L’inchiesta di Infiltrato.it sull’Abbazia Florense continua a tenere banco. La vicenda, infatti, proprio in virtù di quanto accertato e documentato dalla nostra testata, supera i confini calabresi e sbarca a Montecitorio. Della questione, infatti, si è interessato l’onorevole Idv Francesco Barbato che nei prossimi giorni presenterà un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro Paola Severino per chiedere lumi sulla questione e sulle possibili responsabilità di Curia e Comune.
di Carmine Gazzanni
Dopo giorni e giorni di silenzio, la vicenda dell’Abbazia Florense comincia a conquistare l’attenzione della politica. Una vicenda dai contorni chiaroscurali che ora travalica i confini calabresi e sbarca a Montecitorio. Non è la prima volta che una nostra inchiesta arriva a Roma. Era capitato anche con la vicenda dell’Università di Perugia e del corso in “progettazione, gestione e coordinamento dell’oratorio”: venne ripresa in un’interrogazione parlamentare dai Senatori radicali Donatella Poretti e Marco Perduca. Qui la questione, però, è decisamente più delicata. Si tratta di una storia dai tratti inquietanti, in cui le trame economiche dominano tutto e tutti. Dal pubblico al privato, dall’amministrazione comunale fino alla Curia. Fa niente se al centro della vicenda ci sia un’opera di rara rilevanza storica, com’è appunto l’Abbazia Florense....
ABBAZIA FLORENSE/ Per la Regione Calabria una patacca dal municipio. Oggi il Consiglio comunale
«Sarebbe un falso in atto pubblico». Lo dice Salvatore Lo Presti, dirigente del settore Controlli della Regione Calabria, elencando i passaggi amministrativi per l’accreditamento delle residenze socio-sanitarie. Il riferimento è al parere rilasciato da Gaetano Pignanelli nel settembre del 2006, allora dirigente legale del Comune di San Giovanni in Fiore (Cosenza). L’atto riguarda l’accreditamento della rsa gestita dalla San Vincenzo De’ Paoli srl in un’area dell’Abbazia florense.
di Redazione Infiltrato.it
Salvatore Lo Presti è il dirigente del settore Controlli del Dipartimento regionale per la Tutela della Salute. Con competenza e precisione, ci illustra le fasi tipiche dell’accreditamento delle case per anziani. Infiltrato.it lo sente sulla vicenda della rsa nell’Abbazia florense, ubicata in locali - lo si scrive dopo aver consultato gli atti e i carabinieri del Nucleo di tutela del Patrimonio culturale - di proprietà del Comune di San Giovanni in Fiore.
Della vicenda ci siamo occupati ampiamente, fino a determinare, insieme al Comitato pro Abbazia florense, una discussione in consiglio comunale sul futuro dell’edificio religioso ...
ABBAZIA FLORENSE/ La politica non ha più alibi: sia un consiglio comunale di verità, per il bene comune
di Emiliano Morrone (l’Infiltrato, 15 Settembre 2012)
È partita la macchina del fango, in Calabria. E non solo quella, se cauti non sottovalutiamo certi segnali. La causa scatenante è l’inchiesta sull’Abbazia florense di San Giovanni in Fiore (Cosenza), pubblicata da Infiltrato lo scorso 17 luglio. Non pochi si sono scagliati contro il giornale e il suo direttore, come se il problema fossimo noi e non le irregolarità del caso, raccontate con documenti e testimonianze.
Ora qualcuno dirà in giro che ci stiamo arricchendo, che bramiamo candidature o posti di lusso, accecati dalla fama a spese di politici indefessi, magari eredi di quel san Giorgio La Pira che a Firenze donò il suo cappotto a un povero assiderato. Ma siamo vaccinati e, soprattutto, abituati. Ricordiamo che in passato ci chiamarono «picciotti» in sede istituzionale; noi che nel 2010 eravamo con Salvatore Borsellino a pretendere trasparenza e giustizia sul restauro con fondi europei dell’Abbazia florense.
In Calabria la miopia mentale sposa quotidianamente la malafede, così ogni dovere professionale o azione civile deve per forza avere un utile, un vantaggio privato. È inconcepibile che uno s’affanni perché non sopporta di vedere morire o bruciare la propria terra. Si rilegga Mauro Minervino di Statale 18 e La Calabria brucia. È impensabile pensare che la denuncia scaturisca dal bisogno di verità e Stato, visto che qui tutto è il contrario di come dovrebbe e potrebbe essere. Dal lavoro alla sanità, dalla vita alla morte.
