12 ottobre, studenti in piazza per cambiare scuola e società
di Roberto Campanelli
coordinatore nazionale Unione degli studenti *
SE SI VUOLE PARTIRE DA UN DATO GENERALE SULLA SCUOLA BISOGNA PARLARE DELLO STATO DI ABBANDONO A CUI È SOTTOPOSTA DA VENT’ANNI.
Ad oggi la spinta dell’autonomia scolastica si è esaurita sulla scia di un progetto complessivo assente, e dell’assenza delle risorse.
I percorsi positivi di valorizzazione delle scuole sono stati cancellati dall’impossibilità di finanziarli e gli istituti vivono una profonda sofferenza, dimostrata da dati terrificanti, ad esempio le richieste alle famiglie di contributi volontari che anno dopo anno sono cresciuti a dismisura, raggiungendo anche centinaia di euro a studente. La capillarità della diffusione del contributo volontario, la sua consistenza, e il metodo autoritario con il quale viene imposto permettono di considerarlo come una vera e propria tassazione informale.
Una vera e propria trasformazione del paradigma della scuola pubblica, un’introduzione silente di un modello privatistico di scuola. Non basta, il ritorno del p.d.l. Aprea (legge 953), già respinto dal movimento studentesco dell’Onda nel 2008, rischia di trasformare l’autonomia scolastica in una vera e propria anarchia, in cui i diritti vengono cancellati ed i privati rischiano di entrare in luoghi nevralgici della programmazione dell’offerta formativa. Continueremo a respingere questa ipotesi di legge fin quando non verrà sottoposta ad una discussione seria e condivisa con tutte le rappresentanze del mondo della scuola.
Questi elementi vanno contestualizzati nell’Italia della crisi, nell’Italia in cui i redditi crollano, nell’Italia in cui per la prima volta le iscrizioni alle università diminuiscono, nell’Italia in cui uno studente su 5 non completa la scuola, mentre a quindici anni, con l’apprendistato, vengono espulsi di fatto tantissimi studenti dai percorsi formativi. L’Italia accusa un problema strutturale per l’accesso all’istruzione.
Denunciamo da sempre l’assenza di una legge nazionale sul diritto allo studio che indichi i livelli essenziali delle prestazioni che le regioni devono erogare. Mancano strumenti di base per garantire il diritto allo studio, ma non ci si può fermare alla contingenza.
È necessario ragionare in prospettiva, è necessario guardare alle esperienze positive che in giro per l’Europa hanno riconosciuto agli studenti una sfera dei diritti a 360°, alle esperienze che hanno istituito il reddito per i soggetti in formazione, uno strumento che riconosce il valore sociale e ed economico di chi studia e garantisce a tutti di poterlo fare. Dovrebbe essere questo il paradigma nuovo con cui si esce dalla crisi, in contrapposizione all’esclusione e alla negazione dei diritti, la garanzia universale di studiare ed emanciparsi.
È necessario ragionare di edilizia scolastica, di un piano nazionale straordinario che metta in sicurezza le scuole, elimini ogni barriera architettonica e le renda termo-sostenibili e energeticamente indipendenti. Una serie di microprovvedimenti che darebbero lavoro a migliaia di persone e nuovo slancio all’economia. Per fare tutto ciò ci vogliono risorse, proprio quello che si nega all’istruzione a partire dal 2008 con i famosi 8 miliardi di tagli.
È necessario rompere con il rigorismo cieco che ignora i diritti sociali, le risorse ci sono e vanno indirizzate nei settori strategici della società, basti pensare alle Grandi Opere del governo Berlusconi ancora in programma o ai finanziamenti miliardari per i cacciabombardieri, soldi che lo Stato continua a spendere inutilmente. C’è un bisogno profondo di qualificare il dibattito politico con proposte concrete e radicalmente alternative a quelle che ci hanno portato alla crisi, il problema non sono stati i diritti per tutti, ma le privatizzazioni.
Il 12 ottobre saremo in piazza in tutto il Paese per mettere al centro questi temi, le emergenze sociali del Paese, il modo nuovo con cui dovremmo uscire dalla crisi. Gli studenti aspettano da anni risposte all’altezza dei loro bisogni, non forze dell’ordine schierate per le strade e cariche spropositate contro i quindicenni.
* l’Unità, 09.10.2012
MATERIALI SUL TEMA:
FLS
Orario docenti a 24 ore: la FLC CGIL darà battaglia *
Dopo lo sciopero e le manifestazioni del 12 ottobre la mobilitazione della FLC CGIL continuerà fino a che il Governo non rivedrà le odiose misure contro la scuola pubblica.
