Eu-angélo e "charitas"!!!

COERENZA, COERENZA!!! In memoria di Karol WOJTYLA. Navarro-Valls ’scende in campo’ e lancia un appello ... a favore del cardinale TETTAMANZI.

lunedì 6 novembre 2006.
 

[...] [...] Si può giustificare - scrive Navarro-Valls - moralmente la guerra e, dalla stessa posizione etica, avere un programma di tutela della vita oppure sostenere la stabilità della famiglia? Penso che questo sia il vero grande quesito da risolvere [...] Non è un caso che il giurista tedesco Kelsen abbia affermato che "il senso più profondo della democrazia è che ciascuno voglia la libertà non soltanto per sé ma anche per gli altri". E ciò è possibile solo all’interno di un ethos in cui tutte le persone e, soprattutto, tutti gli aspetti della vita trovino il loro posto in un sistema coerente [...] Cercare la prospettiva del bene di tutti e del tutto si rivela, alla fine, sempre un percorso difficile, ma anche l’unico valido veramente [...]


Kissinger consiglia Ratzinger. E Navarro-Valls ‘scende in campo’ ... a favore di Tettamanzi?!!

Una nota

di Federico La Sala

Nel 4° Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona (16-20 0ttobre 2006), il cardinale Tettamanzi, alla fine della sua Prolusione, ha dato la parola non a sant’Ignazio di Loyola (e ai ‘soldati’ della Compagnia di Gesù) ma a un vescovo martire dei primi tempi (69 ca. - ben prima del confine costantiniano stabilito da Papa Ratzinger) della Chiesa, sant’Ignazio di Antiochia, e ha invitato tutti e tutte ad ascoltare e a ricordare:

“Quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere. Ora non si tratta di fare una professione di fede a parole, ma di perseverare nella pratica della fede fino alla fine. E’ meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo (Lettera agli Efesini)”.

Il richiamo è suonato come un rimprovero e un monito solenne - quasi come un “Verrà un giorno...” (forse) di manzoniana memoria.

Oggi, 06.11.2006, su “la Repubblica” (pp. 1/20), è apparso uno ‘strano’ intervento, dal titolo “L’America e l’ethos asimmetrico. La doppia morale del paese”, firmato da Joaquin Navarro-Valls*. A leggerlo, benché si parli degli Stati Uniti d’America (e dell’Europa - ma non della politica della stessa Chiesa: “Kissinger consiglia Ratzinger”, La Stampa del 04/11.2006) la mente è tornata stranamente e immediatamente indietro, a pochi giorni fa, a Verona!!!

Il tema e il problema dell’articolo, infatti, è proprio quello della “coerenza”:

“ [...] Si può giustificare - scrive Navarro-Valls - moralmente la guerra e, dalla stessa posizione etica, avere un programma di tutela della vita oppure sostenere la stabilità della famiglia? Penso che questo sia il vero grande quesito da risolvere [...] Non è un caso che il giurista tedesco Kelsen abbia affermato che "il senso più profondo della democrazia è che ciascuno voglia la libertà non soltanto per sé ma anche per gli altri". E ciò è possibile solo all’interno di un ethos in cui tutte le persone e, soprattutto, tutti gli aspetti della vita trovino il loro posto in un sistema coerente [...] Cercare la prospettiva del bene di tutti e del tutto si rivela, alla fine, sempre un percorso difficile, ma anche l’unico valido veramente, proprio perché, come sosteneva Pieper, il tutto non è mai soltanto la somma delle parti.”!!!

Cosa si cerca di dire in e con questo ‘messaggio’, e che vuol dire questo invito a essere “coerente” - e a Chi è rivolto?! A tutti e a tutte, e a tutte le Istituzioni, compresa la gerarchia della stessa Chiesa cattolica?! Certo è che, come l’America, e la stessa Chiesa cattolico-romana, “L’Europa stessa si trova divisa da analoghe questioni di coerenza”.

Che cosa si cerca di dire a se stessi e al prossimo, che cosa si cerca di comunicare dentro e fuori le mura del Vaticano?! Che forse, da qui e in avanti - da oggi in poi, il ‘papa vero’ e la ‘vera guida’ della Chiesa cattolico-romana è il cardinale Dionigi Tettamanzi?!!

Molto bene, ne prendiamo atto ... e, coerentementente, cercheremo di non “zoppicare” più (accogliendo il ‘vecchio’ invito di Elia e di Sigmund Freud) e, soprattutto, di non parlare né con la “lingua bi-forcuta”, né di seguire la “doppia morale” e la “doppia verità”. Così sia! W O ITALY !!!

