Casini dica Dico
di Eugenio Scalfari *
Personalmente non amo affatto i luoghi comuni del tipo ’predica bene ma razzola male’, ma nel caso del leader dell’Udc e di Emilio Colombo quel giudizio viene spontaneo
A me non stupiscono e tantomeno mi scandalizzano gli interventi di Pier Ferdinando Casini e di Emilio Colombo che, da cattolici quali sono, intervenendo sulla questione delle convivenze di fatto mettono in discussione la propria vita privata. È stato un esercizio di verità cui un uomo politico è tenuto e che dimostra coraggio degno di lode.
Mi stupisce invece (specie per quanto riguarda Casini) che dopo aver scoperto le proprie carte e la propria condizione, continuino imperterriti la loro partita quasi che aver raccontato o (nel caso di Colombo) accennato al loro vissuto, la trasparenza sia sufficiente a consentire una piena agibilità etica e politica. Come se un leader politico che si trovasse in uno stato di grave conflitto d’interessi (sappiamo di chi parliamo) avendo riconosciuto l’esistenza di tale conflitto, per il semplice fatto d’averlo portato in pubblico si sentisse autorizzato ad impancarsi a censure nei confronti di chi si trova nelle sue stesse condizioni senza modificare e risolvere la propria. Questo sì, lo trovo stupefacente e scandaloso. Scandaloso perché diseducativo.
Personalmente non amo affatto i luoghi comuni del tipo ’predica bene ma razzola male’, ma nei casi suddetti quel giudizio viene spontaneo, insieme all’altro ’da quale pulpito viene la predica’ che solitamente vi si accompagna.
Provo un certo imbarazzo a discutere di fatti privati che riguardano persone pubbliche, il capo d’un partito che è stato per cinque anni presidente della Camera dei deputati e un senatore a vita che fu più volte ministro e poi presidente del Consiglio.
Uno di essi - Colombo - ha rivelato al pubblico la sua omosessualità ed anche, sia pur per breve periodo, la sua condizione di consumatore di cocaina; l’altro - Casini - la sua condizione di concubino e come tale escluso dai sacramenti, il che per un cattolico praticante non è certo cosa di poco conto.
Entrambi tuttavia non solo criticano aspramente l’iniziativa del governo di presentare un disegno di legge che assicuri alcuni diritti ai conviventi; non solo preannunciano il loro voto contrario quando arriverà all’esame del Parlamento, ma si pongono come punti di riferimento d’una campagna politica e ideologica che sta contrapponendo laici e cattolici di stretta osservanza. Casini addirittura guida quella campagna, ne spiega la necessità, stigmatizza altri cattolici che ad essa si oppongono, e lo fa senza minimamente porsi il problema da lui stesso portato a conoscenza dell’opinione pubblica ed anzi usando quella sua personale esperienza come una sorta di gallone al merito dal quale trarre titolo per giudicare gli altri. Mi viene in mente un terzo luogo comune da affiancare ai due in precedenza ricordati ed è ’armiamoci e partite’. Sarà banale e fin troppo usato come arma polemica, ma in questo caso ce lo strappano di bocca.
Ci sono alcune incongruenze imperdonabili nell’intervista data qualche giorno fa da Casini al nostro giornale, che debbo qui ricordare nel quadro di quella contraddizione più generale che divide il vissuto dal teorizzato. Vediamole.
Afferma, l’ex presidente della Camera, che il figli nati al di fuori del matrimonio hanno gli stessi diritti dei loro fratelli ’legittimi’. Ma non è così. I figli ’riconosciuti’ hanno gli stessi diritti dei ’legittimi’ solo nei confronti del genitore che li ha riconosciuti, ma non dei nonni o degli zii. Sono pertanto esclusi dai diritti di successione di questi consanguinei a favore di consanguinei più lontani di loro nel grado effettivo di parentela e addirittura a favore di parenti acquisiti e non consanguinei. Questione non piccola, resa più grave per le convivenze di fatto se quei diritti non fossero esplicitamente considerati.
Afferma anche, Casini, che le coppie di fatto sono unite da sentimenti di amore e non hanno dunque alcun bisogno che l’amore sia legalmente riconosciuto. L’amore c’è o non c’è. Il matrimonio è invece uno ’status’ che - oltre ed eventualmente al di là del sentimento amoroso - estende la sua duratura influenza all’educazione della prole e al consolidamento della famiglia; crea pertanto diritti e soprattutto obblighi che permangono anche se l’amore finisce o si trasforma in altro tipo di sentimento. Per le coppie di fatto la questione è diversa. Nascono e durano con l’amore; quando esso scompare, scompare anche la coppia; se non fosse così non si capirebbe perché la coppia di fatto non accetti di sposarsi.
