ANSA» 2008-11-11 14:30
Santa Sede: sospendere alimenti è assassinio
CITTA’ DEL VATICANO - Sospendere l’idratazione e l’alimentazione in un paziente in stato vegetativo è "una mostruosità disumana e un assassinio": lo ha ribadito all’ANSA il presidente del Pontificio consiglio per la Salute, card. Javier Lozano Barragan, in attesa della sentenza della cassazione sul caso di Eluana Englaro.
’’L’accanimento terapeutico - ha affermato - non si consiglia mai, ma l’idratazione e l’alimentazione non appartengono a questa categoria. Qualcuno obietta che insieme all’ alimentazione vengono somministrati anche i farmaci che tengono in vita - ha aggiunto - e allora, io dico, togliete i farmaci’’. Diverso e’ il caso di pazienti ’’nell’ultima agonia’’, per i quali, ’’quando nutrizione e idratazione diventano completamente inutili, non vanno sprecati’’. In ogni caso - ha concluso - ’’sospendere idratazione e alimentazione in un paziente in stato vegetativo peggiora il suo stato, e la terribile morte per fame e per sete e’ una mostruosita’ disumana e un assassinio’’.
MESSAGGIO EV-ANGELICO E SANTO PADRE?! ABUSO DEL TITOLO E MENZOGNA. L’ERRORE DI RATZINGER.
ANSA» 2008-11-11 18:45
ELUANA: PG CASSAZIONE, RICORSO INAMMISSIBILE
MILANO - Il ricorso portato avanti dalla Procura di Milano sul caso Englaro e’ inammissibile, secondo il procuratore generale della Cassazione, Domenico Iannelli, che ha chiesto l’inammissibilita’ perche’ il Pm di Milano non era ’’legittimato a muovere l’azione’’, in quanto, secondo il Pg Iannelli, non si tratta di ’’un interesse generale e pubblico ma di una tutela soggettiva e individuale’’ di Eluana.
AVV.ANGIOLINI,LASCIAMO A CORTE SERENITA’PER DECIDERE
’’Bisogna lasciare alla Corte la serenita’ per prendere questa decisione’’. Lo ha detto l’avvocato Franco Angiolini, legale del padre di Eluana Englaro, all’uscita della Cassazione dopo la conclusione dell’udienza pubblica. ’’Il procuratore generale ha dato un avviso sulla inammissibilita’ del ricorso della Procura Generale di Milano che e’ in linea con quanto noi abbiamo sostenuto nel nostro controricorso’’. Il legale ha sottolineato che ’’la discussione e’ stata ampia e credo che la Corte abbia tutti i materiali per decidere. Quando arrivera’ la decisione ne valuteremo le motivazioni. In questo momento non si puo’ dire piu’ di questo’’. Gli avvocati di Beppino Englaro ritengono poco probabile che l’esito della camera di consiglio possa conoscersi in serata.
IL PADRE, NESSUN COMMENTO
’’Non ho nulla da dichiarare, nella maniera piu’ assoluta’’. Beppino Englaro ha risposto cosi’ per tutta la mattina ai tentativi dei giornalisti che gli chiedevano un commento sulla udienza pubblica davanti alle Sezioni riunite civili della Cassazione. Englaro ha assistito all’udienza in prima fila e al termine, accompagnato dai suoi legali ha lasciato la Cassazione per tornare a Milano dicendo che sarebbe tornato a Milano.
la Repubblica, 29.03.2009
Englaro: la legge è un’offesa alla libertà dei cittadini
FIRENZE - «Più che un’offesa a Eluana, il ddl sul testamento biologico è un’offesa alle libertà fondamentali di tutti i cittadini». Lo ha detto Beppino Englaro durante una conferenza stampa a Firenze, città che domani gli conferirà la cittadinanza onoraria. Il padre di Eluana ha poi usato le parole del presidente della Camera Gianfranco Fini pronunciate dal palco del Pdl per affermare che il ddl sul biotestamento è «più da stato etico che laico».
Englaro ha poi replicato all’arcivescovo Giuseppe Betori che aveva criticato fortemente la decisione del Comune (22 voti contro 16) di nominarlo cittadino onorario. «Ho il massimo rispetto per le istituzioni religiose - ha commentato Englaro - ma penso che loro non abbiano il massimo rispetto per me».
Il padre di Eluana, ha ricevuto a Palazzo Vecchio a Firenze la cittadinanza onoraria. E’ stato accolto da un lunghissimo applauso dei politici e cittadini presenti. Contemporaneamente i consiglieri comunali del Pdl sono usciti dall’aula per protestare
La cittadinanza onoraria di Firenze consegnata oggi a Beppino Englaro è in realtà "stata consegnata ad Eluana, che era ribelle come è ribelle da sempre Firenze". Così il padre della ragazza morta dopo 17 anni di coma ha ringraziato il Consiglio comunale fiorentino che oggi, riunito in seduta straordinaria, gli ha consegnato il riconoscimento e il Giglio d’Oro. La cerimonia è stata presieduta dal presidente dell’ Assemblea Eros Cruccolini mentre la motivazione è stata letta dall’assessore alla cultura Eugenio Giani. Assente il sindaco Leonardo Domenici, a Roma per l’Anci. E assenza polemica anche dei consiglieri del centrodestra che sono usciti nel momento in cui Cruccolini ha dichiarato aperto il Consiglio straordinario.
All’arrivo di Englaro il pubblico ha cominciato a gridare ’bravo’ e ’c’è bisogno di persone cosi", mentre ai consiglieri del Pdl lo stesso pubblico diceva ’fuori’. Un uomo, medico, ha cercato di esporre un cartello con scritto ’Firenze inneggia alla morte’ ma è stato bloccato dai vigili.
Englaro: "Questa onorificenza è per Eluana". "L’irriducibilità per la libertà che è nel Dna dei fiorentini era anche nel Dna di Eluana - ha proseguito Beppino Englaro - e quindi lo spirito fiorentino e quella di mia figlia sono in perfetta armonia: sono irriducibili contro tutte le forme di oppressione e di autoritarismo", e soprattutto pronti a lottare per "la libertà contro tutti gli oppressori". Englaro nel suo intervento ha ringraziato il presidente del Consiglio comunale Cruccolini, il capogruppo del Ps, Alessandro Falciani, che aveva presentato la mozione per la cittadinanza onoraria, e anche il sindaco.
Il Pdl lascia l’aula. All’inizio della cerimonia i consiglieri comunali del Pdl sono usciti dall’aula per protestare contro il conferimento dell’onorificenza. I rappresentanti del gruppo in consiglio hanno consegnato a Beppino Englaro una lettera per spiegare le loro motivazioni. "Abbiamo rispetto - scrivono gli esponenti del centrodestra nella lettera - per il dramma personale da lei vissuto con grande sofferenza, ma non riteniamo che esso possa costituire titolo per l’ottenimento di una cittadinanza onoraria. La decisione assunta, a maggioranza, è stata improvvida e improvvisa. Il consiglio le conferirà la cittadinanza sulla base di motivazioni non condivise dall’intera città compiendo una forzatura che non ha altra spiegazione se non forse quella di voler apportare con un atto simbolico il proprio irresponsabile contributo alla campagna di legittimazione dell’eutanasia. La cittadinanza - conclude la lettera - sarà moralmente dimezzata".
"Per capire il dramma di Eluana occorre tempo". A chi gli chiedeva cosa pensasse dei consiglieri del Pdl che hanno abbandonato l’aula quando è iniziata la seduta straordinaria, mentre suonavano le chiarine, Beppino Englaro ha risposto: "Ho i massimo rispetto per queste persone, sono problematiche molto difficili e serve un approfondimento. Io stesso - ha aggiunto - ci ho messo molto tempo a capire. Non mi meraviglio, è l’argomento del fine vita che è tremendo e spacca le coscienze. Sarà il tempo a chiarire". Poi, al termine della cerimonia ha ricordato la gita fatta con la moglie e Eluana a Firenze "nell’89 o il ’90: Eluana era rimasta affascinata da Firenze - ha concluso - ma come si fa a non rimanere affascinati della nostra citta’".
* la Repubblica,/Firenze, 30 marzo 2009
Don Santoro: "Il Vangelo parla d’amore nel mio vescovo questo amore non l’ho visto"
Don Santoro lo saluta e dice: in questa chiesa non mi riconosco più. Un’ora di colloquio col sindaco Domenici che firma la cittadinanza. Incontri all’Isolotto, alle Piagge e al Puccini. Oggi in consiglio comunale
di Simona Poli
Le baracche di Enzo Mazzi all’Isolotto, quelle di don Santoro alle Piagge. E’ questa la Firenze che accoglie Beppino Englaro a cui a mezzogiorno in Palazzo Vecchio verrà data la cittadinanza onoraria firmata ieri dal presidente del consiglio comunale Eros Cruccolini e dal sindaco Leonardo Domenici, che con Englaro ha parlato per un’ora da solo nel suo studio, spiegando che oggi sarà assente per impegni istituzionali. Più di quella pergamena ufficiale, che porta con sé anche gli strascichi di una poco edificante polemica politica, vale forse il patto di alleanza che in questi giorni si è creato in modo spontaneo tra Englaro e la gente che gli è andata incontro per ascoltarlo. Generazioni, storie e destini diversi, uomini e donne che ciascuno a suo modo nella vicenda di Eluana trovano fonte di riflessione per ripensare se stessi. E’ il caso di Alessandro Santoro, che di fronte ad Englaro pronuncia la pubblica confessione di un prete che si sente smarrito: «Dopo questo baccanale osceno si può solo chiedere perdono come fece il figliol prodigo nella parabola raccontata da Gesù», dice nel silenzio perfetto della sala in cui sono sedute decine di persone. «Sono profondamente disturbato da questa ostentata onniscienza della Chiesa in cui non riesco più a riconoscermi. Di quel cristianesimo non so che farmene, il Vangelo di fronte alla vita usa solo la parola amore, che significa avvicinarsi all’altro e al suo mistero per riconoscersi. Nel mio vescovo questo amore non l’ho visto».
Englaro quasi non ci crede: «Ero un randagio che abbaiava alla luna, per tanto tempo nessuno mi ha voluto dare ascolto. E ora arrivo qui, a Firenze, e mi sento dire quelle parole semplici e dirette che sembrava impossibile poter udire». Lo ripete più volte, anche la sera al Teatro Puccini dove l’associazione "Liberi di decidere", che ha già raccolto tremila testamenti biologici certificati da un notaio, ha voluto invitarlo insieme a Paolo Flores d’Arcais per dare un segnale concreto di sostegno a una battaglia civile che era nata solitaria ed è ora diventata la battaglia di molti dopo l’approvazione al Senato del testo di legge sul fine vita.
Tantissime persone vicino ad Englaro, anche molto giovani. Alle dieci di mattina è già affollata la casetta in cui ogni domenica si riunisce la comunità dell’Isolotto per celebrare la sua "messa laica" col pane fatto in casa al posto dell’ostia e le preghiere scritte a mano sui fogli di carta al posto del breviario. E’ un dialogo ricco ma senza contrapposizioni, chi è venuto qui lo ha fatto per mostrare comprensione e affetto ad un padre costretto ad affrontare fin troppo dolore. Senza pregiudizi, senza nessuna voglia di attaccarlo, di giudicarlo.
Anzi. Tra i messaggi di solidarietà arrivano quelli di un monaco di San Miniato al Monte, Bernardo Francesco Maria, dell’ex prete operaio Renzo Fanfani, delle comunità cristiane di base, di don Fabio Masi della parrocchia di Santo Stefano a Paterno, del presidente del quartiere 4. A parte Cruccolini, due soli politici presenti, Valdo Spini e il consigliere dei Socialisti Alessandro Falciani, che è stato l’ideatore della proposta di cittadinanza e che ha accompagnato Englaro in ogni suo appuntamento fiorentino. «L’Eluana era la persona più libera del mondo, amava tutti e adesso sarà amata da tutti, lo dice sempre la sua mamma», racconta Beppino sorridendo. «Per noi in famiglia questi concetti erano chiarissimi, li avevamo approfonditi, li davamo per scontati. L’Eluana era convinta che la vita è libertà e non condanna a vivere. Non mi sarei mai immaginato di diventare l’unico a combattere per il rispetto di principi che a me sembrano incontestabili. Non avevo scelta, dovevo affrontare la questione pubblicamente perché sono convinto che la vera libertà è dentro la società».
Diciassette anni di solitudine e poi quella sentenza della Cassazione del 16 ottobre 2007: «Dobbiamo essere fieri della nostra magistratura, i giudici non si sono lasciati condizionare dalla politica, che pure ci ha provato in tutti i modi. Sono certo che quella sentenza verrà riletta, studiata e capita perché lì è finalmente tutto molto chiaro. Non si può imporre con la violenza un trattamento che tiene in vita una vita che non esiste in natura. La vicenda di Eluana non va contro nessuno».
Della capacità di accettare la morte e di come lo Stato debba garantire a ciascuno di poter scegliere in che modo essere o non essere assistito nella fase terminale della vita, Englaro parla per oltre un’ora col sindaco Domenici, in un colloquio privato che si conclude con la firma del documento per la cittadinanza onoraria. «Sul biotestamento c’è una questione di diritti, di libertà e di autodeterminazione delle persone e della loro volontà che deve essere affrontata - io me lo auguro - andando al di là della polemica o della contrapposizione tutta politica», dice il sindaco. «Non ci divide il fatto di considerare sacra la vita umana, almeno per quanto mi riguarda. Abbiamo punti di vista diversi sul modo di attuare e rispettare la dignità e, per certi versi, la stessa sacralità della vita». Englaro saluta con sollievo la notizia che anche Bondi si è schierato a fianco di Fini nella critica alla legge passata in Senato: «Non mi sorprende perché con Bondi avevo parlato e sapevo che certe cose erano state capite. Ci sono tutte le premesse perché il testo alla Camera venga modificato». La questione torna centrale sia durante il dibattito serale al Puccini che nel pomeriggio, quando don Santoro la affronta dal suo punto di vista di sacerdote. «Credo che per la Chiesa sia importante difendere la vita ma senza imporre nessuna verità. Mi riconosco nella chiesa di Gesù, in questa non riesco a starci. Lo dico davanti a te, Englaro, perché non ho l’arroganza di pensare di aver visto Dio ma l’unico Dio possibile che posso intravedere, eventualmente, è nel dolore composto, nella fede laica profonda della vita, in questa battaglia civile che tu hai deciso di portare avanti, affrontando attacchi strumentali e il baccanale osceno di persone che hanno ostentato preghiere, rosari e parole senza senso».
* La Repubblica/Firenze,30 marzo 2009
IL PADRE DI ELUANA
Englaro: denuncio il cardinale Barragan
«Il prelato è stato arrogante, ha parlato di assassinio»
DAL NOSTRO INVIATO *
LECCO - Solo. Con se stesso. Le montagne sul lago, il vento che taglia la faccia. Non più le visite alla Casa di cura Lecco. Finiti anche i battibecchi con le suore misericordine. Perché, da un mese, Eluana non c’è più. E il tempo è volato. Tra viaggi a Udine e inchieste giudiziarie. Ma per papà Beppino è il momento di fermarsi. A pensare. A quello che è stato e a che cosa succederà. Non ultime le querele «contro chi gli ha mancato di rispetto». «Ho intenzione di denunciare anche il cardinale Barragan che ha parlato di assassinio - spiega -. I miei avvocati stanno valutando le sue affermazioni. Io ricordo la sua arroganza nei miei confronti in una tavola rotonda organizzata da Micromega. Mi diede fastidio soprattutto quando, alla fine, sottolineò che aveva simpatia per me. Ma cardinale, gli dissi, se mi tratta come un assassino, vuol dire che non ha molta simpatia...».
