Esce "La Questua", un’inchiesta di Curzio Maltese su cattolicesimo e finanza
Una cifra enorme passa ogni anno dal bilancio dello Stato alle casse ecclesiastiche. Quanto costa davvero la religione al contribuente?
I conti in tasca alla Chiesa
Dopo lo scandalo Ior-Ambrosiano l’attenzione sull’argomento si è spenta
Gli italiani spendono più per il Vaticano che per il ceto politico. Ma non lo sanno
di Curzio Maltese (la Repubblica, 15.05.2008)
In quasi trent’anni di giornalismo, avevo felicemente ignorato il Vaticano e avrei continuato a farlo se non fosse stata la Chiesa cattolica a occuparsi molto, troppo, di me. E di altri cinquantotto milioni di connazionali. Il papa e i vescovi intervengono nella vita pubblica italiana - perfino nel dettaglio delle singole leggi - molto più di quanto non faccia l’Unione europea, alla quale siamo vincolati. Per quanto mi riguarda, ho voluto restituire la premura. Da anni, i corrispondenti esteri a Roma mi ripetono la stessa cosa: «Voi giornalisti italiani siete capaci di scrivere poemi sull’ultima mezza calza della politica e ignorate l’influenza della Chiesa. Mentre per noi una notizia sul papa vale venti volte una sulla crisi di governo. Il Vaticano è troppo importante per lasciarlo ai vaticanisti». Ogni mattina saluto il mio vicino di casa, Udo Gumpel, della tv pubblica tedesca, che esce per andare alla sala stampa vaticana. Ormai è diventato un esperto di teologia ratzingeriana: «Avete San Pietro in casa e nell’archivio Rai non ho trovato un’inchiesta sul Vaticano, soltanto messe e interviste ai vescovi. Se scoppia uno scandalo, come la pedofilia, dovete comprare i documentari della Bbc». Ho toccato con mano la rimozione del problema quando ho cercato di documentarmi sui finanziamenti pubblici alla Chiesa cattolica: in quasi ottant’anni dal Concordato, non era mai stata fatta un’inchiesta sul tema.
Esistono naturalmente molte belle inchieste sulle finanze vaticane, quasi tutte però fra gli anni sessanta e la fine dei settanta. Dallo scandalo Ior-Ambrosiano l’attenzione si attenua fino a spegnersi. Negli articoli di Ernesto Rossi su Il Mondo ho trovato molte tracce utili e una riflessione della quale ho verificato la stringente attualità. Sul numero del 17 maggio 1960, Rossi scrive: «Quando si tratta della "roba" i monsignori del Vaticano hanno la pelle delicata come quella della principessina che non riuscì a chiudere occhio tutta la notte per il pisello che le avevano messo sotto sette materassi. L’Osservatore Romano ha incassato in silenzio la documentazione, da me portata per dimostrare che Pio XII è stato uno dei maggiori responsabili della Seconda guerra mondiale; ma ha reagito violentemente alla mia moderatissima osservazione che la politica reazionaria della Chiesa e la sua stretta alleanza con la Confindustria devono essere considerate anche un effetto dell’ingigantimento del patrimonio della Santa Sede e degli ordini religiosi che hanno avuto in pratica le clausole finanziarie contenute nei Patti Lateranensi, e una conseguenza degli investimenti massicci fatti dalla Santa Sede e dagli ordini religiosi in partecipazioni azionarie delle società elettriche e degli altri maggiori gruppi che sfruttano monopolisticamente il mercato nazionale. Tali affermazioni, scrive L’Osservatore Romano, "destano un sentimento di pena prima che di sdegno, infatti rivelano una mente chiusa alla comprensione di quanto trascende l’interesse materiale e contingente; incapace, dunque, di misurare la realtà che contempla con il metro del proprio squallore"». A distanza di quasi mezzo secolo, l’atteggiamento della Chiesa quando si tocca la "roba" non è cambiato di una virgola.