L’aumento dell’orario di lavoro per i docenti a parità di salario deve essere cancellato, bisogna garantire il rinnovo dei contratti nazionali e il pagamento degli scatti d’anzianità, investire risorse nella scuola e non tagliare ulteriormente la spesa. Rivendichiamo un piano di stabilizzazione per i precari e ribadiamo che il concorso è inutile e costoso. Come si concilia la forte riduzione di oltre 30 mila posti per effetto dell’aumento dell’orario con il concorso?
Il Governo Monti e il Ministro Profumo stanno disintegrando la scuola pubblica perchè vogliono che l’istruzione non sia più garantita a tutti. Stanno sconvolgendo le relazioni sociali e umiliando i lavoratori pubblici perchè vogliono trasformare il lavoro in merce.
Sarebbe utile che tutte le organizzazioni sindacali promuovessero una grande manifestazione nazionale unitaria. Nei prossimi giorni saremo nelle piazze con gli studenti per difendere la scuola pubblica, occuperemo uffici scolastici provinciali e regionali e siamo pronti a portare il conflitto in tutti i posti di lavoro.
Cordialmente
Aumento ore docenti, Codacons: “provvedimento incostituzionale”
di REDAZIONE *
Un provvedimento che incrementa le ore di lavoro senza aumentare proporzionalmente la retribuzione dei lavoratori, e’ palesemente incostituzionale e, come tale, annullabile”. Lo afferma il Codacons, in merito alla norma, contenuta nella Legge di Stabilita’, che aumenta le ore lavorative (da 18 a 24 ore settimanali) per gli insegnanti. Il Codacons annuncia fin da ora una battaglia legale per ottenere l’annullamento del provvedimento “che verra’ impugnato nelle opportune sedi giudiziarie. I docenti di tutta Italia - prosegue l’associazione - possono unirsi e partecipare al ricorso collettivo in preparazione. La novita’ voluta dal Ministro Profumo - spiega l’associazione - e’ in netta contrapposizione con l’art. 36 della Costituzione che afferma: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita’ e qualita’ del suo lavoro’”. “Sulla base di tale principio, quindi, non e’ pensabile incrementare le ore di lavoro di una categoria mantenendo pero’ bloccato il suo stipendio - sostiene il Codacons - Non solo. L’articolo della Costituzione in questione assume nel diritto vivente un valore di precettivita’ e immediata applicabilita’ ai rapporti contrattuali, come fonte del diritto assoluto del lavoratore”.
Prof e studenti in piazza per difendere la scuola
Manifestazioni in tutta Italia contro i tagli del governo
I docenti della Cgil insieme ai movimenti studenteschi
di Mario Castagna (l’Unità, 12.10.2012)
ROMA Tornano in piazza gli studenti e questa volta lo faranno insieme ai docenti della Flc Cgil. Oggi saranno più di 90 i cortei che attraverseranno le piazze di piccole e grandi città italiane. Pioggia permettendo, gli organizzatori delle varie manifestazioni, in alcuni casi il sindacato ma in tanti altri gruppi spontanei di ragazzi che hanno aderito alla mobilitazione, si aspettano una grossa partecipazione dal momento che dai circa 50 cortei iniziali si è arrivati quasi a 100. L’idea di questo corteo è partita dagli studenti, sono stati poi gli insegnanti ad aderire, in una inedita alleanza al di qua e al di la della cattedra.
DOPO GLI SCONTRI
Dopo le scene della scorsa settimana, quando in diverse città italiane molti cortei si sono chiusi con i disordini, questa volta gli studenti sperano che al centro dell’attenzione ci siano le loro rivendicazioni vecchie e nuove. In cima alla lista dei desiderata sicuramente maggiori fondi per il diritto allo studio e per l’edilizia scolastica ma ha un posto centrale anche il contrasto alla legge Aprea che è passata da poco alla Camera e che arriva la prossima settimana al Senato. «La legge Aprea avvia un vero e proprio passo indietro per quel che riguarda la democrazia nelle scuole ci dice Roberto Campanelli portavoce dell’Unione degli Studenti non si garantisce più nessun diritto, da quello di assemblea a quello della presenza dei rappresentanti di classe. Dopo le proteste di questi mesi ci aspettiamo che il governo prenda posizione su quel provvedimento. È d’accordo o non è d’accordo? Sembra che nessuno, tranne Valentina Aprea, voglia metterci la faccia».
Ma a scendere in piazza saranno tutte le sigle dell’universo studentesco, dalla Federazione degli Studenti, vicina ai Giovani Democratici fino ad arrivare naturalmente all’organizzazione figlia della Cgil, la Rete degli Studenti Medi. Dario Costantino, portavoce di Fds, ci racconta che anche la sua organizzazione sarà in piazza oggi, seppur il governo sia oggi sostenuto anche dal Partito Democratico: «Noi saremo in piazza soprattutto per ridare centralità alla scuola e al sapere. Oggi la crisi solleva le contraddizioni più evidenti dell’economia di carta: siamo la nazione con il più alto tasso di dispersione scolastica, il più basso numero di laureati e di contro la più alta disoccupazione giovanile nel sistema produttivo meno innovativo d’Europa». Saranno in piazza per dire con forza, come recita il volantino che distribuiranno nei cortei, che l’Italia di domani deve ripartire col sapere di oggi.
