di BARBARA SPINELLI (La Stampa, 22.03.2009)
C’è forse una parte di verità in quello che si dice delle ultime parole e azioni di Benedetto XVI: comunicare quel che pensa gli è particolarmente difficile. Sempre s’impantana, mal aiutato da chi lo circonda. Sempre è in agguato il passo falso, precipitoso, mal capito. Il pontefice stesso, nella lettera scritta ai vescovi dopo aver revocato la scomunica ai lefebvriani, enumera gli errori di gestione sfociati in disavventura imprevedibile. Confessa di non aver saputo nulla delle opinioni del vescovo Williamson sulla Shoah («Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l’Internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema»). Ammette che portata e limiti della riconciliazione con gli scismatici «non sono stati illustrati in modo sufficientemente chiaro». Poi tuttavia sono venuti altri gesti, e l’errore di gestione non basta più a spiegare. È venuta la scomunica ai medici che hanno fatto abortire una bambina in Brasile, stuprata e minacciata mortalmente perché gravida a 9 anni.
La scomunica, che colpisce anche la madre, è stata pronunciata da Don Sobrinho, arcivescovo di Olinda e Recife: il Vaticano l’ha approvata. Infine è venuta la frase del Papa sui profilattici, detta sull’aereo che lo portava in Africa: profilattici giudicati non solo insufficienti a proteggere dall’Aids - una verità evidente - ma perfino nocivi. C’è chi comincia a vedere patologie. Una quasi follia, dicono alcuni. L’ex premier francese Juppé parla di autismo. Sono spiegazioni che non aiutano a capire. C’è del metodo in questa follia. C’è il riaffiorare possente di un conservatorismo che ha seguaci e non è autistico. Sono più vicini al vero coloro che stanno tentando di resuscitare il Concilio Vaticano II, nel cinquantesimo anniversario del suo annuncio, e vedono nella disavventura papale qualcosa di più profondo: l’associazione Il Nostro 58, sorretta da Luigi Pedrazzi a Bologna, considera ad esempio la presente tempesta una prova spirituale.
Una prova per il Papa, per i cattolici, per la pòlis laica: l’occasione che riesumerà lo spirito conciliare o lo seppellirà. Non si è mai parlato tanto di Concilio come in queste settimane che sembrano svuotarlo. Le figure di Giovanni XXIII e Paolo VI risaltano più che mai. Chi legga l’ultimo libro di Alberto Melloni sul Papa buono capirà più profondamente quel che successe allora, che succede oggi. Capirà che quello straordinario Concilio è appena cominciato, e avversato oggi come allora. Quando Papa Roncalli lo annunciò, il 25 gennaio ’58 nella basilica di San Paolo, solo 24 cardinali su 74 aderirono (7 nella curia). Inutile invocare un Concilio Vaticano III se il secondo è ai primordi. Eppure son tante le parole papali che contraddicono errori, avventatezze. Il filosofo Giovanni Reale sul Corriere della Sera ne ricorda una: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Enciclica sull’Amore). Se in principio non c’è un dogma ideologico diventa inspiegabile la durezza vaticana sul fine vita, conclude Reale. Diventa inspiegabile anche la chiusura su profilattici e controllo delle nascite in Africa, dove Aids e sovrappopolazione sono flagelli. In realtà il Papa sostiene, nella lettera ai vescovi, che «il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini, e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento».
