Cercate ancora (Claudio Napoleoni, 1990)

PRIMO LEVI. Quando Levi morì (11 aprile 1987), Claudio Magris scrisse un articolo che cominciava così: «È morto un autore le cui opere ce le troveremo di fronte al momento del Giudizio Universale». Un ricordo di Ferdinando Camon - a cura di pfls

lunedì 2 aprile 2007.
 


VENT’ANNI DOPO, IL RICORDO DI FERDINANDO CAMON

Lo scrittore torinese moriva l’11 aprile 1987. Testimone di Auschwitz, negli ultimi tempi dal rifiuto del divino era passato a un «Lo cerco, ma non lo trovo»: un’apertura?

-  Sulla soglia dell’indicibile.
-  Primo Levi

«Tre giorni dopo il "suicidio" mi arriva la sua ultima lettera: ecco, adesso mi spiega perché si è ucciso. La apro: un inno alla vita»

di Ferdinando Camon (Avvenire, 01.04.2006)

Primo Levi è morto di sabato, il martedì dopo m’è arrivata una sua lettera. Mi viene addosso una tristezza infinita e mi dico: «Ecco, adesso mi spiega perché ha deciso di uccidersi». Mi aspetto la confessione che vivere gli è impossibile, che dopo Auschwitz lui non viveva ma sopravviveva, che vivere ancora per lui è una colpa, che sulla Terra non c’è spazio per le vittime dello Sterminio e per chi lo nega, che lui si uccide adesso ma doveva farlo quarant’anni prima, e che dunque le spiegazioni non vanno cercate in quel che succede adesso, ma in quel che era successo 45-40 anni prima. Questo m’aspetto, aprendo la lettera, che dev’essere stata l’ultima che ha scritto e imbucato. Se m’è arrivata al martedì, doveva averla imbucata il sabato: dunque durante la passeggiata che faceva ogni mattina.

La apro: un inno alla vita, un vortice di programmi, speranze, attese, da riempire settimane, mesi e anni. In quei giorni stavo cercando di farlo tradurre in Francia da Gallimard: con mia enorme sorpresa, il libro di Levi, il suo capolavoro assoluto: I sommersi e i salvati, non era passato. Da Parigi mi chiamava al telefono il direttore della Gallimard, Hector Bianciotti, grande scrittore argentino di origine italiana, ora membro dell’Académie Française, e mi diceva: «Ferdinando, non ci piace». Non potevo crederci. Chiamai il quotidiano Libération e concordai di scrivere un intero paginone, per spiegare ai francesi perché dovevano tradurre Primo Levi. È in questo frattempo che Levi muore.

Nella sua ultima lettera, mi chiede se Gallimard vuole un’altra copia de I sommersi e i salvati, mi chiede una copia di Libération con l’articolo che lo presenta ai francesi, si mette a disposizione per tutto quel che può servire. L’articolo è uscito due giorni dopo la morte di Levi, e da quel momento il destino delle sue opere in Francia ha avuto un andamento grottesco: chiama la Gallimard, m’informa che l’editore Albin Michel ha preso I sommersi e i salvati, anche loro vogliono I sommersi e i salvati. Una settimana chiamano per dirmi che loro «sono disposti a prendere di Primo Levi tutti i libri che si possono prendere, a condizioni non inferiori a quelle di nessun altro». Albin Michel protesta: «Lo avevate rifiutato, io l’ho preso, perché mi ostacolate?». Mi chiedono una fotocopia della lettera di Primo Levi: la prova che Primo Levi voleva Gallimard. E così la faccenda s’è chiusa. Primo Levi rifiutato in Francia è la ripetizione di Primo Levi rifiutato in Italia. Se questo è un uomo era stato letto, nella casa Einaudi, da Natalia Ginzburg, e respinto.

Quando Levi morì, Claudio Magris scrisse un articolo che cominciava così: «È morto un autore le cui opere ce le troveremo di fronte al momento del Giudizio Universale». Come possono due editori importantissimi non capire opere che varranno fino al Giudizio Universale compreso? La risposta che mi viene è che c’è "troppo", in quelle opere.

Questa risposta è legata a mia valutazione di Primo Levi scrittore, che è la seguente: Primo Levi ha vissuto la massima colpa della storia, non al grado massimo in cui la colpa fu commessa, ma al grado massimo in cui poteva essere raccontata. Levi era un chimico. Un chimico studia le reazioni nel contatto tra elemento ed elemento. Levi ha osservato e descritto le reazioni nel contatto tra l’uomo più potente e il più debole. Il primo fa della propria volontà la legge della storia. Se il potente uccide, il delitto è giusto perché il potente lo vuole. Questo sistema è riassunto nell’incontro fra Levi e il dottor Pannwitz. Il dottore sta esaminando Levi, è proprio un esame di Chimica. A un certo punto alza gli occhi e lo guarda. Anche Levi lo guarda. Levi cerca di capire il proprio pensiero e il pensiero dell’altro. L’altro pensa: «Questo qualcosa davanti a me appartiene a un genere che è ovviamente opportuno sopprimere. Nel caso particolare, occorre prima accertarsi che non contenga qualche elemento utilizzabile». Nel proprio cervello, Levi sente formarsi questo pensiero: «Gli occhi azzurri e i capelli biondi sono essenzialmente malvagi». Levi doveva rendere quel che di utile conteneva, e morire. Non doveva né sopravvivere né scrivere.

