ROMA-CAPITALE, 1906 - 2013: "IERI E OGGI. Malgoverno e Vaticano, un secolo di analogie" (Enrico Pugliese) ....

NATHAN, IL SAGGIO SINDACO DI ROMA (1907-1913). Un convegno e un appello, con alcune analisi - a c. di Federico La Sala

A MALI CAPITALI, ANTICHI RIMEDI: "Ha senso parlare oggi di Ernesto Nathan, sindaco di Roma ai primi del Novecento? Credo proprio di sì. Anzi, forse oggi il suo esempio sarebbe da riprendere più di ieri" (Maria I. Macioti).
venerdì 18 gennaio 2013.
 

UN CONVEGNO E UN APPELLO

Una nuova rivoluzione nel segno di Nathan *

Nel 1913 terminò la l’esperienza del sindaco più straordinario che Roma abbia avuto: Ernesto Nathan. Nel 2013 a Roma si vota per un nuovo sindaco. Nathan, tanto laico da proporre una legge sul divorzio nella città dei papi, mazziniano, ebreo, alleato dei socialisti, ha rappresentato una significativa frattura nella compatta storia della capitale: prima e dopo, e per un intero secolo, a dominare e plasmare la città sono stati - salvo brevi intervalli, in particolare l’esperienza di Petroselli - gli interessi della speculazione fondiaria ed edilizia.

Quella di Nathan fu una rivoluzione interrotta. La sua amministrazione agì soprattutto su quattro ambiti, secondo la sintesi di Italo Insolera nel suo "Roma moderna": la tutela dell’igiene pubblica, l’incremento dell’istruzione elementare, una politica volta a limitare la speculazione fondiaria, la partecipazione della cittadinanza all’amministrazione.

In quei pochi anni, non più di sette, fu varato il primo Piano regolatore di Roma, furono costruite decine di scuole elementari e rurali, fu costruita una rete tramviaria moderna che, grazie al solo referendum cittadino che si sia mai tenuto in città, divenne un’azienda municipale, così come Acea - acqua ed energia - azienda che Alemanno ha cercato di privatizzare del tutto: la pubblicizzazione dei servizi pubblici è un’indicazione più che mai attuale, dopo gli anni delle privatizzazioni forzate, che proseguono.

(...) A noi pare che - se si vuole ridare un futuro a Roma - è da lì che si deve ricominciare. I quattro punti di quel programma sono, visti con gli occhi di oggi e guardando alle più innovative proposte sulla vita delle metropoli, i punti di partenza di una nuova rivoluzione romana. (...)

Tutto questo noi vorremmo fosse l’oggetto di un convegno, da tenersi il 19 gennaio, presso la sala dell’Acquario (piazza Manfredo Fanti 47, a Roma), in cui intelligenze ed esperienze romane, docenti e giovani ricercatori, organizzazioni sociali e movimenti per la casa abbiano l’opportunità di studiare e dibattere quel che accadde un secolo fa per ricavarne l’ispirazione, l’energia necessaria ad avviare le grandi trasformazioni indispensabili per ridare a una città umiliata e impoverita, incollerita e frantumata, una speranza di futuro.

Maria Delfina Bonada, Maria Rosa Cutrufelli, Tommaso Di Francesco, Maria Immacolata Macioti, Riccardo Magi, Rossella Marchini, Angelo Mastrandrea, Sandro Medici, Sandro Morelli, Roberto Musacchio, Vincenzo Naso, Anna Pizzo, Valentino Parlato, Bianca Pomeranzi, Clotilde Pontecorvo, Alessandro Portelli, Enrico Pugliese, Patrizia Sentinelli, Antonello Sotgia, Pierluigi Sullo

* il manifesto, 15.01.2013


A mali capitali, antichi rimedi

di Maria Immacolata Macioti (il manifesto, 15.01.2013)

Ha senso parlare oggi di Ernesto Nathan, sindaco di Roma ai primi del Novecento? Credo proprio di sì. Anzi, forse oggi il suo esempio sarebbe da riprendere più di ieri. Ci troviamo infatti, nella città di Roma, di fronte a una situazione per più versi preoccupante: in primo luogo, un forte deficit economico, il che renderà la vita difficile a chiunque farà il sindaco a Roma, a qualunque giunta.