Questo ragionamento è molto singolare. Intanto perché stabilisce una presunzione ’juris et de jure’, cioè senza ammettere la dimostrazione del contrario; ed è la presunzione che il matrimonio possa e anzi debba sussistere indipendentemente dall’amore tra coniugi, mentre la convivenza di fatto è sempre e soltanto un rapporto tra due innamorati.
Non so se Casini sia consapevole che questa sua concezione assegna alla convivenza di fatto una qualità sentimentale nettamente superiore a quella del matrimonio. Si direbbe di sì, che ne sia consapevole, poiché dichiara che la sua attuale convivenza lui la vive come un matrimonio di qualità superiore ai matrimoni normalmente celebrati. Se lo dice lui bisogna credergli.
Ma, seguita ad argomentare il leader dell’Udc, proprio perché l’amore è il cemento delle convivenze di fatto, i conviventi non hanno alcun bisogno di pattuire o vedersi riconosciuti diritti e doveri reciproci; basta l’amore che è al di sopra d’ogni interesse. Questa posizione è molto romantica e come tale fa simpatia e tenerezza; ma è anche intollerabilmente classista. Può andar bene per conviventi benestanti che non hanno bisogno di assicurarsi la reversibilità della pensione del convivente, il diritto all’assistenza sanitaria e alla parte legale dell’eredità, la continuità del contratto d’affitto in caso di morte del partner, eccetera. Evidentemente le cose non stanno affatto così per le coppie sprovviste di mezzi e costrette quindi a misurarsi con le asperità della vita quotidiana nel momento in cui il convivente più fornito di mezzi e più fornito di risorse scompaia.
Quanto al senatore Colombo, egli non è caduto in incongruenze così palesi. Si è limitato a dichiarare che i Dico sono contro la famiglia (che lui non ha mai avuto) e quindi contro la religione. È un assunto da dimostrare ma lui la pensa così e ne ha tutto il diritto. Su un punto però Colombo è chiaro: gli omosessuali non possono essere discriminati anche perché la nostra Costituzione non lo consente. In questo ha perfettamente ragione. Per cui - deduco io - se i Dico saranno approvati le coppie omosessuali non potranno esserne escluse. Forse Ruini non sarà d’accordo, ma Colombo che è pronto all’obbedienza su questo punto non verrà a patti. Il cardinale è avvisato.
* L’ESPRESSO, 27 febbraio 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
EUROPA: ITALIA. RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO SULL’OMOFOBIA
È morto Emilio Colombo: aveva 93 anni
L’Italia dice addio all’ultimo padre costituente
Nato a Potenza nel 1920, si è spento questa sera a Roma. Era senatore a vita dal 2003, nominato da Carlo Azeglio Ciampi. Era l’ultimo membro della Costituente ancora in vita *
ROMA - Era l’ultimo dei membri della Costituente ancora in vita, presidente del Consiglio, più volte ministro, europarlamentare, senatore a vita "per aver illustrato la patria con altissimi meriti nel campo sociale": Emilio Colombo è morto oggi, a 93 anni, a Roma.
"A De Gasperi ho dato sempre del lei. Anche a Togliatti", aveva confessato in una recente intervista, dando un po’ il senso della sua storia personale e del suo carattere. Un uomo che ha segnato la storia repubblicana del nostro Paese: nato a Potenza l’11 aprile 1920, laureato in giurisprudenza e proveniente dalla Gioventù di Azione Cattolica, Colombo fu eletto all’Assemblea Costituente a 26 anni, con poco meno di 21mila voti di preferenza.
Una stella polare, quella della Carta per Colombo. Nel 2003, appena nominato senatore a vita, disse: "La Costituzione è uno dei beni conquistati a suo tempo, la piattaforma che ha consentito all’Italia di diventare quel che è". E aggiunse: "Vigilerò sulle riforme, i principi che sono contenuti nella prima parte si riflettono anche sulla seconda".
Nel 1948 fu poi eletto deputato, con oltre il doppio dei voti ottenuti due anni prima: è il decollo definitivo di una carriera che lo porterà, nell’agosto del 1970, a diventare presidente del Consiglio, incarico che conserverà fino al febbraio del 1972. Prima era stato varie volte ministro (Agricoltura e foreste, Industria e commercio, Commercio con l’estero, Tesoro, Bilancio, Finanze, Esteri) e sottosegretario (Agricoltura, Lavori pubblici).