Nella sua sopravvivenza e nella sua scrittura c’è stato un doppio fallimento del sistema lager. Il sistema lager non ha agito su Levi con tutta la sua forza. Perché Levi era un chimico, perché ha imparato il tedesco, perché non si è mai ammalato, e perché ha avuto la fortuna di ammalarsi negli ultimi giorni, evitando la marcia della morte, l’evacuazione dal lager (raccontata da Elie Wiesel).

Claude Lanzmann ha incontrato superstiti del lager che hanno sofferto di più, sono stati torturati o hanno lavorato ai forni. Davanti alla macchina da presa, si torcono, piangono, o svengono. Dicono qualche parola, non di più. Hanno passato il limite del dicibile. Levi è arrivato a quel limite. Forse non lo ha retto, e questo potrebbe spiegare la sua morte. Sono andato a trovarlo più volte, e ho raccolto in un librino i nostri dialoghi.

Nell’ultima risposta dice: «C’è Auschwitz, quindi non può esserci Dio». Era una negazione drastica dell’esistenza di Dio. Quando gli ho mandato il testo per le correzioni, ha aggiunto, a matita: «Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo». Era una riapertura: non c’è, la cerco, non la trovo, la cerco ancora. Rigirandomi la sua ultima lettera fra le mani, mi dicevo: spero che l’abbia trovata.



-  Sito del Centro internazionale di studi su Primo Levi:
-  www.primolevi.it

Primo Levi *

Primo Levi (Torino, 31 luglio 1919 - 11 aprile 1987), è stato uno scrittore italiano autore di memorie, racconti, poesie e romanzi.

Indice

-  1 Biografia
-  2 Fortuna
-  3 Opere di Primo Levi

Biografia

Nato a Torino nel 1919, nel 1934 si iscrive al liceo classico Massimo d’Azeglio di Torino, noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Augusto Monti, Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Zino Zini, Norberto Bobbio, Fernanda Pivano e molti altri. Per qualche mese ha Cesare Pavese come insegnante di italiano.

Nel 1937 si diploma e si iscrive ad un corso di laurea in chimica presso l’Università di Torino. Nel 1938 entrano in vigore le leggi razziali, che introducono gravi discriminazioni a danno della popolazione «di razza ebraica». Gli ebrei perdono il diritto di iscriversi all’università, ma con un’eccezione: a chi è già iscritto ed ha già completato il primo anno di corso viene concesso di proseguire gli studi. All’epoca Primo Levi è uno studente del secondo anno.

Le leggi razziali hanno un determinante influsso indiretto sul suo percorso universitario ed intellettuale. Levi si rende progressivamente conto di amare la fisica più della chimica, fino ad arrivare a prendere in considerazione un cambio di facoltà. Tuttavia, in quanto ebreo, non gli è permessa la possibilità di farlo: l’unica opzione che le leggi razziali gli concedono è di terminare il corso di laurea già iniziato. Levi è in regola con gli esami, ma ha difficoltà a trovare un relatore per la sua tesi; si laurea comunque nel 1941 a pieni voti e con lode, con una tesi in fisica. Il diploma di laurea riporta la precisazione «di razza ebraica».

Le leggi razziali del regime fascista lo costringono di fatto, in quanto ebreo, a lavori saltuari. La sua breve esperienza in un nucleo partigiano locale si conclude con l’arresto da parte della milizia fascista a Brusson, nel 1943, e la detenzione al campo di transito di Fossoli. Nel febbraio del 1944 viene consegnato dai fascisti italiani ai nazisti e deportato ad Auschwitz ed assegnato al complesso Auschwitz III - Monowitz, come Häftling (letteralmente prigioniero) numero 174.517.

Dopo un primo periodo di lavori forzati generici, lavora nei laboratori chimici della Buna, una fabbrica per la produzione di gomma sintetica di proprietà del colosso chimico tedesco I.G. Farben. Ammalandosi di scarlattina, scampa fortunosamente alla marcia di evacuazione di Auschwitz poco prima della liberazione del campo da parte dell’Armata Rossa. Viene liberato il 27 gennaio del 1945, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell’ottobre successivo.

Rientrato a Torino, trova lavoro presso una ditta di produzione di vernici di cui in seguito assumerà la direzione fino al pensionamento, dedicando via via sempre più tempo alla scrittura.

Dalla sua esperienza nel lager nazista nascono Se questo è un uomo, il racconto della sua prigionia seguito, decenni più tardi, da I sommersi e i salvati, testo in cui Levi cerca di analizzare con distacco la sua esperienza, confrontando l’universo concentrazionario nazista con universi simili (quello sovietico in primis, dai racconti di Aleksandr Solženicyn) cercando radici comuni e differenze.