Sembra che alla maggioranza dei politici non interessi un tubo del monumento, salvo che pubblicamente non dimostrino il contrario: senza più attendere, tentennare, rinviare. Senza ponderare le parole per non urtare eventuali traffichini di palazzo e potentati della torta pubblica. Sì, perché è dal 2009 che l’Abbazia florense subisce danni continui, al punto da rischiare cedimenti.
Si ricordano i lavori beffa finanziati dall’Unione europea, con un sequestro della Procura e un lunghissimo fermo dovuto a irregolarità di procedura. E oggi, dopo la nostra inchiesta, si aggiungono ombre relative alla casa di riposo all’interno dell’edificio religioso: il parroco, altrimenti condannato per truffa e appropriazione indebita, che per debiti la cedette a privati; i quali - legittimamente, obiettano - la trasformarono in residenza socio-sanitaria ricevendo l’accreditamento regionale grazie a un documento menzognero prodotto dal Comune di San Giovanni in Fiore, proprietario dei locali in questione.
C’è l’occasione per riparare a silenzi e immobilismo, tanto da dolo quanto da colpa. E forse stavolta è l’ultima, ché il Comitato pro Abbazia florense, fatto di cittadini liberi, le ha provate tutte, senza pregiudizi coinvolgendo la politica e stimolando la responsabilità pubblica; l’una rimasta avvelenata, l’atra a lungo dormiente.
L’occasione è il consiglio comunale che si terrà tra il 18 e il 21 settembre prossimi. Lì si voterà la mozione di sfiducia presentata dall’opposizione di centrosinistra nei confronti del presidente del Consiglio comunale, Luigi Astorino. Si dovrebbe anche, e soprattutto, discutere e assumere impegni precisi circa il degrado in cui versa il monumento, «espressione della spiritualità gioachimita».
Nella sue recente interrogazione al ministro dei Beni culturali, l’onorevole Angela Napoli, della commissione parlamentare Antimafia, ha definito l’Abbazia florense «espressione della spiritualità gioachimita», cioè del profeta Gioacchino da Fiore, le cui ossa giacciono oggi in un angolo buio, come il suo messaggio di giustizia.
La deputata è di Taurianova (Reggio Calabria), in zona calda, caldissima, dove il fuoco della ‘ndrangheta arde corpi e speranze, bellezza e futuro. Ma a Taurianova e in tutta la Piana di Gioia Tauro c’è la parola, l’azione coraggiosa contro chi fa le regole a modo suo, sostituisce il codice pubblico con quello privato, violenta le regole e condiziona la comunità.
Come esempio di coraggio penso alla Napoli stessa o a Renato Bellofiore, sindaco di Gioia Tauro (Reggio Calabria) e capofila, col suo vice Jacopo Rizzo e con Giacomo Saccomanno, avvocato di parte civile nei processi di mafia, del Comitato civico per l’Ospedale unico della Piana. Un’altra brutta storia, quella dell’ospedale unico, e Infiltrato l’ha raccontata, che riunisce un gran pezzo di politica calabrese sotto la stessa specie, quella degli omertosi. Per questa vicenda, è stata Angela Napoli l’unica voce del parlamento a esporsi, a denunciare e chiedere risposte.
La mafia, abbiamo ripetuto allo stremo, non è solo quella che spara, scioglie, ammazza, infossa. La mafia è un fatto della mente: è la rinuncia ad essere uomini, dotati di raziocinio, anima e senso della giustizia. La mafia calabrese non ci sarebbe in alcuna forma, delle armate o dei furbi tessitori, se la politica facesse il suo unico dovere, cioè il bene comune.
Allora, e per l’ultima volta, aspettiamo che la politica di San Giovanni in Fiore, verso cui non vogliamo avere preconcetti e che non intendiamo né possiamo condannare, dica la verità, tutta la verità sull’Abbazia florense.
Onestamente, noi non crediamo che l’attuale sindaco di San Giovanni in Fiore, Antonio Barile (Pdl), sapesse da tempo del predetto documento menzognero. Al nostro Carmine Gazzanni ha dichiarato d’esserne venuto a conoscenza dopo un incontro pubblico (del 23 agosto 2012, ndr) che abbiamo contribuito a organizzare. Nell’occasione abbiamo svelato l’esistenza dell’atto, scovato tra le carte del municipio. Ci fidiamo della risposta del sindaco, che su altre questioni ha già compiuto azioni amministrative doverose e decise. Questo per amore di verità, non entrando nel merito delle scelte d’indirizzo, che nella sede attuale non interessano.