Per il resto, nessuna nostalgia né rimpianti. «Non mi manca nulla di quello che avevo - racconta -. Perché con Eluana se n’è andato anche il tormento. Di vederla lì, in un letto d’ospedale, ostaggio di mani altrui». Un «senso di liberazione»: la dimensione attuale. «È vero, potevo andarla a trovare, accarezzarla, baciarla. Ma questo fa parte del sentire comune. Io, ogni volta che la guardavo, avrei spaccato il mondo per la rabbia. Ogni volta che qualcuno la toccava, dovevo dominarmi. La mia creatura era vittima di violenza inaudita, anche se a toccarla erano le mani delle suore. Ma loro hanno sempre saputo come la pensavo». Fa parte del passato. Un’altra vita. Quella nuova inizia il 9 febbraio, giorno della morte di Eluana. «Ero a casa, a Lecco, quando mi ha chiamato De Monte: "Tua figlia è morta". Sono rimasto paralizzato. Non me l’aspettavo. Fino a quel momento ero impegnato a fare di tutto perché non venisse sospeso il decreto. Invece lei se n’è andata all’improvviso. Ho capito che era il momento di essere presente. Se prima il suo accudimento era un fatto infermieristico, ora toccava a me starle vicino».
Papà Beppino, sotto scorta, arriva a Udine il 10 febbraio. Eluana è all’obitorio per l’autopsia. Il padre chiede di vederla. «Sono rimasto solo con lei. È stato straziante, nello stesso modo in cui, nel 1992, il giorno dopo l’incidente stradale, andai all’ospedale di Lecco. Ecco: davanti a me avevo mia figlia inerme con gli occhi chiusi. Un impatto devastante, non ero preparato, ma forse non si è mai preparati». I giorni scorrono veloci. Eluana va seppellita. Beppino vorrebbe farlo senza funerale, ma interviene il fratello Armando: «Io devo pregare, mi dai la possibilità di farle un funerale?». «Ho deciso pensando al legame tra mia figlia e lo zio. Ogni volta che lo vedeva, lei diceva: "Papà, sposo lo zio Armando ».
Quel pomeriggio Englaro resta chiuso nella casa di Paluzza, mentre in chiesa si celebra la messa. Ancora qualche giorno. Poi il ritorno a Lecco. La solitudine. Nuovi pensieri. «A Elu non può succedere più niente, ma come sarà la mia vita, rientrerò anch’io in una dimensione umana?». Nel suo futuro ci sono già la fondazione «per Eluana » e l’impegno a portare avanti il dibattito sui temi di fine vita. Ma il 27 febbraio si aggiunge l’indagine giudiziaria. Quella mattina è l’avvocato Vittorio Angiolini ad avvertirlo che è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario. «Me lo aspettavo, ma ho provato fastidio per essere finito in quel meccanismo». Ritorna a Udine, sempre sotto scorta. Poi si sposta a Paluzza. Impegni di famiglia, incontri per la fondazione. E la settimana vola. Venerdì scorso il rientro a Lecco. Le giornate si riempiono di telefonate, appuntamenti. Lo cercano le tv, ma anche i politici.
Ieri, addirittura, un colloquio con il ministro Bondi: «Ha voluto conoscere la mia storia e gliene sono grato. Quello che mi ha sempre premuto è che Eluana fosse capita e rispettata come persona. Ora lo vorrei per tutti». È ciò che gli sta più a cuore: «Spero che la legge sul testamento biologico accolga le ragioni di ognuno di noi: di quelli che la pensano come me, ma anche di coloro che con me non sono mai stati d’accordo. Questa è la libertà nello Stato di diritto».
Grazia Maria Mottola
Eluana: ma che c’entra l’eutanasia
di Vittorio Angiolini, professore di diritto costituzionale *
Moderiamo il linguaggio. In tanti Paesi dell’Europa e dell’Occidente ciò che i Giudici hanno autorizzato per Eluana Englaro, non è considerato eutanasia, bensì interruzione dei trattamenti di cura invasivi dell’altrui persona, i quali, se possono essere rifiutati da chi è in grado di opporsi consapevolmente, non possono essere praticati ad oltranza su chi, incapace di autodeterminarsi, è più bisognoso di tutela.
Questo distinguo giuridico è talora liquidato come sofisma. L’interrompere la nutrizione di Eluana Englaro è stato da taluni paragonato a una iniezione letale, sulla premessa, in apparenza limpida, che occorra incondizionatamente aiutare ed essere solidali. Ma la distinzione tra l’uccidere, anche di “buona morte”, e l’interrompere la cura ha, in diritto, solide basi.
Al contrario dell’eutanasia come “suicidio assistito” (ammessa in quanto tale, ad esempio, in Belgio e in Olanda), l’interruzione di trattamenti anche di sostegno vitale non comporta che il medico sia chiamato a provocare la morte, ma semmai sottolinea che le sue competenze non possono dargli titolo per intromettersi nella sfera altrui. È stato sostenuto, anche per Eluana Englaro, che l’interruzione dei trattamenti sarebbe stata contraria a prudenza, per il carattere sempre perfettibile della verità scientifica; e si è dimenticato, però, che nutrendola senza esserne richiesti, i medici l’hanno costretta a vivere per lungo tempo in una condizione disperata.
La questione è se, nel dubitare, si debba assumere il punto di vista del medico curante oppure, come parrebbe più congruo, quello del paziente. Il punto di vista del medico curante, in nome della precauzione, ci fa correre il rischio di trasformare l’uomo di scienza in un essere sovrumano, chiamato a prendere sulla vita di un altro decisioni non sostenute dal suo sapere scientifico. Quando, come nel caso di Eluana Englaro, la scienza non dimostri di poter corrispondere alle esigenze di chi dovrebbe essere curato, il consegnare la decisione sul da farsi al medico significa dare al medico stesso, come uomo tra altri uomini, il pre-potere di decidere, senza ragione, sulla sorte e sulla vita altrui.
Il limite alla cura, e dunque l’interruzione di trattamenti anche di sostegno vitale, vanno stabiliti per lo stesso motivo per cui si reputa di dover vietare l’“eutanasia”. L’obiettivo è scongiurare che un uomo, qualsiasi uomo, con l’intento genuino di salvare si arroghi un potere arbitrario sulla vita di altre persone. Nel respingere la “cultura dell’abbandono” e nell’essere solidali, bisogna rendersi conto che la forma in apparenza più avanzata di solidarietà, tradotta in divieto assoluto di dismettere la cura, può finire per confondere la stessa cura dell’altro con l’opprimerne la personalità, la libertà individuale con il potere oppressivo della stessa, la decisione scientifica con la rivendicazione di onnipotenza.
* l’Unità, 19.02.2009
A chi appartiene la tua vita, a te o a Ratzinger?
Eluana, Vattimo: “La pazzia finale della Chiesa” (AUDIO)
Gianni Vattimo: "La tradizione della Chiesa cattolica si basa sul tenere i fedeli sotto minaccia terroristiche. La vicenda di Eluana Eglaro dimostra che la Chiesa cattolica come istituzione non è riformabile, merita solo di essere distrutta. Siamo alla follia finale della Chiesa. Io non sono mai stato così consapevole della essenza diabolica della Chiesa cattolica come adesso".
(4 febbraio 2009)
AGLI AMICI, PER UN BISOGNO DI CONFIDARSI I PENSIERI IN ORE DIVERSE DI UNO STESSO GIORNO
di don Angelo Casati (già parroco a Milano Città studi)
9 febbraio ore 18
Che cos’è questa apparente contraddizione che mi segna dolorosamente da giorni? Da un lato una repulsione, un disgusto per le parole che senza il minimo pudore, spudorate, stanno violando il mistero che avvolge la vita di Eluana. Repulsione, disgusto per le parole e bisogno incontenibile di silenzio.
Ho letto nella Bibbia ciò che è bene. Ho letto: "E’ bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore". Poi ho visto credenti non aspettare in silenzio. Loro non aspettano. Loro non hanno niente da aspettare. Loro sanno.
Bisogno incontenibile di silenzio e paradossalmente bisogno di parole che abbiano il sapore buono del pane, da spartire con gli amici. Con gli amici e con la cerchia sconfinata di coloro che ancora aspettano la salvezza: non l’hanno imprigionata nei loro fantasmi, dando ad essi il nome di verità. Piccola sorella verità, piccola mia sorella, dissacrata come Eluana.
Bisogno dunque di altre parole, di parole impastate paradossalmente di silenzio, il silenzio del confidarsi. Il bisogno di sentire una voce, prima ancora e più ancora che sentire parole. Quasi per un bisogno di sentire di esistere, dentro il vuoto. Un bisogno di sostenersi gli uni gli altri, dentro la depravazione. Mi colpì in questi giorni un amico. Squilla il telefono, mi dice: "Sentivo il bisogno della tua voce". Sono, questi, giorni in cui sentiamo il bisogno di voci, il timbro della voce.
Da povero uomo come sono, da povero cristiano in avventura, dentro l’avventura della vita, mi sono dato un punto di discernimento. Discutibile fin che vuoi, ma in qualche misura, penso, efficace. Non dico "infallibile", ma "efficace". Mi sono detto: "quando parlano, osservali, capirai dalla loro voce, capirai dai loro occhi capirai. Capirai dove vanno i pensieri che li muovono. Dal tono della loro voce, dalla piega dei loro occhi, capirai ciò che veramente sta loro a cuore".
Ti dirò di più: anche le pagine scritte, se le ascolti svelano la voce e gli occhi. Li ho sorpresi in alcuni scritti in questi giorni. Ma se non trovi pietà, un’umana pietà, né nella voce né negli occhi, non indugiare, cerca altrove.
Mi sono guardato intorno in questi giorni e mi sono ricordato di Gesù, vangelo di Giovanni. Era il giorno in cui aveva rischiato le pietre, le aveva rischiate, dentro lo spazio sacro del tempio, le aveva rischiate dagli uomini della religione, quelli che la fede l’avviliscono al rango grigio di un prontuario di norme. "Uscì dal tempio" è scritto, quasi a dire che quando la religione subisce un tale avvilimento, devi uscire. Cercare altrove.
E il racconto, il racconto della vita, continua per le strade: "e mentre passava, vide un uomo cieco dalla nascita. E i suoi discepoli lo interrogarono dicendo: Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori perché nascesse cieco?" (Gv 9,1-2). Il verbo "vedere" è al singolare. Giusto il singolare! Gesù lo vede. Non ditemi che i discepoli lo "videro".Quel povero cieco per loro era un caso, un caso su cui discutere. Nessuno di loro a misurare quel dolore degli occhi spenti, un dolore che aveva il tempo di una vita: dalla nascita. E lui Gesù, infastidito dalle discussioni teologiche, in cui Dio è assente, perché Dio o è il Dio della compassione o non è! Loro discutevano il caso. Lui guardava il cieco con compassione, quella che ti prende per fremito alle viscere.
Ti dirò che ho sentito in questi giorno uomini politici e uomini di chiesa parlare come quei discepoli: Eluana per loro è un caso, una bandiera senz’anima, senza più colori. Guardali, ascoltali: parlano con gli occhi asciutti. I teoremi contano più del dolore. Si permettono - e dovremmo tutti insorgere per sacra indignazione - parole oscene, dentro l’abisso del dolore.
Parole che feriscono, come lama, il cuore. Parlano senza sapere, senza il vero sapere che o è sposato alla vita, quella reale o non è. O è sposato alla compassione o non è. Parlano da fuori, dai palazzi, come nei giorni di Welby, senza aver visitato, senza essersi seduti ad ascoltare. Non conoscono case, inseguono disegni, i loro, difendono se stessi con la più spudorata delle menzogne. Agitano bandiere, senza colore, perché se una donna o un uomo li defraudi della libertà di decidere, hai tolto tu loro ogni goccia di sangue, ogni colore, hai tolto loro il sangue e il colore della vita.
Mi è capitato spesso di chiedermi, in giorni come questi che ci tocca di vivere, se, in assenza di certezze assolute, non dovremmo tutti batterci, come fa con spirito indomito - faccio un nome tra i tanti - un’amica Roberta De Monticelli, perché almeno sia salva quest’ultima e prima istanza, quella della libertà, senza la quale non si è viventi, ma manichini, in mano ai poteri e ai loro disegni, fantasmi e cortigiani del nulla.
Ho sentito parole oscene, ma ho anche visto immagini per me, dico per me, oscene. Ho negli occhi da giorni l’immagine di un’autolettiga che esce da una clinica, presa quasi d’assalto, quasi si trattasse di una preda da conquistare. Guardavo gli occhi erano induriti dal livore, ho cercato invano segni di una umana pietà. Si mescolano rosari a urla minacciose, una pietà senza pietà e dunque spietata. Non ho visto silenzio di pianto. Ho visto difesa di bandiere. Ho sentito rabbrividendo parole infami, come quelle di chi gridava: "lasciatela a noi" quasi si parlasse di una cosa da tenere, come se Eluana non avesse né padre né madre, come se toccasse ad altri un possesso, per disconoscimento di padre e di madre. Le grida mi parvero per un attimo oscene. Dopo tanti discorsi tesi a rivalutare la famiglia, ora siamo giunti all’esproprio. E, ancora una volta, a chiedermi che cosa sia mai accaduto per renderci maledettamente senza pietà.
9 febbraio, ore 21
Il conduttore del telegiornale ha dato la notizia: "Eluana è morta". Ho visto una piega di dolore nei suoi occhi... Ha chiuso la trasmissione. Beppino Englaro chiede il silenzio. Il capo dello stato chiede il silenzio. La Bibbia nel libro delle Lamentazioni (3,26) chiede il silenzio: "E’ bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore". Gli occhi sono sul Parlamento, il Senato è in presa diretta. Ha un’occasione di ultima dignità. Che sia nell’orizzonte, invocato da molti, il minuto di silenzio che viene chiesto ai senatori? Non fu vero silenzio. Un’occasione di dignità perduta. Perdonate, ma io non credo al silenzio di chi tace per il breve spazio di un minuto e poi violenta, né credo alla preghiera di chi mormora al suo Dio e immediatamente dopo insulta. E’ anche vero che non tutti hanno dato questo squallido esempio. Ma rimane lo spettacolo indecoroso.
Mi ritiro. Nel silenzio.
Ora mi chiedo perché, pensando a Eluana, nella mente mi ritrovi la preghiera di Adriana Zarri:
EPIGRAFE
Non mi vestite di nero:
è triste e funebre.
Non mi vestite di bianco:
è superbo e retorico.
Vestitemi
a fiori gialli e rossi
e con ali di uccelli.
E tu, Signore, guarda le mie mani.
Forse c’è una corona.
Forse
ci hanno messo una croce.
Hanno sbagliato.
In mano ho foglie verdi
e sulla croce,
la tua resurrezione.
E, sulla tomba,
non mi mettete marmo freddo
con sopra le solite bugie
che consolano i vivi.
Lasciate solo la terra
che scriva, a primavera,
un’epigrafe d’erba.
E dirà
che ho vissuto,
che attendo.
E scriverà il mio nome e il tuo,
uniti come due bocche di papaveri.