È un annuncio singolare, perché chi certifica la catastrofe? E il certificatore non tenderà a un potere fine a se stesso? Se Dio davvero scompare, tanto più indispensabile è l’autorità del suo vicario: una tentazione non del Papa forse - che nell’orizzonte nuovo pareva credere - ma di parte della Chiesa. L’auctoritas diventa più importante dell’incontro con Gesù: urge affermarla a ogni costo. Così come più importante diventa la gerarchia, rigida, astratta, dei valori. In un orizzonte vuoto non restano che astrazione e potere. L’arcivescovo brasiliano afferma il monopolio sui valori, innanzitutto: «La legge di Dio è superiore a quella degli uomini»; «L’aborto è molto più grave dello stupro. In un caso la vittima è adulta, nell’altro un innocente indifeso». E si è felicitato degli elogi del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei vescovi. Né Sobrinho né Re vedono l’uomo: né l’uno né l’altro vedono che la bambina ingravidata non è adulta. Non vedono l’essere umano, il legno storto di cui è fatto: proprio quello che invece vide Giovanni XXIII, alla vigilia del Concilio. Melloni ricorda l’ultima pagina del Giornale dell’Anima di Roncalli, scritta il 24 maggio ’63, pochi giorni prima di morire: «Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere, anzitutto e dovunque, i diritti della persona umana e non solo quelli della chiesa cattolica. (...) Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio». Comprenderlo meglio era «riconoscere i segni dei tempi».
O come dice Melloni: indagare l’oggi. Vedere nell’uomo in quanto tale il vangelo che parla alla Chiesa, e «non semplicemente il destinatario del messaggio, o il protagonista di un rifiuto, ovvero - peggio ancora - il mendicante ferito di un “senso” di cui la Chiesa sarebbe custode indenne e necessariamente arrogante» (Papa Giovanni, Einaudi, 2009). Questi mesi erranti e maldestri sono una prova perché gran parte della Chiesa non pensa come il Papa: dà il primato alla libertà, alla coscienza, sul dogma. Indaga l’oggi, specie dove l’uomo è pericolante come in Africa o nelle periferie occidentali.
Ricordiamo Suor Emmanuelle, che a 63 anni decise di vivere con gli straccivendoli nei suburbi del Cairo, e un giorno scrisse una lettera a Giovanni Paolo II in cui illustrò la necessità delle pillole per bambine continuamente ingravidate. Lo narra in un libro scritto prima di morire (J’ai 100 ans et je voudrais vous dire, Plon). Distribuiva profilattici senza teorizzare su di essi. Giovanni Paolo II non rispose alla lettera. La sintonia con Ratzinger era forte. Ma il silenzio ha un pregio inestimabile, è un’apertura infinita all’umano. Suor Emmanuelle gli fu grata: disse che il suo silenzio era un balsamo. È il silenzio che oggi manca in Vaticano. Il silenzio che pensa, ha sete di sapienza, ascolta. Che non vede orizzonti vuoti. Il Vangelo è sempre lì, va solo compreso meglio. Contiene una verità che sempre riaffiora, quella detta da Gesù a Nicodemo: «Lo spirito soffia dove vuole. Ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va» (Giovanni 3,8). Soffia come il fato delle tragedie greche: innalzando gli impotenti, spezzando l’illusione della forza. Chi fa silenzio o è solitario lo lascia soffiare, afferrato dal mistero.
In Africa, il Papa ha accennato al «mito» della sua solitudine, dicendo che «gli viene da ridere», visto che ha tanti amici. Perché questo ridere? Come capire il dolore umano, senza solitudine? Cosa resta, se non l’ammirazione della forza (la forza numerica dei lefebvriani, evocata nella lettera del 12 marzo) e l’oblio di chi, impotente, incorre nell’anatema come il padre di Eluana, la madre della bambina brasiliana, i malati che si difendono come possono dall’Aids? Per questo quel che vive il Papa è prova e occasione. Prova per chi tuttora paventa gli aggiornamenti giovannei, e sembra voler affrettare la fine della Chiesa per rifarne una più pura. Prova per chi difende il Concilio come rottura e riscoperta di antichissima tradizione. La tradizione del rinascere dall’alto, dello spirito che soffia dove vuole: vicino a chi crede nei modi più diversi.