Con ciò non vogliamo scaricare sul predecessore, Antonio Nicoletti (Socialisti di Nencini), che, ci dicono le carte, ha chiesto formalmente spiegazioni al firmatario del parere menzognero, Gaetano Pignanelli, all’epoca dirigente dell’Ufficio legale del Comune. Poi è intervenuta la Finanza (Nicoletti sindaco), seguita dai carabinieri del Nucleo di tutela del Patrimonio culturale (Barile sindaco), che hanno acquisito gli atti del caso, compreso quel parere. Sicché non possiamo né vogliamo accusare Nicoletti: maggioranza e opposizione si confrontino in consiglio comunale su un terreno di dialettica civile. Che la seduta non si trasformi in spettacolo dell’indecenza e che si guardi al futuro dell’Abbazia florense.
Un’ultima cosa possiamo e vogliamo scrivere: il presidente del Consiglio Luigi Astorino non è un dannando e noi lo rispettiamo. Ma i suoi «non so» sul parere di Pignanelli, sull’agibilità della casa di riposo e sui lavori di adeguamento effettuati dalla San Vincenzo De’ Paoli (gestore della residenza socio-sanitaria, ndr), suo datore di lavoro, sono senz’altro imbarazzanti. Anche perché fu lui, durante il consiglio comunale aperto del 13 gennaio scorso, tenuto per un attentato rivolto al sindaco Barile, a chiedere l’applauso «per accogliere il sindaco di Isola Capo Rizzuto (Crotone), la dottoressa Girasole (Carolina, ndr)» (video, dal minuto 1,16 al minuto 1,23), più volte minacciata dalla criminalità organizzata.
Ora, al di là dei contesti - senz’altro diversi San Giovanni in Fiore e Isola Capo Rizzuto -, la memoria istituzionale ha un valore. Allora fu simbolica la presenza al consiglio della Girasole. Come simbolica e di valore fu quella seduta consiliare, in cui politici e cittadini respinsero ogni tentativo di penetrazione della ‘ndrangheta a San Giovanni in Fiore.
Alle parole e ai simboli del coraggio devono seguire i fatti concreti. Sempre, non solo in tema di ‘ndrangheta.
ABBAZIA FLORENSE/ Lopez: “Lavoratori si troveranno per una pseudolegalità con la valigia” (VIDEO)
La Redazione (l’Infiltrato, Domenica 16 Settembre 2012)
di La Redazione
Ieri Pd e Socialisti di Nencini hanno tenuto un incontro pubblico a San Giovanni in Fiore (Cosenza), per illustrare la loro opposizione all’attuale governo di centrodestra della città. Tra i vari argomenti affrontati, i due partiti hanno discusso anche dell’Abbazia florense ...
PER SAN GIOVANNI IN FIORE, PER L’ABBAZIA, PER GLI ANZIANI E I LAVORATORI DELLA CASA DI RIPOSO NELL’ABBAZIA, PER GIOACCHINO DA FIORE, E PER EMILIANO MORRONE
IO PENSO CHE i cittadini e le cittadine di San Giovanni in fiore - al di là di qualcuno e qualcuno che sognano un grande parcheggio o un eliporto al posto dell’Abbazia - sanno benissimo che al di sopra dell’Abbazia c’è la montagna, al di sopra della montagna il cielo, e al di sopra del cielo il carro di Gioacchino da Fiore e lo stemma di Francesco da Paola. E non hanno mai mostrato grande simpatia e riconoscenza per coloro che seminano zizzania o peggio cercano di trasformare esseri umani in cani e e lupi che azzannino altri esseri umani ... e hanno sempre guardato al di là del cielo!!!
