RUSSIA: GORBACIOV TORNA IN CAMPO
(di Claudio Salvalaggio) *
(ANSA) - MOSCA, 20 OTT - C’é ancora bisogno di "perestroika" e "glasnost" nella Russia putiniana, dove "lo spazio politico pubblico si sta restringendo", "la vera lotta alla corruzione non è ancora cominciata" e "metà della popolazione arriva a stento a fine mese": per questo l’ultimo presidente dell’Urss, Mikhail Gorbaciov, scende di nuovo in campo, facendosi incoronare a Mosca presidente del Movimento dei socialdemocratici, che aspira a diventare un partito di massa per le elezioni del 2012. Un progetto ambizioso, di ampio respiro, che salta a pié pari le legislative del 2 dicembre ed esclude la corsa dello stesso Gorbaciov alle presidenziali del 2 marzo prossimo, quando Vladimir Putin non potrà più ricandidarsi per il terzo mandato consecutivo. Ma anche un obiettivo che deve fare i conti con la scarsa popolarità di cui gode in patria il Premio Nobel per la Pace, che aveva già tentato con scarso successo di riproporsi sulla scena politica: prima candidandosi alle presidenziali nel 1996, dove aveva raccolto solo un misero 0,5%, e poi diventando nel 2001 presidente del partito socialdemocratico russo.
Ma la formazione era rimasta marginale e nel 2004 Gorbaciov si era dimesso dal partito, poi sciolto la scorsa estate dalla corte suprema per mancanza di requisiti legali. Ora il padre della perestroika ci riprova all’età di 76 anni, marcando per la prima volta, anche se in modo velato e contraddittorio, la sua apparente distanza dal regime di Putin, di cui ha apprezzato la scelta di rispettare la Costituzione. "Gli ultimi anni hanno visto una certa deformazione del sistema parlamentare e dei principi della separazione dei poteri, che si è manifestata innanzitutto attraverso la natura ipertrofica della ramificazione del potere esecutivo", ha esordito. "Lo spazio pubblico della politica si sta restringendo. Sono state adottate leggi che ostacolano la competizione tra partiti. Di che competizione stiamo parlando se la Corte suprema li liquida con varie motivazioni?", si è chiesto. Ma l’ex presidente sovietico ha attaccato anche sul fronte socio-economico: "Non c’é un vero sostegno per il business" e "un’autentica lotta alla corruzione non è ancora stata avviata", ha sostenuto. Gorbaciov ha detto di dubitare anche delle informazioni sulla povertà diffuse da diversi canali: "Penso che metà della gente arrivi a stento a fine mese. Guardate come stanno galoppando i prezzi: 20%, 30%, 40%. Qual é il senso in tutte queste misure di protezione sociale?", ha incalzato. Non è un caso che gran parte delle domande dei cittadini ricevute da Putin nella sua recente maratona tv di oltre tre ore abbia riguardato i problemi della vita quotidiana, dalle pensioni all’aumento dei prezzi. Situazione che lo ha costretto, alla vigilia di elezioni che lo vedono candidato come capolista di Russia Unita, ad un "discorso di sinistra" , come molti lo hanno definito, nel tentativo di conquistare i voti del partito comunista, ha sottolineato Gorbaciov. Le prossime elezioni, infatti, secondo alcuni sondaggi, potrebbero essere solo una gara a due tra Russia Unita e comunisti.
L’uguaglianza dei diritti
Salviamo la Russia dall’autoritarismo
ora un referendum sulla Costituzione
Un nuovo partito democratico per cambiare il Paese
L’obiettivo più importante è escludere la possibilità di un monopolio del potere da parte di una singola persona o di un gruppo
La gente vuole che si osservi il principio dell’uguaglianza delle opportunità, dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge
di Mikhail Gorbaciov (la Repubblica, 29.01.2012)
Il dicembre 2011 ha mutato la situazione socio-politica in Russia. La società si è svegliata, proclama i suoi diritti. Se all’inizio il potere sperava di superare felicemente le proteste, ben presto è stato chiaro che non ci sarebbe riuscito. Non l’avrebbe "scampata". Ha dovuto reagire. Probabilmente c’è stata la tentazione di ricorrere ad azioni di forza, come già in passato, ma la ragione ha avuto il sopravvento. Si è preferito agire in modo più diplomatico, riconoscendo nelle manifestazioni di protesta una testimonianza della maturità democratica della società. Ma il potere rifiuta di accogliere le richieste dei manifestanti: di annullare il risultato delle elezioni, falsato dalle irregolarità, e indire una nuova consultazione.