Sul tema, si cfr.:
Il preservativo vietato da Radio Rai
Guai a citarlo nella giornata mondiale contro l’Aids
di Ferruccio Sansa e Carlo Tecce (il Fatto, 02.12.11)
Vietato citare il preservativo. Divieto piuttosto strampalato per la giornata mondiale contro l’Aids, celebrata ieri con una maratona di programmi su Radio Rai. Anche la maratona è originale: forza con la lotta per la prevenzione, guai a nominare il preservativo.
Prima che sia troppo tardi, ieri mattina ore 8:54, la direzione di Radio Rai1 comunica ai giornalisti: “Carissimi, segnalo che nelle ultime ore il ministero ha ribadito che in nessun intervento - si legge nella mail interna - deve essere nominato esplicitamente il profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali e alla necessità di sottoporsi al test Hiv in caso di potenziale rischio. Se puoi sottolinea questo concetto, ma comunque con gli esperti dovremmo andare tranquilli. Resto comunque a disposizione per qualsiasi chiarimento. Grazie e buon lavoro”. Firmato Laura De Pasquale, assistente del direttore di Radio Rai1 e dei Radiogiornali, Antonio Preziosi. Dipendente di veloce carriera, la De Pasquale è la compagna di Roberto Gasparotti, da vent’anni uomo immagine di Silvio Berlusconi.
Qualche giornalista, obiettore di coscienza, rompe l’embargo e pronuncia sommessamente la parolina incriminata: profilattico. Chi avrà ispirato la coppia Preziosi-De Pasquale? Non certo il ministero della Salute che, per smentire, commette una gaffe mostruosa: “Nessuna interferenza. La giornata radiofonica è gestita da viale Mazzini. Anche il ministero, però, non usa il termine preservativo per le pubblicità e il manifesto studiati per la ricorrenza”. E difatti con le perifrasi sono maestosi. La campagna di comunicazione del ministero è soltanto un’immagine surreale e di complicata interpretazione: un pugno chiuso contro una mano aperta su sfondo rosso, non certo un preservativo gigante come il cartonato esposto in piazza Montecitorio.
IL MOTTO punta la cura più che la prevenzione: “Non abbassare la guardia. Fai il test”. Il tradizionale e planetario condom è sostituito dal “concetto”, proprio come si augurava la De Pasquale. Obiettivi d’informazione del ministero, si legge sul sito ufficiale: “Aumentare la percezione del rischio. Contrastare l’abbassamento dell’attenzione della popolazione nei confronti del problema Aids. Promuovere un’assunzione di responsabilità nei comportamenti sessuali”. Perfettamente in linea con una campagna di comunicazione che, per rinnegare se stessa, deve farsi capire poco e male.
A Radio Rai protestano uno per volta, senza dare l’impressione di sconfessare il potentissimo Preziosi, già candidato per la successione di Augusto Minzolini al Tg1. Nessuno dei destinatari del divieto, firmato Preziosi-De Pasquale, segnala l’episodio al comitato di redazione. Quando il sindacato interno raccoglie le prime voci di corridoio e comincia a chiederne spiegazioni, interviene il direttore Preziosi che, giocando d’anticipo, scarica la responsabilità sull’assistente e di conseguenza sul direttore generale Rai, Lorenza Lei: “Non ne sapevo nulla. L’indicazione proveniva da viale Mazzini. La mia segreteria ha sbagliato a girare la lettera, e quindi mi sono incazzato con entrambi”. Non avesse spedito la lettera, avrebbe fatto bene. Anche per Preziosi vale la regola del “concetto”: mai dire le cose per intero, meglio fare il vago.
ANCHE IO LA PENSO COSI’ E PER QUESTO MOTIVO LA DIFFONDO!!!
2000 persone contraggono l’influenza suina e ci si mette la mascherina.
25 milioni di persone con AIDS e non ci si mette il preservativo.
PANDEMIA DI LUCRO
Che interessi economici si muovono dietro l’influenza suina?
Nel mondo, ogni anno, muoiono milioni di persone, vittime della malaria, i notiziari di questo non parlano.