Federico La Sala
Abbazia florense: Astorino lascerà la rsa. Interviene Corcioni, presidente dell’Ordine dei Medici
di Carmine Gazzanni (l’Infiltrato, Giovedì 13 Settembre 2012)
Sulla complessa vicenda dell’Abbazia florense di San Giovanni in Fiore (Cosenza) abbiamo sentito Luigi Astorino (Pdl; in foto, ndr), presidente del Consiglio comunale e medico presso la residenza socio-sanitaria all’interno del monumento. C’è una causa civile fra Comune ed rsa: nel 2007 l’ente pubblico chiese al giudice il rilascio degli immobili, di sua proprietà. L’opposizione in Consiglio ha da poco presentato una mozione di sfiducia, ritenendo incompatibile la carica istituzionale di Astorino con il suo lavoro alla casa di riposo. Il Consiglio la discuterà e voterà nei prossimi giorni con scrutinio segreto. A riguardo, è intervenuto anche Eugenio Corcioni, presidente dell’Ordine dei Medici di Cosenza e Provincia.
di Carmine Gazzanni
Si terrà il 21 settembre il Consiglio comunale di San Giovanni in Fiore sulla sfiducia al suo presidente, Luigi Astorino. La notizia è stata appresa e riportata ieri da Infiltrato. Al massimo sarà anticipato di qualche giorno per evitare polemiche tra opposizione e maggioranza, lascia intendere lo stesso Astorino, visto che la stampa ha informato della data prima della decisione in conferenza dei capigruppo. Il politico è finito nel mirino della minoranza dopo un dibattito pubblico organizzato sul posto dal nostro direttore, Emiliano Morrone, che nella circostanza ha reso noto e distribuito un parere contenente il falso, firmato dall’allora dirigente dell’Ufficio legale del municipio, Gaetano Pignanelli. Sulla base dell’atto, la Regione Calabria accreditò nel 2007 una residenza socio-sanitaria della San Vincenzo De’ Paoli srl, ubicata in locali dell’ente pubblico interni all’Abbazia florense, monumento del XIII secolo....
ABBIAMO FATTO UN SOGNO. UNA DOMANDA E UNA PROPOSTA ALL’INTERA CITTADINANZA
MA A NOI, CITTADINE E CITTADINE, DI SAN GIOVANNI IN FIORE,
CHE CI IMPORTA DELL’ABBAZIA FLORENSE?!
E’ SOLO UN MASTODONTICO IMGOMBRO DELLA NOSTRA MEMORIA E DELLA NOSTRA IDENTITA!!!
A NOI, CITTADINE E CITTADINI, DI SAN GIOVANNI IN FIORE CHE CI IMPORTA DI GIOACCHINO DA FIORE?!
MA BASTA! FACCIAMOLA FINITA CON TUTTA LA VECCHIA RETORICA E LE VECCHIE PREOCCUPAZIONI:
BUTTIAMO GIU’ L’ABBAZIA!
CHE SAN GIOVANNI IN FIORE SI RINNOVI E FIORISCA DAVVERO:
REALIZZIAMO UN’AREA PER PARCHEGGIO O PER ELIPORTO!!!
SICURAMENTE NE GUADEGNEREMO IN RICCHEZZA E IN FUNZIONALITA’ PER LA VITA DI TUTTI E DI TUTTE!!!
VIA ALLE RUSPE!!!
GIOVANNA E GIOACCHINO,
Cittadina e cittadino di San Giovanni in Fiore
ABBAZIA FLORENSE/ La parlamentare Antimafia Angela Napoli interroga il ministro Ornaghi
Scritto da La Redazione *
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
Al ministro per i beni e le attività culturali
Per sapere - premesso che:
l’Abbazia Florense e’ il più antico ed imponente monumento di San Giovanni in Fiore, la cui origine risale agli inizi del 1200 e presenta caratteristiche tutte sue che sono divenute peculiari dell’architettura florense;
nonostante periodici rimaneggiamenti e pur tra alterne vicende, la struttura abbaziale florense presenta ancora oggi molti degli elementi architettonici originali quali il portale e alcune murature, nonché i simbolici rosoni lobati, espressione piena di spiritualità tipicamente Gioachimita;
l’Abbazia Florense versa in condizioni estremamente critiche, con pericolose lesioni alla struttura che ne compromettono la stabilita’;
oggi non si possono visitare i cori notturni dell’Abbazia, perche’ l’accesso e’ chiuso, ma si potrebbe entrare dando una spallata a una porta del Centro studi Gioachimiti, ubicato nell’ala est; i sotterranei sono scarsamente illuminati e pressoché inaccessibili; le ossa di Gioacchino si trovano nella navata sinistra, in un angolo lasciato assolutamente al buio;
nell’agosto del 2007 erano iniziati i lavori di consolidamento, restauro e rifunzionalizzazione del monumento, con i finanziamenti elargiti dal Pit Sila;
