Lager ... e Società !!! “Quali sono le strutture gerarchiche di un sistema autoritario e quali le tecniche per annientare la personalità di un individuo? Quali rapporti si creano tra oppressori e oppressi?” (Primo Levi, "I sommersi e i salvati").

Modi di dire. La «ZONA GRIGIA» fu introdotta vent’anni fa da PRIMO LEVI. Una nota di Marco Belpoliti

mercoledì 27 settembre 2006.
 



MODO DI DIRE SI TROVA PER LA PRIMA VOLTA NE «I SOMMERSI E I SALVATI» PER SPIEGARE LE COMPLESSE RELAZIONI DI POTERE NEI LAGER

La «zona grigia», introdotta vent’anni fa da Primo Levi

di Marco Belpoliti (La Stampa.it, 27/9/2006)

Il grigio è tornato di moda. Non sotto forma di grisaille o fumo di Londra, ma come «zona». Da Sofri a Tronchetti Provera tutti parlano di «zona grigia» per indicare qualcosa di nascosto, d’impenetrabile, d’incerto, uno spazio, dice l’ex presidente di Telecom, dove si cospira, coperti da chissà quali protezioni.

Il termine - zona grigia - in realtà è stato introdotto da Primo Levi nel capitolo di un suo libro più importante, uno dei più importanti della seconda metà del XX secolo, I sommersi e i salvati (Einaudi), di cui corre quest’anno il secondo decennale della pubblicazione.

Quando lo scrittore torinese lo usò per la prima volta, in molti, tra cui anche Giorgio Bocca, insorsero fraintendendolo. Levi sollevava il problema della «tendenza manichea a fuggire le mezze tinte», secondo cui non esisterebbero realtà intermedie tra vittime e persecutori. Naturalmente parlava del Lager, ma anche di tutte quelle situazioni e luoghi dove si trovano a convivere centinaia o migliaia di persone, dalle caserme agli uffici, dagli ospedali alle fabbriche, là dove si produce quella dialettica di potere tra un vertice che comanda e un una base che ubbidisce.

In mezzo c’è appunto la zona grigia, quella di coloro che in vario modo e a vario titolo e responsabilità collaborano al funzionamento della macchina di potere. Levi voleva far capire che questa zona possiede «una struttura interna incredibilmente complicata, ed alberga in sé quanto basta per confondere» la nostra capacità di giudicare. Valutare il concorso di colpa dei singoli collaboratori, grandi o piccoli che siano, è sempre difficile, aggiungeva Levi, senza con questo voler assolvere nessuno.

Quando scrisse queste cose, l’ex deportato di Auschwitz fu tacciato di scusare chi aveva collaborato allo sterminio ebraico. Niente di più falso. Voleva capire e farci capire che «l’ascesa dei privilegiati, non solo nel Lager ma in tutte le convivenze umane, è un fenomeno angosciante ma immancabile: essi sono assenti solo nelle utopie».

Vent’anni dopo la formula, nata per capire la complessità delle relazioni di potere, diventa una chiave passepartout buona per leggere ogni realtà, anche quella dello spionaggio telefonico, per di più usata in una conferenza stampa dall’azionista di maggioranza della più grande azienda del paese responsabile, secondo i magistrati, dell’illecito. Chi l’avrebbe mai detto?


-  PRIMO LEVI. Quando Levi morì (11 aprile 1987), Claudio Magris scrisse un articolo che cominciava così: «È morto un autore le cui opere ce le troveremo di fronte al momento del Giudizio Universale». Un ricordo di Ferdinando Camon

-  "Meditate che questo è stato" (Primo Levi)
-  SHOAH - STERMINIO DEL POPOLO EBRAICO. 27 GENNAIO: GIORNO DELLA MEMORIA - LEGGE 20 luglio 2000, n. 211, DELLA REPUBBLICA ITALIANA

-   GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITA’ E RICONCILIAZIONE.


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