P.S. Ho sentito qualcuno dire che dobbiamo gratitudine a Eluana perchè con i suoi diciassette anni di coma in stato vegetativo ci ha indotti a riflettere su temi essenziali come la vita, la morte, la sofferenza, la natura, la scienza, la libertà, la coscienza... Mi è venuto spontaneo pensare che destinatari della gratitudine fossero altri, fossero in verità Beppino Englaro e sua moglie. Senza il loro coraggio, la loro forza, la loro integrità e la loro lotta avremmo ancora a lungo allontanati temi di grande rilievo. Anche questo dobbiamo loro. La gratitudine va a loro. Però è anche bello pensare che in questa gratitudine sia accomunata loro figlia con cui hanno condiviso pensieri e sogni.
don Angelo
L’ETICA DI FRONTE ALLA VITA VEGETALE
di don Vito Mancuso *
Riprendiamo questo articolo dal quotidiano La Repubblica del 13 febbraio 2009 *
SE le circostanze non fossero tragiche, si potrebbe dire alla Chiesa gerarchica dei nostri giorni, con una leggera ironia e una pacca sulla spalla: "Dio esiste ma non sei tu, rilassati". Il problema infatti è anzitutto nervoso. Riguarda il controllo dei sentimenti e delle passioni. Un controllo che la direzione spirituale sapeva insegnare agli uomini di Chiesa di un tempo, e che invece oggi sembra smarrito.
Assistiamo allo spettacolo di una Chiesa isterica: che non è amareggiata ma arrabbiata, che non parla ma grida, anzi talora insulta, che non suggerisce ma ordina, che non critica ma impone alzando la voce, o facendo pressioni su chi tiene il bastone del comando. Non discuto la buona intenzione di combattere per la giusta causa, mi permetto però di dubitare sullo stile e più ancora sull’ efficacia evangelizzatrice di tale battaglia. L’ unico "cardinale" che ha pronunciato parole sagge e coraggiose è stato Giulio Andreotti, quando ha giudicato il decreto governativo un’ indebita invasione nella sfera privata delle persone. Andreotti è uno dei rari cattolici che ancora ricorda e pratica la capitale distinzione tra etica e diritto, che è, a mio avviso, il punto decisivo di tutta la questione.
Personalmente ero contrario all’ interruzione dell’ idratazione di Eluana. Se mi trovassi io a vivere una condizione del genere (o peggio ancora uno dei miei figli) vorrei che mi si lasciasse al mio posto di combattimento nel grande ventre della vita anche con la sola vita vegetale: nessun accanimento terapeutico, ma vivere fino in fondo la vita lasciandomi portare dall’ immenso respiro dell’ essere, secondo la tradizionale visione della morale della vita fisica non solo del cattolicesimo ma anche delle altre grandi tradizioni spirituali. Chissà poi che cosa significa "vita vegetale": da precisi esperimenti è risaputo che anche le piante provano emozioni, e reagiscono con fastidio a un certo tipo di musica e con favore a un altro (dicono che la preferita sia la musica sacra indù della tradizione vedica). La vita vegetale è una cosa seria, ognuno di noi la sta vivendo in questo momento, basta considerare la circolazione del sangue, il metabolismo, il sistema linfatico.
Il fatto, però, è che non si trattava di me, ma di Eluana, e che ciò che è un valore per me, non lo era per lei. Una diversa concezione della vita produce una diversa etica, e da una diversa etica discende una diversa modalità di percepire e di vivere le situazioni concrete, così che ciò che per uno può essere edificazione, per un altro si può trasformare in tortura. Si pensi alla castità, alla clausura, al martirio e ad altri valori religiosi, che per alcuni non sono per nulla valori ma un incubo spaventoso solo a pensarli. Il padre di Eluana ha lottato per liberarla da ciò che per lei era una tortura, ed è probabile che la conoscesse un po’ meglio del ministro Sacconi e del cardinal Barragan. Grazie allo stato di diritto, alla fine l’ ha liberata. Io non sono d’ accordo? È un problema mio, non si trattava di me, ma di lei. Tutto molto semplice, come sempre è semplice la verità.
Ora aspettiamo una legge sul testamento biologico, e io penso che il compito dello Stato sia precisamente quello di produrre, a partire dalle diverse etiche dei cittadini, una legge ove tutti vedano riconosciuta la possibilità di vivere e di morire secondo la propria concezione del mondo. Se lo Stato fa questo, realizza la giustizia, che, com’ è noto, consiste nel dare a ciascuno il suo. La distinzione tra etica e diritto è decisiva.
A questo punto però sento la voce di Benedetto XVI che rimprovera questa mia prospettiva di "relativismo" in quanto privilegia la libertà del singolo a scapito della verità oggettiva. È mio dovere cercare di rispondere e lo faccio ponendo una domanda: Dio ha voluto oppure no l’ incidente stradale del 18 gennaio 1992 che ha coinvolto Eluana? A seconda della risposta discende una particolare teologia e una particolare etica.
Io rispondo che Dio non ha voluto l’ incidente. L’ incidente, però, è avvenuto. In che modo allora il mio negare che Dio abbia voluto l’ incidente non contraddice il principio dell’ onnipotenza divina? Solo pensando che Dio voglia sopra ogni cosa la libertà del mondo, e precisamente questa è la mia profonda convinzione. Il fine della creazione è la libertà, perché solo dalla libertà può nascere il frutto più alto dell’ essere che è l’ amore. Ne viene che la libertà è la logica della creazione e che la più alta dignità dell’ uomo è l’ esercizio della libertà consapevole deliberando anche su di sé e sul proprio corpo.
È verissimo che la vita è un dono di Dio, ma è un dono totale, non un dono a metà, e Dio non è come quelli che ti regalano una cosa o ti fanno un favore per poi rinfacciartelo in ogni momento a mo’ di sottile ricatto. Vi sono uomini di Chiesa che negano al singolo il potere di autodeterminazione. Perché lo fanno? Perché ospitano nella mente una visione del mondo all’ insegna non della libertà ma dell’ obbedienza a Dio, e quindi sono necessariamente costretti se vogliono ragionare (cosa che non sempre avviene, però) a ricondurre alla volontà di Dio anche l’ incidente stradale di Eluana.
Delle due infatti l’ una: o il principio di autodeterminazione è legittimo perché conforme alla logica del mondo che è la libertà (e quindi l’ incidente di Eluana non è stato voluto da Dio); oppure il principio di autodeterminazione non è legittimo perché la logica del mondo è l’ obbedienza a Dio (e quindi l’ incidente è stato voluto da Dio). Tertium non datur. Per questo io ritengo che la deliberazione della libertà sulla propria vita non solo non sia relativismo, ma sia la condizione per essere conformi al volere di Dio.
Il senso dell’ esistenza umana è una continua ripetizione dell’ esercizio della libertà, a partire da quando abbiamo mosso i primi passi, con nostra madre dietro, incerta se sorreggerci o lasciarci, e nostro padre davanti, pronto a prenderci tra le sue braccia. In questa prospettiva ricordo alcune parole del cardinal Martini: «È importante riconoscere che la prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo e assoluto. Sopra di esso sta quello della dignità umana, dignità che nella visione cristiana e di molte religioni comporta una apertura alla vita eterna che Dio promette all’ uomo.
Possiamo dire che sta qui la definitiva dignità della persona... La vita fisica va dunque rispettata e difesa, ma non è il valore supremo e assoluto». Il valore assoluto è la dignità della vita umana che si compie come libertà. Sarebbe un immenso regalo a questa nazione lacerata se qualche esponente della gerarchia ecclesiastica seguisse l’ esempio della saggia scuola democristiana di un tempo esortando gli smemorati politici cattolici dei nostri giorni al senso della laicità dello stato. Li aiuterebbe tra l’ altro a essere davvero quanto dicono di essere, il partito "della libertà". Che lo siano davvero e la garantiscano a tutti, così che ognuno possa vivere la sua morte nel modo più conforme all’ intera sua vita.
Chiedete scusa a Beppino Englaro
di ROBERTO SAVIANO *
DA ITALIANO sento solo la necessità di sperare che il mio paese chieda scusa a Beppino Englaro. Scusa perché si è dimostrato, agli occhi del mondo, un paese crudele, incapace di capire la sofferenza di un uomo e di una donna malata. Scusa perché si è messo a urlare, e accusare, facendo il tifo per una parte e per l’altra, senza che vi fossero parti da difendere.
Qui non si tratta di essere per la vita o per la morte. Non è così. Beppino Englaro non certo tifava per la morte di Eluana, persino il suo sguardo porta i tratti del dolore di un padre che ha perso ogni speranza di felicità - e persino di bellezza - attraverso la sofferenza di sua figlia. Beppino andava e va assolutamente rispettato come uomo e come cittadino anche e soprattutto se non si condividono le sue idee. Perché si è rivolto alle istituzioni e combattendo all’interno delle istituzioni e con le istituzioni, ha solo chiesto che la sentenza della Suprema Corte venisse rispettata.
Senza dubbio chi non condivide la posizione di Beppino (e quella che Eluana innegabilmente aveva espresso in vita) aveva il diritto e, imposto dalla propria coscienza, il dovere di manifestare la contrarietà a interrompere un’alimentazione e un’idratazione che per anni sono avvenute attraverso un sondino. Ma la battaglia doveva essere fatta sulla coscienza e non cercando in ogni modo di interferire con una decisione sulla quale la magistratura si stava interrogando da tempo.
Beppino ha chiesto alla legge e la legge, dopo anni di appelli e ricorsi, gli ha confermato che ciò che chiedeva era un suo diritto. È bastato questo per innescare rabbia e odio nei suoi confronti? Ma la carità cristiana è quella che lo fa chiamare assassino? Dalla storia cristiana ho imparato ha riconoscere il dolore altrui prima d’ogni cosa. E a capirlo e sentirlo nella propria carne. E invece qualcuno che nulla sa del dolore per una figlia immobile in un letto, paragona Beppino al "Conte Ugolino" che per fame divora i propri figli? E osano dire queste porcherie in nome di un credo religioso. Ma non è così. Io conosco una chiesa che è l’unica a operare nei territori più difficili, vicina alle situazioni più disperate, unica che dà dignità di vita ai migranti, a chi è ignorato dalle istituzioni, a chi non riesce a galleggiare in questa crisi. Unica nel dare cibo e nell’essere presente verso chi da nessuno troverebbe ascolto. I padri comboniani e la comunità di sant’Egidio, il cardinale Crescenzio Sepe e il cardinale Carlo Maria Martini, sono ordini, associazioni, personalità cristiane fondamentali per la sopravvivenza della dignità del nostro Paese.
Conosco questa storia cristiana. Non quella dell’accusa a un padre inerme che dalla sua ha solo l’arma del diritto. Beppino per rispetto a sua figlia ha diffuso foto di Eluana sorridente e bellissima, proprio per ricordarla in vita, ma poteva mostrare il viso deformato - smunto? Gonfio? - le orecchie divenute callose e la bava che cola, un corpo senza espressione e senza capelli. Ma non voleva vincere con la forza del ricatto dell’immagine, gli bastava la forza di quel diritto che permette all’essere umano, in quanto tale, di poter decidere del proprio destino. A chi pretende di crearsi credito con la chiesa ostentando vicinanza a Eluana chiedo, dov’era quando la chiesa tuonava contro la guerra in Iraq? E dov’è quando la chiesa chiede umanità e rispetto per i migranti stipati tra Lampedusa e gli abissi del Mediterraneo. Dove, quando la chiesa in certi territori, unica voce di resistenza, pretende un intervento decisivo per il Sud e contro le mafie.
Sarebbe bello poter chiedere ai cristiani di tutta Italia di non credere a chi soltanto si sente di speculare su dibattiti dove non si deve dimostrare nulla nei fatti, ma solo parteggiare. Quello che in questi giorni è mancato, come sempre, è stata la capacità di percepire il dolore. Il dolore di un padre. Il dolore di una famiglia. Il "dolore" di una donna immobile da anni e in una condizione irreversibile, che aveva lasciato a suo padre una volontà. E persone che neanche la conoscevano e che non conoscono Beppino, ora, quella volontà mettono in dubbio. E poco o nullo rispetto del diritto. Anche quando questo diritto non lo si considera condiviso dalla propria morale, e proprio perché è un diritto lo si può esercitare o meno. È questa la meraviglia della democrazia. Capisco la volontà di spingere le persone o di cercare di convincerle a non usufruire di quel diritto, ma non a negare il diritto stesso. Lo spettacolo che di sé ha dato l’Italia nel mondo è quello di un paese che ha speculato sull’ennesima vicenda.
Molti politici hanno, ancora una volta, usato il caso Englaro per cercare di aggregare consenso e distrarre l’opinione pubblica, in un paese che è messo in ginocchio dalla crisi, e dove la crisi sta permettendo ai capitali criminali di divorare le banche, dove gli stipendi sono bloccati e non sembra esserci soluzione. Ma questa è un’altra storia. E proprio in un momento di crisi, di frasi scontate, di poco rispetto, Beppino Englaro ha dato forza e senso alle istituzioni italiane e alla possibilità che un cittadino del nostro Paese, nonostante tutto, possa ancora sperare nelle leggi e nella giustizia. Sarebbe bello se l’epilogo di questa storia dolorosa potesse essere che in Italia, domani, grazie alla battaglia pacifica di Beppino Englaro, ciascuno potesse decidere se, in caso di stato neurovegetativo, farsi tenere in vita per decenni dalle macchine o scegliere la propria fine senza emigrare. È questa l’Italia del diritto e dell’empatia - di cui si è già parlato - che permette di rispettare e comprendere anche scelte diverse dalle proprie, un’Italia in cui sarebbe bellissimo riconoscersi.
© 2009 by Roberto Saviano Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency
* la Repubblica, 12 febbraio 2009
FANGO E GRIDA DAVANTI ALLA MORTE È UN’ITALIA CHE NON MI APPARTIENE
di DON PAOLO FARINELLA
Ringraziamo don Paolo Farinella per averci messo a disposizione questo suo articolo pubblicato su la Repubblica Ed. Genova del 11-02-2009 Pagina 14 *
Come credente e prete cattolico amo la morte con la stessa passione con cui celebro la vita. Anzi, la desidero. Seduto ai bordi del sepolcro dove avevano seppellito il Signore per piangere la sua morte, un angelo mi ha detto: Perché cerchi tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto! (cf Lc 24,5-6).
So bene che se Cristo non fosse risorto, futile sarebbe la fede mia (cf 1Cor 15,17). Per me credente, la morte è la soglia, il velo che separa dalla visione, dall’amplesso d’amore con il Dio che evoca la vita e chiama alla morte. Crediamo nella risurrezione, inneggiamo a Cristo risorto e fuggiamo dalla morte come se fosse una tragedia infausta. Non siamo credenti, siamo solo materialisti verniciati esteriormente con una mano di religione scadente e scaduta che, assumendo il volto di circostanza e le grisaglie luttuose, si nutre del rito vuoto delle «condoglianze».
Ogni giorno ringrazio il mio Dio in anticipo perché potrebbe essere l’ultimo giorno e gli rendo lodi previe in caso non avessi la possibilità di farlo con coscienza. Amo «sorella morte» che aspetto come il culmine della mia vita, l’atto supremo che svelerà la pienezza della mia umanità. Ho visto morire mia mamma, ridotta a un urlo di dolore così atroce da non potere più essere nutrita nemmeno col Pane disceso dal cielo per alleviare le piaghe che avevano devastato la bocca; e due tumori come una tenaglia l’hanno stritolata in una morsa indicibile. Impotente davanti a lei, avevo solo la forza di pregare e supplicare che morisse, e subito. Chi potrebbe dire che volevo togliermi un fastidio? Volevo che mia mamma morisse perché l’amavo con tutto il cuore e oltre la parvenza di vita, oltre «i principi» che erano maciullati in quella bocca che non poteva avere una goccia di acqua refrigerante. Chi potrebbe accusarmi di averla fatta morire di fame e di sete?