il monumento, pero’, venne sequestrato cautelativamente dalla Procura di Cosenza poiché secondo l’Autorita’ di vigilanza sui Lavori pubblici i tecnici dei lavori erano stati nominati irregolarmente con delibera di giunta municipale in violazione della normativa sugli appalti ed i diversi contenziosi apertisi tra Soprintendenza, Comune e Società appaltatrice hanno portato al fermo dei lavori;
tra l’altro e’ stato inoltrato un esposto alla Procura della Repubblica sulla vicenda che ha coinvolto la residenza sanitaria assistenziale ubicata in locali dell’Abbazia;
infatti, i locali della residenza sanitaria assistenziale, interni al complesso, secondo le indagini svolte dai Carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale (Ntpc) di Cosenza, sarebbero di proprietà del Comune di San Giovanni in Fiore, tanto che dal 1946 al 2006 la parrocchia ha gestito anziani bisognosi in quei locali con la concessione del comodato gratuito degli immobili da parte del Comune;
nel 2006 il parroco del tempo cedette ufficialmente l’attività per debiti accumulati e con la nuova gestione l’attività divenne lucrativa;
esiste anche un documento, rilasciato dal dirigente del tempo dell’Ufficio legale del Comune di San Giovanni in Fiore, con cui la Regione Calabria accredito’ nel 2007 la residenza socio-sanitaria in questione, benché si trovasse in locali di proprietà del Comune e non esercitasse l’attività dal ’46;
la vicenda della residenza sanitaria assistenziale interna all’Abbazia si aggiunge al degrado generale in cui si trova l’intero bene monumentale:
quali urgenti iniziative intenda attuare per accertare le eventuali responsabilità del lungo fermo dei lavori dell’Abbazia Florense, per incentivare la ripresa degli stessi e affinché vengano salvaguardate la memoria, la cultura e l’arte di questo prezioso monumento calabrese.
on. Angela NAPOLI
Roma, 13 settembre 2012
Abbazia florense: anche il sindaco Barile scarica Pignanelli. Astorino ci bidona, ma Infiltrato scrive
Scritto da Carmine Gazzanni (L’Infiltrato, Mercoledì 12 Settembre 2012)
Gaetano Pignanelli era dirigente dell’Ufficio legale del Comune di San Giovanni in Fiore (Cosenza). Deve rispondere ai cittadini e alle autorità di un parere, protocollo n. 14574, dell’otto settembre 2006, con cui la Regione Calabria accreditò la San Vincenzo De’ Paoli srl come struttura socio-sanitaria operante in locali comunali dentro l’Abbazia florense, monumento del XIII secolo.
Nel parere, a firma di Pignanelli, è dichiarato il falso: si dice che la De’ Paoli srl esercita l’attività dal 1946, mentre la società esiste dal 2006. Oltretutto, nel documento non si rileva che i locali in questione sono del municipio. Per debiti, l’allora parroco don Franco Spadafora cedette l’ospizio della parrocchia, attivo in quei locali per sessant’anni grazie a un comodato d’uso gratuito concesso dal municipio. Nella vicenda ci sono responsabilità dell’ex parroco, poi condannato per una vicenda di truffa e appropriazione indebita, della Curia, della politica e di Pignanelli.
Abbiamo sentito l’attuale sindaco, Antonio Barile (Pdl; in foto, ndr), che, come il predecessore Nicoletti, ha scaricato Pignanelli. Luigi Astorino (Pdl), invece, è il presidente del Consiglio comunale di San Giovanni in Fiore. Contemporaneamente, è medico della residenza socio-sanitaria gestita dalla San Vincenzo De’ Paoli srl, contro cui il Comune è in causa per il rilascio degl’immobili.
Il 21 settembre ci sarà un consiglio comunale in cui Astorino, che ieri si è negato a una nostra intervista, sarà sottoposto a voto di sfiducia. Per Barile, la mozione su Astorino, presentata dall’opposizione di centrosinistra, è un falso problema, rispettto all’intera vicenda. Il sindaco ci ha assicurato, però, che Astorino si dimetterà dall’incarico di medico della casa di riposo, immediatamente dopo il consiglio comunale del prossimo 21 settembre. L’Infiltrato sta facendo informazione e compiendo azioni civili per il ripristino della legalità.
Intanto, ieri abbiamo appreso dall’avvocato Bruno Calvetta, dirigente del Dipartimento Politiche sociali della Regione Calabria, che dopo la visita del nostro direttore Emiliano Morrone in Regione, il Dipartimento in questione ha trasmesso tempestivamente gli atti - e il parere di Pignanelli - al Dipartimento per la Tutela della Salute, oggi competente per la verifica degli accreditamenti delle strutture socio-sanitarie.