Circa un anno fa, colpito dal volume di fuoco scatenato ogni giorno contro il governo Prodi dalle gerarchie ecclesiastiche, in un viavai di tonache sui telegiornali pubblici e privati, mi sono rivolto a un amico prete, cui mi legano stima e affetto. Uno che ha dedicato la vita alla lotta alla povertà, all’ignoranza e alla mafia, come io non sarei mai capace di fare. La risposta, nel tono spiccio del personaggio, è stata: «I vescovi fanno politica. Non vogliono il centrosinistra e si danno da fare per far cadere il governo. Vedrai che alla fine la vera spallata a Prodi la daranno loro». Con un candore ormai perduto, avevo allora chiesto la ragione di tanto odio politico nei confronti del cattolicissimo Romano Prodi e di un centrosinistra assai timido sui temi della laicità, certo più vicino del berlusconismo agli ideali cristiani di solidarietà. «Nessun odio, semmai convenienza», è stata la risposta. «Il fatto è che da quegli altri i vescovi ottengono molto di più».
Mi sono ricordato di quelle parole nelle convulse settimane che hanno preceduto la caduta del governo Prodi. Travolto da una "spallata" finale dei vescovi. L’episodio più noto è la mancata visita del papa all’Università La Sapienza di Roma. Un caso da manuale; di più: da antologia storica del machiavellismo, di come si fabbrica un caso politico.
(...) In Italia il rapporto fra Stato e Chiesa non è di reciprocità. La Chiesa può intervenire quando vuole negli affari interni italiani, mentre il contrario è vietato dall’articolo 11 del Concordato: «Gli enti centrali della Chiesa sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano». Le gerarchie ecclesiastiche, dall’alto di un magistero morale, possono dunque giudicare criminali le leggi dello Stato, criticare la pressione fiscale, mettere sotto accusa una Regione o un Comune per un’apertura sui diritti degli omosessuali, e allo stesso tempo invocare contro le eventuali (in verità, scarse) reazioni la protezione del Trattato. Il Vaticano è uno Stato estero che vive grazie all’Italia, ma ha il diritto di sputare nel piatto in cui mangia. Se davvero le questioni etiche - il divorzio, l’aborto, la procreazione assistita, le coppie di fatto - fossero così centrali e dunque non negoziabili, la Chiesa non dovrebbe più accettare di ricevere finanziamenti e privilegi fiscali da parte di coloro - Stato ed enti locali - che giudica nemici dei valori cristiani. Al contrario, non vi ha mai rinunciato. Anzi, ne chiede e ne ottiene sempre di più.
Mi sono dilungato sul caso Sapienza perché anche per me, come per Clemente Mastella, la folla di San Pietro ha rappresentato, nel mio piccolo, «un’illuminazione». Decisiva per la nascita di questo libro. La prima domanda a cui si vuol rispondere è semplice: perché negli ultimi anni le gerarchie cattoliche hanno deciso di appoggiare il centrodestra? La scelta è evidente e testimoniata anche dai flussi elettorali. I cattolici praticanti in Italia sono calcolati in un terzo circa della popolazione, quanti cioè dichiarano di andare a messa (in realtà, quelli che ci vanno davvero sono ancora meno) e di essere influenzati nel voto dall’opinione del papa e dei vescovi. La percentuale coincide con il numero di italiani che dona l’otto per mille alla Chiesa cattolica. Questo elettorato cattolico, dalla comparsa del maggioritario nel 1994, si era sempre diviso a metà nel voto fra destra e sinistra. Ma nel 2006 si è spostato in maniera massiccia verso il centrodestra: due terzi dei consensi contro un terzo andato alle liste dell’Unione. La spiegazione ufficiale è la prevalenza di alcuni temi etici nella polemica elettorale, per esempio i Dico, le coppie di fatto, il presunto attacco ai valori della famiglia da parte del centrosinistra. Ma le gerarchie cattoliche usano i temi etici per mascherare importanti interessi economici. La vera differenza fra un governo di centrodestra e uno di centrosinistra non sta tanto nella difesa dei valori cattolici o laici - assai timida nel secondo caso, almeno rispetto agli altri paesi europei.
