Editorialazzo

San Giovanni in Fiore: la parola "antimafia" e la sceneggiata della maggioranza sull’accesso agli atti

Delle gare per differenziata e polifunzionale, del silenzio a palazzo, della ricerca di risposte, della ricostruzione dei fatti
sabato 2 luglio 2016.
 

Devo intervenire sulla polemica che il sindaco di San Giovanni in Fiore e la sua maggioranza hanno costruito per distrarre l’attenzione collettiva rispetto alla necessità, ormai evidente, di controlli accurati negli uffici municipali, intanto su due gare pubbliche: una da 5,5 milioni, l’altra con cui è stato affidato a ristoratori politicamente vicini a quella parte, tramite procedura regolare, un bene che vale almeno 2 milioni e che stava in vendita per ricuperare cassa in pieno dissesto finanziario del Comune.

Il sindaco Giuseppe Belcastro ha replicato in modo fumoso ai tre parlamentari del Movimento 5 stelle che hanno osato chiedere al ministro dell’Interno una commissione d’accesso per verificare, dice il Testo unico degli enti locali, eventuali forme di condizionamento degli amministratori «tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità» dell’amministrazione comunale. Sarà bene tenere a mente codesto virgolettato di legge, proprio per non perdere il focus del mio discorso.

Ho da essere pedante, e me ne scuso coi lettori, perché il sindaco e la sua maggioranza non hanno capito i termini del problema oppure fanno finta di non intendere e la buttano sull’accusa di mafia che, a loro avviso e racconto esclusivo, i deputati Dalila Nesci, Paolo Parentela e Federica Dieni avrebbero rivolto alla comunità del luogo.

Liberiamo il campo dagli equivoci, partendo dai puri fatti. Nessuno ha mai affermato che gli abitanti di San Giovanni in Fiore sono mafiosi, per cui sostenere per allusioni che qualcuno l’abbia detto o sottinteso significa mentire all’opinione pubblica e provocare l’orgoglio collettivo al solo fine di proteggersi da risapute, e forse fastidiose, richieste di chiarimenti.

Il punto è proprio questo, la scarsa propensione della compagine di governo locale a fornire risposte precise a domande specifiche. Ne spiegherò le ragioni.

Andiamo con ordine. Riguardo al bando per la differenziata, dallo scorso 6 maggio l’associazione “La Voce di Fiore” ha rilevato al Comune la mancata pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dell’avviso di proroga dei termini per la presentazione delle offerte, con il che l’assegnazione non può avvenire e va rifatta da capo l’intera gara, come puntualizzato dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). In seguito l’associazione ha aggiunto dubbi argomentati sull’utilizzo, per la medesima gara, della centrale consortile Asmel; su cui, anche per le attività di intermediazione, c’è un atto contrario dell’Anac, confermato in pieno dal Tar del Lazio.

Questi due punti sono stati articolati con dovizia e trasmessi via pec, con richiesta di conoscere le conseguenti determinazioni degli uffici di competenza e con l’invito, all’esecutivo e al consiglio comunale, di ripercorrere il primo l’iter amministrativo e di esercitare il secondo i controlli dovuti.

In una conferenza stampa dello scorso 11 maggio, il sindaco di San Giovanni in Fiore, incalzato dal collega Salvatore Audia e dal sottoscritto, ha scaricato sugli uffici la responsabilità e l’onere di risolvere gli elementi critici obiettati da “La Voce di Fiore”, assicurando una loro pronta ricognizione e rammentando che l’indirizzo politico è per legge separato dalla macchina amministrativa del Comune. Ha quindi chiosato: «Comunque noi non firmeremo nulla di illegale».

Da allora non ci è mai pervenuta una sola risposta. In quegli uffici indicati dal sindaco hanno traccheggiato, pure ricorrendo a un parere legale, redatto da uno studio privato, in cui si legge un’insistente sottolineatura sulla nostra mancanza di legittimazione a ricorrere, il che non riguarda la nostra iniziativa né i corrispondenti quesiti.