PER GIOACCHINO DA GIORE, PER L’ABBAZIA FLORENSE, PER SAN GIOVANNI IN FIORE .....
Un invito al vescovo Nunnari e al vescovo Bonanno.
CHIARISSIMI VESCOVI
Accogliete in spirito di evangelica carità ("charitas") le sollecitazioni di Emiliano Morrone a fare chiarezza. Altro che minacce: uscite dalla confusione e dalla "minorità" gerarchica!
ISTANZE EVANGELICHE O "RAGIONI DI STATO"?! COSA AVETE SCELTO IERI, E COSA SCEGLIETE OGGI, ORA?!:
La vita e la verità stanno sulla via di Gesù ("Deus charitas est": 1 Gv. 4.8) non su quella di Benedetto XVI ("Deus caritas est", 2006). Riconsiderate non solo la lezione di Gioacchino da Fiore, ma anche di Francesco da Paola !!! Pensate con la vostra testa e con il vostro cuore e ... uscite dal gregge "mammonico"!
Siate all’altezza di voi stessi, e del vostro compito ....
O VOLETE ANCHE VOI SPEGNERE IL LUMEN GENTIUM ... PER "RAGIONI DI STATO"?!
PER LA CHIESA, PER L’ITALIA, E PER L’ABBAZIA DI GIOACCHINO DA FIORE!
QUESTO IL MIO INVITO, E IL MIO AUGURIO ....
In fede, speranza, e carità
Federico La Sala
CARLO MARIA MARTINI/MORTO IL PROFETA DISARMATO... *
Martini profeta come Gioacchino da Fiore
di Emiliano Morrone *
In Verso Gerusalemme (Feltrinelli, 2002), il suo testamento spirituale, Carlo Maria Martini definì il mistico e teologo Gioacchino da Fiore "il più grande profeta del secondo millennio" insieme a Giorgio La Pira.
Nella sua tesi di laurea, Benedetto XVI trattò dell’abate florense Gioacchino, che credeva possibile la giustizia in questa vita e, idealmente vicino al vangelo di Tommaso e pure al Buddismo, anticipò il francescanesimo su un piano teorico e concreto.
Gioacchino fondò una piccola comunità in Calabria, basata sul lavoro, la pratica religiosa e la contemplazione. Una comunità solidale al suo interno: di individui responsabilizzati, uniti dalla fede e dalla profezia della salvezza; lontani dall’individualismo, dall’homo homini lupus di Hobbes, dall’imperialismo, dal capitalismo e dal dominio dell’altro.
Le idee di Gioacchino, la sua concezione "politica" e l’utopia del futuro di giustizia trovarono attuazione nelle missioni in Messico dei francescani spiritualisti, i quali, spinti dalla potenza del suo messaggio, mitigarono l’azione del governo spagnolo nelle terre conquistate. Vi sono ampie prove nelle cronache dell’evangelizzazione del Nuovo Mondo.
Martini decise di lasciare Milano, dove fu vescovo nell’ultimo Novecento, per ritirarsi in preghiera a Gerusalemme. Questa scelta lo portò a raccontare il senso della sua missione nel volume Verso Gerusalemme, in cui il discorso è condotto come in viaggio. Per le vie di Milano, nelle cui case si vivevano le storie più nascoste e disperate, e lungo il ritorno alla città santa, premessa e meta del credente.
Forse proprio la capacità di Gioacchino di interpretare e vivere profeticamente le scritture ispirò l’orizzonte del cardinale Martini, la cui ricerca spirituale procedeva con la pratica del sacerdozio, la riflessione interiore, la divulgazione degli studi e delle visioni del biblista, del pastore che era.
Martini è stato sì un profeta. Aveva, come Gioacchino da Fiore, la dote di entrare nella lettera della Bibbia e di leggere il mondo alla luce del senso dei testi, chiarificato, nel tempo suo, per la totale adesione a Dio. Tutt’altro percorso rispetto alla brama del potere, alla negazione dello spirito e all’anticristianesimo di vari potenti della Chiesa.