Ho rivissuto la morte di mia mamma nella morte di Eluana. Anche questa, come quella, alla fine si è trasformata in un magistero di vita, svelando le pieghe nascoste della falsità e della strumentalizzazione. Il proprietario del governo che tiene al guinzaglio il parlamento si è accreditato come paladino della vita e ha accusato i suoi avversari politici di essere propugnatori di morte. Ha aggiunto che la «Costituzione è ispirata a quella sovietica».
Spregiudicato e amorale più del solito, ha usato la solenne austerità della morte e il dolore di una famiglia per incrinare gli assetti istituzionali dello Stato, cercando di scaricare sul Presidente della Repubblica la responsabilità della morte. Le bugie però hanno le gambe corte. Viene resa pubblica una lettera speditagli dalla famiglia Englaro nel 2004 per chiedere l’intervento della politica. Lui nega, come suo solito, anche di fronte alla ricevuta postale di ritorno. Per cinque anni non gli è interessato nulla di Eluana e quella lettera non ha avuto risposta.
Ora all’improvviso contingenta il parlamento per una decretazione d’urgenza, da spendere come viatico per una nuova e intima alleanza con mondo clericale, trasformare il sodalizio già consistente in un «patto d’acciaio», usando come una clava il corpo inerte e crocifisso di Eluana. I preti cadono nel tranello, sapendo di cadervi e si trovarono sul banco degli accusatori della Presidenza della Repubblica. Troppo ghiotta è l’occasione per allargare l’influenza confessionale su uno Stato che per volontà del suo governo è diventato un parterre di sacrestia. Don Sturzo si rivolta nella tomba. Intanto la sua tv non interrompe il "Grande fratello", lupanare di sentina, perché il guadagno e la pubblicità vengono prima della morte di Eluana. Un gesto politico di grande coerenza.
Chi ha gridato «assassino» allo sventurato padre di Eluana che, muto per amore di sua figlia riceve anche questo fango, sono gli stessi che urlano contro gli immigrati che vorrebbero rimandare indietro nei loro paesi di morte a morire di fame e di sete. Sono gli stessi che gridano contro le moschee nelle nostre città, uccidendo così la preghiera e la fede di chi ha diritto di credere e pregare nel proprio Dio. Sono gli stessi che hanno partecipato convinti ad una guerra preventiva (Iraq), sapendo di non averne diritto e sapendo che avrebbero ucciso e sarebbero stati uccisi. Non esiste coerenza senza verità e non esiste verità senza coerenza.
Come cittadino mi sento estraneo in questa patria alla deriva; come prete mi sento fuori da una casta clericale che supplisce la perdita di autorevolezza e di consensi con alleanze diaboliche di potere tra potenti; come credente aspetto con gioia la miaora, dichiarando find’ora che nessuno, per nessun motivo e con qualsiasi mezzo deve ritardare il mio incontro col Signore. La morte è per me l’atto più umano della vita umana e il vertice della mia solitudine. La profondità del mistero della vita.
Il Presidente Napolitano sull’epilogo della tragica vicenda di Eluana Englaro: "Profonda partecipazione al dolore dei familiari e di quanti le sono stati vicini"
"Dinanzi all’epilogo di una lunga tragica vicenda, il silenzio che un naturale rispetto umano esige da tutti può lasciare spazio solo a un sentimento di profonda partecipazione al dolore dei familiari e di quanti sono stati vicini alla povera Eluana", lo ha dichiarato il Presidente della Repubblica nell’apprendere la notizia della morte di Eluana Englaro.
Fonte: www.quirinale.it
Ciao Eluana
di Giovanni Sarubbi *
Eluana Englaro è morta.
Occorre silenzio e rispetto.
Taccia il Governo che ha strumentalizzato la sua vicenda per dare un colpo alla nostra democrazia.
Taccia la Chiesa Cattolica che ha diviso profondamente il paese e la stessa chiesa, mostrando il suo volto peggiore e negando persino la sua stessa dottrina, come ha ricordato il vescovo emerito di Foggia e il teologo Hans Kueng. Ciò che in Germania viene pacificamente praticato in Italia diventa impossibile.
Solidarietà a Peppino Englaro e a sua Moglie Saturna. Profondo rispetto e ammirazione per Eluana che ci ha lasciato come testamento un pensiero profondamente evangelico: “La morte, ci spiegò, per lei era parte integrante, naturale dell’esistenza, non andava combattuta a ogni costo, non era il male peggiore. Quel posto lei lo riservava alla sopravvivenza senza più alcuna consapevolezza e autonomia”. Così scrive il padre Peppino nel suo libro. E con queste parole vogliamo ricordarla nel nostro cuore.
Ciao Eluana.
Ansa» 2009-02-09 20:24
ELUANA: VATICANO, CHE IL SIGNORE LI PERDONI
(ANSA) - CITTA’ DEL VATICANO, 9 FEB - "Che il signore l’accolga e perdoni chi l’ha portata a questo punto": è il primo commento del ’ministro della Salute’ del Vaticano, card. Javier Lozano Barragan, alla morte di Eluana Englaro.( .(SEGUE)
Intervista a El Pais del padre di Eluana. Che rivela: "Ebbi messaggi
da Ciampi e dal presidente del Senato". Palazzo Chigi smentisce
Beppino: "Nel 2004 chiesi aiuto
Berlusconi non mi ha mai risposto"
Sul ruolo della Chiesa: "Non mi può imporre i suoi valori"
ROMA - Beppino Englaro rivela di aver scritto, nel 2004, una lettera alle istituzioni, in cui chiedeva di trovare "gli atti opportuni per dare uno sbocco alla vicenda di nostra figlia Eluana che da 4.430 giorni è costretta da istituzioni e medici a una non vita".
Anche Berlusconi, all’epoca premier, ricevette la lettera, così come l’allora presidente Ciampi. "Ma non ebbi risposta", dice il padre di Eluana, "e dal momento che la politica non fece nulla e nemmeno il governo, mi rivolsi ai giudici. Chiesi loro aiuto ed essi fecero il loro dovere". Ma Palazzo Chigi smentisce il padre di Eluana: "Alla segreteria del presidente del Consiglio non risulta una richiesta di intervento da parte del signor Englaro nell’anno 2004", si legge in una nota.
Beppino Englaro a questo punto è costretto a intervenire ancora e precisare: "Ho inviato quell’appello in diverse copie, tra gli altri, al presidente della Repubblica, a quello del Senato, al presidente del Consiglio e al ministro della salute: mi risposero solo Ciampi e il presidente del Senato". "Feci diverse raccomandate con ricevuta di ritorno e ho tutta la documentazione - prosegue padre di Eluana - Mi arrivò la risposta di Ciampi che mi esprimeva la sua vicinanza, aggiungendo però che non poteva fare altro che interessare del caso gli organismi competenti".
Nella stessa intervista, Englaro risponde anche sul ruolo che le gerarchie vaticane stanno giocando nella vicenda di sua figlia. "La Chiesa - dice - non ha nulla a che vedere con questa questione. Non mi può imporre i suoi valori". Così Beppino Englaro torna a far sentire la propria voce, nei giorni più difficili, quelli dello scontro e di una legge, di fatto ad personam, in arrivo.
In un’intervista sulla prima pagina del quotidiano spagnolo El Pais il padre di Eluana dice di "sentire un grande rispetto verso la Chiesa, e spero lo stesso per me da parte della Chiesa. Spero che sappiano quello che dicono e che fanno, ma non polemizzo con loro": ma, aggiunge Englaro, "il magistero della Chiesa è morale, lo Stato è laico e in esso convivono anche i cattolici. Quello che dice la Chiesa riguarda solo loro, non noi che non professiamo questa confessione".
* la Repubblica, 8 febbraio 2009
Nel 2004 la famiglia scrisse alle più alte cariche della Repubblica spiegando
la situazione e chiedendo aiuto per rispettare la volontà della donna in coma
"La non vita che Eluana non voleva"
La lettera degli Englaro allo Stato *
Ecco il testo (dal sito www.desistenzaterapeutica.it ) della lettera che Beppino Englaro e sua moglie Saturna Minuti, scrissero alle più alte cariche dello Stato compresi l’allora presidente Ciampi e l’allora premier Berlusconi nel 2004. Nella lettera spiegavano nei particolari la situazione di Eluana e chiedevano quello che per anni hanno continuato a chiedere allo Stato senza avere risposte. Solo Ciampi rispose.
Al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
Al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
Al Presidente del Senato Marcello Pera
Al Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini
Al Ministro della Salute Girolamo Sirchia
Al Presidente della Federazione Nazionale Ordine dei Medici Giuseppe Del Barone
Ci rivolgiamo a Lei, signor Presidente della Repubblica e agli altri destinatari di questa lettera aperta per portare a Vostra conoscenza quanto è accaduto, e continua ad accadere, al bene personalissimo "vita" di Eluana.
Noi siamo i suoi genitori: Saturna e Beppino Englaro. E quel che segue è la sintesi d’una storia fatta di dolori, battaglie, illusioni, in nome di una libertà fondamentale che ci pare negata e maltrattata.
Tutto è cominciato la mattina del 18 gennaio 1992, quando nostra figlia Eluana a bordo della sua automobile è entrata in testacoda e si è schiantata contro un muro.
L’impatto violentissimo le ha causato un gravissimo trauma encefalico e spinale: Eluana non era più in grado di intendere e di volere e versava in uno stato di coma profondo. Dal momento in cui è giunta in queste condizioni all’Ospedale di Lecco è scattato un inarrestabile meccanismo di tutela del bene "vita" di Eluana, meccanismo che noi genitori abbiamo considerato inumano ed infernale.
I medici dell’Unità Operativa di Rianimazione dell’Ospedale di Lecco, diretta dal professor Riccardo Massei, in assoluta ottemperanza al giuramento di Ippocrate, hanno dato inizio alla rianimazione ad oltranza di Eluana.
Diamo atto ai medici che l’assistenza data a Eluana è corrisposta ai criteri della più evoluta letteratura scientifica internazionale e si è svolta in una struttura perfettamente adeguata, con il massimo sostegno possibile ed immaginabile da parte di tutte le persone ritenute idonee ad essere chiamate in causa per il bene di Eluana, genitori compresi.
Il prof. Massei fu da subito molto umano, semplice e chiaro, tanto che ci disse che il sapere scientifico, per un caso grave come quello di Eluana, era di poco superiore allo zero per quanto concerneva la sua evoluzione futura. La rianimazione non poteva in alcun modo essere sospesa per volontà di nessuno al mondo, finché non fosse avvenuta la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo di Eluana, ovvero finché non fosse intervenuta la sua morte cerebrale.
Eluana non è morta: è caduta in uno stato vegetativo persistente e, dopo due anni, in uno stato vegetativo permanente nel quale si trova tuttora. Oggi è in un letto d’ospedale, senza alcuna percezione del mondo intorno a sé: non vede, non sente, non parla, non soffre, non ha emozioni, insomma, è in uno stato di morte personale. Ha bisogno d’assistenza in tutto e per tutto: viene lavata, mossa, girata, nutrita ed idratata da una sonda supportata da una pompa.
I medici sono riusciti a salvarle la vita, ma la vita che le hanno restituito è quella che lei aveva sempre definito assolutamente priva di senso e dignità.
Eluana, sin da bambina, in più occasioni ci aveva manifestato un concetto molto definito della libertà e della dignità, che l’adolescenza e la maggiore età avevano sempre più rafforzato e reso limpido. La libertà di disporre della propria vita secondo la sua coscienza e la sua ragione era un valore irrinunciabile per Eluana, il quale non sarebbe mai potuto venir meno perché faceva parte, per così dire, del suo DNA.
Il tema del bene personalissimo "vita" era stato affrontato in famiglia molte volte, anche in occasione di svariate situazioni-limite che i mezzi di comunicazione avevano portato alla ribalta pubblica.
Era così emerso un valore di fondo molto forte ed univoco: solo la coscienza e la ragione di Eluana, di Saturna e di Beppino potevano decidere se le rispettive vite fossero da considerare ancora vite e se avessero un senso ed una dignità.
Il caso ha voluto che la nostra famiglia approfondisse anche il tema della rianimazione senza ripresa di coscienza dopo giorni e settimane, come pure quello dell’essere tenuti in vita in stato vegetativo permanente. La sospensione dei sostegni vitali per queste due estreme condizioni, in modo da non essere tenuti in vita forzatamente oltre determinati limiti di tempo e così poter finalmente essere lasciati morire, era per Eluana, Saturna e Beppino la cosa più ovvia e naturale del mondo.
L’orrore di vedere uno di noi tre privo di coscienza, tenuto in vita a tutti i costi, invaso in tutto e per tutto da mani altrui anche nelle sfere più intime, non sarebbe stato in alcun modo sopportabile e ammissibile: Eluana ha sempre considerato ciò una barbarie.
Questa era la volontà di Eluana e noi genitori volevamo e vogliamo che venga rispettata. Mettere al corrente i medici della volontà di nostra figlia, purtroppo, non è stato sufficiente, perché proprio loro che avevano fatto di tutto per tenere in vita Eluana, non avevano più il potere di sospendere i trattamenti.
Siamo stati costretti ad iniziare una lunga battaglia legale: ci siamo rivolti ai giudici affinché, nel rispetto della volontà di Eluana, autorizzassero i medici a sospendere i trattamenti di sostegno vitale. Riteniamo semplicemente contro lo spirito della nostra Costituzione venire così palesemente discriminati del diritto inviolabile alla libertà di terapia e cura fino alle più estreme conseguenze, possibile nella condizione personale capace di intendere e di volere, ed impossibile in quella non più capace di intendere e di volere.
A oltre 10 anni dallo scioglimento della prognosi nel senso dell’irreversibilità delle condizioni di Eluana, la seconda sentenza della Corte d’Appello di Milano, pronunciata nel dicembre 2003, ha ritenuto inammissibile e da rigettare la richiesta di sospensione delle misure di sostegno vitale, con la quale il papà Beppino (che ne è il tutore) dà semplicemente voce a quanto Eluana avrebbe deciso nel caso le fosse capitato di trovarsi in una simile situazione.
Già in seguito alla prima sentenza della Corte d’Appello di Milano, che risale al dicembre 1999, il Ministro della Salute Umberto Veronesi si era reso conto che le istituzioni avevano dei precisi doveri per arrivare al chiarimento dei problemi irrisolti e si era mosso con l’atto concreto di istituire una Commissione di studio che ha prodotto un importante documento pubblicato nel maggio 2001 (Gruppo di Studio Oleari). Noi genitori di Eluana ci aspettiamo che le istituzioni si muovano di nuovo in tal senso, anche dopo la seconda sentenza della Corte d’Appello di Milano, che non ha neanche ritenuto doveroso approfondire il concetto di dignità della vita che aveva Eluana. Concetto, in questo dramma, per nulla secondario.
Competenza, chiarezza e trasparenza, documentate e documentabili da parte di tutti, non sono mai venute meno dal lontano 18 gennaio 1992 durante tutto l’iter clinico, umano e giuridico che riguarda Eluana.