Ma Nathan si era trovato in condizioni non dissimili, a Roma, nel 1907: e si era impegnato nel risanamento del bilancio. Tagliando tutte le spese superflue, certamente. Ma anche investendo, al contrario, nella cultura. Non ci saranno mai abbastanza scuole, aveva dichiarato. Lo testimonia Gustavo Canti: «Quegli che rimarrà esempio non superato di rigido e parsimonioso amministratore, quegli che non si peritò di affrontare ire e impopolarità per difendere il pareggio del bilancio... quando si trattò delle scuole non lesinò mai, anzi diede liberamente». L’istruzione e la preparazione professionale sono state al primo posto nella programmazione: «Il bilancio, il suo pareggio sono la legittima preoccupazione di ogni prudente amministratore - dichiara Nathan nel discorso programmatico - ma sino a quando vi sia un solo scolaro entro la nostra cerchia amministrativa, il quale non possa ricevere istruzione ed educazione civile, in ambiente sano ed adatto, le considerazioni del bilancio finanziario devono cedere il passo alle imperative esigenze del bilancio morale ed intellettuale. Le scuole devono moltiplicarsi, allargarsi, migliorarsi; rapidamente, energicamente, insieme col personale scolastico».

Oggi invece si tende a mortificare, a depauperare l’università. Le scuole pubbliche, in Italia in genere e anche a Roma, sono fortemente in difficoltà, tanto che a necessità di base provvedono spesso i genitori degli alunni. Gli insegnanti sono mortificati da annose attese per l’entrata in ruolo, dalla precarietà protratta. Si tende ad addossare loro compiti sempre più gravosi, senza corrispettivi positivi: eppure sono gli insegnanti che nelle scuole provvedono alla socializzazione delle nuove generazioni, un compito sempre importante ma mai come oggi, vista la presenza di tanti bambini figli di migranti. Non solo: va ricordato che a Roma si è perseguita per anni la politica dell’abbattimento di campi rom, con il risultato di buttare cifre consistenti che avrebbero potuto essere impiegate più utilmente per una politica di integrazione e di rendere impossibile ai bambini rom il frequentare le scuole dove erano inizialmente iscritti.

Pareggio del bilancio sì, quindi. Con rigore. Ma anche, insieme, investimenti per le scuole, per l’istruzione. Più scuole e meno chiese, dice Nathan. «Nella Roma di un tempo non bastavano mai le chiese per pregare, mentre invano si chiedevano le scuole; oggi le chiese sovrabbondano, esuberano; le scuole non bastano mai!» chiarisce Nathan in un celebre discorso tenuto il 20 settembre 1910 alla breccia di Porta Pia, discorso che provocherà furiose polemiche.

Roma usciva appena da secoli di dominio papale, era una città dove il lavoro produttivo era scarso e le condizioni sanitarie pessime: tutto intorno alla città, l’Agro romano era fonte di febbri malariche. L’analfabetismo dominante si accompagnava a povertà e a miseria. Sono dei primi del Novecento, nate per iniziativa di poeti e scrittori, di vari intellettuali, le Scuole per i contadini nell’Agro romano. Vengono aperte nelle aree più povere e degradate, sono scuole rivolte ad adulti analfabeti: incoraggiate e concretamente aiutate da Nathan. Che cerca altresì di dare spazio alle scuole professionali - scuole commerciali, per operai addetti al gas, elettricisti, oltre che per assistenti edilizi, magistrali per muratori e operai meccanici - che cerca di abbinare scuole e industrie private, di mettere in collegamento questi due ambiti: eppure la Gelmini nella sua cosiddetta riforma presentava questa esigenza come una grande novità.