Federico la Sala

P.S. Come giustamente è stato detto: Se anche parlerò le lingue degli uomini e degli angeli, e non avrò l’Amore (Agape - Charitas), sarò simile ad echeggiante bronzo.... cfr., sul sito, la nota sul RETTIFICARE I NOMI, e la nota sul RIPARTIRE DAL "PRESEPE" ; e, infine, la nota sulla politica occidentale da sacro romano impero

Federico La Sala


*

Il conflitto tra i valori morali della nazione e il consenso pubblico alla guerra in Iraq

L’America e l’ethos asimmetrico, la doppia morale del paese

di JOAQUIN NAVARRO-VALLS (la Repubblica, 06.11.2006, pp. 1/20)

Nello scontro elettorale per le elezioni americane di mezzo termine, la strategia dei Repubblicani è stata quella di muovere accuse di carattere etico ai candidati antagonisti, denunciando atteggiamenti personali e modi di vita ritenuti in contrasto con il sentire profondo del popolo americano. Anche l’imbarazzo suscitato da Kerry per la sua uscita ironica sulla guerra ha evidenziato questo contrasto di valori presente nella società americana: da un lato, i valori militari di difesa della libertà e, dall’altro, gli altri valori irrinunciabili dell’ethos nazionale. L’argomento centrale della campagna è stato, come era ovvio immaginarsi, il giudizio sulla guerra in Iraq. Dopo un primo periodo di grande condivisione della politica di Bush, in seguito all’11 settembre, il consenso dell’opinione pubblica è andato progressivamente calando.

L’opinione pubblica americana, soprattutto negli ultimi mesi, si è formata un giudizio complessivamente negativo della politica tenuta dal Governo. Praticamente, ormai, quasi più nessuno è pronto a negare che si tratti di una vera e propria catastrofe. Si discute semmai sulle modalità con cui pensare ai tempi per un disimpegno definitivo.

Ma è chiaro che parlare della guerra in Iraq come "catastrophic failure" non è un giudizio etico sulla guerra stessa, bensì una valutazione geopolitica o semplicemente militare. E proprio questo pone una domanda inevitabile, e senza risposta sul piano puramente tattico: è davvero possibile separare totalmente il giudizio su questi accadimenti dai presupposti di un ethos in altri campi continuamente invocato?

Il fatto sconcertante è che un repubblicano forse riconoscerebbe volentieri la sconfitta etica che viene ottenuta attraverso la relativizzazione della famiglia o l’uso di cellule staminali embrionali per la ricerca, mentre non sarebbe facilmente pronto a riconoscere l’aspetto etico insito nella decisione di iniziare questa guerra e nelle azioni laceranti che questa guerra continua a occasionare. Anzi, forse, per alcuni "teo-con" appoggiare la guerra è un fatto in sé etico che sta su un piano molto superiore rispetto alla difesa dell’ambiente o alla costruzione di scuole nel Terzo Mondo.

Il problema centrale è che la questione della pace non può essere considerata un tema secondario dal punto di vista dei valori. Non è possibile ritenere che vi siano istanze etiche che giustifichino interventi militari che producono morte e distruzione di vite umane tranne che in circostanze molto precise contenute nello stesso ethos. Queste circostanze non concorrevano nel momento di decidere l’inizio di quella guerra e il divenire del conflitto lo ha posto ulteriormente in chiara evidenza. La pace è il fondamento e il fine a cui deve tendere una politica autenticamente attenta al diritto. E non può essere sacrificata a altre regole o interessi.

Anche un giurista classico come Grozio, che ha riflettuto a fondo sull’aspetto ineluttabile della guerra, ha sempre riconosciuto che il fine della politica deve essere la pace tra gli uomini. Tutto questo vale sul piano etico anche quando può essere difficile realizzarlo in pratica.

In questo senso, è ovvio che per i conservatori è stato molto importante mettere in rilievo i contenuti eticamente labili dell’opposizione, che vengono valutati come parte di una visione della vita scissa dall’etica. Si deve rilevare, però, che la decisione di cominciare una guerra non è giustificata senza che una solida considerazione etica più che consigliarla la renda eticamente obbligata.

La lotta tra Repubblicani e Democratici ha ricavato da problemi etici di questo tipo conclusioni rilevanti di carattere pratico. Gli argomenti contrari a certe forme di ricerca da parte dei conservatori mirano proprio ad evidenziare l’aspetto eticamente intollerabile delle prospettive opposte, mentre i Democratici vedono in queste tecniche di sperimentazione un chiaro progresso della libertà e della civiltà.