Pertanto tutti dovranno assumersi le loro responsabilità fino in fondo, senza nessuna possibilità di eluderle. Ci auguriamo che Lei, Signor Presidente, e gli altri destinatari di questa lettera, vogliano trovare gli atti opportuni per dare uno sbocco alla vicenda di nostra figlia Eluana, che da 4.430 giorni è costretta dalle istituzioni e dai medici a una non-vita. Chiediamo in particolare al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi di essere ricevuti, per poter esporre meglio la nostra situazione.
I nostri rispettosi saluti.
Lecco, 4 marzo 2004
Saturna Minuti Beppino Englaro
Il potere apparente della Chiesa
di BARBARA SPINELLI (La Stampa, 8/2/200)
Solo in apparenza c’è contraddizione fra l’enorme caduta di autorità manifestatasi ai vertici della Chiesa in occasione della riabilitazione dei vescovi lefebvriani e il potere non meno grande che il Vaticano ha esercitato, e sta esercitando, sul caso Englaro e sullo scontro tra istituzioni in Italia. Nel lungo periodo il primo caso finirà forse col pesare di più: i libri di storia racconteranno nei prossimi secoli quel che è accaduto nella Santa Sede, quando un Pontefice volle metter fine a uno scisma, tolse la scomunica ai vescovi di Lefebvre, e mostrò di non sapere bene quello che faceva. Mostrò di ignorare quel che la setta sostiene, e quel che un suo rappresentante, il vescovo Williamson, afferma sul genocidio nazista degli ebrei: genocidio che il vescovo nega («gli uccisi non furono 6 milioni e non morirono in camere a gas») e che non giustificherebbe il senso di colpa della Germania. Un papa tedesco inconsapevole di quel che Williamson divulga da anni fa specialmente impressione.
I libri di storia racconteranno com’è avvenuto il ravvedimento, non appena il cancelliere Angela Merkel gli ha chiesto d’esser «più chiaro»: i giornali tedeschi, impietosi, descrivono il suo cedimento alla politica, la sua caduta nel peccato (è un titolo della Süddeutsche Zeitung), la fine di un’infallibilità che è dogma della Chiesa dal 1870, per volontà di Pio IX. Il rapporto con il caso Eluana c’è perché anche quando esercita poteri d’influenza sproporzionati, nei rapporti con lo Stato italiano, la Chiesa pare agire come per istinto, senza calcolare a fondo le conseguenze: interferisce nelle leggi del potere civile, sorvola su sentenze passate in giudicato, disturba gravemente lo scabro equilibrio fra Stato italiano e Vaticano. Difende l’idea che lo Stato debba essere etico, e che solo il Vaticano possa dire l’etica. Dopo essersi rivelato impotente di fronte al mondo - impotente al punto di «piegarsi» sulla questione lefebvriana - è come se il Vaticano si prendesse una rivincita locale in Italia, esibendo una forza che tuttavia è più apparente che reale. È apparente perché le questioni morali poste dalla Chiesa sono usate dai politici per scopi a essa estranei.
Nell’interferire, la Chiesa non mostra autorità né autentica forza di persuasione. Mostra di possedere quel che viene prima del potere di governo (prima di quello che nella Chiesa è chiamato donum regiminis, un carisma da coniugare col «dono della contemplazione»): esibisce pre-potenza. Proprio questo accadde nel 1870: il Papa stava perdendo il potere temporale, e per questo accampò l’infallibilità spirituale. La prepotenza ecclesiastica verso Eluana e verso chi dissente dalla riabilitazione dei vescovi sembra avere tratti comuni. Ambedue i gesti hanno radici nella superficialità, e in una sorta di volontaria, diffusa incoscienza. Riconciliandosi con la setta, non mettendo subito alcune condizioni irrinunciabili e accennando enigmaticamente a una «comunione non ancora piena», il Papa ha trascurato molte altre cose, sostenute nelle confraternite da decenni. Gli scismatici non si limitavano a dire la messa in latino, volgendo le spalle ai fedeli. Si opponevano con veemenza alle aperture del Concilio Vaticano II, e soprattutto alla dichiarazione di Paolo VI sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane (Nostra Aetate, 1965). Totale resta la loro opposizione al dialogo con chi crede e pensa in modo diverso.
Granitica la convinzione, contro cui insorge la dichiarazione di Paolo VI, che gli ebrei non convertiti siano gli uccisori di Cristo. Nostra Aetate non parla solo dell’ecumenismo cristiano. Parla di tutti i monoteismi (Ebraismo, Islam) e anche di religione indù e di buddismo. Apre a altri modi di credere, non ritenendo che la Chiesa romana sia unica depositaria della verità e della morale. Rispondendo a Alain Elkann, monsignor Tissier de Mallerais della confraternita San Pio X dice: «Noi non cambiamo le nostre posizioni ma abbiamo intenzione di convertire Roma, cioè di portare il Vaticano verso le nostre posizioni» (La Stampa, 1-2-09). L’atteggiamento che la Chiesa ha verso l’autonomia dello Stato di diritto in Italia non è molto diverso, nella sostanza, da alcune idee lefebvriane. Il diritto e la Costituzione tengono insieme, per vocazione, etiche e individui diversi. Il dubbio su questioni di vita e morte è in ciascuna persona, e proprio per questo si fa parlare la legge e si separa lo Stato dalle chiese.
È quello che permette allo Stato di non essere Stato etico, dunque ideologico. Nell’ignorare la necessità di questi vincoli il Vaticano non si differenzia in fondo da Berlusconi, oscurando quel che invece li divide eticamente. L’interesse o la morale del principe contano per loro più della legge, della costituzione. Il particolare, sotto forma di spirito animale dell’imprenditore-re o di convinzione etica del sacerdote-guida, non si limita a chiedere un suo spazio d’espressione e obbedienza (com’è giusto), ma esige che lo Stato rinunci a fare la laica sintesi di opinioni contrarie. La laicità non è un credo antitetico alla Chiesa, ma un metodo di sintesi. Su questi temi sembra esserci affinità della Chiesa con Berlusconi e perfino con i lefebvriani, favorevoli da sempre al cattolicesimo religione di Stato. I vertici del Vaticano si sono rivelati in queste settimane assai deboli e assai forti al tempo stesso. Deboli, perché per ben 14 giorni Benedetto XVI è apparso prima ignaro, poi male informato, infine - appena seppe quel che faceva - paralizzato.
Il cardinale Lehman ha accennato a errori di management e comunicazione, ma c’è qualcosa di più. Aspettare l’intervento della Merkel è stato distruttivo di un’autorità. Nei libri di storia alcuni parleranno di clamoroso fallimento di leadership. Una leadership così scossa, è cosa triste recuperarla su Eluana. La Chiesa ha solo aiutato un capo politico (Berlusconi) a disfarsi con fastidio di leggi e vincoli. Non si capisce come questo aiuti la Chiesa. Condannando Napolitano, la Chiesa non sceglie la maestà della legge e la vera sovranità: dice solo che le leggi di uno Stato pesano poco, e invece di usare la politica ne è usata in maniera indecente. La questione Englaro non divide religiosi e non religiosi, fautori della vita e della morte. Divide chi rispetta la legge e chi no; chi auspica rapporti di rispetto fra due Stati e chi ritiene che lo Stato vaticano possa legiferare al posto dell’italiano. Sono ministri del Vaticano che hanno attaccato Napolitano: dal cardinale Martino presidente del consiglio Pontificio Giustizia e Pace al cardinale Barragan, responsabile per la Sanità nello Stato della Chiesa.
Il loro dovere istituzionale sarebbe stato quello di tacere, come laicamente ha deciso di fare, unico e solitario nella maggioranza, Gianfranco Fini Presidente della Camera. Come difendere la Chiesa, ora che non ha più potere temporale e che vacilla? La questione sembrava risolta: non lo è. Non si tratta di seguire l’opinione dominante: sarebbe autodistruttivo, proprio in questi giorni il Papa ne ha fatto l’esperienza. Si tratta di ascoltare il diverso, di documentarsi su quel che dicono i tribunali e la scienza, come rammenta Beppino Englaro. Sull’accanimento terapeutico e l’alimentazione-idratazione artificiale si possono avere opinioni diverse e si hanno comunque dubbi, per questo urge una legge sul testamento biologico: non discussa precipitosamente tuttavia. Non perché una maggioranza, adoperando il povero corpo vivo-morto di Eluana, accresca i suoi poteri. Non annunciando che «Eluana può generare figli» come dice, impudicamente, Berlusconi. Prima d’annunciare e sparlare occorre informarsi, studiare, capire. È il dono di governo e contemplazione che manca tragicamente sia in chi conduce la Chiesa, sia in chi governa la Repubblica.
Il padre della donna in coma decide di scrivere a Berlusconi e Napolitano
"Sulle condizioni di mia figlia si sono diffuse notizie lontane dalla realtà"
"Venite a vedere come sta Eluana"
Beppino invita premier e presidente
dal nostro inviato PIERO COLAPRICO *
UDINE - L’appello del padre arriva nel pomeriggio, mentre nella clinica si sono susseguite le visite degli ispettori, poi c’è stato un tentativo per chiedere un commissariamento, poi i Nas. Una giornata concitata, con manifestazioni di piazza ovunque in Italia e anche in Friuli e con Silvio Berlusconi che, in Sardegna, ha continuato a parlare di Eluana raccontando dettagli irreali sulla sua salute.
LA LETTERA DI BEPPINO ENGLARO
Sono il tutore di Eluana Englaro, ma in questo momento parlo da padre
a padre,
rivolgendomi al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
ed al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per invitare entrambi,
ed essi soli, a venire ad Udine per rendersi conto, di persona e
privatamente,
delle condizioni effettive di mia figlia Eluana, su cui
si sono diffuse notizie lontane dalla realtà che rischiano di confondere
e deviare ogni commento e convincimento.
7 febbraio 2009
Il tutore e padre della Sig.ra Eluana Englaro, Beppino Englaro
Papà Beppino non ne può più. Non tanto delle polemiche e delle strategie politiche "sulla pelle di sua figlia", come gli dicono gli amici. Non ne può più delle mistificazioni, dei resoconti che parlano dei capelli ricci di Eluana sparsi sul cuscino (li ha cortissimi) o del suo colorito roseo (è terrea).
E allora chiama l’avvocato Vittorio Angiolini, che a sua volta chiama l’avvocato Giuseppe Campeis, si tratta solo di dire pochi semplici concetti, contenuti in un’unica frase. E cioè "Sono il tutore di Eluana Englaro, ma in questo momento parlo da padre a padre, rivolgendomi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, per invitare entrambi, ed essi soli, a venire a Udine per rendersi conto, di persona e privatamente, delle condizioni effettive di mia figlia Eluana, su cui si sono diffuse notizie lontane dalla realtà, che rischiano di confondere e deviare ogni commento e convincimento".
Messaggio chiaro, ma traducibile ancora di più aggiungendo pochi dettagli. La cartella clinica di Eluana è, come quella di altri malati in stato vegetativo, ricca di documenti e di firme di medici. Nessuno di questi, contrariamente a quanto va raccontando il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, ha mai previsto la possibilità per Eluana di essere nutrita, se non con il sondino nasogastrico.
Inoltre, papà Beppino da sempre tiene in grande considerazione la privacy di sua figlia e, anche in queste ore, c’è chi lo chiama per consigliargli di mostrare Eluana, in modo che quelli che parlano di vita capiscano meglio la situazione. Lui non ci sta. Anzi, minaccia di querelare chiunque pubblichi un’immagine della figlia. Difficile forse che presidente della Repubblica e del Consiglio, soprattutto quest’ultimo che ha parlato della possibilità di restare incinta di Eluana, vengano a Udine.
Ma il padre parla da padre e resiste, evita parole troppo dure, e anche la curatrice Franca Alessio vuole lasciar parlare i fatti, in giorni in cui molte parole sono - e questo è purtroppo vero - "scollegate" dalla realtà umana e medica di una donna di 38 anni di nome Eluana.
SCONTRO ISTITUZIONALE SULLA RAGAZZA IN COMA DA 17 ANNI
Eluana, il governo approva il decreto
Stop di Napolitano: è incostituzionale
Berlusconi ignora il no del Quirinale
«Andiamo avanti, siamo nel giusto»
Il Pd: «Segnale di spregiudicatezza» *
ROMA «Andiamo avanti, siamo nel giusto». Il governo ignora il richiamo del Quirinale e vara il decreto su Eluana Englaro, la ragazza in coma da diciassette anni, ma Napolitano rifiuta di firmare il testo: «Non supera le obiezioni di incostituzionalità». Si schiera con il Colle anche Fini, che accoglie la notizia con «forte preoccupazione».La vicenda dunque si trasforma in scontro istituzionale.
Il voto all’unanimità Il Cdm, dice Berlusconi, si è espresso all’unanimità nonostante «ministri che avevano una posizione difforme». Il decreto legge varato dal Consiglio dei ministri «è molto rispettoso del lavoro del Parlamento, che ci auguriamo sia molto intenso, sulla regolazione della fine vita» ha garantito Sacconi. Secondo il ministro del Welfare «il decreto è assolutamente laico» perché «lo stato di Eluana, è uno stato vegetativo persistente, non permanente, e non sappiamo quanto sia reversibile, quanta percezione ci possa essere, e comunque in questo caso ci sono tutte le percezioni attive. Lo stato vegetativo persistente non è certamente irreversibile». Ma la decisione del governo ha ignorato l’appello inviato in mattinata dal Quirinale. Se il presidente della Repubblica non dovesse firmare il decreto, ha detto Berlusconi, «il Parlamento dovrà riunirsi ad horas e approvare in 2-3 giorni la legge che è già in itinerario legislativo. Altrimenti Eluana sarebbe vittima di una legge che non c’è». Una eventualità subito verificatasi. «Il Presidente ritiene di non poter procedere alla emanazione del decreto» si legge nella nota diramata dal Quirinale subito dopo l’annuncio del premier.
Scintille sulla lettera del capo dello Stato Berlusconi, in conferenza stampa, aveva definito lettera di Napolitano una «innovazione: il capo dello Stato in corso d’opera del Cdm, può intervenire anticipando la decisione del Cdm sulla necessità e urgenza» di un provvedimento, «e per questo abbiamo deciso all’unanimità di affermare con forza che il giudizio sulla necessità e l’urgenza è assegnato alla responsabilità del governo». Nella missiva di Napolitano era contenuto l’invito ad «evitare un contrasto formale in materia di decretazione».
La sfida del Cavaliere: "Legge in tre giorni" Contrasto che non è stato evitato. Il capo dello Stato, nella lettera, aveva citato una serie di precedenti di decreti legge respinti da suoi predecessori perchè in contrasto con sentenze passate in giudicato. Se avessimo rinunciato al varo del decreto, è invece il pensiero del presidente del Consiglio, «avremmo trasferito la responsabilità legislativa da organo governo a altro organo: e quindi è chiaro che non era possibile prendere atto e accettare una situazione di questo genere. Mi auguro- ha quindi concluso Berlusconi- che di fronte a questa decisione assunta all’unanimità ci possa essere un ripensamento anche da parte di coloro che si avvicendano intorno ad Eluana. E che essi possano attendere alcuni giorni prima di immettersi in questa pratica che noi consideriamo una pratica di vera e propria uccisione di un essere umano che è ancora vivo». Berlusconi ha spiegato che «se non ci fosse la possibilità di ricorrere ai decreti tornerei dal popolo a chiedere il cambiamento della Costituzione e del governo».
Plauso del Vaticano: "Eluana è viva" Il Vaticano plaude alla decisione del governo «Eluana è viva» «ha il diritto di vivere» e «la comunità politica deve sostenere la sua vita con i mezzi che ci sono», dice monsignore Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia accademia per la vita. Secondo la Santa Sede esiste «un potere dei medici e della comunità politica» che dispone di mezzi come «norme e leggi». Questi «hanno il dovere di sostenere la donna» che è «una creatura debole che deve essere protetta» attraverso «l’alimentazione e l’idratazione».