Grande sarà anche la partecipazione dei docenti, soprattutto dopo le misure previste dalla manovra correttiva del governo che annuncia nuovi tagli per la scuola già martoriata dalle politiche degli ultimi anni. Le cifre sono imponenti (182,9 milioni di euro nel 2013, 172,7 nel 2014 e 225,5 nel 2015) e saranno tutte a carico dei docenti precari chiamati oggi a fare le supplenze che saranno sostituiti dai docenti di ruolo.
Infatti agli insegnanti di ruolo verrà chiesto di portare il proprio orario settimanale da 18 a 24 ore di lezione. Le ore in più però non verranno utilizzate per ampliare l’offerta formativa, con laboratori, corsi di recupero o progetti speciali, ma per evitare di chiamare i precari per le supplenze. Un risparmio tutto sulle spalle degli insegnanti precari che vedranno ridotte le possibilità di essere chiamati in cattedra.
GLI INSEGNANTI
Sono circa 30.000 i posti di lavoro che si perderanno (più del doppio di quanto messo a bando con il concorso per gli insegnanti appena pubblicato) e molti precari si troveranno per strada. Il ministro Profumo ha chiamato questo meccanismo «il bastone e la carota», un infelice frase che ha scatenato le ire di tanti insegnanti, dichiarando che non ci saranno tagli ma solo un «contributo di solidarietà». A rispondere al ministro non sono solo i docenti ma anche Manuela Ghizzoni, presidente della Commissione Cultura, Scienze e Istruzione della Camera, che ha rimproverato al ministro l’uso di una frase inadatta: «Non si può giocare con le parole, quando queste nascondono concetti dolorosi» ha dichiarato la deputata democratica. Ma sono in tanti nel Partito Democratico ha dichiarare al ministro che non accetteranno nuovi sacrifici. Il settore in effetti ha sofferto molto negli ultimi anni a causa dei tagli imposti dal duo Gelmini-Tremonti ed il nuovo governo sembra continuare la stessa politica.
Il bastone e la carota animeranno sicuramente le piazze di questa mattina e scateneranno la fantasia degli studenti. I più creativi hanno già annunciato che, se i bastoni li terranno a casa, le carote invece faranno parte del menù della giornata. E nel minestrone delle proteste, tra lo stop ai tagli, le rivendicazioni sul diritto allo studio e la richiesta di un nuovo corso per la scuola italiana, gli studenti ed i docenti che scendono in piazza sperano finalmente di non doversi accontentare come sempre, della solita minestra.
Scuola, un tratto di gesso su 30 mila professori precari L’aumento delle ore di lavoro per i docenti stabili porterà al taglio dei supplenti Oggi sciopero di insegnanti e studenti in tutt’Italia
di Salvatore Cannavò (il Fatto, 12.10.2012)
“Mi auguro di cuore che questa storia non si realizzi... Noi precari non riusciremmo più a lavorare. Questa cosa mi spaventa tantissimo, dopo tutti i sacrifici che tutti noi stiamo facendo. Ho una gran paura... Questo governo ci sta massacrando...”. È una delle tante testimonianze che ieri hanno costellato i forum dei docenti, precari e non, di fronte all’ipotesi dell’aumento dell’orario di lavoro di 6 ore per gli insegnanti pubblici che si tradurrebbe in un taglio drastico dei posti di lavoro per i precari. La notizia non ha ancora una conferma ufficiale, semplicemente perché la legge di stabilità non è ancora scritta definitivamente. Però il taglio ci sarà come confermano al Fatto le fonti del Ministero dell’Istruzione. “Però non bisogna creare allarmismo, in una situazione come questa è un dovere di tutti” spiegano al ministero. Il riferimento è ai dati della Cgil che ha quantificato l’aumento dell’orario di lavoro in un taglio di 30 mi-la posti. “Non saranno più di un terzo di questi” rassicurano invece gli uomini del ministro Profumo, che comunque sono di più dei 6000 inizialmente preventivati.