Nel mondo, ogni anno muoiono due milioni di bambini per diarrea che si potrebbe evitare con un semplice rimedio che costa 25 centesimi..
I notiziari di questo non parlano.
Polmonite e molte altre malattie curabili con vaccini economici, provocano la morte di 10 milioni di persone ogni anno.
I notiziari di questo non parlano.
Ma quando comparve la famosa influenza dei polli. i notiziari mondiali si inondarono di notizie. un’epidemia e più pericolosa di tutte, una pandemia!
Non si parlava d’altro, nonostante questa influenza causò la morte di 250 persone in 10 anni.
25 morti l’anno!!
L’influenza comune, uccide ogni anno mezzo milione di persone nel mondo.
.Mezzo milione contro 25.
E quindi perché un così grande scandalo con l’influenza dei polli?
Perché dietro questi polli c’era un "grande gallo".
La casa farmaceutica internazionale Roche con il suo famoso Tamiflu, vendette milioni di dosi ai paesi asiatici.
Nonostante il vaccino fosse di dubbia efficacia, il governo britannico comprò 14 milioni di dosi a scopo preventivo per la sua popolazione.
Con questa influenza, Roche e Relenza, ottennero milioni di dollari di lucro.
Prima con i polli, adesso con i suini: e così adesso è iniziata la psicosi dell’inflluenza suina. E tutti i notiziari del mondo parlano di questo.
E allora viene da chiedersi: se dietro l’influenza dei polli c’era un grande gallo, non sarà che dietro l’influenza suina ci sia un "grande porco?".
L’impresa nord americana Gilead Sciences ha il brevetto del Tamiflu.
Il principale azionista di questa impresa è niente meno che un personaggio sinistro, Donald Rumsfeld, segretario della difesa di Gorge Bush, artefice della guerra contro l’Iraq.
Gli azionisti di Roche e Relenza si stanno fregando le mani. felici per la nuova vendita milionaria.
La vera pandemia è il guadagno, gli enormi guadagni di questi mercenari della salute.
Se l’influenza suina è così terribile come dicono i mezzi di informazione, se la Organizzazione Mondiale della Salute (diretta dalla cinese Margaret Chan) è tanto preoccupata, perché non dichiara un problema di salute pubblica mondiale e autorizza la produzione farmaci generici per combatterla?
DIFFONDI QUESTO MESSAGGIO COME SE SI TRATTASSE DI UN VACCINO, PERCHE’ TUTTI CONOSCANO LA REALTA’ DI QUESTA "PANDEMIA".
Dr. Carlos Alberto Morales Paità
L’aiuto può essere soltanto disinteressato
Condividendo le responsabilità si difende la dignità umana
di CARLO MARIA CARD. MARTINI (La Stampa, 5/7/2009)
Sono stato in Africa per la prima volta nel 1980. Si trattava di una visita in Zambia, che mi fece conoscere le bellezze di quel Paese e il suo lento ma sicuro procedere per la via della stabilità economica e finanziaria. In seguito fui in molti altri Paesi. Mi impressionò favorevolmente soprattutto lo stato di benessere raggiunto da molte parti del Kenya, che visitai nel 1985. Si aveva l’impressione di una continua e solida crescita nella qualità della vita.
Poi tutto questo cammino si fermò, e ogni volta ritrovai un’Africa più povera e diseredata. Molte ragioni furono addotte per questo cambiamento in peggio. Lo scatenarsi di lotte tribali, il ripiegarsi sul proprio clan, la corruzione di non pochi funzionari pubblici, ecc. ecc. L’Africa ha certamente molte debolezze, come la molteplicità eccessiva delle lingue, la carenza cronica di acqua in certe regioni, la difficoltà dei collegamenti ecc. Ma ha anche grandi risorse, un clima che permette in particolare molte coltivazioni di frutta, dei paesaggi stupendi e soprattutto una umanità, una cordialità e una solidarietà parentale che non si dimenticano anche dopo molti anni.
