Il 3 febbraio l’ultimo degli spettacoli in Italia, poi il primo tour nel Paese orientale.
"Il Festival? Sarà classicissimo. Solo Fazio l’ha rinnovato, gli altri hanno tutti fallito"
Renzo Arbore alla conquista della Cina.
"Sanremo no, non inseguo gli ascolti"
"La musica in Rete, una realtà con cui le case discografiche devono fare i conti".
Dopo il successo di ’Speciale per me’ tornerà in tv: "Il pubblico ama i programmi non hard"
di ALESSANDRA VITALI *
CHISSA’ com’è Santa Lucia, cioè Sul mare luccica cantata in cinese. Curiosità fondata, perché sarà un tenore cinese a eseguirla sul palco insieme a Renzo Arbore, che con la sua Orchestra italiana si appresta a celebrare il primo China Tour, dal 12 febbraio per circa un mese, gran finale a Shanghai. Una "trasferta" che arriva dopo il successo del tour italiano, quaranta concerti fra la scorsa estate e l’autunno-inverno, parola d’ordine "sold out" fino alla serata conclusiva, sabato 3 febbraio al Gran Teatro di Roma. Poi, il tempo di riordinare idee e bagagli, e l’8 si parte, destinazione Cina.
Renzo Arbore, a parte il tenore cinese, ma lei, la lingua, l’ha un po’ imparata?
"Quattro frasi. Per non fare come le rockstar che vengono da noi e dicono solo ’Ciao Italia’. L’ho già fatto in Russia e in Giappone: le scrivo su un foglietto, le leggo un po’ di sottecchi".
E’ sicuro che le canzoni napoletane "sfondino" in Cina?
"Molte sono già note e amate. Noi proponiamo tutto il nostro repertorio, anche i brani dei programmi tv, e molto intrattenimento, ma la canzone napoletana la fa da padrone, da O’ sole mio a Torna a Surriento a Marechiaro".
Il tour ha anche uno scopo, diciamo, di scambio commerciale?
"Per la prima volta ci sponsorizza la Regione Campania con il Cis di Nola, il polo commerciale che comprende anche il Vulcano Buono, la struttura progettata da Renzo Piano a forma di Vesuvio, ancor più straordinario perché vicino a Napoli, in un’area altrimenti depressa. Realtà che sono un ottimo segnale per il Sud. Andremo in Cina a pubblicizzare quel sistema perché possano adottarlo".
E farete una specie di diario di viaggio...
"Partiamo con la troupe e il regista Riccardo Di Blasi e tutto potranno assistere alle tappe del viaggio sul mio sito, che verrà sempre aggiornato".
A proposito di internet: pro o contro la musica che si scarica in Rete?
"E’ necessario conciliarsi con internet ma serve una disciplina, c’è il rischio-erosione per le case discografiche. Ma spesso il web è l’unico modo, per un giovane, per conquistare visibilità, fare un disco costa troppo, per chi inizia non c’è spazio. C’è grande confusione ma la Rete è una realtà con la quale bisogna fare i conti, è il futuro".
In Cina non potrà vedere il Festival di Sanremo targato Baudo.
"Pippo farà un Sanremo classico, andrà bene, anche perché credo che tutti i tentativi di rinnovare il Festival siano inutili".
Fabio Fazio c’è riuscito.
"Bellissima edizione, ma è stata l’eccezione. Gli altri sono andati a vuoto, cose raffazzonate, ogni anno è più faticoso. L’aspetto più significativo è che fa emergere giovani interessanti, come i Negramaro, è l’unica occasione perché la tv, ai giovani, non dedica spazio. In questo senso, Sanremo ha ancora una funzione".
Lei lo farebbe?
"Il Festival è un evento professionale per un pubblico che è il più vasto e popolare che ci sia, va fatto in maniera popolare, con la bionda, la bruna e tutti i crismi. Io, si sa, non inseguo un pubblico vasto...".
Intanto con uno show il cui motto era "Meno siamo meglio stiamo" ha fatto ascolti-record.
"La prima puntata di Speciale per me (21 gennaio 2005, ndr) ha ottenuto oltre il 36% di share e poi sempre una media lusinghiera. Perché è una tv diversa da quella ’usa e getta’".
Un esempio di tv usa e getta?
"Quella che fa scandalo, fa parlare i giornali, programmi che il giorno dopo sono datati, non puoi più usarli. Speciale per me va in replica su RaiSat Premium e certi duetti, con Banfi o Proietti e Benigni, li puoi mandare in onda sempre, non scadono mai".
Tornerà in tv?
"Sì perché i risultati di Speciale per me dimostrano che al pubblico piace una tv tranquilla, elegante, non hard. Non a caso, i miei programmi sono i più replicati. Vanno sempre. E’ una tv a futura memoria".
* la Repubblica, 1 febbraio 2007.