L’opposizione: "Superato ogni limite" L’opposizione invece si schiera compatta a favore del Colle. «Varando questo decreto su Eluana il governo ha superato ogni limite istituzionale e ogni limite rispetto alle sue competenze. È una sfida lanciata al Parlamento, alla magistratura, alla Corte costituzionale, alla Presidenza della Repubblica, all’opinione pubblica» dice il Pd. «Si ostacola l’attuazione di una sentenza che è passata al vaglio di diversi livelli di competenza - sottolinea Franco - si creano conflitti istituzionali, si sfida il mondo pur di non rispettare la volontà di una persona e di una famiglia».
* La Stampa, 6/2/2009 (16:40)
Ansa» 2009-02-06 15:38
ELUANA: CDM APPROVA DECRETO ALL’UNANIMITA’
ROMA - Il consiglio dei ministri ha approvato, all’unanimita’ ma dopo una lunga discussione, un decreto legge sulla vicenda di Eluana Englaro. Lo si apprende da fonti governative.
Nel caso di Eluana Englaro "sussistono i presupposti di necessità e urgenza, presupposti che sono affidati alla responsabilità del governo in base all’articolo 77 della Costituzione: poi spetta al Parlamento decidere se confermare o meno questi presupposti". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi.
"Andiamo avanti con il decreto. Se io non intervenissi con un decreto, sentirei personalmente di aver compiuto una omissione di soccorso. Non possiamo far ricadere su di noi la responsabilità della morte di Eluana". Lo avrebbe detto, a quanto si apprende dai presenti in cdm, il premier Silvio Berlusconi, durante la lunga e difficile discussione in consiglio dei ministri sul caso Englaro e sulla missiva arrivata dal Quirinale per dire no ad un decreto del governo.
BERLUSCONI: SENZA DL TORNO A POPOLO PER CAMBIARE ’CARTA’ - "Se non ci fosse la possibilità di ricorrere ai decreti tornerei dal popolo a chiedere il cambiamento della Costituzione e del governo".
NAPOLITANO A BERLUSCONI, NO A DECRETO Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso, in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, della quale e’ stata data lettura in Consiglio dei ministri, un nuovo diniego all’adozione di un decreto legge sul caso di Eluana Englaro. Contestualmente, a quanto si apprende da fonti governative, il capo dello Stato avrebbe sollecitato un rapido pronunciamento del Parlamento sul testamento biologico. Nella lettera, molto articolata, inviata al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sulla vicenda di Eluana Englaro, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano invita il governo a non procedere ad approvare un decreto legge e, a quanto si è appreso, aggiunge, sulla base di molteplici pareri giuridici, che un provvedimento d’urgenza non si può varare in contrasto con sentenze passate in giudicato. Il capo dello Stato citerebbe in proposito almeno cinque precedenti di decreti non firmati dal Quirinale con questa motivazione, che riguarderebbero le presidenze di Sandro Pertini, Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro. "Confido che una pacata considerazione delle ragioni da me indicate valga ad evitare un contrasto formale in materia di decretazione". Si conclude così, secondo quanto si è appreso da fonti del governo, la lettera che Giorgio Napolitano ha inviato al presidente del Consigli.
VATICANO, DOVERE DELLA POLITICA SOSTENERLA "Eluana è viva" "ha il diritto di vivere" e "la counità politica deve sostenere la sua vita con i mezzi che ci sono". E’ quanto ha affermato all’ANSA, mons. Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia accademia per la vita, dopo l’approvazione da parte del governo del decreto che impedisce la sospensione dell’idratazione dell’alimentazione, in assenza di una legge sul testamento biologico.
A UDINE PROSEGUE PROTOCOLLO DIMINUZIONE ALIMENTAZIONE Alla casa di riposto ’La Quiete’ di Udine, dove da martedi’ si trova ricoverata Eluana Englaro, e’ partita la ’’fase due’’ del protocollo che prevede la progressiva diminuzione dell’idratazione e dell’alimentazione che tengono in vita la donna. Lo si e’ appreso in ambienti della stessa struttura assistenziale friulana e della famiglia Englaro. Poco dopo le 7 di questa mattina, il dottor Amato De Monte, il primario di rianimazione incaricato di attuare il protocollo previsto dal decreto della Corte d’Appello di Milano, e’ entrato alla Quiete uscendovi dopo un’ora circa. Secondo la presidente della struttura, Ines Domenicali, che non ha piu’ ’’in carico’’ Eluana, ’’tutto procede secondo il protocollo’’. Anche Giuseppe Campeis, avvocato che assiste la famiglia Englaro, da questa mattina si e’ passati alla fase due del protocollo. ’’Tutto procede come previsto’’, ha detto.
APPELLO PARLAMENTARI PDL-LEGA-UDC-TEODEM, SI’A DECRETO Un appello affinche’ venga fatto il decreto ’pro-Eluana’ e’ stato rivolto al Consiglio dei ministri, al momento in corso a Palazzo Chigi, da un nutrito gruppo di senatori e deputati di entrambi gli schieramenti. ’’Pur comprendendo la complessita’ dei risvolti giuridici di cui il Consiglio dei ministri - dichiarano i parlamentari - deve tener conto, di fronte ad un atto che deliberatamente mette fine ad una vita umana pensiamo in coscienza che non si debba lasciare nulla di intentato. Ci appelliamo quindi al presidente del Consiglio e ai ministri affinche’ diano una testimonianza forte a sostegno della vita in tutte le sue fasi’’. All’appello hanno aderito i senatori Gasparri, Quagliariello, Bianconi, Baio, Castro, Di Stefano, Scarpa Bonazza, Bevilacqua, Calabro’, Pertoldi, Papania, Peterlini, D’Alia, Divina e Polledri; e i deputati Mantovano, Lupi, Bertolini, Saltamartini, Di Biagio, Biava, Nola, Saglia, Landolfi, Pagano, Bruno Murgia, Riccardo Migliori, Barbaro, Pianetta, Vignali, Binetti, Casini, Buttiglione, Santolini, Volonte’, Bobba, Calgaro e Buonfiglio.
CARD. BARRAGAN, E’ UN ASSASSINIO ’’Uccidere una persona innocente e’ andare contro il quinto comandamento, che dice non ucciderai. E chi va contro il quinto comandamento e uccide commette un assassinio’’: lo ha affermato in una intervista al quotidiano spagnolo El Mundo, interrogato sul caso Eluana, il cardinale messicano Javier Lozano Barragan, presidente del consiglio pontificio per la pastorale della salute. Secondo il ’ministro della sanita’’ del Vaticano, nel caso di Eluana non si tratta di ’’accanimento terapeutico’’: ’’acqua e cibo non sono medicine, non fanno parte dell’accanimento terapeutico’’. Barragan ha escluso un qualsiasi parallelo con la morte di Giovanni Paolo II, che ’’lasciarono morire in pace’’, secondo l’intervistatore. ’’Ero accanto a Giovanni Paolo II e so bene che cosa e’ successo’’ ha risposto il cardinale. ’’Lui rinuncio’ non all’idratazione e all’alimentazione, ma all’ accanimento terapeutico. Quando gli venne detto che l’avremmo trasferito all’ospedale Gemelli, le sue parole testuali furono: ’Perche’? Mi guariranno li? Faranno qualcosa che attenui il dolore? No, non e’ vero? Quindi resto a casa’’’. ’’E’ molto diverso - ha sottolineato - dal rinunciare al cibo e all’acqua’’.
VATICANO, NESSUN COLLOQUIO BERTONE-BERLUSCONI Nessuna telefonata e’ intercorsa tra il segretario di Stato vaticano, card.Tarcisio Bertone e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi in merito al ventilato decreto per fermare l’esecuzione della sentenza della Cassazione per Eluana Englaro. Lo afferma il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, in una dichiarazione. ’’Si smentisce nel modo piu’ categorico - si legge nella nota - quanto pubblicato, con evidenza, questa mattina da un quotidiano italiano a proposito di un presunto colloquio intercorso fra il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi. La notizia - conclude la nota - e’ totalmente infondata’’.
Il caso Englaro e la necessità di una legge sul testamento biologico
Referendum sul diritto di morire
Un bilancio sul caso Eluana che ha segnato il confronto del 2008
Le libertà dell’uomo
Quando si nega il diritto di morire
Nessuno chiede la nostra opinione prima di metterci al mondo: perché non dovremmo
essere liberi di andarcene? E’ necessario un referendum sul testamento biologico
Anche se si tratta di un giovane sano con quale autorità si può impedirgli di togliersi la vita?
La Chiesa è anche contro l’aborto terapeutico di un ovocita appena fecondato
di Luca e Francesco Cavalli Sforza (la Repubblica, 2.1.2009)
Se uno di noi volesse negare a un altro il diritto di vivere (a una donna di partorire, per esempio, o a chiunque di esistere), tutti insorgeremmo, si spera, e cercheremmo, potendo, di impedirglielo. Tant’è vero che in Italia e in Europa non ammettiamo la pena di morte. Ma se qualcuno rivendica il diritto di morire, glielo si nega, anzi si va a qualunque estremo per rifiutarglielo. Il caso di Eluana Englaro ci getta in faccia con evidenza macroscopica, anzi spaventosa, questo dato di fatto. Perché una persona non dovrebbe avere il diritto di morire?
Che la persona sia vecchia e malata, tormentata da sofferenze insopportabili, o che sia giovane e sana, nel pieno delle sue forze: anche se avesse ogni ragione di vivere la vita, ma decidesse invece di togliersela, e qualunque fosse il motivo del suo gesto, che diritto avremmo di negarglielo? Privare se stessi della vita è una follia, d’accordissimo. Ci ripugnerà, non c’è dubbio. Sarà come minimo doveroso fare tutto il possibile per evitare che una persona commetta questa pazzia, darle un supporto che la possa aiutare a scoprire un senso nella vita. Ma se ha deciso di farla finita, con quale autorità glielo si può impedire?
In Italia, ci informa l’ISTAT, 2867 persone si sono uccise nel 2007: quasi 5 persone per ogni centomila abitanti. La vita è l’unico bene che abbiamo, la fonte di ogni altro bene: chi se la toglie lo fa di solito per disperazione o dolore o infelicità intollerabili, perché non sopporta più di vivere. Che sia la rovina economica a portare al suicidio, o il peso delle proprie azioni sbagliate, o un ricatto esterno, o la vergogna, o la semplice alienazione, perché con nulla e nessuno nella vita riusciamo a interagire, o qualunque altro sia il motivo, chi si suicida ha le sue ragioni per farlo, e ciascuna di queste è una sconfitta. In passato però, e per secoli, ci si è suicidati anche solo per onore (una tradizione che in Giappone è ancora viva). I suicidi imposti da tiranni, come quello di Seneca, non sono stati visti come sconfitte, ma come affermazioni di libertà interiore anche davanti alla morte. Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta, dice Virgilio presentando Dante.
Che il suicidio sia una cosa terribile è un’affermazione che ci trova tutti d’accordo: siano più o meno felici o infelici, circa 99.995 italiani su 100.000 non si privano del proprio bene fondamentale. Ma cosa ci dà il diritto di vietare ad un altro di togliersi la vita, al punto di considerare il suicidio un reato? Se la persona in piena lucidità è determinata a porre termine ai suoi giorni, chi siamo noi per negarle la possibilità di farlo?
Cosa sappiamo della vita e della morte? Cosa ci autorizza a rifiutare il diritto di disporre della propria morte, mentre riconosciamo il diritto di indirizzare la propria vita? Chi è religioso invocherà la volontà di Dio, che avrebbe creato l’individuo, ma perché mai questa convinzione dovrebbe valere per chi non vede da nessuna parte la presenza di un Dio?
Che ogni individuo sia libero e responsabile delle proprie azioni: così vogliamo le nostre società. Se lo Stato o la Chiesa o la famiglia o chicchessia pensa di avere qualcosa da dare o da rivendicare, che lo faccia: parli con la persona, dia una mano se può. Ma se non può, o non ne è capace, o quanto fa non serve, che rispetti la scelta dell’aspirante suicida. Negare la libertà di morire è ridicolo per due ragioni: intanto perché chi vuole suicidarsi prima o poi ci riuscirà, se non è stretto in una camicia di forza o reso incosciente dai farmaci (e, beninteso, ci sono situazioni che lo esigono). Ma nessuno in definitiva può impedirgli di uccidersi, una volta tornato a casa. Seconda ragione: la nostra morte è certa, già che siamo vivi, anzi è forse l’unica certezza universalmente riconosciuta. Perché mai una persona nel pieno delle proprie facoltà mentali non dovrebbe essere libera di decidere il tempo e il modo della propria morte, anziché affidarli alla natura e al caso? Chi nasce è comunque destinato a morire.
Una società che voglia dirsi civile non può negare ai suoi membri il diritto di decidere della propria morte. Il testamento biologico, norma di elementare rispetto della libera volontà dell’individuo, è tabù da noi in sede legislativa. I tentativi di portarlo all’attenzione sono ricacciati come polvere sotto il tappeto. L’idea che una persona possa disporre le condizioni della propria morte, in determinate circostanze - per esempio, se si ritroverà in coma vegetativo permanente - è così controversa da terrorizzare i politici. Eppure, né i politici, né gli ecclesiastici, né i medici, né nessuno probabilmente, sa che cosa accade o non accade in quello spazio intermedio fra la vita e la morte che è il coma. Nessuno sa se rimanga qualcosa di ciò che consideriamo il nostro io o che chiamiamo "coscienza". Già che nessuno lo sa, perché la scelta non dovrebbe spettare al diretto interessato?
Nella vicenda di Eluana Englaro, in coma da quasi diciassette anni dopo averne vissuti ventidue, si è giunti allo scontro istituzionale, un po’ come se la magistratura ordinasse la scarcerazione di un detenuto ma il potere esecutivo lo ricacciasse in cella. Eppure la ragazza, sconvolta dall’analoga sorte di un amico, aveva espresso con forza e con chiarezza ai genitori la sua volontà di non essere intubata, se qualcosa del genere fosse accaduto a lei.
In un Paese dove ogni giorno muoiono in media quattro lavoratori per incidenti sul lavoro, per lo più dovuti al mancato rispetto di norme di sicurezza che i governi non si preoccupano di fare osservare, quale sadismo senza nome può spingere il ministro a tenere in vita chi è prigioniero del proprio corpo e ha espresso, quando poteva, il desiderio di liberarsene? in nome di quale vita? certo non di quelle che si perdono ogni giorno nelle fabbriche e nei cantieri. Perché il ministro del Lavoro e della Salute non esercita là la sua solerzia? Bisognerebbe chiedere ai cittadini se il testamento biologico è ammissibile. Può l’individuo decidere, in piena consapevolezza, quale deve essere la sua sorte se dovesse perdere coscienza per un tempo illimitato, o se non fosse più in grado di esprimere la propria volontà?
Può lasciare scritto: «Staccate i tubi»; oppure: «Tenetemi in vita comunque, finché possibile»; o ancora, poniamo: «Tenetemi in vita per sei mesi, poi lasciatemi morire»? Non si può pretendere che i cittadini si esprimano per referendum su temi che richiedono competenze speciali, come l’ingegneria genetica o le strategie energetiche, ma a chi spetta, se non a loro, decidere se chi è nato è libero di scegliere la propria morte? E sperabile credere che vincerebbe il parere: «Io sono padrone della mia vita». Se la Chiesa davvero crede nella libertà dell’uomo, perché non lascia le persone libere di morire? Nessuno ha chiesto la nostra opinione, prima di metterci al mondo: perché non dovremmo essere liberi di andarcene?