NON LA PENSANO così i sindacati che reagiscono su due linee di condotta. Da un lato, la preoccupazione per i posti di lavoro dei precari che qualcuno arriva a stimare in decine di migliaia. “L’effetto immediato di tale disposizione sarebbe la cancellazione degli spezzoni orari, delle supplenze temporanee e dei corsi di recupero assorbiti dal nuovo regime orario” scrive la Flc-Cgil che oggi scenderà in sciopero in tutta Italia in cortei partecipati anche dagli studenti. “Il saldo in termini di perdita di posti è di almeno 25.000 cattedre per i posti comuni e di altre 4000 se la norma venisse estesa anche al sostegno”. In realtà, se si considerassero tutto l’organico di diritto, che per medie e superiori è di circa 320 mila insegnanti, un aumento di sei ore, dalle 18 attuali, comporterebbe un taglio di 100 mila precari.
“Se il ministero operasse in questo modo” spiega al Fatto Gianni Fossati della Flc-Cgil “si arriverebbe addirittura a un esubero degli attuali docenti”. Invece sembra che la norma riguardi solo gli “spezzoni” di supplenze, quelle ore che restano scoperte dopo la formazione degli orari. Posti di lavoro che sarebbero coperti dall’attuale corpo docente. A insorgere sono però tutti i sindacati anche se spesso prevale una logica corporativa. Ma, sottolineano soprattutto i docenti, “non è vero che gli insegnanti lavorano solo 18 ore, vanno calcolate le ore per preparare e correggere i compiti, i consigli di classe, i collegi docenti, i ricevimenti, etc.”.
Soprattutto, è l’unanime replica, il fatto che in Italia ci sono gli stipendi tra i più bassi d’Europa, superiori solo a Grecia e Portogallo. “Senza contare” ci spiega una docente romana, “che abbiamo appena avuto l’aumento secco dell’età pensionabile, poi il blocco degli aumenti e ora arriva anche l’aumento dell’orario. E per di più gratis”. Al ministero stanno comunque predisponendo il testo definitivo dicendosi ancora disponibili al confronto: “È una situazione difficile, va tenuto conto di questo”.
Non è chiaro però come sarà risolto il nodo contrattuale. L’attuale contratto prevede le 18 ore e un aumento andrebbe contrattato, dicono i sindacati. Quel che è certo, precisano al ministero, è che la misura riguarderà direttamente la famiglia del ministro: sua moglie, infatti, insegna latino e greco in un liceo di Torino. Ma è difficile farla passare per una docente qualsiasi.
Stretta sull’orario degli insegnanti medie e superiori, Settimana di 24 ore
Scambio tra 6 ore in più e 15 giorni di ferie. I sindacati: così si tagliano 29 mila posti
di Mariolina Iossa (Corriere della Sera, 12.10.2012)
ROMA - Il governo l’ha deciso martedì notte, inserendolo all’ultimo momento nel ddl di stabilità. Un pezzetto di intervento sulla scuola, probabilmente ottenuto con il pressing del ministero del Tesoro, che avrebbe chiesto ancora risparmi nel settore per 180 milioni di euro nel 2013. Come fare? La «voce», che già era arrivata a docenti e a dirigenti scolastici ma che il ministero dell’Istruzione per ora non conferma, parlando di «bozza» e di voler aspettare il «documento definitivo», è questa: si vuole innalzare l’orario di lavoro settimanale dei docenti di medie e superiori a 24 ore (attualmente sono 18) dando in cambio 15 giorni di ferie estive in più. Sei ore in più a settimana per uniformarlo a quello degli insegnanti delle elementari, che già adesso lavorano 24 ore, di cui 22 in aula e 2 di programmazione.
Un carico maggiore a titolo gratuito, cosa che consentirebbe di utilizzare il personale docente interno per le supplenze brevi e soprattutto per coprire i cosiddetti «spezzoni», cioè quelle ore di attività didattica che rimangono scoperte dopo aver completato l’assegnazione di ogni singolo docente alle classi per le ore previste dai programmi ministeriali. Pier Luigi Bersani ne aveva persino parlato nei giorni scorsi, anticipando ulteriori «tagli al comparto scolastico per oltre seimila posti di lavoro tra gli insegnanti». In realtà, dicono alla Cgil Scuola, il taglio sarebbe ben più consistente. Colpirebbe, ancora una volta, decine di migliaia di precari, perché sono loro che coprono gli «spezzoni» e le supplenze.
Fonti ministeriali avrebbero riferito ai sindacati che nella bozza (ma a quanto pare si tratta di una norma già pronta che solo una decisione in extremis potrebbe cancellare visto che la legge di stabilità deve essere presentata alle Camere entro lunedì) si prevede di fatto un taglio di circa 25 mila posti più 4 mila che riguarderebbero gli insegnanti di sostegno. In tutto 29 mila posti in meno.
«La legge di stabilità potrebbe contenere un ulteriore pesantissimo taglio alla scuola», s’indigna il segretario nazionale della Cgil Scuola Mimmo Pantaleo che per oggi ha proclamato uno sciopero generale al quale parteciperanno anche gli studenti con manifestazioni in 90 città. Le ragioni dello sciopero sono tante e tra queste il blocco contrattuale per i docenti. Anche Cisl, Uil e Gilda annunceranno la prossima settimana uno sciopero generale per protestare contro lo stallo degli scatti stipendiali.
