Il Vaticano? Lo trovi al canale 666
di Maria Teresa Mura (Indigo Scarlett) *
O meglio alla frequenza. Ma il paradosso non cambia. Esiste la particella di Dio, ed esiste anche la frequenza del Papa. Sì perché il Vaticano è sempre all’avanguardia, e utilizza tutti i media esistente per diffondere la sua voce; e ovviamente da novembre è approdato anche sul digitale terrestre. Perciò il Centro televisivo vaticano, il nuovo canale della Santa sede, ha aperto; per ampliare la strategia comunicativa di Ratzinger & Co.
SINGOLARE COINCIDENZA - Però per ironia della sorte, o per mano di qualche buontempone, la frequenza assegnata al canale 45, che indentifica CTV nella zona di Roma e provincia, è il numero 666, quello dell’Anticristo, per i pochissimi che non lo sapessero. Lombardi, che è anche il direttore del Ctv e di
Radio Vaticana, all’epoca spiegava che «entro qualche mese gli eventi del Vaticano verranno trasmessi in diretta dal Ctv, sull’area di Roma, in alta definizione, sul canale digitale terrestre assegnato alla Città del Vaticano», in base agli accordi internazionali in atto sulla distribuzione delle frequenze.
LA PROVVIDENZA - Chissà quegli accordi da chi sono stati preparati, e chissà il disappunto di Lombardi. Parole sante attraverso frequenze diaboliche. Sempre Lombardi spiegava: e pazienza se “a volte ora dobbiamo difenderla di fronte a chi pensa che sia stata ambiziosa o eccessiva, ma non potevamo non farla: se no l’immagine del Papa nei prossimi anni sarebbe gradualmente uscita dal mondo televisivo”. Si consoli, non uscirà, ma rimarrà per sempre legata ad un sorriso ironico e a uno scherzo beffardo del destino o di un furbetto. Ma si sa, le vie del Signore sono infinite.
* http://www.giornalettismo.com/archives/101394/vaticano-trovi-canale-666/
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Aspettando @pontifex. Chiesa e nuovi media
di Teresa Numerico (l’Unità, 4 dicembre 2012)
Anche Benedetto XVI cede al fascino dei social network. dal 12 dicembre prossimo, il giorno della festa della Madonna di Guadalupe, sarà possibile leggere i tweet approvati dal papa. Il debutto del profilo in sette lingue è avvenuto ieri. @pontifex ha ottenuto in poche ore migliaia di follower. Solo la versione inglese aveva alle cinque del pomeriggio più di centoventimila seguaci. Tuttavia sappiamo che il Papa non si occuperà di persona di scrivere i suoi cinguettii, perché non è particolarmente abituato alle nuove tecnologie, scrive i suoi testi a mano e non usa direttamente gli strumenti elettronici.
La scelta di usare Twitter si pone comunque come un chiaro segnale di apertura nei confronti delle possibilità offerte dai media sociali per il magistero della Chiesa con lo scopo di ottenere l’attenzione di fedeli e interlocutori.
Nel presentare l’iniziativa i rappresentanti vaticani hanno dichiarato che la presenza del Papa su Twitter è una concreta espressione della convinzione che la Chiesa debba essere presente nell’arena digitale. Il profilo papale su Twitter è solo la punta dell’iceberg della riflessione sull’importanza che il vertice della Chiesa cattolica annette alla cultura dei nuovi media.
Sarà possibile anche porre direttamente domande al Pontefice, utilizzando l’hashtag #askpontifex. Il profilo potrà fornire le risposte alle domande che riterrà più opportuno accogliere, sebbene resti chiaro che non saranno prese di posizione ex cathedra. Greg Burke, il consulente per i media del Pontefice, ha spiegato che non si tratta di mandare Benedetto XVI in giro con l’iPad o il Blackberry, né di mettergli le parole in bocca. Il Papa dirà solo quello che vorrà. Probabilmente, però, il primo tweet lo scriverà di persona.
La Chiesa del resto si è sempre sforzata di essere all’avanguardia nell’uso dei mezzi di comunicazione nei secoli, e questa è una delle caratteristiche che ne ha garantito la longevità. Dagli amanuensi che copiavano i manoscritti da conservare, alla svolta della controriforma con il suo braccio comunicatore affidato ai gesuiti, passando per il primo messaggio radiofonico di Pio XI nel 1931, e ancora l’esperienza di comunicazione del Concilio Vaticano secondo, la Chiesa non ha mai abbandonato l’impegno a sperimentare i mezzi di comunicazione più adatti al proprio messaggio. Del resto, uno dei maggiori contributi alla teoria sui media si deve a un pensatore canadese convertito al cattolicesimo come Marshall McLuhan.
Per tornare al presente, molte altre personalità pubbliche, religiose e non, utilizzano i social media per comunicare con i propri interlocutori. Ha da poco fatto il giro del mondo la foto postata da Obama mentre abbraccia calorosamente Michelle dopo la rielezione, nel caso ci fosse ancora bisogno di riconoscere la potenza mediatica di Twitter, che si conferma il social network più amato dalle celebrità. Ma come mai? Forse perché si tratta di uno strumento che consente di comunicare in modo asincrono e di gestire soprattutto la relazione uno a molti in modo piuttosto efficace. In questo senso non stupisce che il profilo del Pontefice abbia scelto di seguire solo se stesso nelle sue sette varianti linguistiche e di non avere interlocutori, ma solo ascoltatori.
È una scelta precisa: adoperare i social network come un medium di massa e non come uno strumento di interazione. La Santa Sede vuole usare Twitter come un megafono per diffondere la fede e divulgare il proprio messaggio, ma non (o almeno non direttamente) come uno strumento di ascolto di quello che altre personalità religiose e politiche, o anche persone comuni hanno da dire. È una precisa posizione su come essere presenti sui media sociali, non proprio all’avanguardia, pur essendo efficace.
Resta però difficile sottrarsi fino in fondo al carattere interattivo e il profilo @pontifex ci consente di valutare a colpo d’occhio quanti sono i follower nelle varie lingue offrendo un sondaggio naturale sulla reale presenza della religione cattolica nelle diverse comunità linguistiche. Inoltre la scelta delle prime sette lingue, la maggior parte delle quali concentrate in Europa e in America, con l’eccezione dell’arabo, e l’assenza del cinese ci permettono di riconoscere qual è la comunità linguistica alla quale il Vaticano ritiene di doversi rivolgere per sostenere e diffondere il proprio messaggio.