Cercare la morte non è nella natura dell’uomo, né di alcun essere vivente: ma quanti hanno cercato la morte nelle guerre, e peggio ancora l’hanno data, magari con la benedizione della stessa Chiesa? Se lo Stato invece ritiene che chi si uccide leda un diritto fondamentale e danneggi la comunità, privandola di se stesso, che si adoperi per creare le condizioni perché le persone non si gettino nella morte. Nessuno può credere che chi si suicida lo faccia volentieri. Il discorso è lo stesso per un altro punto fermo della Chiesa Cattolica, il divieto di aborto profilattico. E questa una situazione molto più frequente dei coma e assai dolorosa per il malato che è costretto a nascere e per la sua famiglia. Qui non sappiamo certo che cosa pensi il soggetto in gestazione, al terzo mese di gravidanza. La Chiesa, comunque, estende il diritto alla vita alla cellula-ovo appena fecondata dallo spermatozoo, in cui subito verrebbe ad abitare un’anima.
Il grande teologo San Tommaso d’Aquino non avrebbe avuto problemi con l’aborto profilattico, perché diceva che l’anima entra nel corpo solo quando il feto ha assunto forma pienamente umana. Nel caso di Eluana, come in quello di tutti i futuri malati di gravi malattie genetiche la cui nascita può venire oggi evitata, la sofferenza dei parenti e i costi alla società sono molto gravi, ma vengono ignorati. I genitori che fanno nascere coscientemente un bimbo gravemente e irrimediabilmente danneggiato si assumono doveri e pene tremende, e lo stesso ci sembra valere per i parenti di una persona in coma profondo, se, avendo tentato con ogni mezzo di riportarla in vita ed essendovi in qualche modo riusciti, se la ritrovassero con danni gravi e permanenti.
In un certo senso sorprende, questo attaccamento della Chiesa alla vita, anche quando non sia che un barlume cui solo le macchine impediscono di spegnersi, perché in fondo la Chiesa promette al fedele un futuro ben più luminoso di questa vita. Ma Chiesa o Stato che sia, chi può pronunciarsi o legiferare su ciò che non conosce? E chi fra i vivi può sindacare sulla morte?
Il diritto di poter scegliere. Eluana insegna
di Luigi Manconi e Andrea Boraschi (l’Unità 23.11.2008)
Com’è noto la Cassazione ha respinto il ricorso della procura di Milano: la nutrizione e l’idratazione artificiali sin qui somministrate a Eluana Englaro possono essere sospese. È notizia di poche settimane fa: il tribunale di Modena ha accolto la richiesta di un uomo che ha deciso di nominare la moglie suo garante in merito alle proprie volontà sanitarie. L’uomo, un cinquantenne in buone condizioni di salute, ha visto riconosciuta la sua richiesta di «non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico» nel caso di «malattia allo stato terminale, malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante». È notizia di questi giorni: i giudici dell’Alta Corte inglese hanno riconosciuto e tutelato la volontà di una ragazza appena tredicenne che, dopo aver passato gli ultimi otto anni della sua vita in ospedale, ha rifiutato un trapianto di cuore - senza il quale appare destinata a morire, ma che non le garantisce, altresì, una guarigione definitiva - perché esausta per le troppe sofferenze sin qui patite.
Al centro di queste e altre vicende, c’è il valore che possiamo assegnare all’autodeterminazione della persona in quella costellazione di prerogative che sostanziano la nostra libertà nella vita associata. C’è, in altre parole, la misura in cui ciascuno di noi è libero di disporre di se stesso in quegli aspetti della sua esistenza in cui non si ledono i diritti di terzi. Alla piena affermazione di questa libertà si oppongono spesso argomenti opachi. Come la questione, ad esempio, che riguarda la qualità terapeutica di alcune pratiche di sostegno vitale.
È ciò di cui si è a lungo dibattuto anche per Eluana Englaro: nutrizione e idratazione - secondo alcuni - non sono cure (dunque non possono costituire accanimento «terapeutico»; e per ciò non possono essere interrotte); sono trattamenti primari e irrinunciabili, perché non si può non dare acqua e cibo a chi ne ha bisogno. La controversia, come è facile osservare, è scaduta a un dato nominalistico che ha offuscato la sostanza del problema.
Prescindendo dal fatto che la totalità delle associazioni mediche di nutrizione parenterale, nazionali e internazionali, riconoscono la natura sanitaria di quegli interventi, il punto è un altro: che li si definisca come meglio si crede, ma che si tuteli, in ogni caso, la libertà dell’individuo di non sottoporvisi. Insomma: non sono trattamenti sanitari? Sono altro? Ho comunque il diritto di non accettarli: o forse un’autorità medica può obbligarmi a mangiare e a bere? (La possibilità di sciopero della fame, come ricorda Chiara Lalli su Diario, è riconosciuta persino ai detenuti...).
Scrivere a: abuondiritto@abuondiritto.it
Eluana
di Aldo Antonelli
Francamaria Bagnoli mi scrive:
Scusami don Aldo, non è curiosità. Vorrei sapere che cosa pensi del caso Eluana in coma irreversibile da 16 anni. Il problema mi angoscia. La tecnologia ha fatto grandi passi in campo medico ma ha creato anche molti problemi. Continuare a far vivere con le macchine persone ridotte allo stato vegetativo non è accanimento terapeutico. La Chiesa potrebbe essere più tollerante? Un fraterno saluto. Franca.
Ecco la mia risposta-
Franca, se vuoi puoi liberamente inserire questo intervento sul tuo sito per arricchire il dibattito.
Sarò molto sintetico e schematico, confidando nella intelligenza tua e dei lettori.
Anzitutto permetti che esprima tutta la mia rabbia e la mia indignazione per questa protervia miopistica e per l’ottusa caparbietà con la quale, ancora una volta, la gerarchia ecclesiastica (che si continua a voler spacciare semplicisticamente e arrogantemente come "La Chiesa"), affronta il problema.
Innanzitutto, a monte di questa sua posizione trovo una "immagine di Dio" alquanto blasfema e lontana da come Dio si propone nella Storia dell’Allenza con Abramo e nella persona di Gesù di Nazareth.
Un Dio che mi da la vita e che continua e tenermi in costante ricatto e il cui dono sembra essere un dono a rendere mi fa pensare alla pusillanimità dei ragazzini cha si scambiano doni e che quando litigano ne esigono la restituzione. Con questo Dio non ho niente a che fare: non mi appartiene e non gli appartengo.
Dio è colui che dà, dà una volta per sempre, disinteressatamente e senza interessi di ritorno. Questo è il Dio della mia fede.
Un punto centrale del messaggio biblico è che Dio ha dato la vita all’uomo e l’ha data in abbondanza. Nel terzo discorso di Mosè, Deuteronomio 30,15, leggiamo: "Io pongo oggi davanti a te la vita e la morte", così come in Geremia 21,8 leggiamo: "Ecco, io vi metto davanti la via della vita e la via della morte". Quindi la vita è nelle mani dell’uomo ed è dell’uomo la responsabilità piena di scegliere, sia di vivere che di morire. Si trattasse anche, ma non è questo il caso di Eluana, di dover scegliere tra la vita e la morte, l’uomo ha la libertà di scelta! Non è condannato a dover scegliere la vita!
Nel caso di Eluana, poi, si pongono due problemi che possiamo esporre con due interrogativi:
Un vita semplicemente biologica è vita umana o no?
Ci troviamo di fronte ad interventi di cura o a quello che comunemente viene chiamato "accanimento terapeutico"? Io ritengo che quanto al primo interrogativo si possa tranquillamente affermare che la vita vegetativa non è vita umana e che, in riferimento al secondo, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio "accanimento terapeutico". E allora, se così è, si puo dire o è scandaloso gridare: "lasciatela morire in pace"! LASCIATELA MORIRE IN PACE!? Come corollari, in questo bailamme osceno nel quale politici e chierici, mestatori e sanguisughe, si tuffano come corvi su carogne putrescenti (carogne sarebbero le discussioni, sia chiaro, non le vittime!) è necessario ricordare che:
Il compito della chiesa non è quello di fare leggi ma di testimoniare i valori che professa
Uno stato laico, nei suoi ordinamenti, non può far riferimento alla morale della religione dei suoi cittadini, fossero anche maggioranza, ma al senso comune del retto sentire come minimo comune denominatore. A certi livelli, come in questo caso, va comunque rispettata la coscienza delle persone coinvolte nel dramma, soprattutto quando un’azione non interferisce nella vita di altri o nella società nel suo complesso.
Aldo Antonelli
Vorrei far notare a don Antonelli che Eluana non è in grado di scegliere ! Cosa ne sa don Aldo se Eluana preferirebbe continuare a vivere così, piuttosto che morire ?
Ciò che poi afferma sulla morte, o meglio sulla libertà di poter scegliere di vivere o morire, lo trovo veramente inquietante e paradossale nei confronti della fede che pretende di seguire e di difendere.
La sua è una giustificazione al suicidio e all’eutanasia. Ho sempre pensato che la vita è un dono di Dio, da salvaguardare, e non da disfare alla prima occasione per motivi portati avanti da una certa cultura nichilista, una cultura della morte alla quale, a quanto pare, assurdamente pure un prete può appartenere.
Probabilmente don Antonelli si autoinganna ed è vittima di quella dilagante crisi morale che attanaglia la nostra società egoista e superficiale, non permettendogli più di distinguere tra il bene e il male.
Caro don Aldo,
sicuramente conoscerai molto meglio di me David Maria Turoldo , il quale lesse nella pagina evangelica delle Tentazioni il compendio della storia dell’uomo. Delle tre tentazioni, per Turoldo, due sono facilmente smascherabili : quella della trasformazione delle pietre in pani (pane per tutti) e l’offerta di tutti i regni del mondo (potere politico). La tentazione invece che più coinvolse il sarcedote, autore del libro "Il diavolo sul pinnacolo", fu l’invito di Satana a Gesù a compiere un miracolo gratuito (buttarsi appunto dal pinnacolo).
La negazione di se stessi o dei propri cari non fa parte forse di questo "gioco" di Satana, il dio del Nulla contrapposto al dio della Vita ?
"Ecco vi metto davanti la via della vita e la via della morte". Ma la santità (vita) e il demoniaco (morte) non sono forse lo specchiarsi capovolto della stessa immagine che adombrano l’eterno dilemma umano (come scrive Turoldo): fare di noi stessi il tempio di Dio o la sua parodia ?
Lei probabilmente non si rende conto della pericolosità delle sue parole, essendo soprattutto un prete cattolico. Io vivo in un Paese (Svizzera) dove l’istigazione e l’aiuto al suicidio sono permessi e nel quale sono nate vere e proprie organizzazioni di aiuto al suicidio che assistono le persone desiderose a togliersi la vita. Una di queste, denominata Dignitas (incredibile ma vero), ha i propri listini prezzi (da 5.000 a 10.000 Franchi) sui quali i candidati al suicidio scelgono le proprie prestazioni. I metodi usati sono alquanto controversi (per es. soffocamento attraverso l’uso di elio). È nato così un florido "turismo della morte" che vede gente proveniente dai Paesi confinanti che per un problema anche solo psichico sono disposti a farla finita (in un albergo, in una casa privata, in un quartiere industriale o persino in un posteggio !).
Sperando di non averti "rotto", mi raccomando alle tue preghiere
biagio allevato
Mi perdoni don Aldo, se tu fossi un ateo, un non credente, allora non mi meraviglierei del tuo pensiero. Ma essendo tu un cristiano, seguace di Gesù di Nazaret, che ha ridato la vita anche ai morti (non potrebbe allora guarire Eluana, svegliandola da quel sonno profondo ? Non crede nei miracoli ?), dovresti tenere i tuoi occhi fissi sul crocifisso e meravigliarti, come me, che Dio si sia servito della tortura di un innocente per rivelarci la follia del suo amore.
Caro don Aldo, ma cosa è venuto a fare Gesù Cristo su questa terra piena di lacrime ?? Ma il suo amore lo doveva esprimere veramente in modo così incredibile ? O piuttosto non ha consentito a noi, che abbiamo accolto il suo messaggio, di non scandalizzarci delle nostre sofferenze ?
Nel caso specifico di Eluana, la quale scientificamente non soffre, e quindi non capisco l’accanimento terapeutico a cui fa riferimento, toglierle il cibo e l’idratazione significa semplicemente ucciderla. È eutanasia ! È questo lo scandalo ! Se poi oltre a teologia ha studiato pure medicina e chirurgia, allora sarebbe interessante conoscere perchè ritiene che Eluana sia sottoposta ad accanimento terapeutico.
Un abbraccio
biagio allevato
Al centro della decisione il "consenso informato". Così il paziente può rifiutare le cure. E il cittadino ha un po’ più di potere sui medici
Caso Englaro, ecco la sentenza
"Ora il malato può scegliere"
di PIERO COLAPRICO*
Con la sentenza di ieri, la Cassazione sembra aver dato ai cittadini un po’ più di potere sui medici. Il cardine della sentenza Englaro è il "consenso informato" e cioè il fatto che il paziente può accettare o rifiutare le cure, una volta che il medico gli ha spiegato che cosa succede.
La Cassazione si era occupata di questo tema negli anni Novanta, quando alcuni pazienti, scontenti del medico, l’avevano citato in giudizio. E erano state sentenze "a cose fatte". La novità è che, in questo caso specifico, il "consenso" ferma la mano del medico: no al trattamento, no alla nutrizione forzata, no alle cure che non portano a niente.
La Cassazione non ha esitazioni, questo rifiuto delle cure (pagina 6) "non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia". Sulla condizione fisica e mentale di Eluana c’è una relazione "di sicuro valore scientifico" (pagine 13). E nemmeno la procura generale ha sollevato la questione sulla "volontà presunta di Eluana", dandola per scontata. Anche questo è un punto importante, perché non pochi politici discutono ancora se questa volontà di rifiutare le cure sia valida o no: per sentenza, nata dopo un’indagine, questa volontà c’era e dunque è valida.
Il ricorso viene rigettato perché i magistrati (la procura generale) con Eluana non hanno da tutelare un interesse generale, ma solo il caso umano, giudiziario, clinico di una singola persona.
* la Repubblica, 14 novembre 2008
Cassazione, autorizzato lo stop all’alimentazione *
ROMA - La Cassazione ha autorizzato lo stop all’alimentazione ad Eluana Englaro. "Viviamo in uno stato di diritto", ha commentato a caldo la sentenza il padre della donna in coma da 17 anni. Diventa definitivo il decreto della Corte di Appello di Milano che, nel luglio scorso, aveva autorizzato la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale che tiene in vita Eluana. Il ricorso presentato dalla Procura contro la sentenza di Milano è stato giudicato "inammissibile".
* la Repubblica, 13 novembre 2008.
Cardinale, un po’ di carità cristiana...
Bruno Gambardella *
Mentre scrivo queste righe, la Corte di Cassazione è ancora riunita in camera di consiglio per emettere una sentenza, questa volta veramente definitiva, sul caso di Eluana Englaro, la donna da diciassette anni in coma irreversibile.