Adesso si aggiunge la questione delle 6 ore in più gratis, che è probabile provocherà un sollevamento dei docenti interessati, circa 170 mila della scuola media e 238 mila delle superiori, considerando oltre ai docenti titolari anche gli incaricati annuali. Per Pantaleo, in questo modo, si va ben oltre i 180 milioni di euro di risparmio aggiuntivo chiesti dal Tesoro: «In termini economici ciò significa un intervento di oltre un miliardo a carico del comparto scuola. Non sono bastati gli otto miliardi della legge 133/2008 e i continui interventi legislativi, non è sufficiente il blocco dei contratti, degli scatti di anzianità e per ultimo la cancellazione della indennità di vacanza contrattuale: siamo all’accanimento e alla barbarie».
Il miliardo di risparmio, spiegano alla Cgil sottolineando che i conti li avrebbero fatti i tecnici del ministero, deriverebbe dalla somma di tutti gli spezzoni e le supplenze che equivalgono ad un monte ore annuo corrispondente a 25 mila, più 4 mila per il sostegno, posti di lavoro e quindi stipendi in meno. Lo stipendio medio si aggira attorno ai 3.500 euro lordi al mese. In verità al ministero dell’Istruzione i tecnici avrebbero sconsigliato il ministro Francesco Profumo di azionare questa leva: sembra che allo studio ci siano anche altre strade per risparmiare ancora.
«Se i sacrifici sono diffusi, anche la scuola deve fare la sua parte - commenta il presidente dell’associazione dirigenti scolastici, Andis, Gregorio Iannaccone -. Ma molto già è stato fatto direttamente sulle scuole. La questione è complessa ma si potrebbe pensare la norma non in via definitiva, come un contributo eccezionale una tantum per un anno. Oppure si potrebbe cominciare a tagliare i costi della burocrazia della scuola, tra ministero centrale, uffici regionali e provinciali». Il ministro Profumo, l’altro giorno a un meeting sull’istruzione tecnologica organizzato a Roma al quale hanno partecipato migliaia di studenti, ha solo detto: «Non sono previsti tagli diretti», solo un «contributo di solidarietà». Il resto lo sapremo lunedì.
“Basta con i diplomifici privati ma a scuola i prof lavorino di più”
Parla Profumo: ecco cosa cambia con la legge di stabilità
di Corrado Zunino (la Repubblica, 12.10.2012)
ROMA - Un’altra riforma Profumo, il più prolifico ministro dell’Istruzione da quando esiste la Repubblica italiana. L’ultima arriva alla vigilia di uno sciopero della Cgil scuola che toccherà novanta città italiane e a cui si affiancheranno (in altrettante città) studenti medi e universitari.
In pochi articoli a corredo della legge di stabilità (quella che aumenta l’Iva e abbassa alcune aliquote Irpef) Francesco Profumo vara tre cambiamenti della scuola italiana che somigliano, più che a riforme, a rivoluzioni. La prima, la cui popolarità si peserà immediatamente nel corteo di questa mattina, chiede l’aumento delle ore di lavoro per gli insegnanti dei tre cicli scolastici. Dalle 18 ore attuali a settimana si salirà a 24. Sei ore in più, 85 minuti di straordinario non pagato per ogni giornata a scuola. Alle elementari, va detto, questo è già l’orario di fatto. Il ministro chiede ai docenti italiani di adeguare il livello di impegno agli standard dell’Europa occidentale e orientale e offre tabelle che lasciano l’Italia in fondo alla classifica della produttività. Lo stipendio resterà invariato, gli scatti resteranno congelati, ma il ministero offre ai docenti 15 giorni di ferie in più, da realizzare nel periodo estivo.
In partenza per la Germania, il ministro spiega: «Chiediamo alla scuola un atto di generosità. Di più, un patto che rifondi questo mestiere così importante». Prima del 2014 non si potrà parlare di aumenti di stipendio, «legittimi ma per ora impossibili per il Paese ». Profumo chiede, però, da subito «una crescita dell’impegno sull’insegnamento, soprattutto fuori dalle classi». Con i soldi risparmiati con le ore di supplenza non più necessarie, «investiremo sulla formazione degli stessi docenti e sull’edilizia scolastica». Il Pd, subito contrario all’ennesima riforma, ha contabilizzato in 6.400 supplenti la perdita secca.