La differenza reale sta nel diverso atteggiamento nei confronti della perenne "questua" di danaro pubblico da parte del Vaticano. Si tratta di un do ut des fra due caste, quella dei politici e quella ecclesiastica, che passa sulla testa dei cittadini. Gli italiani spendono per mantenere la Chiesa più di quanto spendano per mantenere l’odiato ceto politico. Ma non lo sanno. (...) Da laico riconosco e rispetto il diritto dei cattolici di intervenire e pronunciarsi come e quando vogliono sui temi etici. Ma sono anche consapevole che in questo paese la libertà di un laico è considerata inferiore a quella di un cattolico. Un laico non può offendere una persona sulla base di un pregiudizio personale, né può intromettersi nella vita privata o giudicare le scelte sessuali altrui, tanto meno boicottare le leggi dello Stato, o accusare il prossimo di reati inesistenti. Per esempio, sostenere che la Chiesa cattolica "ruba" il danaro pubblico. Un cattolico invece può offendere qualcuno perché è ebreo, o musulmano, o omosessuale, invitare i medici a boicottare la legge sull’aborto e bollare come "assassine" le donne che ricorrono a una pratica legale sancita dalle leggi dello Stato e approvata da un referendum popolare.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Pedofilia. Indagato vescovo Maggiolini per favoreggiamento a prete (coinvolto nell’inchiesta anche mons. Oscar Cantoni attuale Vescovo di Crema e al tempo in Curia di Como?) http://www.corrieredicomo.it/frm_articoli.cfm?ID=86093
Processo all’ex parroco: Curia comasca sotto accusa Laglio Violenza sessuale: chiesta una condanna a 8 anni per il prete Il pm: «La Diocesi informò don Mauro delle indagini in corso»
Una richiesta di condanna a otto anni. Bordate alla curia comasca, in particolare a chi informò don Mauro Stefanoni delle indagini in corso. Ma dure critiche anche ai parenti dell’imputato in merito alle testimonianze rese in aula. In quattro ore abbondanti di requisitoria, il pubblico ministero Maria Vittoria Isella ha ripercorso punto per punto, con estrema durezza, le fasi del procedimento collegato all’ex parroco di Laglio accusato di violenza sessuale su un ragazzo che, all’epoca dei fatti - la denuncia dei genitori risale al 21 ottobre del 2004 - era minorenne. Le parole più pesanti sono per la curia. Ecco le parole del pm Isella: «Il 21 ottobre 2004, don Mauro è stato denunciato dai genitori del ragazzo per abusi sessuali su loro figlio. Le indagini sono state immediate, ma non si è arrivati a monitorare l’incontro tra i due perché il 16 novembre 2004 la curia comasca è intervenuta. Don Mauro è chiamato a colloquio con monsignor Oscar Cantoni (oggi vescovo di Crema, ndr) e monsignor Enrico Bedetti, che lo informano dell’indagine a suo carico. Alla sera poi il vescovo, che all’epoca dei fatti era Alessandro Maggiolini, riparla con don Mauro. Tutti fanno presente al parroco di Laglio di essere controllato e intercettato. Questo intervento ha vanificato le indagini in corso, tanto è vero che il giorno successivo la Pg ha dovuto intervenire e perquisire l’abitazione del parroco in cui è stata trovata una cassetta vhs a carattere pedopornografico e sequestrati tre computer». La conclusione è minacciosa: «Questo processo è la madre di tanti altri procedimenti che si apriranno in seguito. Tutto quello che è emerso verrà vagliato per vedere se esistono gli estremi per procedere». Il mirino del pubblico ministero si è poi spostato sulla teoria del complotto, più volte caldeggiata in aula dalla difesa. «Complotto contro don Mauro della famiglia della vittima a cui poi si sarebbero uniti polizia, Gip, Pm, testi dell’accusa che avevano il solo intento di mandare via il parroco da Laglio. Ma tutti questi argomenti verranno poi affrontati nelle opportune sedi da processi che si apriranno dopo questo. Questa tesi si poggiava su liti di paese, e quale genitore esporrebbe un figlio minorenne e con disagio a questa tortura?». Accuse dal pm, come detto, anche ai testi della difesa, soprattutto al padre di don Mauro e alla sorella, che in aula hanno dipinto la presunta vittima come un ragazzo fortemente erotizzato. «Anche il padre è poi stato costretto ad ammettere che nell’unico episodio di cui era a conoscenza diretta (un presunto palpeggiamento all’Acquatica di Milano, ndr) si trattava di uno scherzo. Questi due testi - è stata la continuazione della Isella - hanno palesemente esagerato. Valuterà il Collegio se sussistono gli estremi per la falsa testimonianza con l’obiettivo di scagionare il congiunto». «La vittima è senza dubbio un ragazzo vivace - ha detto ancora il pm - sopra le righe, anche con gesti sessuali, ma con comportamenti del tutto identici a ragazzi della sua età. Lo stesso perito del Gip, nella sua consulenza, ha specificato che i disturbi del ragazzo non incidono sulla sua comprensione della realtà». Il pm ha poi spiegato perché, a suo dire, le dichiarazioni di Lorenzo sono spesso apparse confuse, nebulose. «Nella testa del ragazzo, che non bisogna dimenticare mai ha un deficit cognitivo che ha finito con lo svolgere un ruolo importante, è come se ci fossero tanti pezzi di un puzzle che assembla in maniera diversa. I pezzetti sono sempre gli stessi, ma cambia il quadro finale. Questo è inquietante ma richiede una disamina attenta». A tal proposito in aula si è parlato della “teoria della spesa”: «L’abuso che avviene più volte, per un ragazzo consenziente come in questo caso, è paragonabile all’andare a fare la spesa. Chi si ricorda la prima, la seconda, la terza volta che si è andati a far la spesa? Nessuno. Ma si sa quello che avviene di solito, ovvero che si prende un carrello e si gira per le corsie. E questo è quello che il ragazzo ha raccontato. Non era possibile il ricordo esatto, preciso, di quello che era avvenuto anni prima». Maria Vittoria Isella ha poi toccato altri argomenti discussi nei mesi di processo, dalle chiavi della casa parrocchiale («La versione di don Mauro è cambiata più volte, prima non le aveva nessuno, poi qualcuno, a seconda delle esigenze, e tutto per confutare quello che diceva il suo accusatore»), ai rapporti con un ragazzo di Ponte Tresa («Non di amicizia, neppure fraterna. C’erano tra i due scenate, litigi violenti, chiamate notturne, tipici dei fidanzati. Un giorno don Mauro lo chiamò 110 volte dalle 23.58 all’1.23 e solo per dirgli “Perché non rispondevi?”»), per finire alla cassetta vhs pedopornografica trovata nel suo appartamento che, secondo il prete, fu regalata da un padre di Laglio assieme ad altre cassette: «Avete mai visto un padre portare ad un parroco una videocassetta pedopornografica? E poi perché don Mauro chiese all’uomo una dichiarazione retroattiva per fargli dire che quelle cassette erano sue? In udienza, quel padre, ha smentito, nonostante il rischio della falsa testimonianza, che quella cassetta vhs era sua, confermando invece di aver donato le altre». La presunta vittima, per la difesa, era ossessiva nei confronti del prete. Ecco però la replica del pm: «Di tutti i ragazzi di Laglio, però, era l’unico che don Mauro faceva entrare in casa, nonostante questa persecuzione. Il ragazzo ha poi riferito di vocine “erotiche” con cui gli parlava il parroco. Don Mauro ha detto che usa quel tono di voce con tutti i suoi cari. Quindi come faceva il ragazzo a saperlo non essendo una persona intima?». La chiusura riguarda una patologia del parroco che impedirebbe rapporti sessuali completi. «Nemmeno il consulente della difesa ha escluso categoricamente tale possibilità». La chiosa della Isella è una invocazione al collegio con Alessandro Bianchi, a latere Luciano Storaci e Paola Braggion. «So che vi chiedo un lavoro estenuante, da certosino, ma non fermatevi alle contraddizioni del ragazzo. Significherebbe che i deboli, tutti coloro che subiscono una violenza e non sono in grado di riferirla, non sono degni di tutela. Esaminiamo tutto, e assolviamo l’imputato perché il fatto non sussiste ma non per insufficienza di prove». Una frase ad effetto che precede la richiesta di condanna a 8 anni con le attenuanti. A cui si aggiungono le parti civili (gli avvocati Nuccia Quattrone e Leonardo Ortelli) che chiedono i danni per un totale di 250mila euro. Domani si torna in aula con le arringhe della difesa.
da PANORAMA.it
Mauro Peverelli
p.s. Mons. Maggiolini , vescovo ciellino, era il nemico giurato delle coppie gay e forte avversario di ogni legge sulla procreazione assistita ed altre riforme laiche di questo povero Paese.