Biagi, polemiche sull’«editto bulgaro»
Prodi: Enzo considerò l’attacco di Berlusconi come «un attentato alla libertà». Bondi: «Polemica artefatta» *
VIDEO - Berlusconi a Sofia: «Uso criminoso della tv»
ROMA - L’editto bulgaro di Silvio Berlusconi? Enzo Biagi lo considerò «un attentato alla libertà». Nel giorno della scomparsa del grande giornalista il premier Romano Prodi, ospite di «28 minuti» su Radiodue, ricorda la telefonata che ebbe con Biagi dopo che l’allora premier Berlusconi attaccò da Sofia il giornalista scomparso assieme a Michele Santoro ed Daniele Luttazzi, determinando l’allontanamento dei tre dalla Rai. Il presidente del Consiglio, all’epoca al vertice della Commissione europea, ricorda quei momenti: «Non ci incontrammo, ci sentimmo per telefono. Dominava lo sdegno. La arrabbiatura, che lui non nascondeva, era molto forte, e il senso di tutta la vicenda era la considerazione che era venuta meno una delle libertà fondamentali del Paese. Questo fu il contenuto di quella telefonata. Lo considerava un attentato alla libertà - prosegue Prodi - e si chiedeva quante altre voci potranno essere messe a tacere, se un cronista viene eliminato con questa facilità».
«LIBERTA’ ASSOLUTA» - Biagi, ha proseguito Prodi, era una persona di «una libertà assoluta. Non te le mandava certo a dire - sottolinea il premier - era un persona di una tale comunicatività che non teneva niente dentro di sè: te lo buttava addosso in un modo straordinario». Il premier ha anche ricordato la «curiosità impressionante» infinita del giornalista su tutti i temi, dalla politica a quello che succedeva ogni giorno e il senso dell’ironia che lo portava a scherzare e a prendere in giro il suo interlocutore. Ma alla fine, ha raccontato Prodi ha «sentito molto il senso della morte. Era quasi come se attendesse questo momento». Eppure era un uomo sereno, convinto di essere stato «privilegiato» e attivissimo: dopo uno dei numerosi interventi per i problemi cardiaci, fece lunghi viaggi: «andò e tornò dall’Argentina in due giorni, e io gli dissi, tu sei matto».
«POLEMICA ARTEFATTA» - Dura la replica del coordinatore nazionale di Forza Italia, Sandro Bondi, alle parole del premier. «Mai avrei pensato che il presidente del Consiglio potesse suscitare una polemica artefatta e immotivata il giorno stesso della morte di Enzo Biagi» ha detto il coordinatore di Forza Italia, polemico con il presidente del Consiglio che ha rievocato come Enzo Biagi reagì al cosiddetto «editto bulgaro» di Silvio Berlusconi.
* Corriere della Sera, 06 novembre 2007
Napolitano: «Grande voce di libertà»
Cordoglio del capo dello Stato per la scomparsa di
Enzo Biagi: gli rendo omaggio a nome dell’Italia *
ROMA - Con Enzo Biagi scompare «una grande voce di libertà»: lo scrive il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio inviato ai familiari del giornalista deceduto questa mattina.
«DIFENSORE DELLA COSTITUZIONE» - «Egli ha rappresentato uno straordinario punto di riferimento ideale e morale nel complesso mondo del giornalismo e della televisione - si legge nel messaggio del Capo dello Stato -, presidiandone e garantendone l’autonomia e il pluralismo. Il suo profondo attaccamento, sempre orgogliosamente rivendicato, alla tradizione dell’antifascismo e della Resistenza lo aveva condotto a schierarsi in ogni momento in difesa dei principi e dei valori della Costituzione repubblicana. L’amore per l’Italia e la conoscenza della storia nazionale avevano ispirato la sua opera di scrittore e le sue indagini nel vivo della realtà italiana».
«COMMOSSO RICORDO» - «A Enzo Biagi - scrive ancora Napolitano - uomo di genuina ispirazione socialista e cristiana rendo riconoscente omaggio a nome del Paese, esprimendo con commosso ricordo personale la più affettuosa vicinanza e solidarietà ai suoi familiari in questo momento di dolore e di rimpianto».