E dietro all’indignazione dei cittadini per i brogli elettorali s’intravede qualcosa di ancora più importante: il malcontento della parte più illuminata della popolazione urbana per il potere esistente, per i sistemi, i metodi e gli strumenti di cui si serve. Tenendo conto del carattere delle richieste avanzate, rivolte non solo contro persone concrete, ma anche contro la "verticale del potere", si può dire che il paese stia vivendo una grave crisi politica. E poiché la famigerata "verticale" è sorta nell’ambito della Costituzione vigente, quella odierna è anche una crisi costituzionale. A tutti coloro che non sono indifferenti al destino del Paese, lo sviluppo degli eventi pone con grande urgenza la domanda: che cosa accadrà poi? Quali obiettivi deve porsi la società civile dopo le elezioni presidenziali?
Quello che ci appare come il più importante obiettivo strategico è un cambiamento che escluda la possibilità di un monopolio del potere da parte di una singola persona o di un gruppo. La Costituzione del 1993 fu approvata in condizioni di una feroce lotta del potere esecutivo, nella persona del presidente Eltsin, con quello legislativo, rappresentato dal Soviet Supremo. Il potere esecutivo, uscito vincitore da questa lotta, dettò la concezione generale della struttura politica: formalmente democratica ma sostanzialmente autoritaria, assegnando al presidente del Paese dei poteri di fatto illimitati. Sarebbe ingenuo credere che un Paese con una lunga tradizione di governo (e di pensiero) autocratico e autoritario possa, d’un colpo solo, approdare a un sistema politico che risponda a tutti i requisiti della democrazia parlamentare. Ma è ciò che bisogna perseguire, se vogliamo una vera modernizzazione politica.
2. Paradossalmente i circoli liberali di destra cercano di cavalcare l’indignazione dei cittadini per i brogli avvenuti durante le elezioni della Duma. Nella loro scala di valori al primo posto ci sono la proprietà privata, l’arricchimento personale, alti standard di consumo individuale, la giustificazione dell’ineguaglianza sociale. Dallo Stato si aspettano una difesa dell’ordine basato su questi "valori". La maggioranza dei russi invece dà la preferenza a richieste che si è soliti definire "di sinistra". Suscita scontento l’esasperata disparità patrimoniale. La gente vuole che si osservi il principio dell’uguaglianza delle opportunità, dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Fra i diritti civili sono ritenuti prioritari quelli sociali, "di sinistra": il diritto all’istruzione e all’assistenza medica gratuite, alle garanzie per la vecchiaia e la malattia, il diritto al lavoro e a una sua retribuzione dignitosa.
3. Nel XX secolo la Russia ha sperimentato due modelli opposti di sviluppo sociale. Il "socialismo di Stato" sovietico ha permesso di portare avanti l’industrializzazione del paese, ma a prezzo di enormi perdite umane e materiali. Il modello neoliberale, inaugurato all’inizio degli anni ’90, ha portato a una crescita inaccettabile della disuguaglianza sociale, alla polarizzazione di ricchezza e povertà. È possibile un’altra via? L’esperienza dei paesi dell’Europa Occidentale, soprattutto di quelli Scandinavi (non priva, naturalmente, di contraddizioni e problemi) permette di rispondere affermativamente a questa domanda. Nella società, come hanno mostrato i risultati delle elezioni della Duma, cresce la richiesta di una politica nello spirito di un progetto social-democratico. Una politica che coniughi le esigenze del mercato e dell’imprenditorialità privata con un ruolo attivo dello Stato nella sfera economica e sociale. Se si considera anche l’orientamento di valori prevalente della coscienza sociale, risulta evidente che esiste il terreno per un consenso social-democratico.
4. A mio avviso non deve esistere un "partito del potere" che s’identifica con lo Stato, mentre gli interessi della società s’identificano con quelli della dilagante e corrotta burocrazia russa. I partiti devono essere "separati dallo Stato". Se un partito debba esistere oppure no (purché agisca nel campo costituzionale) devono deciderlo non i funzionari, ma i cittadini, attraverso il meccanismo delle elezioni. Solo a tale condizione e con l’indispensabile garanzia della libertà e dell’indipendenza dei mezzi d’informazione, compresi quelli elettronici, saranno possibili delle elezioni oneste e libere, una reale concorrenza dei partiti politici per il diritto di partecipare al governo dello Stato, la responsabilità e l’alternanza del potere, cioè un normale funzionamento del sistema politico.