Qualche anno fa ho conosciuto suo padre, Peppino, che durante un congresso radicale chiedeva aiuto per liberare sua figlia da un corpo che ormai è diventato una prigione per la sua anima. Ho ammirato il rigore, la lucidità, la determinazione di un padre che chiedeva di rispettare le volontà di Eluana, la quale più volte si era espressa per l’interruzione dell’alimentazione artificiale e contro l’accanimento terapeutico in caso di incidente grave.
In queste drammatiche ore il cardinale Barragan, ministro della sanità dello Stato della Città del Vaticano, non ha esitato a intervenire pesantemente sulla Corte di Cassazione di uno stato estero, l’Italia, per ricordare che per la chiesa cattolica romana un’eventuale autorizzazione ad interrompere le cure che tengono artificialmente in vita Eluana è paragonabile ad un omicidio.
Perché tanta crudeltà? Perché tanta mancanza di misericordia? Perché la battaglia sull’egemonia culturale nel nostro Paese deve essere combattuta anche sulla pelle della famiglia Englaro? E’ troppo chiedere ad un cardinale un po’ di carità cristiana?
14/11/2008
Il diritto di dire basta
di CARLO FEDERICO GROSSO (La Stampa, 14.11.2008)
Per il Vaticano interrompere l’alimentazione artificiale di Eluana Englaro costituisce omicidio doloso, addirittura un assassinio: lo ha dichiarato ieri l’altro il cardinale Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Salute. E ieri sera mons. Fisichella commentava: «È eutanasia di fatto e di diritto». La Cassazione, un anno fa, aveva valutato diversamente. Con un’importante interpretazione della legislazione vigente, aveva affermato che, a determinate condizioni, sospendere la somministrazione artificiale di sostanze vitali a una persona che si trova in stato vegetativo irreversibile costituisce esercizio legittimo di un diritto. È pacifico che ogni persona capace d’intendere e di volere ha il diritto di rifiutare le cure mediche e di lasciarsi morire.
Lo si ricava dalle norme costituzionali (artt. 2, 13, 32 Cost.), dalle fonti giuridiche soprannazionali (Convenzione di Oviedo e Carta dei diritti fondamentali dell’Ue), dalla giurisprudenza ben salda della Corte di Cassazione in materia di consenso informato quale condizione di liceità dell’intervento medico. Ciò significa che ognuno di noi ha la facoltà di rifiutare una terapia in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale: si tratta dell’esercizio di un diritto fondamentale di libertà. Né si può sostenere che il rifiuto consapevole delle cure, quando conduca alla morte, costituisca un’ipotesi di eutanasia: tale rifiuto esprime, semplicemente, la libera scelta del malato che la malattia segua il suo decorso naturale.
Il problema, a questo punto, è stabilire quale sia la regola applicabile ove il malato non sia in grado di manifestare la sua volontà. La Cassazione, un anno fa, ha stabilito che può decidere il tutore. Se una persona è portata in stato di incoscienza a un pronto soccorso, il medico deve subito effettuare gli interventi urgenti imposti dal migliore interesse terapeutico. Superata l’urgenza, si ripropone peraltro la problematica del consenso informato: il medico che spiega, il paziente che decide, questa volta attraverso la volontà espressa dal suo tutore, soggetto al quale il codice civile riconosce rappresentanza anche con riferimento alla sfera degli interessi non patrimoniali.
Il carattere personalissimo del diritto alla salute impedisce tuttavia che al rappresentante legale possano essere trasferiti poteri incondizionati. Il tutore dovrà decidere, ha stabilito la Cassazione, non «al posto» del malato, ma «insieme a lui», ricostruendo la presunta volontà del paziente inconsapevole tenendo conto dei desideri da lui espressi quando era cosciente ovvero desumendo la sua volontà, dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori, dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali. Di qui l’importante principio di diritto enunciato. In caso di malato incapace tenuto artificialmente in vita, il giudice può autorizzare la disattivazione del presidio sanitario, ma unicamente quando sia provato con certezza che lo stato vegetativo è irreversibile e che la richiesta d’interruzione da parte del rappresentante legale corrisponde alla presumibile volontà del paziente. In applicazione di questo principio di diritto la Corte d’Appello di Milano, alla quale la Cassazione aveva rinviato la causa per la decisione di merito, verificata l’esistenza dei menzionati presupposti, a metà 2008 ha autorizzato l’interruzione dell’alimentazione artificiale di Eluana Englaro.
Questa decisione potrà essere condivisa, potrà essere criticata. Si tratta, in ogni caso, di un’importante operazione interpretativa «per principi» della legislazione italiana con la quale la Cassazione, in assenza di una regolamentazione specifica del testamento biologico, ha desunto la regola di giudizio applicabile attraverso un’attenta ricostruzione dei principi costituzionali, della giurisprudenza pregressa in tema di consenso informato, delle norme di diritto soprannazionale in materia.
In questo contesto, parlare d’illegittima autorizzazione all’omicidio mi sembra, quantomeno, indice di scarso rispetto per le istituzioni giudiziarie che hanno valutato e deciso. Non ho, d’altronde, mai dubitato che la suprema magistratura italiana non si sarebbe lasciata condizionare da pressioni esterne. La decisione di ieri, che ha dichiarato inammissibile il ricorso della procura generale di Milano, conferma la libertà di giudizio dei nostri alti magistrati; ma, soprattutto, ha il grande merito di porre fine a una questione dalla grandissima rilevanza umana e sociale, sancendo il primato della libertà di decidere sulla volontà di proteggere a tutti i costi una vita in condizione vegetativa irreversibile, che non è più, propriamente, vita umana meritevole di ogni protezione giuridica.
Il caso di Eluana Englaro non è un caso di tutela pubblica, è un caso di libera scelta umana e morale, ed un caso di testimonianza di un immenso amore da parte del padre di Eluana. La prima parola rivolta da DIO ad Abraham fu " Leckh Leckhal Abraham" cioè, alzati e vai dentro te stesso, non verso un papa, un patriarca od una confessione di fede, sis pure accettata o meno da una maggioranza di una qualunque società, non, per trovare di occore andare nel profondo della nostra anoma, delle nostre scelte più integre e giuste. Un’altra persona disse più di 2000anni fa, non sono venuto per giudicare, se il mio Maestro non mi giudica come potrei io giudicare il mio fratello.
Io che amo Dio attraverso Cristo, mi sento vicino al mio fratello Beppino Englaro, quest’uomo è creatura di Dio per il dono della vita, ma è figlio di Dio per il trascorso di passione che sta vivendo in funzione del suo Amore per sua figlia. Questa figlia che lui avrà avuto il corraggio di vedere morire quattro volte, la prima con l’incidente, la seconda quando ha preso la descisione di staccare l’alimentazione arteficiale, la terza quando sarà staccata il sondino, la quarta quando non la potrà più vedere sul suo letto d’agonia e non la potrà più accarezzare. Per questo immenso atto d’amore che dura da 17 anni quest’uomo riceve sputi e sentenze da più parte, sopra tutto da questa chiesa e questa politica ben pensante, che si sa vendere per cosi poco prezzo, e questa societa che tutto tollera appaticamente e consorciativamente .
Ancora una volta questi falsi cristiani testimoniano della conoscenza e della memoria che hanno dell’inquisizione, alla faccia di Deus Caritas Est, e questi politici avvalorano il 150simo posto dell’Italia in certe graduatorie mondiali.
Forse dobbiamo di nuovo impare come cristiani che il contatto con Dio avviene nel silenzio, e che una repubblica si fonda sui dei valori laici e libertari.
La vicenda di Eluana Englaro aggiunge un tragico tassello al mosaico messo insieme in questi decenni dalla cultura della morte. Sarà bene scavare più in profondità in questa storia, alla ricerca del meccanismo che rende così efficace l’azione dei nemici della verità e della vita.
Il caso-Englaro può essere scomposto in una serie di elementi fondamentali. Li elenchiamo secondo un ordine che ne mette in luce la progressione cronologica e psicologica: a) la non casualità dell’intera vicenda; b) il disorientamento morale dell’opinione pubblica; c) lo stravolgimento dei principi dell’ordinamento giuridico; d) l’abolizione della sofferenza e della morte come tempo di conversione; e) l’odio per la Chiesa. Mentre i primi elementi sono i più visibili, gli ultimi sono spesso non dichiarati e, anche per questo motivo, poco riconoscibili dall’opinione pubblica.
a) La non casualità dell’intera vicenda
Dobbiamo partire da una constatazione: un caso come quello di Eluana Englaro non è il frutto del susseguirsi di coincidenze casuali, ma il prodotto di un disegno ben preciso, che risponde a una strategia lucidissima. La causa scatenante è - questa sì - un evento imponderabile. Nel caso specifico: una bella e giovane ragazza che subisce danni gravissimi a causa di un incidente stradale. Anche il dolore del padre e di quelli che la conoscevano è del tutto normale e comprensibile, oltre che condivisibile. Fin qui, nessuna congiura, nessun complotto. Ma di fronte a un padre che imbastisce un’azione giudiziaria che dura 16 anni in molteplici gradi di giudizio, che scrive libri sull’argomento, che scatena insomma una vera e propria campagna mediatica, in presenza di tutto questo siamo di fronte a una svolta ideologica. Lo scopo perseguito non è più quello - certo già erroneo in sé - di ottenere la morte provocata della propria figlia. Lo scopo diventa un altro. Si cerca di ottenere l’affermazione di un principio valido per tutti: chiunque si trovi in una condizione identica o analoga a quella di Eluana deve avere il diritto - a norma di legge - di morire.
b) il disorientamento morale dell’opinione pubblica
È del tutto evidente che il caso Englaro ha prodotto un certo disorientamento della gente comune. Lasciando pure da parte quanti hanno già una posizione pro-eutanasia, vicende come questa producono un senso di smarrimento, di paura, di confusione anche fra coloro che sono in buona fede o che addirittura sono contro l’uccisione pietosa. Le certezze vacillano e gli argomenti del "nemico" sembrano a un tratto persuasivi, pieni di buon senso. Si diffondono frasi del tipo: "in una situazione del genere, meglio farla morire". Questo clima è paragonabile all’indebolimento che rende un corpo umano facile preda di una malattia virale. Lo stesso accade al corpo sociale, una volta che le sue "difese immunitarie" morali siano minate dal tarlo del dubbio e della paura.
c) lo stravolgimento dei principi classici dell’ordinamento giuridico
Il caso-Englaro è diventato, per l’appunto, un caso giudiziario, attraverso il quale si vogliono raggiungere alcuni obiettivi nel campo del diritto: 1. stabilire che il fondamento dell’atto medico è la volontà del paziente: se un malato rifiuta le cure, anche salvavita, bisogna lasciarlo morire; 2. stabilire che la volontà del malato può essere desunta anche da affermazioni e stili di vita attribuibili al paziente prima della sua malattia; 3. a causa della aleatorietà di questo ultimo criterio, si punta a introdurre la legalizzazione del testamento biologico, cioè un documento scritto che provi in modo certo la volontà anticipata del paziente; 4. affermare l’idea che far morire qualcuno astenenendosi dal curare è diverso dall’uccidere somministando un veleno; 5. affermare che esistono patologie che sono sicuramente irreversibili, e che questa irreversibilità richiede un cambiamento nelle scelte terapeutiche; 6. confondere alimentazione e idratazione con delle terapie, facendo in modo che esse possano essere sospese lecitamente, così come si può sospendere una terapia ritenuta inutile o sproporzionata; 7. affermare l’idea che la qualità della vita può ridurre o addirittura eliminare il dovere di curare un malato incosciente, per cui non solo le persone in stato vegetativo, ma anche pazienti in coma, con danni cerebrali gravi, malati di mente, neonati, potranno essere assimilati al caso di Eluana, e "lasciati morire"; 8. legalizzare l’eutanasia, eventualmente chiamandola in un modo diverso.
d) l’abolizione delle sofferenze e della morte come tempo di conversione
Vogliono provocare la morte di Eluana sostenendo che la ragazza é ormai ridotta a un vegetale, che non capisce nulla e non avverte ciò che le accade. Vi sono molti dubbi che le cose stiano davvero così. Ma concediamolo per un momento. Se così fosse, allora non sarebbe Eluana ad avere bisogno urgente di essere uccisa. Chi infatti è incosciente non desidera nulla, né in bene, né in male. Sono quelli che le stanno intorno che vedono, pensano, soffrono, piangono. Ecco emergere una verità terribile: i pazienti come Eluana devono essere eliminati perché costituiscono uno scandalo insopportabile per quelli che stanno bene, per i familiari, per il personale medico, per la società intera. La modernità ha convinto milioni di uomini che si può vivere benissimo senza Dio, senza Chiesa, senza giudizio, inferno e paradiso. L’impostura regge fintantoché le cose vanno bene: il portafoglio è pieno, la giovinezza regala vigore, gli affari vanno bene. Quando però il vento della sorte gira, l’uomo scopre tutta la sua solitudine e la sua debolezza. La malattia e la morte rappresentano il culmine di questa drammatica presa di coscienza. Per questo motivo, il capezzale di un malato, e ancor più di un moribondo, sono il luogo dove da secoli molte anime si riconciliano con Dio, chiedono di confessarsi, ricevono il viatico. Testamento biologico ed eutanasia sono due potentissimi antidoti alle grazie che la sofferenza porta con sé. Bisogna convincere l’uomo moderno a "scegliere" la morte prima che egli possa fare i conti con la sua coscienza.
e) l’odio per la Chiesa
Chi si sta prendendo cura di Eluana Englaro? Le suore Misericordine fondate dal beato Luigi Telamoni. Questa donna, bisognosa di cure e di amore, è affidata ai cattolici. Questo fatto rende ancor più insopportabile l’intera vicenda. Là dove c’è un uomo che soffre, là c’è la Chiesa, là c’è Cristo. Bisogna dunque colpire - e colpire duro - proprio in quel luogo: si elimineranno in un solo colpo il problema del soffrire, e il problema del credere. La rettitudine delle suore che accudiscono Eluana è intollerabile: dimostra con i fatti ciò che è giusto e possibile fare di fronte a una malata così, e a una sofferenza simile. Il silenzio di Eluana diventa eloquente più di molti discorsi: dice che anche un corpo immobile può diventare occasione di santificazione per tutti quelli che se ne prendono cura. Ecco spiegato perché questa eminente forma di carità deve essere impedita dalla "cultura laica", da un diritto capovolto, da una medicina che ha rinnegato Ippocrate. Ecco perché una donna - che ha trovato chi si prende cura di lei - deve essere "tolta di mezzo con ingiusta sentenza".
www.iltimone.org
Deprecabile violenza sul corpo di Eluana *
Il decreto legge appena varato dal governo per impedire l’interruzione dell’idratazione e dell’alimentazione artificiale di Eluana Englaro ci colpisce proprio nel momento in cui progettiamo le celebrazioni dei centodieci anni di vita dell’Unione Femminile Nazionale e ci induce a riflettere che, oggi come allora, viene calpestato il pensiero autonomo di una donna su se stessa e sulla propria vita.
Con questo decreto sono violati in un sol colpo il diritto all’autodeterminazione di ogni donna e di ogni persona, la sofferenza di una famiglia per un lutto congelato nel tempo e straziato dalla continua esposizione mediatica, il rispetto del bilanciamento dei poteri istituzionali.
Deprechiamo la violenza fatta dal governo sul corpo di Eluana. Come donne e come cittadine chiediamo il ripristino dello Stato di diritto. Che sia rispettata la volontà di Eluana, di cui la famiglia è tramite. Che si dia attuazione alle sentenze emesse.
Ai genitori di Eluana va tutta la nostra solidarietà, affetto e sincera partecipazione.