PRODI: «GRANDE MAESTRO» - Anche il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha voluto testimoniare la vicinanza delle istituzioni alla famiglia Biagi, a cui con un telegramma ha espresso «sincera e commossa partecipazione al dolore». «Scompare con Enzo Biagi - ha scritto il premier - un grande maestro dell’informazione, che ha portato nelle case degli italiani con puntuale attenzione e sensibilità giornalistica le notizie e i commenti di tanti eventi della nostra storia di questi decenni, attraverso la carta stampata, gli schermi televisivi, e i numerosi libri di successo. Figura storica del giornalismo, si è battuto sempre per la salvaguardia della libertà dell’informazione e del Paese. Lascia in tutti noi un grande vuoto».
«PROTAGONISTA VITA CULTURALE» - Per il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, Biagi è stato «un protagonista del giornalismo italiano e della vita civile e culturale della nostra storia recente, uno dei più importanti giornalisti dell’Italia del dopoguerra, che ha espresso nella sua lunga professione un modo di intendere il giornalismo stesso. Con lui scompare una personalità di grande rigore intellettuale, che ha costantemente interpretato al servizio del pluralismo e della libertà dell’informazione i valori della democrazia testimoniati attraverso l’esperienza personale durante la Resistenza ed una convinta adesione ai valori della Costituzione repubblicana». Il presidente del Senato, Franco Marini, lo ha invece definito «testimone prezioso e insieme protagonista di molti decenni di storia italiana» che «ha saputo osservare, raccontare e spiegare come forse nessun altro la realtà di un paese in continuo cambiamento. Tutti noi sentiremo la mancanza della sua grande personalità e della sua voce familiare, ma siamo certi che la sua eredità è già parte della nostra storia».
GLI ALTRI RICORDI - Sono molte le altre voci di ricordo e commemorazione che si sono levate dal mondo della politica. Cordoglio e stima sono stati espressi da esponenti di entrambi i poli. Tra i leader di partito, tra i primi è giunto il commento di Walter Veltroni: «Chi ha avuto la fortuna di conoscere personalmente Enzo Biagi - ha detto il segretario del Pd - da oggi lo ricorderà, per sempre, come un uomo libero e curioso, di grande equilibrio, esempio positivo di un modo di intendere la professione giornalistica al servizio della conoscenza e del Paese». «Tutti gli italiani -ha aggiunto- ricorderanno la sua voglia di libertà, la sua passione e il suo rigore nel raccontare la storia e i personaggi del nostro tempo recente». Anche il capo della Cdl, Silvio Berlusconi, ha ricordato la figura di Biagi. «Al di là delle vicende che ci hanno qualche volta diviso - ha detto il leader di Forza Italia - , rendo omaggio ad uno dei protagonisti del giornalismo italiano cui sono stato per lungo tempo legato da un rapporto di cordialità che nasceva dalla stima».
* Corriere della Sera, 06 novembre 2007
L’ARTICOLO PUBBLICATO SUL CORRIERE DEL 22 APRILE 2007 PER IL SUO RITORNO IN TV
La mia Italia che non si arrende
di ENZO BIAGI *
Torno in tv dopo un intervallo durato cinque anni: insormontabili ragioni che chiamerò tecniche mi hanno impedito di continuare il mio programma. Sono contento, perché alla mia rispettabile età c’ è ancora chi mi dà una testimonianza di fiducia e mi offre lavoro. Ma non voglio portar via il posto a nessuno: non debbo far carriera, e non ho lezioni da dare. Voglio solo concludere un discorso interrotto con i telespettatori, ripartire da dove c’ eravamo lasciati e guardare avanti.
Quante cose succedono intorno a noi. Cercheremo di raccontare che cosa manca agli italiani e di che cosa ha bisogno la gente. Fra poco sarà il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita. C’è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi. Il revisionismo a volte mi offende: in quei giorni ci sono state anche pagine poco onorevoli; e molti di noi, delle Brigate partigiane, erano raccogliticci. Ma nella Resistenza c’ è il riconoscimento di una grande dignità. Cosa sarebbe stata l’ Italia agli occhi del mondo? Sono un vecchio cronista, testimone di tanti fatti. Alcuni anche terribili. E il mio pensiero va ai colleghi inviati speciali che non sono ritornati dal servizio, e a quelli che speciali non erano, ma rischiavano la vita per raccontare agli altri le pagine tristi della storia.
I protagonisti per me sono ancora i fatti, quelli che hanno segnato una generazione: partiremo da uno di questi, e faremo un passo indietro per farne un altro, piccolo, avanti. Senza intenzione di commemorarci.