Intravedo la comparsa in Russia di un nuovo, forte partito democratico, capace di prendere l’iniziativa di un rinnovamento della Costituzione: rinnovamento dettato dalla vita stessa. La via concreta per arrivarci è il referendum. Ecco cosa si dice nella Legge sul referendum: «Il referendum, al pari delle libere elezioni, è suprema e diretta espressione del potere del popolo». Agli elettori si potrebbe proporre il quesito: sostenete una riforma politica e costituzionale che elimini "l’autocrazia" e garantisca il potere popolare? E dunque, referendum popolare!
(Copyright Novaja Gazeta. Traduzione Emanuela Guercetti)
In piazza contro Putin Mosca sfida il gelo "Vogliamo un altro futuro"
In 120mila per strada. Flop del corteo pro-governo
di Nicola Lombardozzi (la Repubblica, 05.02.2012)
Mosca - Ci sono di nuovo tutti, sono perfino aumentati. In centoventimila sfilano allegri e colorati, a venti gradi sotto zero, tra cupole d’oro e stucchi zaristi del centro di Mosca gridando "Rossija bez Putina", "Una Russia senza Putin". E questa volta non sono più un "nuovo fenomeno da analizzare" per giornali e politologi ma sono, più familiarmente, "quelli contro il governo", diventati ormai un appuntamento fisso. Da salutare dalle finestre, da immortalare con i telefonini, applaudire fragorosamente quando ti passano sotto casa. Lo vedi nella faccia compiaciuta di Aleksej Navalnyj, il blogger anticorruzione, che guida la fila dalla statua di Lenin di piazza Octjabrvskaja insieme agli altri volti sempre più noti: l’ecologista Evgenija Cirikhova, l’ex vicepremier Boris Nemtsov. lo scacchista Garry Kasparov. Si beano della folla che li segue ma ancor di più dell’attenzione degli altri, di quegli "indifferenti" che cominciano a tifare per loro.
Cominciata, per rabbia e senso di impotenza, la notte del 4 dicembre subito dopo il voto per la Duma, la protesta resiste e si allarga. A poco servono le contromisure strategiche prese dallo staff governativo. Come la manifestazione alternativa pro Putin organizzata in contemporanea sotto all’arco di trionfo della Prospettiva Kutuzovskij.
I due popoli si erano incontrati e incrociati al mattino sulle scale mobili della metropolitana Kievskaja. Scendevano i "dissidenti", giovani con l’iPad in bella vista, pensionati comunisti con logore bandiere rosse, ragazze con il nastrino bianco sul cappello e lo smartphone in pugno, famiglie intere con bambini imbacuccati e con l’adesivo "voglio crescere libero". Salivano invece, volti seri di impiegati, militari in licenza, giovanotti infreddoliti arrivati apposta dalla provincia. Nessuna tensione. Al massimo qualche sguardo duro, più da pre-partita calcistico che da scontro ideologico.
Le punzecchiature semmai, sono arrivate dopo quando i blogger hanno diffuso su Internet le immagini dei pulmini di Stato che reclutavano "putiniani" d’emergenza davanti agli uffici pubblici o che documentavano l’afflusso mediocre al raduno governativo: non più di trentamila persone, poliziotti compresi.
Gli oppositori hanno vinto la battaglia dei numeri e lanciato un altro segnale al governo che continua a tacere. Ma hanno anche realizzato un efficacissimo spot promozionale per il prossimo appuntamento del 26 febbraio, un tormentone che continuerà anche dopo la scontata vittoria di Putin alle presidenziali del 4 marzo. Inseguendo il corteo dalla coda fino al palco di arrivo sulla piazza Bolotnaja si poteva infatti distinguere tutte le sfumature culturali, sociali e cromatiche degli indignati di Russia. Il rosso dei comunisti con i loro cartelli un po’ retrò come: "Cambiamo il futuro del nostro Paese". Il verde degli ecologisti con i disegni infantili di alberi e animali. L’arancione di Solidarnost che copia lo slogan delle prime rivoluzioni colorate: "Se restiamo uniti vinceremo!". Il rossonero dei nazionalisti "cattivi", quelli tatuati e rasati, che preferiscono le allusioni sessuali con una gigantesca caricatura effeminata di Medvedev che dice a Putin: "Cambiamo, ora stai sopra tu". Il giallo degli automobilisti organizzati che non hanno studiato molto gli slogan e continuano a ripetere semplicemente: "Putin in galera". E poi il giallonero dei nazionalisti cristiani che urlano come se pregassero: "Dio, salva la Russia". Il verde e oro degli ex parà, corpulenti e accigliati, che sanno bene a chi stanno parlando quando dicono "Ti manderemo a casa".