L’Africa in questo momento ha grande bisogno di aiuto disinteressato, che le permetta di ricostruire le istituzioni venute meno e la provveda di uomini politici attenti al benessere del continente e del loro Paese, al di là degli interessi puramente tribali. Ci si augura che il prossimo G8 sia attento anche a queste realtà, come lo sarà per tante altre in difficoltà, in particolare per la città e la regione dell’Aquila. Un mondo che proceda in unità e corresponsabilità è un mondo che può preparare ai futuri cittadini un modo di vivere più conforme alla dignità umana, con tutte le conseguenze che seguono da tale situazione.
Il Parlamento di Bruxelles protesta contro le parole di Benedetto XVI sul preservativo
Scende in campo l’Osservatore romano: "Rispettate l’autorità religiosa"
Aids, Belgio contro Santa Sede
"Il Papa sbaglia". "E’ libero di parlare" *
ROMA - Non accenna a placarsi la polemica accesa dopo le parole pronunciate dal Papa sulla lotta all’Aids. Alle critiche sollevate dallla Francia e dalla Germania, si unisce il Belgio che ieri ha votato in Parlamento una mozione in cui giudica "inaccettabili" le dichiarazioni sull’uso del preservativo fatte da Benedetto XVI durante il recente viaggio in Africa, quando aveva detto che "l’epidemia di Aids non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi, aumentano i problemi".
A grande maggioranza - 95 voti a favore, contrari solo i nazionalisti fiamminghi e i parlamentari di estrema destra - la Camera ha approvato il documento di protesta dopo quattro ore di dibattito. "Non spetta al Papa - ha detto il premier Herman Van Rompuy - mettere in dubbio le politiche della sanità pubblica, che godono di unanime sostegno e ogni giorno salvano delle vite".
Giudizi che hanno provocato una levata di scudi in Vaticano e tra i vescovi del Belgio. L’Osservatore romano e il direttore della sala stampa, padre Federico Lombardi, si dicono "stupiti" per la presa di posizione della Camera dei deputati belga e richiamano i parlamentari affinché portino rispetto verso "un’autoriotà religiosa alla quale fanno riferimento oltre un miliardo di persone in tutto il mondo".
"In ogni paese democratico - spiega padre Lombardi - appare ovvia la libertà del Santo Padre e della Chiesa cattolica di esprimere le proprie posizioni. Viene anche da domandarsi se le posizioni del Santo Padre siano state considerate con sufficiente attenzione e serietà, o piuttosto attraverso il filtro non obiettivo ed equilibrato di echi nei media occidentali".
* la Repubblica, 3 aprile 2009
Preservativi, la Francia insiste
"Confermiamo le critiche al Papa"
ROMA - "Non volevamo fare alcuna polemica. Abbiamo detto soltanto, e lo ripetiamo, che la frase del Papa sul preservativo - che non è una parte della soluzione ma un problema per l’Aids - può avere conseguenze drammatiche sulla politica mondiale in favore della salute". Il portavoce del Quai d’Orsay, Eric Chevallier, replica così a una domanda durante il consueto incontro con la stampa. Riaffermando la critica fatta dopo le affermazioni del Santo Padre durante il suo viaggio in Africa. E proprio contro la lettura datta dai media si era scagliato ieri il presidente della Cei, Angelo Bagnasco.