Roma oggi è di nuovo una città fortemente degradata. Strade dissestate e sporche, macchine parcheggiate in doppia fila, che rendono difficile lo scorrimento del traffico, lavori annosi che non appena terminati devono essere ripresi perché mal fatti o perché si sono usati materiali non adatti o di scarto, alberi che avrebbero bisogno di cure, parchi abbandonati, servizi che lasciano a desiderare, come ben sa chiunque si sposti o cerchi di spostarsi con mezzi pubblici: i servizi invece erano stati una priorità, per il blocco Nathan. Che, con Montemartini, ha dato un forte impulso in merito: il comune si è occupato dell’igiene della città, dell’assistenza sanitaria. Sono state istituite guardie ostetriche per partorienti, profilassi di malattie infettive, presidi per medici in zone in difficoltà come Porta Metronia, Ferratella, in vari luoghi dell’Agro romano: e si richiede ai medici di risiedervi. Oggi il welfare è uno dei nodi problematici più rilevanti, un tema con cui si dovrà confrontare chiunque lavorerà in Campidoglio.

Hanno luogo in quegli anni le prime consultazioni popolari: per la mobilità, da cui poi l’Atac. Per l’illuminazione, da cui l’impianto idrotermoelettrico per la produzione e distribuzione dell’energia elettrica, sia per la forza motrice che per l’illuminazione; da cui l’Acea (si può ancora ammirare la centrale Montemartini al Testaccio, oggi un museo). Non senza critiche e irrisioni da parte di una stampa non abituata all’esercizio della democrazia nell’Urbe, in testa il noto «Il Travaso» che pubblica tredici derisorie quartine contro l’idea stessa del referendum («Ben è ver che se Dio non provvede/ a dar Egli la luce ... al cervello, / faccia il Blocco o non faccia l’appello,/ a che serve un miliardo di sì?»), laddove Nathan ha chiaro che l’illuminazione è una misura minima basilare, come ben sanno molte donne che negli ultimi tempi hanno subito aggressioni in zone periferiche, abbandonate e scarsamente illuminate di Roma. E non solo.

Ci si propone la moltiplicazione dei mercati, la guerra al bagarinaggio: e il fastidio per il mercato del pesce dal sindaco voluto e fatto aprire si riflette in una canzonetta di Giggi Pea, pubblicata da G. Micheli: «Er mercato der pesce è ’na risorsa,/questi so’ fatti, mica so’ parole,/de scuali, de merluzzi e de ciriole/ a Roma ce ne so’ na quantità.// Poi sta’ sicuro e si ne voi ’na prova/ar sinnico tu chiedi un baccalà/nemmeno volta l’occhi e te lo trova/ e nun lo paghi manco la metà...»

C’è bisogno di case, di case popolari: troppe le persone costrette a vivere in baracche, in alloggi impropri, con danno della salute. Si avrà un moderno piano regolatore, quello di Saint Just di Teulada, che prevedere diversi tipi edilizi, case popolari. Zone di Roma come Prati, S. Saba, Testaccio sono ancora lì a testimoniare l’importanza di quest’opera. E si cercherà di perseguire una rigida applicazione del sistema di tassazione sulle aree fabbricabili previsto su piano nazionale, basato sull’autodichiarazione del valore del terreno, che potrà però anche essere espropriato sulla base del prezzo dichiarato. Naturalmente la speculazione edilizia non gradisce. E sarà proprio sull’edilizia che la giunta incontrerà le maggiori difficoltà e resistenze, che cadrà.

Promettere poco e mantenere molto, diceva Ernesto Nathan. Proprio il contrario di quanto si fa oggi, quando eventuali candidati promettono mari e monti, da drastici sgravi fiscali a rosei, vicinissimi futuri. E si sa già che non manterranno nulla di quanto proclamato.

È stato, Ernesto Nathan, un riformista autentico. Ci sarebbe bisogno, oggi, di persone come lui, attente ai problemi degli strati sociali maggiormente in difficoltà, pronte a spendersi in prima persona.


IERI E OGGI

Malgoverno e Vaticano, un secolo di analogie

di Enrico Pugliese (il manifesto, 15.01.2013)

Le analogie tra la Roma del 1906 e la Roma di oggi sono notevoli: la situazione economica e sociale della città e quella finanziaria del Comune che Nathan ereditò dalla precedente amministrazione di Prospero Colonna non sono diverse da quella che Alemanno lascia in eredità al futuro sindaco di Roma-Capitale. Oltre al malgoverno del Comune - con un dissesto finanziario che richiese una svolta decisiva, c’è un’analogia significativa che riguarda l’invadenza del Vaticano e degli ambienti della destra cattolica nella vita della città.