Dichiarazioni di guerra sono partite dal presidente del partito Rosy Bindi: «Non voteremo tagli mascherati né uno stravolgimento del contratto». Nell’ultima tornata di rivisitazione della spesa, all’istruzione sono stati tolti altri 184 milioni. Dice ancora al ministro: «Non abbiamo intenzione di coltivare il luogo comune degli insegnanti italiani che guadagnano poco e lavorano poco, conosco la delicatezza di quel mestiere avendolo fatto, chiedo solo che siano più flessibili. Si potranno differenziare gli stipendi: più bassi per chi vuole lavorare solo la mattina, retribuzione piena per chi accetta l’aumento delle ore».
La legge di stabilità offre novità anche sul fronte delle scuole paritarie (religiose e no). Il livello medio testato dal ministero è lontano da quello garantito dall’istruzione pubblica e troppe paritarie vengono percepite come il luogo di accesso a una maturità facile. Il ministro ha deciso di introdurre alcuni obblighi da certificare: per trasferirsi in una scuola paritaria bisognerà avere la residenza nell’area dell’istituto privato o avanzare motivazioni serie per giustificare lo spostamento. «I diplomifici usciranno naturalmente di scena».
Infine, i nuovi articoli sradicano le radici del mondo della ricerca pubblica. I dodici enti di ricerca esistenti - tra cui il solidissimo Consiglio nazionale delle ricerche, i prestigiosi istituti nazionali di Astrofisica e Fisica nucleare, realtà con cinque ricercatori come l’Istituto di germanistica e luoghi di spesa allegra e clientelismo come l’Agenzia spaziale italiana - vengono soppressi e con loro cancellati i rispettivi consigli d’amministrazione, avvertiti della novità solo ieri mattina. La ricerca pubblica si farà sotto un nuovo ombrello gigante: sarà il Centro nazionale di ricerche (mantiene per motivi di immagine l’acronimo del suo predecessore più illustre, Cnr appunto). Sul modello tedesco nascono due agenzie, controlleranno il trasferimento tecnologico e il finanziamento. Dice il ministro: «Di ogni euro che l’Italia finanzia per la ricerca in Europa, tornano solo 40 centesimi. I ricercatori italiani sono di valore assoluto, la rete che li governa è parcellizzata, distribuita in troppi edifici e scollegata dall’università. Chiuderemo i cda, non toglieremo un posto di lavoro».
La Gilda parla di legge caos, la Cgil di barbarie. Profumo dice: «Non sono il ministro del bastone, non credo che la scuola sia un’azienda, sono lontano da ogni idea di privatizzazione. Ascolterò le indicazioni della piazza e del Parlamento, ma la scuola italiana deve colmare le distanze che la separano dall’Europa migliore».
Legge di stabilità: la scuola al dissesto
Un’altra ragione per scioperare
Comunicato stampa
di Domenico Pantaleo, Segretario generale FLC CGIL
Per la scuola, oltre all’ulteriore blocco dei contratti e degli scatti d’anzianità, l’ultima trovata è l’aumento di un terzo dell’orario di lavoro a parità di salario per le scuole secondarie. Le conseguenze saranno maggiori carichi di lavoro per i docenti, la riduzione di migliaia di supplenze per gli spezzoni e di quelle brevi. Si tagliano quindi ulteriormente organico e risorse alla scuola pubblica in perfetta continuità con il Governo Berlusconi.
Ormai è evidente a tutti che questo Governo, pur di difendere gli interessi delle banche e della speculazione finanziaria, affossa i diritti dei lavoratori e lo stato sociale. Vogliono privatizzare il sistema d’istruzione e la ricerca pubblica ritenuti un lusso che il Paese non può permettersi.
Al Ministro Profumo vorrei raccomandare di non vendere più fumo perché è responsabile del caos nel quale è iniziato l’anno scolastico e del peggioramento della qualità dell’offerta formativa. Con le sue scelte demagogiche, come quella del concorso, cerca solo pubblicità mediatica.
Classi sovraffollate, edifici insicuri, licenziamento di migliaia di ATA e docenti, provvedimenti assurdi come quello relativo alla riconversione di docenti inidonei e ITP, l’aumento dei contributi a carico delle famiglie e il mancato trasferimento alle scuole dei fondi contrattuali stanno gettando scompiglio tra i lavoratori, gli studenti e le famiglie.
Ora basta!
Lo sciopero del 12 ottobre e le tantissime manifestazioni programmate insieme agli studenti chiederanno un radicale alternativa alle politiche del Governo Monti e del Ministro Profumo. I diritti dei lavoratori non sono merce.
Scarica il manifesto e i volantini scuola
Cordialmente
FLC CGIL nazionale
Legge stabilità, c’è anche la scuola: più ore di lezione per i docenti
L’aumento orario coprirà i tagli scuola. Più ferie, ma rischiano i precari *
Nella legge di stabilità spunta l’articolo che non ti aspetti. In mezzo al novero di misure restrittive su pubblico impiego, aumento dell’Iva,adeguamento delle aliquote Irpef e via dicendo, figura anche una disposizione passata sottotraccia, che invece rappresenta una novità inattesa - e probabilmente poco gradita - per gli insegnanti.