L’egemonia perduta
di Stefano Rodotà (la Repubblica, 24.03.2009)
Un mondo vastissimo, compresi molti cattolici, è rimasto sbalordito di fronte ad alcune affermazioni del Papa, governo e istituzioni internazionali hanno protestato e i vescovi italiani, invece di interrogarsi seriamente e criticamente su una vicenda così grave, la trasformano in un pretesto per lanciare un proclama intimidatorio, un vero e proprio diktat al quale Parlamento e politica italiana dovrebbero inchinarsi. Non è nuova l’arroganza di una politica vaticana che, debole nel mondo, cerca occasioni di rivincita nel giardino di casa, in questa povera Italia che, presentata come il luogo dal quale doveva partire la riconquista cattolica del mondo, appare sempre di più come un fortilizio dove una gerarchia disorientata cerca di rassicurare se stessa alzando la voce. Con parole forti si vuole imporre l’approvazione di una legge sul testamento biologico sgangherata e incostituzionale, lesiva dei diritti delle persone.
Si urla contro una deriva verso l’eutanasia mentre il Senato sta discutendo un disegno di legge lontanissimo dall’apertura che, su questo tema, hanno mostrato le conferenze episcopali di Germania e Spagna.
Siamo di fronte ad una prova di forza, alla volontà vaticana di sottomettere il Parlamento. Sono in gioco proprio la sovranità parlamentare e, con essa, l’autonomia dello Stato. Una inerzia colpevole, una pavidità delle istituzioni lascerebbero oggi un segno profondo sulla stessa democrazia. E un intervento così diretto può addirittura far venire il sospetto che si voglia incidere sulle dinamiche interne del nascente Pdl, chiudendo ogni spiraglio di laicità e autonomia
I governi di Francia e Germania, l’Unione europea, il Fondo monetario internazionale avevano criticato le parole del Papa sull’uso del preservativo, con una presa di distanza che metteva in discussione il ruolo internazionale della Chiesa. Il governo tedesco è guidato da una donna cattolica, Benedetto XVI aveva compiuto un viaggio in Francia accompagnato da parole impegnative del presidente Sarkozy sulla necessità di passare ad una laicità "positiva", parole che lo stesso presidente aveva già pronunciato in occasione della sua visita ufficiale a Roma.
Assume grande significato, allora, la decisione di governi "amici" di non riconoscersi nelle posizioni della Chiesa. A ciò dev’essere aggiunta la decisione di Obama di firmare la dichiarazione sui diritti degli omosessuali, proposta all’Onu proprio dalla Francia e che aveva suscitato una durissima reazione del Vaticano. Viene così respinta la pretesa vaticana di dettare al mondo la linea etica su grandi temi della vita, ed emerge un isolamento che non è solo diplomatico, ma rivela una perdita di egemonia culturale.
Ora il tema del conflitto è costituito dalla legge sul testamento biologico. Tardivamente ci si è accorti di quanto fosse saggia la richiesta di moratoria, di un tempo di riflessione che allontanasse emozioni e strumentalizzazioni nell’affrontare un tema che riguarda la libertà stessa delle persone. Forse anche i cento "ribelli" del Pdl che hanno firmato contro i medici-spia dovrebbero rendersi conto che quella legge è anch’essa profondamente negatrice di diritti e che è necessaria una riflessione più profonda sui rischi di un uso sbrigativo e autoritario dello strumento giuridico. Riflessione, peraltro, che dovrebbe essere estesa ad altre materie, anch’esse affrontate finora in modo sbrigativo. Non ci si è accorti dei rischi dello stillicidio di norme che riducono la tutela della privacy, della pericolosità di proposte che vogliono introdurre controlli e censure per Internet, della disinvoltura con la quale sono state approvate in prima lettura le norme sulla banca del Dna. Se la nuova sensibilità per la dimensione dei diritti non è solo una fiammata, di tutto questo è bene che si cominci a discutere seriamente e fino in fondo.
