RICORDO DI ALDO G. GARGANI di Alfonso M. Iacono

martedì 23 giugno 2009.

ALFONSO M. IACONO RICORDA ALDO G. GARGANI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 giugno 2009 col titolo "La parabola filosofica di Aldo Gargani" e il sommario "Studioso di Wittgenstein, e’ morto ieri a Pisa"] *

Riflettendo su uno dei suoi libri certamente piu’ significativi, Il sapere senza fondamenti, Aldo Giorgio Gargani diceva di rispondere sempre filosoficamente in modo ritardato alle sollecitazioni che venivano dalla societa’. Il sapere senza fondamenti, che recentemente e’ stato ripubblicato da Mimesis per la cura di Arnold Davidson, usci’ nel 1975.

Erano passati sette anni dal fatidico ’68, e questo libro metteva in discussione alcuni capisaldi, allora dominanti anche nella sinistra critica, del concetto di verita’ nel sapere e in particolare nel sapere scientifico. Gargani mostro’ come in molti casi i discorsi sulla scienza fossero legati ai cerimoniali della comunita’ scientifica e all’immagine che questa si dava. Parlo’ di feticci epistemologici quando altri erano ancorati a un’idea forte - in realta’ rigida - di sapere scientifico e di verita’ della conoscenza. Era ancora l’epoca in cui si dividevano uomini e idee in razionali e irrazionali, buoni e cattivi e naturalmente gli irrazionali-cattivi erano di destra. Circolava un notevole manicheismo, nascosto e nello stesso tempo giustificato dal fatto che si era contro, un manicheismo che il ’68 aveva in parte incrinato in parte irrigidito.

Alcuni anni dopo, nel 1979, Gargani curo’ per Einaudi un libro collettivo intitolato Crisi della ragione, che ospitava contributi di Bodei, Veca, Badaloni, Viano, Ginzburg tra gli altri. Anche questo volume creo’ qualche imbarazzo (persino tra gli stessi coautori). Eppure Gargani stava portando alle estreme conseguenze alcuni effetti liberatori del ’68 insieme a nuove interpretazioni del pensiero di Ludwig Wittgenstein, del quale era uno dei piu’ illustri e importanti studiosi. Si deve anche a Gargani, sulla scia dei contributi di Brian McGuinnes che fu suo professore a Oxford, se Wittgenstein e’ passato da interpretazioni fondamentalmente neopositivistiche, in gran parte legate alla filosofia della scienza, a interpretazioni dove i giochi linguistici, le pratiche filosofiche, la psicologia, il gesto, l’arte si accompagnano al sapere scientifico e vi si intrecciano in una filosofia che Gargani leggeva come analisi delle possibilita’.

L’ultimo suo scritto pubblicato si intitola infatti "Wittgenstein: la filosofia come analisi delle possibilita’". E’ un saggio uscito sulla rivista "Il pensiero" che sintetizza la sua precedente ricerca sul filosofo viennese edita da Cortina. Rifacendosi a una lettera di Wittgenstein del 1934 scritta al grande economista Piero Sraffa, suo caro amico nonche’ amico di Antonio Gramsci, Gargani sottolinea l’atteggiamento antidogmatico dell’autore del Tractatus - scrive - "la filosofia e’ una pratica simbolica che si assume e che poi si puo’ rilasciare o abbandonare per poi riprenderla nell’attualita’ di un problema (si tratti dei fondamenti della matematica, dell’esperienza privata, delle menti altrui, della certezza, del rapporto semantico fra la parola forse, termine non denotativo, e la parola mela, termine denotativo) nel quale ci imbattiamo perche’ intriga, turba, sgomenta il nostro pensiero e magari anche la nostra vita".

Per Wittgenstein non c’e’ corrispondenza tra pensiero e realta’ esterna, ne’, scrive Gargani, c’e’ un senso che diriga l’uso delle parole quando queste vengono applicate. Non c’e’ regola che sia causa dell’uso del linguaggio. La regola e’ un’ipotesi, che riguarda il comportamento degli uomini, ma non e’ la guida per le cose a cui gli uomini si applicano. "Una storia, una narrazione, oppure un’ipotesi: questo e’ cio’ in cui puo’ consistere l’espressione di una regola". Dal sapere senza fondamenti all’importanza della narrazione, Gargani ha percorso una strada che gli ha fatto riscoprire le teorie di Ludwig Boltzmann, ispiratore di Wittgenstein, il quale ha scritto: "Le nostre idee delle cose non sono mai identiche alla loro essenza. Sono solo immagini o anzi simboli, che rappresentano l’oggetto in modo necessariamente unilaterale, ma non possono fare altro che imitarne certi tipi di connessione, non intaccandone minimamente l’essenza".

Gargani ha praticato queste idee, per esempio, in Sguardo e destino, dove la narrazione, la messa in gioco del proprio Io, la riflessione esistenziale si intrecciano per formare un’esperienza filosofica. Ha anche collaborato con Claudio Proietti per una performance filosofico-musicale sulla Vienna di fine secolo.

Qualche anno fa Giorgio aveva deciso di andare in pensione. Poi se ne penti’. Gli mancava il rapporto con gli studenti. Torno’ a insegnare negli ultimi anni, molto felicemente, senza dovere piu’ subire l’affastellarsi delle questioni burocratiche. Forse in questi ultimi anni, liberato dal peso accademico, ha potuto esprimere fino in fondo il suo piacere di fare filosofia, condividendo con chi gli e’ stato vicino questo gioco che qualunque rappresentazione o qualsivoglia narrazione non puo’ descrivere ne’ far rivivere.

* NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 859 del 22 giugno 2009


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