Nel rush finale dell’approvazione del pacchetto stabilità, varato dal Consiglio dei ministri martedì all’una di notte dopo una riunione fiume, è stata infatti inserita anche la “leggina” che obbligherà i docenti di scuola secondaria di primo e secondo grado a 6 ore di lezione in più ogni settimana.
La misura è finalizzata ad adeguare il carico orario degli insegnanti delle scuole medie e superiori a quello dei loro colleghi operanti nelle aule della scuola primaria, cioè delle elementari.
Questi ultimi, infatti, svolgono di norma un totale di 24 ore, suddivise in 22 di lezione “pura” più 2 di programmazione dei moduli, contro le 18 svolte dai docenti di medie e superiori.
Secondo quanto previsto dalla legge di stabilità, allora, il tempo di lezione dei professori andrà armonizzato a quello delle maestre, un provvedimento che si traduce, appunto, nelle 6 ore settimanali in più di cui si diceva.
A essere coinvolti nella crescita dell’orario di lavoro, saranno anche gli insegnanti di sostegno. La notizia, per tutti i docenti, non è però essenzialmente negativa, perché l’incremento del carico introdurrà contestualmente un prolungamento delle vacanze estive di circa 15 giorni.
A cosa è dovuta questa linea di appesantimento orario del governo nei confronti degli insegnati? Nessun atto pregiudiziale o di una non meglio precisata rivalsa, stando alle giustificazioni ufficiali: dalla riforma, infatti, potrebbero essere risparmiati 180 milioni di euro, una parte dei quali sarà destinata al fondo di funzionamento della scuola.
Scopo ultimo della riforma sarà quello di coprire una parte dei tagli previsti dalla spending review nel comparto scolastico, calcolati in circa 500 milioni da qui al 2015.
Tra gli effetti negativi, l’incremento delle ore di lezione potrebbe ridurre pesantemente le chiamate per i supplenti esterni. E qui, ecco che la novità inserita nella legge di stabilità rivela il suo “lato oscuro“, poiché restano ancora tutte da verificare le ricadute che un tale adeguamento produrrà nelle folte schiere dei precari.
Alcuni, come il segretario Pd Pierluigi Bersani, hanno parlato di oltre 6mila posti di lavoro a rischio. Altri, come la rappresentanza di Flc Cgil, allarga la platea a una forbice tra 30 e 70mila docenti non di ruolo interessati.
Cifre che stridono con l’impeto riformatore inaugurato dal Miur con l’indizione del concorso scolastico, concepito per l’inserimento di circa 24mila nuovi insegnanti nel corpo scolastico nazionale, metà dei quali provenienti proprio dalle infinite graduatorie. Un turnover in cattedra che, insieme alle misure appena varate a danno dei precari, promette di tenere la scuola al centro di continui stravolgimenti per lungo tempo.
12 ottobre 2012: sciopero della scuola. Perché è ora di cambiare musica
Si diranno tanti no alle politiche che schiacciano la scuola pubblica, ma tanti sì al rinnovo del contratto, a un piano per le immissioni in ruolo, alla fine dei tagli finanziari. Le nostre proposte per il rilancio della scuola statale. *
I docenti, il personale ATA, i dirigenti sono tutti chiamati ad astenersi dal lavoro per una giornata. Perché? Sono tante le cose che non vanno. Cose vecchie ormai incancrenite e cose nuove che peggiorano una situazione già precaria e difficile. Le modalità di adesione allo sciopero nella scuola
I tagli ai finanziamenti. Pensavamo di avere già dato, ma con la spending review vanno via altri 200 milioni di euro. Le politiche del lavoro e del personale. Con il passaggio ai ruoli ATA dei docenti inidonei per motivi di salute si producono quattro danni: agli stessi docenti messi a fare un lavoro che non conoscono, alle segreterie che si ritrovano private di personale competente, ai precari ATA che non avranno rinnovato il contratto per la riduzione di ulteriori 3.900 posti, alla scuola che sarà peggio organizzata.
Le retribuzioni. Il contratto è bloccato, gli scatti di anzianità sono bloccati, le retribuzioni sono tra le più basse d’Europa. In più si chiede ai docenti di lavorare più ore senza compenso. E si scarica sul Fondo di istituto il pagamento di ore eccedenti e sostituzioni di dirigenti scolastici e DSGA che invece dovrebbero essere a carico del MIUR.
Per non parlare dell’edilizia scolastica, dell’assenza di investimenti per le nuove tecnologie e per i laboratori, pure necessari e urgenti per mettere la didattica e il lavoro nelle scuole al passo coi tempi.
