Per esemplificare: il simbolo della pace veicola alcuni contenuti, quello delle “SS” filo e neonaziste rimanda ad altro. E quei ragionamenti che fa qualcuno sulla coscienza che senso hanno, quando si partecipa all’elezione di candidati politici? Cioè mica siamo chiamati ad esprimerci su problemi di bioetica! E poi se la coscienza dovesse esprimersi su quale sistema politico sia più giusto credo che non avrebbe difficoltà a vedere più vicini ad un’idea di giustizia quei sistemi utopici ed economici proposti dalla tradizione del socialismo e comunismo cosiddetto anarchico e libertario oppure, perché in parte molto simili, quelli proposti dalla prima comunità evangelica e non certamente quei modelli di impianto economico capitalista e liberista. Emiliano, più di un mese fa lanciai un allarme perché vedevo quella autonomia degli albori di questo laboratorio un po’ piegata per volontà di qualcuno, adesso è un po’ più chiaro forse anche a te che la direzione che ha intrapreso negli ultimi tempi “la voce di fiore” sia propagandistica e di parte e meno male che ad equilibrare ci sia l’onnipresenza di La Sala che propone e ripropone riflessioni alla luce di interessanti pezzi giornalistici e di grandi firme nell’ambiente culturale e politico, se non fosse stato per questo, caro Emiliano, ultimamente eravamo messi un po’ male. Io credevo che i nemici della voce erano all’esterno, poiché ogni tanto intervenivano in modo ridicolo a punzecchiare Saverio Alessio, te ed altri e la “voce” stessa come strumento. Qualcuno dall’esterno si prendeva il lusso di dire che quel nostro peculiare sentire comune rabbioso a volte anche apocalittico e catastrofista fosse da non tenere in conto. Adesso quello spirito che ritrovo nel tuo ultimo intervento viene criticato dall’interno, ma la cosa peggiore caro Emiliano è un’altra: io ho l’impressione che quello che ti e ci può caratterizzare, con le dovute differenze soggettive, non venga neanche minimamente compreso e sentito nel momento in cui è apostrofato come sbiadito e non chiaro.
Buona Pasqua, Franco Spina.
Nb. Anche per un corretto uso della democrazia e se questo mio intervento credi che possa meritare una prima pagina fai tu.
Utente "francesco", ha dato una mail che non esiste, ha scritto un nome di fantasia, ha detto ciò che le passava per la mente, credo per creare divisioni all’interno della Voce, e le abbiamo pubblicato il commento. Ora, vuol farci il piacere di scrivere delle cose serie?
Molte grazie.
Emiliano Morrone
Se non capisco male si sta parlando di Barile,
E non sarà certo per fare il pesce in barile,
Però personalmente alle comunali elezioni
Un candidato della schiera dei Berlusconi
A votarlo come sindaco della mia città
Urco se mi trovo in difficoltà!
Tutte le elezioni sono sempre in difficoltà!
Vorrei candidate belle, giovani e istruite
Acute, senza difetti con tutte le qualità,
Ma mi dicon sempre che sono finite.
Così prima di votare per esser pronto
Per tre anni mi lagno e mi lamento
Per due in più polemizzo e mi confronto
E forse uscito dall’urna sono contento.
(meno di nessuna pietà, ho violentato tutta la metrica e me stesso ma sentivo bisogno di rime)