Il vescovo Nunnari: «Calabria devastata dalla mafia»
Ma il "perdono" di Morosini fa infuriare Congiusta
Da Cosenza, il presule pubblica una riflessione pastorale nella quale si denuncia l’«altissimo prezzo» che l’organizzazione criminale fa pagare alla regione e si fa un mea culpa per come la Chiesa è caduta in passato nell’«imbroglio» dell’inserimento nelle pratiche religiose. Ma intanto il papà del giovane ucciso dalle cosche contesta l’apertura del vescovo di Locri per chi si converte
di ANDREA GUALTIERI *
SONO parole che suonano come sberle quelle che l’arcivescovo di Cosenza, Salvatore Nunnari, ha scelto per rivolgersi agli uomini di ’ndrangheta. Lunedì, nel celebrare una messa per i trent’anni dal delitto Dalla Chiesa, il presule ha annunciato di aver scritto una riflessione pastorale che verrà distribuita l’8 settembre, nella quale si sottolinea, tra l’altro, come la «devastante presenza» dell’organizzazione criminale che «alla terra calabrese fa pagare un altissimo prezzo a livello sociale, economico e religioso».
DALLE BACCHETTATE AL MEA CULPA - "Mi appello a voi, uomini di mafia" è il titolo in copertina. E il testo parte con una lunga sequenza di richiami agli esponenti delle ’ndrine, definiti «minoranza» e poi bacchettati per la «presunzione» nell’appellarsi a tradizioni religiose, per la «controtestimonianza allo spirito e alla norma etica della parola di Dio» che affiora dalle loro esistenze «fatte di violenza e soprusi». Con un mea culpa, per «una Chiesa che purtroppo, soprattutto nel passato, non sempre è riuscita a discernere i vostri atteggiamenti a tal punto da cadere in questo imbroglio» rappresentato dall’«inserimento subdolo nelle pratiche della pietà popolare».
Sono passaggi che non lasciano spazio ad ambiguità, quando affermano che nei suoi anni di ministero pastorale «le lacrime di tanti genitori e sposi» hanno reso «arduo» considerare i mafiosi «ancora capaci di accogliere l’appello che nasce dal cuore di un padre». «Tuttavia - aggiunge monsignor Nunnari - sono un uomo di speranza che nutre fiducia nell’immensa misericordia di Dio, mai stanco di amore e di incrociare, magari attendendo, l’essere umano nelle sue vie toruose della sua esistenza».
LA POLEMICA DI CONGIUSTA - Il messaggio al quale il presule stava lavorando da tempo, è arrivato proprio nel giorno in cui Mario Congiusta, con una lettera pubblicata sul Quotidiano contestava le parole di disponibilità al perdono per i mafiosi pronunciate a Polsi nei giorni scorsi dal vescovo di Locri, Giuseppe Fiorini Morosini: «Il vescovo Morosini - ha scritto il padre di Gianluca, barbaramente ucciso dalle cosche nel 2005 - si arroga il diritto in nome di Gesù Cristo, di perdonare chiunque e chi che sia, essendogli sufficiente una conversione del cuore, non si capisce bene se tale garanzia sia scritta o data verbalmente attraverso il confessionale».
Il passaggio contestato, fa parte dell’omelia pronunciata nel santuario al quale i boss hanno mostrato più volte il loro attaccamento. «La Chiesa - ha affermato Morosini - predica il perdono di tutti e lo fa in nome di Gesù Cristo, la Chiesa annuncia il perdono anche per i mafiosi, non ci faremo intimorire dalla stampa che aspetta da noi sacerdoti parole di disprezzo, noi queste parole non le diremo mai, ma chiameremo a conversione tutti». E ancora: «È certo che la Chiesa non concede il perdono con tre Ave Maria a buon mercato, e continuerà a predicare sempre ai peccatori di cambiare vita e, solo quando si avrà la garanzia della conversione del cuore, la Chiesa alzerà la mano e concederà il perdono, anche se gli uomini sanno che poi dovranno saldare il conto con la giustizia terrena». Ora, da Cosenza, arriva il testo della riflessione di Nunnari.
’ndrangheta e perdono, omelie dei vescovi Morosini e Nunnari, il mio contributo al dibattito sul Quotidiano della Calabria
di Emiliano Morrone
Come qui dimostrerò, la Chiesa non può perdonare alcun mafioso, ‘ndranghetista, camorrista o simile.
Sul peccato, in rete si trovano facilmente riflessioni di santi. Ne riporto qualcuna, quasi in copia, consapevole che si tratta di elaborazioni comunque lontane dalla realtà calabrese, con la quale ciascuno si misura ogni giorno; spesso nella paura e nella rassegnazione, vinto dalla sfiducia, dall’impotenza, da un infinito senso d’ingiustizia.