In campo europeo, Colombo ebbe un ruolo nei negoziati con la Francia all’epoca della politica della "sedia vuota" inaugurata da De Gaulle: nel 1979 fu rieletto al Parlamento europeo con circa un milione di voti di preferenza. Nel 1977 divenne presidente dell’assemblea Ue e fu riconfermato nel 1979, anno in cui gli fu assegnato il premio "Carlo Magno", attribuito ogni anno proprio all’uomo politico che contribuisce di più al processo d’integrazione europeo.
L’unico, forse, grande "dispiacere" di una vita politica eccezionale è stata la mancata elezione al Parlamento del 2001: Colombo, candidato come indipendente con Democrazia Europea - in una fase politica molto accesa all’interno del suo schieramento - ottenne oltre undicimila voti (il 15,3 per cento). Due anni dopo, però, la nomina a senatore a vita gli restituì tutto con gli interessi. Dopo le ultime elezioni, ha guidato lui il Senato nella prima riunione.
C’è stata anche una parentesi oscura, legata a un’inchiesta su un giro di droga, nel 2003, dopo la nomina a senatore a vita. Lui ammise l’utilizzo di cocaina, a scopo terapeutico, da poco più di un anno.
Le reazioni. "Di fronte all’incedere della storia si può solo restare in un rispettoso silenzio. Ma con la scomparsa del presidente Colombo non scompare solo lo statista, ma anche il maestro di molti di noi, di un’intera classe dirigente", dice il presidente della giunta regionale della Basilicata, Vito De Filippo (Pd), dopo aver appreso la notizia della morte di Colombo. "Per questo riesco ed esprimere in questo momento solo un grande dolore", aggiunge.
Pier Ferdinando Casini commenta in una nota: "Un altro grande protagonista della storia italiana ci ha lasciato questa sera. Collaboratore di De Gasperi, uomo di governo illuminato e trasparente, europeista apprezzato in tutto il mondo, Emilio Colombo, già presidente del Parlamento europeo e dell’Internazionale democratica cristiana, ha testimoniato fino all’ultimo nel Senato della Repubblica la sua dedizione per le Istituzioni e per l’Italia. Lo ricordo con commozione ed affetto".
* la Repubblica, 24 giugno 2013
intervistato da Enrico Lucci nell’appuntamento speciale con «Le Iene Show»
Vendola: «Un premier gay? C’è già stato»
Il presidente della Regione Puglia a tutto campo su primarie, Pd, Berlusconi e la sua vita privata *
MILANO - «Un gay è già stato presidente del Consiglio. Era un democristiano». Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (Sel), intervistato da Enrico Lucci nell’appuntamento speciale con «Le Iene Show» in onda domani alle 21.10 su Italia 1.
Vendola parla a tutto campo delle primarie, del suo programma, del Pd, di Berlusconi e anche della propria vita privata. Perché vuoi le primarie nel centrosinistra?, chiede Lucci.
«Perché il centrosinistra - spiega Vendola - è in uno stato comatoso. Possono essere un principio di rivitalizzazione».
E ancora: quando si andrà a votare? «Prossima primavera», risponde Vendola. Perché gli italiani dovrebbero votarti? «Perché sentono che sono una persona autentica».
Qualche parola, sollecitato dalle domande, anche su Massimo d’Alema: D’Alema, gli viene chiesto, ti è sempre contro. Tu per lui cosa provi? «Affetto», risponde Vendola. A proposito del comunismo, Vendola afferma che oggi si definirebbe «come un uomo della sinistra».
E ancora: sul premier Berlusconi. La sua virtù, secondo Vendola «è di saper vivere con cordialità i rapporti con gli avversari».
Cosa non ti piace di Berlusconi? «Dire una cosa per significare l’esatto contrario. La manipolazione del vocabolario».
Infine, la sua vita privata: Sei un gay? «certo», risponde.
Un gay può diventare Presidente del Consiglio? «Lo è già stato». Chi? «Non lo dirò neanche sotto tortura». Di che partito era? «Democristiano».
Infine, il presidente della Regione Puglia spazza via ogni dubbio sul suo orecchino di cui tanto si continua a parlare: se servisse per vincere lo toglieresti l’orecchino? «No. Sarebbe un modo per camuffarmi». (fonte: Ansa)
* CORRIERE DELLA sERA, 19 settembre 2010