* Corriere della Sera, 02 novembre 2007(modificato il: 06 novembre 2007)
Ansa» 2007-11-26 14:35
ANCHE TOPOLINO RENDE OMAGGIO A ENZO BIAGI
ROMA - Il settimanale Topolino rende omaggio a Enzo Biagi ripubblicando sul numero in edicola da mercoledì 28 novembre la storia a fumetti scritta proprio dal grande giornalista recentemente scomparso e intitolata ’Topolino e la memoria futura’ in cui l’eroe più famoso di casa Disney si trasforma in una sorta di alter-ego di Biagi. la prima volta che Topolino ristampa una storia a fumetti.
"Topolino è fiero di aver avuto fra i suoi autori un uomo come Enzo Biagi dice Valentina De Poli, Direttore di Topolino un uomo che non ha avuto paura di addentrarsi anche nel territorio delle nuvole parlanti, come testimoniano le sue monumentali Storie a fumetti. Questa è la dimostrazione che anche questa forma espressiva, al pari degli altri Media, può veicolare contenuti seri e importanti, purché espressi con il rigore e la semplicità che sono la grande lezione di Enzo Biagi a tutti noi".
La storia ’Topolino e la memoria futura’, sceneggiata da Alessandro Sisti e disegnata da Romano Scarpa, fu pubblicata per la prima volta sul settimanale Disney del 20 agosto 1996 e vede un Topolino trasformato nell’alter-ego di Enzo Biagi a spasso per la storia. La vicenda ha inizio con un Topolino giornalista che vuole realizzare una grande inchiesta dedicata al nuovo millennio. Per farlo ha bisogno di tutta una serie di informazioni fondamentali sulla storia degli ultimi 20 secoli. Così, con l’aiuto dei professori Zapotec e Marlin e della loro macchina del tempo arriverà indietro fino all’anno Zero, proprio in concomitanza con la nascita di Cristo, per essere poi catapultato nell’anno Mille, alle prese con temibili pirati.
Topolino, dopo questi incredibili viaggi, lascia ai lettori un messaggio: il futuro è nella mani di ciascuno di noi e deve essere costruito così da essere sempre buono e vivibile.
Le esequie nella chiesa dei Santi Giacomo e Anna, nel paese dov’è nato il giornalista
Celebrate da Ersilio Tonini. Molte le autorità presenti. E il coro di montagna canta Bella Ciao
L’ultimo saluto ad Enzo Biagi
A Pianaccio celebrati i funerali
La figlia Bice: "L’editto bulgaro? Certo che c’è stato. Qualcuno ha delle amnesie"
Prodi: "Gli italiani sanno benissimo quali sono gli atti di giustizia e quali gli atti di ingiustizia"
BOLOGNA - Moltissime persone hanno dato oggi l’ultimo saluto ad Enzo Biagi nella piccola chiesa dei Santi Giacomo e Anna a Pianaccio, il paesino dell’appennino bolognese di 30 persone dove il giornalista è nato e cresciuto. Poco dopo mezzogiorno la bara ricoperta di rose rosse ha lasciato la chiesa, portata a spalla e accompagnata da un lungo applauso sulle note di Bella Ciao. Il feretro era giunto questa mattina da Milano, con le figlie Bice e Carla ed i nipoti.
Diverse le autorità presenti alla cerimonia: il presidente del Consiglio Romano Prodi, applaudito al suo arrivo, il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, il presidente della Rai Claudio Petruccioli, il sindaco di Bologna Sergio Cofferati e il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani. C’erano anche Ferruccio de Bortoli, direttore del Sole 24 ore, e Paolo Mieli direttore del Corriere della Sera.
La figlia Bice, polemica con Berlusconi, ha ricordato il padre e i suoi ultimi anni, e riferendosi all’allontanamento dalla Rai con l’"editto bulgaro" ha detto: "Certo che c’è stato. C’è qualcuno che, a volte, ha delle botte di amnesia. Lui non ha mai perso la memoria, né lui né noi". "Mi fa piacere pensare ad una pacificazione sua, e negli ultimi mesi il ritorno con tanto affetto. E’ stato l’ultimo regalo che la vita, e qualcun altro che forse si è mosso, gli ha fatto", ha detto ancora la figlia del giornalista.