Moratoria o non moratoria, è indispensabile ribadire in ogni momento che il testo della maggioranza sul testamento biologico è un ammasso di incostituzionalità, di regressioni normative, di piccoli deliri burocratici e linguistici, di procedure che produrranno nuove contraddizioni e nuove angosce. Non vi sono astuzie parlamentari che possano redimere quel testo dai suoi peccati. Ricordiamo che appena ieri, a fine dicembre dunque già nel fuoco della polemica sul caso Englaro, la sentenza 438 della Corte costituzionale ha riconosciuto che l’autodeterminazione costituisce un "diritto fondamentale" della persona. Come si concilia con questo diritto la pratica cancellazione del consenso informato, la sua degradazione da manifestazione di volontà a semplice "orientamento", come fa il testo di maggioranza? Come non vedere che, dietro una versione assai fumosa della formula dell’"alleanza terapeutica" tra medico e paziente, il potere sul morire viene consegnato ai medici, facendo enormemente e impropriamente crescere la loro responsabilità? Come non vedere che il rifiuto da parte del medico di dare attuazione alle direttive anticipate creerà nuovi drammi, nuove rappresentazioni pubbliche del dolore e ricorsi che trasferiranno al giudice la decisione finale sul morire, cioè esattamente quello su cui si è tanto polemizzato?
Sono interrogativi provocati da pervicacia politica e incultura, dal fatto che la dimensione costituzionale non appartiene a questo governo e questa maggioranza, che vogliono cogliere ogni occasione per cercar di liberarsene. Proprio per questo si cerca di costruire una Costituzione abusiva, dove la possibilità di imporre per legge trattamenti obbligatori è svincolata dall’unica sua premessa costituzionalmente corretta, il rischio per la salute pubblica, come hanno sempre messo in evidenza gli studiosi (venerata ombra di Costantino Mortati, grande costituente cattolico, manifestati!); dove si propongono indecorosi pasticci tra rifiuto delle cure e vendita di organi; dove il rispetto della dignità è convertito in strumento per imporre una misura della dignità in conflitto con la libertà di scelta della persona.
Una vigile attenzione per i diritti dovrebbe segnare la discussione politica, il primo passo dovrebbe essere appunto il ritorno pieno nella dimensione costituzionale. E, insieme ad esso, i legislatori dovrebbero interrogarsi sui limiti della legge, su quanto si addica alla vita "l’ipotesi del non diritto", che attribuisce alla norma giuridica non un illimitato potere di ingerenza, ma la funzione di costruire le condizioni necessarie perché ciascuno possa decidere liberamente.
Gli strani silenzi sul Papa e i profilattici
di Marc Lazar (la Repubblica, 23.03.2009)
Le recenti affermazioni del papa, secondo cui «il problema dell’Aids non si può superare con la distribuzione dei preservativi, che anzi lo aggravano» hanno sollevato in Francia un uragano di proteste, mentre in Italia regna un silenzio assordante. È dunque forte la tentazione di vedere in questo sconcertante contrasto un ulteriore esempio dell’antica contrapposizione tra una Francia ostinatamente laica e un’Italia profondamente cattolica. In verità, la situazione è più complessa. La difformità delle reazioni va certo ascritta al peso delle differenze storiche tra questi due Paesi, ma anche a scelte politiche divergenti.
In Francia le reazioni più virulente sono state quelle dei rappresentanti del governo di destra. Il portavoce del ministro degli Affari esteri ha espresso la sua «viva preoccupazione per le conseguenze delle parole di Benedetto XVI», le quali « mettono a repentaglio le politiche di sanità pubblica e gli imperativi di tutela della vita umana». Si potrebbe obiettare che quel ministero è affidato a Bernard Kouchner, uno dei rappresentanti dell’apertura a sinistra del presidente Sarkozy, che ama ricordare di non aver cambiato le proprie idee. Ma anche Roselyne Bachot, ministra della Salute responsabile dell’Ump (il partito di Sarkozy) ha giudicato quelle parole «assolutamente catastrofiche e totalmente irresponsabili».