L’importanza che il dibattito etico ha avuto nella campagna elettorale è particolarmente evidente se si pensa ad alcuni avvenimenti, come, ad esempio, la perdita di consensi che ha subito il candidato democratico James Webb in Virginia a causa di alcune tesi - reputate dai repubblicani "immorali" - presenti in uno dei sui romanzi. Ora, tutto ciò è eticamente congruente e compatibile con la recente scelta del governo di edificare un muro per proteggere i confini del sud dall’immigrazione clandestina proveniente dal Messico?

D’altra parte, osservando il contenuto delle proposte dell’opposizione si vede chiaramente quanto essa sia portatrice di un ethos proprio. In questo senso, il recente caso del Missouri chiarisce molto bene la situazione. È chiaro, infatti, che la difesa della salute, del diritto pubblico all’educazione, del salario minimo, di un ambiente ecologico sono tutti contenuti eticamente decisivi per una proposta progressista attenta alle questioni dei diritti civili.

In definitiva, si deve riconoscere che la contrapposizione tra gli schieramenti ha assunto il senso complessivo di uno scontro etico tra visioni del mondo, animando la lotta politica dei partiti e dei candidati in competizione, e si deve riconoscere che il carattere quasi perfettamente bipolare della politica americana ha trasformato la scelta elettorale dei cittadini in un’opzione tra modelli alternativi. Un ethos è autenticamente tale, però, quando riesce a conformare una visione intera della vita, altrimenti perde ogni credibilità.

Un ethos asimmetrico, settoriale, manca di razionalità. Una visione etica settorializzata, fatta a macchie di leopardo, assomiglia ad una persona che dice la verità solo ogni tanto e vuole essere creduta sempre. Non si può utilizzare un valore etico contro un altro, allo stesso modo in cui non si può distruggere la vita per difendere la vita.

Aristotele, nell’Etica Nicomachea, ci aveva insegnato come le forze - ma non i principi - che concorrono a promuovere e conservare la vita sono le stesse che possono distruggerla. Tutto dipende dai criteri che si adottano e dalle azioni che ne conseguono. Questo fatto avviene proprio perché questi criteri sono per l’uomo il suo ethos, che o è congruente in tutto oppure rivela tutta la sua debolezza.

Si può giustificare moralmente la guerra e, dalla stessa posizione etica, avere un programma di tutela della vita oppure sostenere la stabilità della famiglia? Penso che questo sia il vero grande quesito da risolvere.

L’ethos che muove verso la guerra dovrebbe essere lo stesso ethos che muove verso la ricerca della pace, e quello di chi difende la vita dovrebbe essere lo stesso di chi difende il diritto alla vita di malati inguaribili.

Non è un caso che il giurista tedesco Kelsen abbia affermato che "il senso più profondo della democrazia è che ciascuno voglia la libertà non soltanto per sé ma anche per gli altri". E ciò è possibile solo all’interno di un ethos in cui tutte le persone e, soprattutto, tutti gli aspetti della vita trovino il loro posto in un sistema coerente.

In fondo, Hobbes non aveva torto a ritenere che il vero presupposto della guerra è l’unilateralità e la parzialità delle prospettive, perché essa porta a contrapporre un interesse parziale ad un altro, disconoscendo l’ethos comune. E senza uno sguardo agli aspetti fondamentali che sono comuni a tutti si distrugge la validità etica di ciò che viene proposto da ciascuno. Come non vedere in questo un elemento di dissoluzione che minaccia la stessa politica?

Ecco che l’inseparabilità di tutti i problemi attuali della società, insieme con la difficoltà di affrontarli tutti insieme, senza incoerenze esasperate, è proprio ciò che sta immobilizzando le decisioni politiche, e non soltanto quelle americane. L’Europa stessa si trova divisa da analoghe questioni di coerenza.

Cercare la prospettiva del bene di tutti e del tutto si rivela, alla fine, sempre un percorso difficile, ma anche l’unico valido veramente, proprio perché, come sosteneva Pieper, il tutto non è mai soltanto la somma delle parti. (6 novembre 2006)


-  "UT UNUM SINT": Contro il delirio di onnipotenza di ogni malinteso "monoteismo", rimeditare la lezione di Sigmund Freud e della Costituzione italiana ....
-  L’AVVENIRE DELLA ILLUSIONE VATICANA : DEBOLE O FORTE, LA TEOCRAZIA E’ SEMPRE PARENTE STRETTA DI FASCISMI, NAZISMI E BERLUSCONISMI. Una nota di Paolo Flores D’Arcais (...) Joaquìn Navarro-Valls ha pubblicamente confessato il programma di "teocrazia debole" che la Chiesa gerarchica di Karol Wojtyla prima, e quella di Joseph Ratzinger oggi, stanno tenacemente perseguendo. Con esiti fin qui fallimentari nel mondo, ma di peculiare successo nella "eccezione" Italia (...)


Rispondere all'articolo

Forum