E Prodi, uscendo dalla chiesa, sull’editto bulgaro ha ribadito le parole pronunciate nei giorni scorsi, rinnovando la polemica contro Berlusconi e la sua scelta di allontanare il giornalista dalla televisone nel 2002: "Gli italiani sanno benissimo quali sono gli atti di giustizia e quali gli atti di ingiustizia". Senza una legge sul conflitto di interessi, il rischio che possa ripetersi "c’è sempre nella democrazia: in Italia forse un po’ di più di quello che ci dovrebbe essere".
Anche il sindaco di Roma e segretario del Pd Walter Veltroni ha voluto partecipare ai funerali. E così ha ricordato il cronista scomparso due giorni fa a Milano: "Un’idea di giornalismo e anche di vita. Nasce da questi luoghi, nasce dalla storia di una famiglia operaia, nasce dalla battaglia della resistenza, nasce dalle cose migliori della società italiana".
Per lo scrittore Roberto Saviano, Biagi "è stato un maestro che mi ha insegnato che verità e potere non coincidono mai e che è necessario guardare le sfumature più che i valori unici".
Le esequie sono state celebrate dal cardinale Ersilio Tonini, insieme ad altri due parroci amici del giornalista. In dubbio fino all’ultimo per motivi di salute, il prelato aveva dato ieri sera la sua disponibilità, vista la profonda amicizia che lo legava a Enzo Biagi. "Eravamo amici, anzi fratelli. Il nostro è stato un rapporto profondissimo e di fraternità" ha detto Tonini. "Biagi aveva una profondità interiore intatta e riportava i sentimenti respirati qui, nella sua Pianaccio. E Pianaccio ha trasmesso i valori profondi della sua umanità. Da stasera avrete un testimone che rappresenta la vostra storia, da consegnare di generazione in generazione".
Sulla piazza del paese sono arrivate molte corone di fiori: da Giorgio Napolitano, dalla Ferrari, dalla Fiat, da Luca Cordero di Montezemolo, dal Corriere della Sera, dal sindaco di Roma e dalla Fnsi. Fra le corone anche una dedicata a Enzo Biagi da ’la sua Rai’.
Il giornalista sarà sepolto nel piccolo cimitero di Pianaccio. Non sarà tumulato accanto alla moglie e alla figlia: sarà infatti rispettata l’antica tradizione che vede nel cimitero gli uomini e le donne separati. Vista la dimensione del camposanto, le tombe saranno comunque a pochi metri.
* la Repubblica, 8 novembre 2007
Verità e realtà
di Furio Colombo *
Il «non c’è più» che proviamo e diciamo nel momento della scomparsa di Enzo Biagi nasce dal pauroso senso di vuoto per la perdita di un grande amico. Ma in questo caso il vuoto è più vasto e riguarda tutto il giornalismo, tutta la vita pubblica italiana. Non - non solo - nel senso di avere perduto il giornalista, bravo, severo, rapidissimo, esatto, implacabile, innovatore. Non solo perché se ne va il professionista che in tutta la sua lunga vita non ha perso un evento e non ha commesso un errore, di fatto o di giudizio. Nel suo percorso non ci sono, infatti, tortuosità o cancellature, non una. Il suo lavoro è sempre stato un paginone fitto di note, chiare subito. E confermate dopo, dal punto giusto in cui questo reporter si è sempre trovato (e poi ritrovato, ad ogni rivisitazione del suo, del nostro passato).
Ma questa perdita avviene adesso, nel peggior periodo del giornalismo e della vita pubblica italiana. È affettuoso e celebrativo dire, accanto al feretro di una persona amata e ammirata: «come lui ce ne sono più». La nostalgia dolorosa è sempre accanto alla perdita di chi è stato caro specialmente se ha avuto un ruolo e un peso nella nostra vita.
Enzo Biagi era una pianta robusta che si è estesa fino a questi giorni. Ma aveva le sue radici salde e profonde in un terreno diverso, in un tempo finito.
Quel tempo è stato segnato per sempre dalla la tragedia italiana, tra fascismo e antifascismo, e ha dato ragioni, motivazioni, necessità di scegliere. È stato il grande dono che molti hanno ricevuto dalla lotta vittoriosa al fascismo e che qualcuno (non tutti, non tanti, in una generazione) ha custodito come un tesoro per tutta la vita.