Dai ricordi del suo viaggio di ritorno in Italia nasce La tregua, diario di un viaggio dagli accenti picareschi attraverso la devastata Europa post-bellica. Tornato finalmente a casa, a Torino, continua a sentire il dovere bruciante di raccontare, di descrivere l’indescrivibile, di far confrontare l’uomo con quello che l’uomo è capace di fare.

Benché sia il racconto della sua esperienza nel lager a dargli la fama, Levi ha cercato successivamente di svincolarsi da questa eredità, ampliando i confini del suo scrivere. Ha scritto molti racconti in cui l’osservazione della natura e l’impatto della scienza e della tecnica sulla quotidianità diventano lo spunto per situazioni fantascientifiche.

Suo è anche il personaggio di Faussone, l’operaio specializzato trasfertista di La chiave a stella, che rappresenta quel gran numero di tecnici italiani che hanno lavorato in giro per il mondo a seguito dei grandi progetti di ingegneria civile portati avanti dall’industria italiana dell’epoca (anni sessanta e settanta).

Affronta anche la storia degli ebrei del centroeuropa nel romanzo "Se non ora, quando?".

Un esempio abbastanza rappresentativo dei temi della sua opera è la raccolta di racconti Il sistema periodico, in cui episodi biografici e racconti di fantasia vengono associati ciascuno ad un elemento chimico.

L’11 aprile del 1987 Primo Levi muore, forse suicida, gettandosi o cadendo dalla tromba delle scale della sua casa di Torino.

Fortuna

Al ritorno in Italia, Levi scrisse Se questo è un uomo di getto, con l’incubo di non essere creduto. Infatti nel clima di ricostruzione del dopoguerra non c’era la volontà di riaffacciarsi sull’orrore appena terminato e nel 1947 l’editore Einaudi rifiutò il manoscritto. Levi riuscì a trovare un editore, De Silva, che ne stampò appena duemilacinquecento copie, di cui soltanto millecinquecento vendute, soprattutto a Torino, nonostante la buona recensione di Italo Calvino su L’Unità.

Levi, convinto del suo fallimento come scrittore, si dedicò con impegno alla sola professione di chimico per quasi dieci anni, lavorando per una ditta (la Siva) di Settimo Torinese che produceva vernici. Nel 1956, a una mostra, trovò finalmente in un gruppo di ragazzi gli ascoltatori attenti che gli erano mancati e riprese coraggio. Questa volta Einaudi decise di pubblicare il libro, che da allora fu ristampato e tradotto in molte lingue del mondo (compreso il tedesco). Riprese a scrivere e la Einaudi pubblicò tutti i suoi lavori, che incominciarono ad ottenere riconoscimenti in Italia e all’estero: La tregua vinse la prima edizione del Premio Campiello, nel 1963. Nel 1979 il romanzo La chiave a stella vinse il Premio Strega, mentre nel 1982 Se non ora, quando il Premio Viareggio.

Nel 1997, a dieci anni dalla scomparsa, il regista Francesco Rosi ha tratto dal romanzo La tregua un film interpretato dall’americano John Turturro.

Alla festa del Cinema di Roma dell’ottobre 2006 è stato presentato il documentario La strada di Levi. Il film di Davide Ferrario e Marco Belpoliti ripercorre ai nostri giorni l’avventuroso itinerario compiuto da Levi durante il ritorno dal Lager. Filo conduttore del documentario sono le citazioni tratte da La tregua.

Opere di Primo Levi

-  Se questo è un uomo (1947)
-  La tregua (1963)
-  Storie naturali (1966) racconti, sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila
-  Vizio di forma (1971) racconti
-  Lilìt e altri racconti (1971) racconti
-  Il sistema periodico (1975) racconti
-  La chiave a stella (1978) romanzo
-  La ricerca delle radici (1981) antologia personale
-  Se non ora, quando? (1982) romanzo traduzione de Il processo di Franz Kafka (1983)
-  Ad ora incerta (1984) raccolta di poesie
-  L’altrui mestiere (1985) opera saggistica
-  I sommersi e i salvati (1986) opera saggistica
-  Conversazioni e interviste 1963-1987 (1997) (postumo)
-  L’ultimo natale di guerra (a cura di Marco Belpoliti) (2000) (postumo) racconti

* Da Wikipedia, l’enciclopedia libera - ripresa parziale.


-  Sito del Centro internazionale di studi su Primo Levi:
-  www.primolevi.it


"Meditate che questo è stato" (Primo Levi)
-  SHOAH - STERMINIO DEL POPOLO EBRAICO. 27 GENNAIO: GIORNO DELLA MEMORIA - LEGGE 20 luglio 2000, n. 211, DELLA REPUBBLICA ITALIANA

GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITA’ E RICONCILIAZIONE. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo"



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