ARBORE: CANTERO’ ’O’ SOLE MIO’ ANCHE IN CINA *
ROMA - Per prepararsi alla prima tournée in Cina, Renzo Arbore e la sua Orchestra Italiana saranno accolti da un tutto esaurito al Gran Teatro di Roma, per il quale "nonostante si sapesse che non c’erano più biglietti, ci sono arrivate 2000 telefonate di persone che si sono messe in lista d’attesa. Al ritorno in Italia ne faremo un altro" come racconta Arbore che si concede anche una divagazione televisiva. "Per la terza volta verrà replicato ’Meno siamo meglio stiamo’ che sarà trasmesso da Raisat Extra. Intanto sul satellite riva in onda ’Indietro tutta’. Credo di essere il personaggio più replicato della tv, probabilmente perché faccio una televisione a futura memoria e non usa e getta". La tournée in Cina comincerà il 13 febbraio a Tinjing e proseguirà il 14 a Beijing, il 20 a Nanjing, il 23 a Hang Zhou e il 25 a Shanghai.
"Suoneremo in grandi teatri e utilizzeremo la stessa organizzazione che ha portato in Cina Andrea Bocelli e I Rolling Stones, mentre il nostro tour è sponsorizzato dalla Regione Campania e dal CIS, la Città mercato di Nola spiega Arbore E’ chiaro che la nostra scaletta cambierà e che inseriremo classici come O’ Sole Mio o Nessun dorma. Per O’ Sole mio abbiamo preparato una versione meté in napoletano e meté in cinese che sarà cantata da un tenore cinese. Faremo un po’ di jazz, con il contributo di Gegé Telesforo, e un po’ di canzoni umoristiche oltre al nostro repertorio di canzoni napoletane per le quali siamo conosciuti e che sono forse l’unico esempio di pezzo popolare non campionabile".
Con I concerti in Cina, se si escludono alcuni Paesi dell’ex Est europeo, "dove stiamo già lavorando per andare" e l’Africa, si può dire che l Orchestra Italiana ha suonato in ogni angolo del mondo. "Abbiamo suonato alla Carnegie Hall di New York e all’Olympia di Parigi, a Mosca e a Tokyo, alla p.za di Espana di Siviglia e allo stadio di Amsterdam, alla Royal Albert Hall di Londra e in Brasila, Canada, Australia, Venezuela e Argentina", precisa Arbore soddisfatto. Le ragioni di questo successo sono spiegate così: "noi non facciamo concerti per vendere dischi, noi facciamo un vero spettacolo.
Dopo 15 anni di carriera, l’Orchestra Italiana ha un repertorio che abbraccia tutti i generi, ora abbiamo aggiunto persino il reggae e il raggamuffin, sappiamo divertire e commuovere, io mi spendo anche come entertainer, faccio speech ironici, dico fesserie che fanno divertire la gente. Il nostro é un pubblico assolutamente trasversale". In Cina ci sarà un mini troupe a seguire "I nostri misfatti", racconta Arbore: "realizzeremo un diario con le impressioni mie e di Gegé Telesforo sulla Cina. Ormai l’Orchestra Italiana può contare anche su una consistente documentazione per immagini visto che tutte le nostre sortire all’estero sono state seguite dalle telecamere".
* ANSA » 2007-02-02 23:20
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Folk da Esportazione
La Taranta suonata a Pechino
Il gruppo barese «Fabryca» ad aprile sarà in Cina, il deejay e compositore Nicola Conte è una star in Germania, Matteo Bortone è il miglior nuovo contrabbassista 2015
di Riccardo Piaggio (Il Sole-24 Ore, Domenica, 20.03.2016)
Puglia sounds good. Dagli storici Cantori di Carpino ai Sud Sound System, la Regione più lunga d’Italia, culla della pizzica ed altre delizie, comincia ad esprimere qualcosa di radicalmente nuovo, che porta in dote nuove possibilità al nostro frastagliato paesaggio culturale.
I tesori musicali pugliesi arrivano da lontano, almeno dai primi anni ’50, quando Ernesto De Martino e Diego Carpitella ridiedero vita e respiro al secolare fenomeno del tarantismo, ma negli ultimi cinque anni la musica pugliese ha finalmente preso la consistenza di un brand internazionale. Merito anche di “Puglia Sounds”, programma di produzione, sostegno e valorizzazione della musica pugliese, che gli Assessorati al Mediterraneo e al Turismo, nell’ambito del Programma Operativo FESR (Fondo Europeo Sviluppo Regionale) hanno affidato al Teatro Pubblico Pugliese, che ha prodotto e promosso, dal 2010, qualcosa come 860 concerti all’estero, 175 nuove produzioni discografiche, oltre al sostegno a 260 artisti attraverso bandi e la creazione di una rete di 106 festival.