Ecco ciò che ci fa apparire Enzo Biagi così grande e importante alla fine del suo percorso. Perché la sua incorruttibile e non negoziabile intransigenza è divenuta cruciale in un’epoca triste e modesta della vita italiana in cui tutto è negoziabile, e una buona, conveniente negoziazione copre e cancella il vecchio argomento che una volta, un po’ enfaticamente, si chiamava dovere professionale.
Il lavoro giornalistico, a parte nuovi eroi del nostro tempo che invocano ancora nome e prestigio della professione, ma sono star della società dello spettacolo, con regole, priorità, colpi di scena e performance ambientate nello spettacolo, non nelle regole del giornalismo (che sono severe, strette, imperiose e non violabili a piacere), il lavoro giornalistico è reso nano dal sovrapporsi di un vasto potere economico. È un fatto recente. Infatti il potere economico ha sempre avuto influenza e interessi da far pesare. Ma aveva anche la necessità, di fronte all’opinione pubblica democratica, di salvare il decoro, mostrandosi accanto, non sopra il giornalismo, non come sfacciato regolatore delle notizie vere, false o da cancellare.
Ciò è accaduto in Italia - con una sorta di anticipazione profetica - quando un pesante potere economico dotato di tutti gli strumenti di persuasione negoziale, si è improvvisamente spostato dall’editoria (che stava comunque già trasformando in una struttura neo-feudale) alla vita politica e al governo. Sono mosse pesanti e drammatiche, che hanno urtato e tentato di abbattere, uno dopo l’altro, i due riferimenti più alti del giornalismo italiano, Indro Montanelli e Enzo Biagi. La storia esemplare vuole che uno dei due uomini liberi si sia trovato più vicino alla destra e l’altro alla sinistra. Ma, come ormai ci dicono in molti, queste sono definizioni d’altri tempi. Forse è vero, perché in tutti e due i casi è stata la forza intatta delle due persone e la loro inflessibile integrità a svelare il nuovo paesaggio, la nuova condizione di dominio delle informazioni.
Noi, qui all’Unità, Padellaro ed io e tutti i colleghi, possiamo vantarci di avere avuto amicizia, consiglio e sostegno ininterrotto da questi due uomini liberi, di averlo avuto molto più spesso che da parti politiche contigue. Ed è qui, adesso, che ci sentiamo orgogliosi di avere realizzato, nelle dimensioni limitate di un quotidiano di antica tradizione politica, morto e poi risorto, la lezione di Biagi: mai tacere un fatto vero, mai zittire una voce, per quanto irritante.
La vita di Enzo Biagi è stata una vita di buon lavoro, impegnata a dare volto alla realtà, a non negarla mai, quando è benevola, quando è spiacevole, quando è intollerabile. È questa la parola che va messa al centro del ricordo vero e non solo ideale di Biagi: rappresentazione dei fatti come dovere, e non importa se i responsabili di quei fatti se ne dispiacciono e vorrebbero negoziare le loro finte notizie. La parola chiave non è la mitica verità, troppo spesso scritta con la maiuscola. La parola chiave è la semplice realtà, ciò che è realmente accaduto e che non sarà mai censurato.
Il fatto che i venditori di finte notizie (potenti e anche minacciosi fino al punto di toglierti il tuo lavoro benché tu sia stimato, ammirato, famoso) abbiano avuto tanto successo, e siano riusciti ad aprire, accanto a ciò che chiamavano giornalismo, un vivace mercato del falso di immagine, del falso prestigio, di falsi eventi, dando a questo mercato del falso una impetuosa corsia di preferenza anche nella grande stampa (oltre al dominio quasi completo della televisione) tutto ciò ha reso più grande ed eccezionale la figura e il senso del lavoro di Enzo Biagi, che a narrare la realtà non ha mai rinunciato.
I lettori di questo giornale ricorderanno che si è tentato di tutto per zittire chi ha tenacemente seguito “il percorso Biagi”, fino al punto di accusare di contiguità con il terrorismo ogni narrazione scrupolosa di ciò che stava accadendo. Ma, ti dice e ti lascia detto Enzo Biagi, tu continui lo stesso, almeno finché resta un giornale libero per farlo. Il resto sono giochi, come accorrere ad affollare certe trasmissioni tv per farsi vedere, non importa con chi.
Enzo Biagi non partecipava ai giochi, che sono parte del mondo dello spettacolo, e anche questo è un insegnamento da tenere vivo e tenere caro. È il nostro immenso debito di giornalisti e di amici.