E il concorso? In questo momento è inutile e costoso. La nuova legge sulle pensioni va cambiata perché blocca il rinnovamento di personale nella scuola e non tiene conto delle sue specificità. Le immissioni in ruolo non coprono tutti i posti vacanti, quindi il precariato non diminuisce.
I problemi sono tanti e sempre di più. Eppure per cominciare basterebbero poche cose, alcune a costo zero. La FLC CGIL le ha proposte da tempo. Servirebbero per migliorare e rendere più efficienti le scuole e sbloccare le immissioni in ruolo di docenti e ATA e cancellare il precariato. Per cominciare basterebbe un po’ di volontà politica e un briciolo di buon senso.
Con questo sciopero vogliamo scuotere la sensibilità dell’opinione pubblica e del governo. E ci auguriamo che ascoltino le nostre proposte.
* PER APPROFONDIMENTI, CLICCA SU: FLC-CGIL, 02/10/2012
Vita da prof: dopo 20 anni di lavoro
record di disturbi psichiatrici
Uno studio rivela cifre sconcertanti:
ansia e depressione nell’87% dei casi
di Flavia Amabile (La Stampa, 09/10/2012(
ROMA. I prof andranno in pensione più tardi come tutti in Italia ma sappiamo a che cosa andranno incontro i nostri figli? La risposta è nel primo studio condotto in Italia sui docenti inidonei e sulle loro malattie realizzato da Vittorio Lodolo D’Oria, medico specialista che dal 1998 si sta occupando del Disagio Mentale Professionale negli insegnanti con pubblicazioni dale cifre sempre più chiare.
Gli inidonei sono i professori che hanno un esonero dall’insegnamento per malattia e che fino all’anno scorso hanno lavorato in segreterie e biblioteche e che ora il governo ha deciso di trasferire in ruoli amministrativi (nelle segreterie) e tecnici (nei laboratori). Quello che emerge dallo studio è l’alta incidenza di diagnosi psichiatriche (il 64%) a dispetto del fatto che quella dei prof è considerata una professione a mezzo servizio, come sottolinea Vittorio Lodolo D’Oria nello studio. Questo lavoro continuato per cinque giorni, nell’arco di nove mesi l’anno comporta un’usura psicofisica: l’87% delle diagnosi si riferisce a problemi ansioso-depressivi, il 13% si divide tra disturbi di personalità e psicosi. Le diagnosi psichiatriche sono 5 volte più numerose delle disfonie che a loro volta sono considerate “causa di servizio”, contrariamente alle prime. Un altro dato interessante è l’anzianità di servizio media al momento della diagnosi, circa 20 anni di lavoro continuativi in cattedra.
Non ci sono differenze sostanziali tra le varie zone d’Italia a conferma del fatto che non si tratta di malattie inventate ma che colpiscono tutti, indistintamente: al Nord il 37%; al centro il 30%; Sud e Isole 33%.
Dati analoghi si ritrovano anche all’estero a conferma che l’usura si riferisce al lavoro e non è una delle solite anomalie italiane. I prof sono la categoria a maggior rischio suicidio in Francia mentre in Inghilterra il rischio di suicidi è al 40%. In Baviera uno studio mostra come la maggior parte dei pre-pensionamenti per malattia fra i prof sia dovuta a disturbi psichiatrici. “Questo studio - spiega Lodolo D’Oria - dimostra che le patologie psichiatriche accusate dai docenti inidonei debbono essere ritenute patologie professionali. Il problema, comune ad altre nazioni - dove viene però affrontato con risolutezza - vede un Governo italiano distratto, che non attua studi epidemiologici su base nazionale, non valuta la salute della categoria professionale prima di licenziare le riforme previdenziali, ma al contrario penalizza i docenti (l’82% di questi sono donne) che si ammalano (decreto Brunetta, abolizione della causa di servizio, spending review).
I provvedimenti fin qui adottati dal Governo sono stati quelli di: allungare l’età pensionabile dei docenti senza prima aver valutato lo stato di salute della categoria; trascurare ad ogni effetto la preponderante componente femminile tra i docenti (le donne sono l’ 82%) e la diversa suscettibilità delle lavoratrici di fronte al rischio delle patologie psichiatriche professionali come prevede anche la legge; cancellare la possibilità di dispensa dal servizio per gli inidonei permanentemente all’insegnamento; abolire la Causa di Servizio per la Pubblica Amministrazione col D.L. 201/11; collocare d’ufficio gli inidonei per motivi di salute nel ruolo amministrativo demansionandoli e dequalificandoli. Una sorta di accanimento - ai limiti dell’incostituzionalità - sui “deboli”, resi tali da malattie tra l’altro sviluppate durante il lavoro, dopo aver tolto loro anche la possibilità di richiedere un indennizzo a titolo di risarcimento”.