Fino agli ultimi trecento metri bombardati dalle note solenni sparate a mille dagli amplificatori montati su un autocarro. E’ l’overture di "Spartacus", il balletto amato da Breznev, ma anche da Stanley Kubrick, che il musicista Khacaturjan dedicò alla mitica rivolta dei gladiatori. Scelta azzeccata per combattere il freddo e darsi un contegno, arrivando alla fine danzando come pinguini ma con l’animo da rivoluzionari. E urlare tutti insieme: «Torneremo presto».
La rivoluzione in stivali di feltro
Noi, in piazza a Mosca per liberarci di San Putin
Non abbiamo bisogno di ghigliottine. Ma il regime ci è venuto definitivamente a noia
di Victor Erofeev (la Repubblica, 05.02.2012)
Se nella vostra macchina una ruota comincia a fare uno strano rumore, dopo qualche tempo bisogna sostituirla, altrimenti la macchina non va più. È quel che è successo negli ultimi tempi a Vladimir Putin: ha cominciato a dare segni di cedimento. In altre parole, si chiama desacralizzazione.
E se è vero che per me non è mai esistito San Putin, le decine di migliaia di persone che sono scese in piazza l’hanno fatto proprio per desacralizzare Putin nella coscienza dell’opinione pubblica russa.
A Mosca ieri faceva un freddo cane. Con un tempo simile i bambini si tengono a casa. Tutti si riuniscono intorno alla tavola con la tradizionale bottiglia di vodka. Ma, imbacuccati in sciarpe, guantoni da sci artici e stivali di feltro campagnoli, i moscoviti sono usciti nelle strade con bandiere e cartelli satirici che si facevano beffe di Putin e maledicevano la sua "autocrazia".
Sembrava di vivere contemporaneamente in due dimensioni diverse. Percepivamo l’atmosfera della rivoluzione russa del 1905, quella che costrinse lo zar a concedere la libertà di parola e di riunione, e che aprì la strada al primo libero parlamento russo. E nello stesso tempo, così mi è sembrato, qui a Mosca ci siamo avvicinati alla rivoluzione studentesca parigina del 1968, perché quella che manifestava nelle strade era gente allegra e ironica.
Io mi sono unito al corteo nella colonna di Michail Prokhorov, oligarca e candidato alla presidenza, che marciava con una giacca a vento che sarebbe stata perfetta per la stazione sciistica di Courchevel. Lo circondavano artisti, giornalisti, e anche persone venute da altre città della Russia. Ma questo era solo uno dei "fiumi" fra gli altri "fiumi" umani che alla fine si sono raccolti vicino al Cremlino in piazza Bolotnaja: quella che probabilmente in futuro sarà chiamata piazza della Rivoluzione. Oltre alla colonna di Prokhorov, lungo via Jakimanka davanti all’ambasciata francese marciavano i sostenitori di Javlinskij, i comunisti, i nazionalisti e i rappresentanti del nucleo ormai costituito della Lega degli elettori, che sotto la guida di Ryzhkov, Nemtsov, Navalnyj e di altri radicali si sta affermando come una nuova realtà politica.
La polizia guardava la manifestazione con un certo rispetto. Non poteva capire da dove saltasse fuori una simile massa di gente. Finalmente siamo arrivati in piazza Bolotnaja, vicino al Cremlino, dove da una tribuna si lanciavano appelli di contenuto anti-putiniano. Dopo la prima e la seconda manifestazione di dicembre, il corteo di ieri è stato molto più libero, direi che la gente somigliava a una tranquilla folla domenicale che avesse deciso di farsi una pattinata sul ghiaccio. Non c’era paura. C’era l’eccitazione del cambiamento.
Qualunque cosa accada nel futuro della Russia, questa manifestazione segnerà un momento storico: la scelta della Russia progressista, filoeuropea, contro il potere attuale. È una rivoluzione pacifica. Che non si ferma qui. Se il gelo non ha impedito ai manifestanti di uscire in strada, è chiaro che in primavera usciranno ancora, e ancora. Ormai si sono conosciuti, hanno capito che cosa vogliono. Vogliono la libertà. Sono contro la corruzione. Sono per la repubblica, contro l’autocrazia putiniana.
Putin deve fare la sua scelta. O dichiarare che tutta questa moltitudine è costituita da nemici della Russia e dare il via alle repressioni, o riconoscere di avere torto. In qualunque caso, è ormai un re detronizzato. Non abbiamo bisogno di ghigliottine rivoluzionarie. Ma anche il regime putiniano ci è venuto definitivamente a noia. La gente in stivali di feltro ha detto la sua parola decisiva. E poi se n’è tornata a casa, a riscaldarsi con la vodka e a giocare con i figli. È così che adesso si fa la rivoluzione da noi. Seguite la prossima puntata!
(Traduzione di Emanuela Guercetti)