* l’Unità, Pubblicato il: 07.11.07, Modificato il: 07.11.07 alle ore 10.31
Biagi, con Luttazzi e Santoro, nel 2002 venne accusato dal Cavaliere
di "uso criminoso" della tv per una intervista a Benigni. Nel 2007 il ritorno
L’editto Bulgaro, le scuse di Berlusconi
"Rifarei tutto quello che ho fatto"
Rifiutò di partecipare a Rockpolitik nel 2005, dove lo aveva invitato Celentano
per non tornare, scriveva, su Raiuno, la rete ancora diretta da chi lo aveva cacciato
di GIOVANNI GAGLIARDI *
ROMA - "Berlusconi ha detto da Bucarest che ho fatto un ’uso criminoso’ della tv. Dalla Rai dopo 41 anni di servizio mi hanno mandato una disdetta con la ricevuta di ritorno. Bene, rifarei tutto quello che ho fatto. Sono sempre stato dalla parte di quelli che non vincono". Così parlava del suo ’esilio’ dalla televisione Enzo Biagi in una intervista al Corriere nell’agosto del 2004.
Era il 18 aprile del 2002 quando il neo presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, da Sofia, dopo una durissima campagna elettorale, puntò il dito contro Biagi, Luttazzi e Santoro, per quello che passerà alla storia come "l’editto bulgaro". "Vorrei sapere quale reato ho commesso: stupro, assassinio, rapina?" chiedeva Biagi a caldo commentando in quel giorno le affermazioni di Silvio Berlusconi. In quel momento il giornalista firmava ’Il fatto’, in onda dal 1995 su Raiuno subito dopo il Tg1 con grandi risultati di ascolto. Quella sera, in diretta, Biagi disse: ’’Questa potrebbe essere l’ultima puntata del Fatto dopo 814 trasmissioni, ma non tocca a lei Berlusconi licenziarmi’’.
’Il Fatto’ concluderà la sua storia il 31 maggio dello stesso anno. A scatenare le ire di Berlusconi fu la puntata in cui Biagi, il 10 aprile del 2001, in piena campagna elettorale, intervistava Roberto Benigni e il comico non risparmiava battute all’allora leader dell’opposizione. "Il contratto di Berlusconi con gli italiani? Ormai è un cult. Quella cassetta lì l’ho registrata proprio. L’ho messa tra Totò e Peppino, e Walter Chiari e Sarchiapone". O ancora: "Non voglio parlare di politica, sono qui per parlare di Berlusconi". E il commento di Berlusconi il giorno dopo fu a lettere di fuoco: ’’Ieri sera è stata una cosa terribile’’.
Fu una ferita profonda. "Cara Lucia penso che la mia vita si stata felice", ha scritto nel libro dedicato alla moglie Lettera d’amore a una ragazza di una volta, "ma il conto è arrivato tutto d’un colpo. Tu mi hai lasciato, Anna (la figlia ndr) è morta all’improvviso, sono stato calunniato e offeso nel mio lavoro".
Da allora il giornalista non è comparso in Rai che pochissime volte. La prima a Che tempo che fa, il 22 maggio del 2005. In diretta, con gli occhi lucidi, disse: ’’Rifarei tutto come prima’’. Poi il 21 ottobre come ospite a Primo piano per raccontarsi, con oltre due milioni di ascolto. Rifiutò di partecipare a Rockpolitik, dove lo aveva invitato Celentano per non tornare, scriveva, su Raiuno, la rete ancora diretta da chi lo aveva cacciato. Al suo posto una sedia vuota. Il 13 ottobre 2006, dopo quattro anni di assenza, il ritorno sull’ammiraglia, intervistato al Tg1 da David Sassoli. Poi il 10 dicembre 2006, ancora una volta da Fazio, l’annuncio del ritorno in tv con un programma dedicato agli italiani.
Da vecchio partigiano, Enzo Biagi scelse la Resistenza come tema della prima puntata di RT - Rotocalco televisivo, il programma - realizzato in coproduzione con il Tg3 - che dal 22 aprile su Raitre lo riportò sugli schermi della tv pubblica. "Buonasera, scusate se sono un po’ commosso e, magari, si vede - disse aprendo la puntata -. C’è stato qualche inconveniente tecnico e l’intervallo è durato cinque anni".