Non meno importanti sono le analogie che riguardano la situazione dei lavoratori, sia per quel che riguarda i livelli occupazionali e le condizioni di lavoro - con la disoccupazione strutturale, la precarietà occupazionale e i bassi salari - sia per quanto riguarda le condizioni di vita, in particolare le condizioni igienico-sanitarie degli alloggi e dei ricoveri dei lavoratori più precari.

I bassi salari e la difficoltà di trovar casa a condizioni accessibili - nella Roma che in trent’anni dopo l’Unità aveva più che raddoppiato la sua popolazione - riguardavano tutti, non solo la classe operaia e gli strati più bassi dei lavoratori dei servizi ma anche vasti settori dell’impiego pubblico. Con la differenza che all’epoca, dopo il decennio della febbre edilizia e quello della crisi, le case semplicemente non bastavano; ora ci sono ma ne sono esclusi quelli che non possono pagare.

Chi stava peggio erano gli immigrati, dall’entroterra laziale e abruzzese. Erano i lavoratori agricoli, braccianti alla giornata, che con lo sviluppo dell’edilizia si trasformarono sempre di più in lavoratori edili talché al mercato delle braccia per la mietitura e le altre attività agricole stagionali si andò sempre più sostituendo il mercato delle braccia per l’attività edilizia.

Ora vengono da più lontano: sono gli immigrati dal Terzo Mondo e dai paesi dell’Est. Il mercato delle braccia ora si svolge in prossimità degli "smorzi" (i magazzini-deposito di materiale edile) ed essi dormono dove possono. Prima i "cafoni" o i "burini", non potendo permettersi un alloggio, passavano le notti sotto i portici di piazza Vittorio.

Nei decenni precedenti l’esperienza di Nathan la struttura sociale della città era cambiata significativamente. Roma non aveva avuto lo sviluppo industriale delle altre capitali europee: non si può dire che si fosse consolidata una classe operaia industriale (come lamentavano studiosi, sindacalisti e settori del partito socialista) ma è altrettanto vero che gli addetti all’industria erano significativamente aumentati, anche se dominava l’occupazione nei servizi e la componente più evidente del proletariato era rappresentata dagli edili, spesso collocati all’esterno o al margine delle organizzazioni sindacali o aggregati in organizzazioni con posizione critica, come la Lega generale del lavoro, frutto di una scissione della Camera del lavoro, nella quale la componente anarchica era particolarmente significativa.

Dall’altra parte c’era una aristocrazia terriera collegata al Vaticano alla quale erano aggregati settori di borghesia reazionaria anch’essi interessati alla speculazione edilizia e alla rendita e coinvolti anch’essi negli scandali che a fine ’800 avevano riguardato il paese e Roma in particolare. È a questo blocco che si opporrà Nathan. Ma già prima di lui l’indebolimento del fronte reazionario, e un primo blocco popolare che comprendeva anche rappresentanze del movimento operaio, aveva permesso la formazione di una giunta progressista (con sindaco Armellini), ancorché di breve durata, che mostrò l’esistenza di un’alternativa.

Questa si concretizzerà e lascerà un segno indelebile nella storia di Roma con l’elezione a sindaco di Ernesto Nathan. Dal punto di vista del lavoro, disoccupazione e bassi salari si presentavano in maniera drammatica. E su questo la possibilità di intervento dell’amministrazione comunale è molto modesta. Ma le condizioni dei lavoratori possono essere alleviate subito e migliorate in prospettiva con un intervento massiccio nel campo delle politiche sociali. Ad esempio con una politica abitativa per cui coloro che costruiscono le case per la gente non siano costretti a dormire all’addiaccio. Ma anche con lo sviluppo dei servizi e le municipalizzazioni operate da Nathan che ne resero più efficiente la gestione e meno onerosa la fruizione.

La lotta contro l’analfabetismo e la politica scolastica i furono cardini fondamentali dell’impegno di Nathan. Le politiche sociali - si sa - costano. Ma fanno anche risparmiare consentendo sviluppo economico e sociale. E poi i costi sono resi affrontabili da un recupero delle risorse attraverso una tassazione giusta (come allora quella sui suoli o, come potrebbe essere ora, una patrimoniale) e attraverso la gestione di un bilancio pubblico e trasparente.


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