Come nasce una rivoluzione culturale? Da un progetto, prima che dal fuoco sacro delle passioni. Il filosofo Tomás Maldonado, nella sua Speranza progettuale, sosteneva con incrollabile fede come esistano al mondo «il tipico fare senza progetto: il gioco. Vi è anche il tipico progettare senza fare, un progettare il cui scopo fondamentale non è la realizzazione immediata: l’utopia». Le rivoluzioni non si fanno né per gioco, né con le utopie. Si fanno, più semplicemente, con i business models. Cose lontane dalla sensibilità e dalla creatività italiche, dove tutto s’aggiusta ma, alla fine, se qualcosa si muove è perché poco, o nulla, cambi davvero.
Poi, ci sono fenomeni come “Puglia Sounds”, uno dei più innovativi esperimenti territoriali di produzione e promozione di conoscenza pubblica degli ultimi anni, con un modello integrato, che per una volta sembra funzionare, tra pubblico e privato, non profit e commerciale, top-down e bottom-up. Tra tutti i patrimoni immateriali, la musica è quello più flessibile e che probabilmente consente l’esplorazione più libera e aperta a scoperte insolite e senza tempo. Perché, come diceva “zio” Andrea Sacco, cantatore di Carpino, «chi suona e canta non muore mai».
Così, dal 2010, esiste un laboratorio permanente della musica pugliese nel mondo. Da qui è partito un progetto che ha messo insieme centinaia di giovani artisti pugliesi, espressione della tradizione e del rinnovamento musicale di questa Svizzera del Sud che è da sempre laboratorio culturale, linguistico e sociale. Jazz, musica popolare (dal folk revival alla world music), rock e musica elettronica, musica colta contemporanea. Musiche attuali, viventi, ciascuna parte di una complessa rete di funi che sostengono, a fatica, il necessario ponte tra memoria e futuro di questa terra. Che poi, allargando lo sguardo, non è che una metafora dell’immenso patrimonio culturale del nostro Paese, sovente vittima del folklore sbagliato.
Al cuore di tutto, naturalmente, la pizzica e il tarantismo coltivati nel paniere della world music, arcaico patrimonio che però “Puglia Sounds” ha prima coltivato e poi cominciato a raccogliere, con i frutti maturi di realtà come il Canzoniere Grecanico Salentino, ensemble di campioni del folk revival dal lontano 1975, i semi più recenti di fenomeni come i Nidi D’Arac, Mascarimirì, Officina Zoè, presenti nei principali Festival europei e i grandi eventi popolari come La Notte della Taranta, recentemente approdata in prestigiose sedi internazionali (dal«Barbican» di Londra al «Boston Common»).
Ma la nuova rete musicale pugliese, nell’ultimo quinquennio, ha accolto anche fenomeni diversi dal miglior folklore (sia di tradizione che di rinnovamento), esprimendo eccellenze nell’ambito del jazz e delle musiche improvvisate, come il dj e compositore di acid jazz e bossa nova Nicola Conte (una star in Germania), la giovane gloria internazionale Gianluca Petrella, tra i migliori trombonisti al mondo, il giovane contrabbassista Matteo Bortone, miglior Nuovo Talento 2015 per il magazine «Musica Jazz». E ancora la canzone d’autore e le musiche attuali con la voce di Erica Mou, le performance dei Sud Sound System e la ricerca sonora dei Radiodervish. La missione di “Puglia Sounds” (con i suoi segmenti Live, Record e Export) è quella di creare reti e sostenere le nuove scoperte, alimentate da fenomeni come il dj Populous, tra i nuovi riferimenti dell’elettronica italiana (lo scorso gennaio è stato portato ad «Eurosonic» in Olanda) e il gruppo barese Fabryka (a fine aprile saranno impegnati in uno showcase al «Sound of the City» di Pechino).
Nella recente indagine sulla musica e sull’attività concertistica in Puglia e in Italia dell’Istituto Piepoli, saltano all’occhio valori quantitativi importanti, una sorta di effetto “Puglia Sounds”: nel confronto tra il 2010 (nascita del progetto) e il 2014, oltre il 120% in più di presenze in eventi gratuiti pugliesi (il dato nazionale è a meno 59%) e una media del 20% circa in più su spese al botteghino, sui servizi aggiuntivi e valori complessivi degli introiti - ossia le cosiddette ”esternalità positive” del settore culturale - a fronte di un incremento, nella media nazionale e sugli stessi parametri, di circa il 5% complessivo.
Dalla Notte della Taranta, tra i più popolosi eventi internazionali dedicati alle musiche popolari, fino all’alba delle sperimentazioni contemporanee realizzate in collaborazione con l’IRCAM parigino, centro di eccellenza mondiale sulle musiche di ricerca, la Puglia fa cantare nel mondo i suoi monumenti, irrorando i suoi germogli. Perché, anche quando sono immateriali, «bisogna che i monumenti cantino», così almeno ci suggeriva il poeta Paul Valéry; «è necessario che essi generino un vocabolario, creino una relazione, contribuiscano a creare una società civile. La memoria storica, infatti, non è un fondo immobile in grado di comunicare comunque, bisogna sapere come farla riaffiorare, va continuamente riparata».