San Bernardo ricorda che Lucifero fu castigato da Dio perché si ribellò con la speranza di non essere punito. San Giovanni Grisostomo rammenta che Giuda si perdette, peccando con la fiducia di essere perdonato da Dio. Chi offende il Signore con la speranza del perdono «è un derisore, non un penitente», sostiene S. Agostino. E San Paolo precisa che Dio non si fa prendere in giro, «Deus non irridetur». Inoltre, è legge il motto per cui maledictus homo qui peccat in spe, «è maledetto l’uomo che pecca nella speranza del perdono».
Seppure con spirito evangelico, la Chiesa non può ontologicamente aprire una porta ai criminali e ai loro amici. A riguardo, intendo seguire un ragionamento, con tutti i limiti di questo prezioso spazio.
Intanto ha ragione Mario Congiusta, quando riconduce il perdono a una libera scelta della vittima. Impossibile nel caso di suo figlio Gianluca, ammazzato dalla ‘ndrangheta e forse anche, una seconda volta, dall’abbandono che lo Stato, assente ingiustificato, riserva ai familiari.
Dunque, nessuno può assolvere - e nemmeno condannare - in nome di Dio, non potendone stabilire la volontà né chi esercita il magistero della Chiesa né chi la medesima incarna, cioè il singolo credente, parte del «Corpo mistico di Cristo». Il perdono è, allora, un fatto individuale, che in ogni caso non cancella il peccato, l’abuso, la violenza, l’assassinio. Il peccato o reato non si elimina mai. Se così è, il perdono - solo da parte della vittima di mafia - serve simbolicamente, ma anche come valore e come testimonianza, a concorrere al reinserimento morale e sociale del peccatore; estorsore, ladro o assassinio che sia.
Il perdono umano ha una funzione specifica nel rapporto tra chi offende e chi è offeso, e una seconda funzione nella collettività: verso un futuro più limpido, più sano, più giusto.
Tutti possiamo sbagliare e tutti possiamo scegliere, salvo che non esista costrizione. Per il buddismo, ciascuno è responsabile della mancata realizzazione di sé. È per questo che il buddismo invita a un preciso percorso spirituale. Anche nel cristianesimo delle origini si praticava un cammino dello spirito, che Dante Alighieri o Gioacchino da Fiore, Fedeli d’Amore o meno, indicarono per allusioni, simboli, riferimenti esoterici. L’obiettivo era il raggiungimento dell’illuminazione; in termini buddisti diremmo della «buddità». La profondità dell’opera (di vita) di Dante e Gioacchino sta nella loro profezia, intesa come indicazione del disegno (divino) dei tempi.
Il martire don Peppe Diana, sacerdote, è stato un profeta nello stesso senso. Con il suo esempio, infatti, ha tradotto una direzione individuale e collettiva di giustizia; la quale, a differenza del perdono, strumento dell’animo umano, è il fine del disegno “politico” di Dio.
La Chiesa, soprattutto in Calabria, ha il grande compito di divulgare il messaggio della scelta: se stare dalla parte ‘ndrangheta o dalla parte degli uomini.
La ‘ndrangheta, però, non è solo l’organizzazione criminale di cui, grazie soprattutto a Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, oggi si conoscono i riti, il linguaggio, le trame, le mire e i territori conquistati. La ‘ndrangheta è anche negli ambienti religiosi, l’affermazione non sia letta come bestemmia. La ‘ndrangheta è in logge massoniche e in politica: sta nei palazzi del potere e arriva, comprando le coscienze, anche nei tribunali, negli uffici - per citare Fabrizio De Andrè - dell’«ordine costituito». Si presenta con tanti soldi sporchi nei nostri luoghi più belli e negli angoli più disperati, già pieni d’angoscia, disoccupazione e morte. La ‘ndrangheta è un modo di pensare e agire; è una forma, la peggiore, di tradimento dell’essere uomini.
L’Alighieri relegava i traditori nell’abisso più profondo dell’Inferno. Non a caso. La Chiesa mantenga coraggio e combatta sempre, con la forza dello spirito e dell’azione sociale, la ‘ndrangheta in tutte le sue facce e accezioni. Non credo che, nella sua infinita misericordia, Dio avrà pietà per il traditore dell’essere uomo. Per lo ‘ndranghetista che confida nel perdono della confessione o approfitta dell’accoglienza cristiana dei pastori in Cristo.
Emiliano Morrone