Nel frattempo è divenuto sempre più imbarazzante il silenzio degli uffici che per il sindaco Belcastro stavano vagliando carte, leggi e giurisprudenza. Il 25 maggio ho telefonato al presidente del Consiglio comunale, Domenico Lacava, riassumendo il ruolo civile di “La Voce di Fiore” e invitandolo a sollecitare le attese riposte. Niente, nonostante che Lacava mi abbia salutato con una bella affermazione di principio: «è giusto ricevere riscontro».

Malgrado certi mal di pancia in municipio e perfino qualche nervosa e infondata invettiva contro la nostra titolarità a partecipare, il 16 giugno “La Voce di Fiore” ha presenziato alla prevusta audizione del rup, assente, in commissione consiliare di Vigilanza, lì riepilogando quattro motivi per cui la gara per la raccolta differenziata non è aggiudicabile; a partire dalla modificazione del bando durante la proroga dei termini, che ha di certo nociuto alla parità di trattamento richiesta dalla normativa.

I consiglieri della maggioranza hanno - di proposito - fatto mancare il numero legale per la validità di quella commissione, e su questo sono pronto a difendermi da qualsivoglia azione legale contro la mia persona. La stessa commissione è stata riconvocata il 20 giugno, ma senza l’increscioso fiato addosso di “La Voce di Fiore”. Il verbale della seduta conferma la modificazione del bando durante la proroga dei termini, il che all’occorrenza potrà essere constatato pure dagli organismi già investiti: Anac, Procura della Repubblica e, dopo l’intervento dei parlamentari 5 stelle, il prefetto del territorio, se ritiene.

Questa è storia, cui non è stata aggiunta una sola virgola in più. Perciò ci infastidisce non poco l’atteggiamento del sindaco e dei suoi, che non entrano nel merito della questione e come replicanti parlano per assiomi, frasi imbellettate, vuote e sganciate dalla realtà effettiva.

Delle due l’una, non si può celebrare la trasparenza e in concreto chiudersi a riccio perché non si sa che pesci prendere, o magari perché non ci si aspettava una marcatura così stretta, calcisticamente a uomo.

Bisogna superare una vecchia mentalità di gestione del bene pubblico, per la quale i controlli sono per definizione sbagliati e inopportuni, offensivi ed infondati.

Nessun amministratore pubblico può sottrarsi alla disamina del proprio operato, che le istituzioni e i cittadini hanno il dovere e il diritto di compiere, e di fronte alla quale non si può essere generici o, peggio, impedienti. A tale ultimo riguardo, rimembro che al consigliere di minoranza Antonio Lopez, presidente della commissione di Vigilanza, sono stati per iscritto negati degli atti relativi alla gara per la raccolta differenziata, il che è proprio l’opposto del municipio trasparente di cui il sindaco ha scritto sui social.

Per finire, poiché il Comune è in dissesto, contrasta con ogni logica l’avvenuto affidamento della struttura polifunzionale per attività privata, con un ricavo pubblico di appena 28 mila euro all’anno. Ciò anche alla luce delle annose vicende che hanno caratterizzato questo bene, per cui il Comune ha da riavere, come dichiarato dal viceprefetto e ai tempi commissario Sergio Mazzia, 377 mila euro da una cooperativa (di cui faceva parte il fratello dell’attuale sindaco).

La maggioranza si proclama offesa dall’azione dei 5 stelle, ma si guarda bene dal ricordare che quella struttura comunale doveva servire, dicono le carte e talune memorie d’una sinistra ahinoi trapassata, alla socializzazione e formazione dei più giovani, non ad alterare la libera concorrenza, nel grande silenzio delle nostre latitudini, nel settore della ristorazione.

Emiliano Morrone

emilianomorrone@gmail.com


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