E oltre alla soddisfazione del ritorno in tv, Biagi ebbe anche quello della marcia indietro, seppur parziale, di Berlusconi. "Ho assistito alla prima delle due puntate e l’ho trovata veramente avvincente, quindi complimenti al dottor Biagi per questa nuova trasmissione", - disse il Cavaliere dai microfoni di "Radio anch’ io", negando, però, di aver mai chiesto la chiusura di "Sciuscià", "Il fatto" e "Satyricon". E tuttavia, per la prima volta, Berlusconi ammise un errore: "Forse ho calcato la mano quando dissi che Biagi e gli altri facevano un uso criminoso della tv pubblica".
E, come sempre, la risposta del giornalista fu di grande classe. Poche righe per ringraziare "tutti quelli che hanno apprezzato il nostro lavoro e in particolare Silvio Berlusconi per il giudizio lusinghiero espresso su RT rotocalco televisivo".
Su YouTube la scuola di Enzo Biagi
di Alessia Grossi *
«La mia scuola una volta, diciamo nel 1930 si chiamava Manzolini. Ospitava i bambini delle elementari, tante classi, anche le femmine». È la voce storico-narrativa di Enzo Biagi a leggere questi ricordi. Tra tutti i filmati delle interviste, storiche - come quella a Pier Paolo Pasolini - e più recenti - quella «famosa» a Roberto Benigni che costò al giornalista la censura e l’allontanamento dalla Tv italiana, questo video racconto della scuola che sapeva fare scuola all’inizio del secolo è sicuramente il più commovente. È Biagi in visita alla sua vecchia scuola elementare, impermeabile nell’inquadratura lunga, occhiali attaccati al cancello in primo piano, che narra la storia della sua infanzia rievocando quella italiana di inizio secolo. «C’era allora il giardino del fioraio Romanò. Delle volte lo si vedeva girare per la serra e ispezionare le sue piante. A primavera entrava nella classe l’odore delle erbe e si fermavano sui vetri delle farfalle e dei coleotteri. Il maestro si chiamava Dante Dallari, portava gli occhiali con le lenti molto spesse. Era bravo, lo dico non perché non c’è più». Sotto questo racconto evocatore corrono le foto dei bambini della scuola elementare, tra loro anche Biagi. Poi il montaggio con le immagini del giornalista adulto quasi aggrappato al cancello della sua vecchia scuola da dove è partito. E quel giudizio sul maestro oggi più che mai sembra scritto per sé. La scuola di Enzo Biagi. «Il maestro portava le lenti molto spesse era bravo e lo dico non perché non c’è più». Il video è un esercizio. Postato su YouTube da BoBologna e il sottotitolo spiega la prova: «Forme di comunicazione attraverso l’uso creativo del repertorio». Ancora scuola Biagi.
Dalle elementari alla laurea ad honorem. «Proclamiamo il dott. Enzo Biagi nato a Lizzano in Belvedere, Bologna, dottore ad honorem in nuovi media e comunicazione multimediale, 11 maggio 2006». Il video (parte di cinque) mostra la consegna della Laurea ad Honorem al giornalista da parte dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, la terra di Biagi. E il «maestro dagli occhiali spessi» si commuove sotto uno scrosciare di applausi. Poi mostra dignitoso e quasi sorpreso il diploma e si asciuga gli occhi.
È qui che a YouTube torna in memoria l’intervista a Pasolini sui nuovi media. È Biagi a dichiarare a sostegno della teoria dell’uso «buono» dei medium di massa e della Tv che «questo mezzo, oltre ai formaggini e al resto porta nelle case adesso anche le sue parole, le mie, stiamo discutendo qui con grande libertà - ricorda a Pasolini - senza inibizioni. Lei può dire tutto quello che vuole». Pasolini ribatte. «Non è vero non posso dire tutto quello che voglio». Biagi insiste: «Lo dica». Pasolini: «No non posso perché sarei accusato di vilipendio». E quando Pasolini spiega che secondo lui comunque il rapporto che si crea tra i comunicatori e gli ascoltatori non è un rapporto alla pari, perché da superiore ad inferiore «data l’ingenuità del telespettatore», Enzo Biagi afferma: «Io penso che sia anche in certi casi un rapporto alla pari». Era la Rai del 1971.
* l’Unità, Pubblicato il: 07.11.07, Modificato il: 07.11.07 alle ore 16.10