Quanto ad Alain Juppé, già primo ministro di Jacques Chirac e grande dirigente gollista, a suo giudizio «Benedetto XVI vive in una situazione di totale autismo». «Questo Papa», ha poi aggiunto, «incomincia a diventare un vero problema». Queste fragorose condanne da parte di eminenti rappresentanti della destra hanno eclissato quelle, più consuete, provenienti dalla sinistra e dagli ambienti massonici. La destra si è dunque definitivamente convertita alla laicità? Sì, ma solo in parte. Dopo averla combattuta, in particolare tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, dagli anni ’60 l’ha fatta propria. Tuttavia Nicolas Sarkozy (che peraltro non si è espresso sulle parole del Papa) è stato il primo presidente della Repubblica a dichiarare «esaurita» ed «esposta al fanatismo» quella laicità francese che il suo predecessore Jacques Chirac aveva definito «monumento inviolabile». E il 20 luglio 2007, a San Giovanni in Laterano, Sarkozy ha proclamato che «le radici della Francia sono essenzialmente cristiane», tessendo gli elogi «dei sacerdoti e dei credenti»; e ha ribadito questo concetto nel gennaio 2008 a Ryad. Da tempo il presidente francese postula una «laicità positiva», più rispettosa delle libertà religiose, secondo una filosofia a un tempo più liberale e più comunitarista, rompendo così la tradizione repubblicana francese.
Come interpretare queste diverse posizioni in seno alla destra? Differenze ideologiche personali? O ripartizione dei ruoli, col presidente Sarkozy più proteso verso i cattolici praticanti, che rappresentano una parte consistente del suo elettorato, e i suoi amici impegnati ad attirare altre fasce di elettori? O forse la destra fa ormai una distinzione chiara tra la funzione spirituale delle religioni, in quanto dispensatrici di senso in un mondo sempre più incerto, e le responsabilità dei politici - e ciò può indurli a contestare le posizioni delle autorità religiose, a incominciare da quelle incarnate dal Papa, quando contrastano col buon senso e indispongono l’opinione pubblica, non esclusa quella cattolica? Tutti questi interrogativi restano aperti. Ma le prese di posizione della destra francese hanno il merito di alimentare un vero dibattito pubblico.
Per converso, il mutismo dei politici italiani è stupefacente. Il ministro degli Esteri non ha voluto commentare «le parole del Papa». Il presidente del Consiglio Berlusconi si è limitato a dire: «Ciascuno svolge la sua missione in coerenza col suo ruolo», dichiarando poi di difendere la libertà della Chiesa anche quando proclama principi e concetti «difficili e impopolari». Al di là della sua discrezione su questa questione, la destra italiana è vicina alla Chiesa; la quale se ne rallegra, pur criticando talune misure del governo, in particolare per quanto riguarda l’immigrazione.
Questa differenza di posizione rispetto alla destra francese ha varie spiegazioni. La prima è storica: in Italia la Chiesa occupa un posto assai più importante che in Francia, benché anche qui sia esposta al movimento di secolarizzazione e a una seria crisi delle vocazioni. Sul piano sociologico, benché i cattolici italiani siano ormai dispersi, i praticanti regolari sono assai più numerosi che in Francia e votano largamente in favore del centro-destra. Infine, all’interno di quest’area hanno avuto la meglio i teocon, o atei devoti, che si sforzano di dare un’identità cristiana non solo alla destra, ma all’Italia e magari all’Europa. In breve, la destra italiana ha fatto una scelta più conservatrice di quella francese.
Ma in Italia le maggiori sorprese vengono dal centro-sinistra. Dario Franceschini si è limitato a dire che il profilattico «è indispensabile per combattere la malattia in Africa e nei paesi poveri». Una dichiarazione quanto mai timida, che a confronto con i toni degli esponenti della destra francese li fa apparire come temibili avversari del papato. I motivi di questa prudenza sono chiari. Il Pd ospita nel suo seno diverse sensibilità, e data la crisi che attraversa, i suoi dirigenti evitano di aprire nuove polemiche interne per non indebolire ulteriormente il partito.
Molti dei cattolici che militano nei suoi ranghi sono estremamente vigili su questi temi. Dal canto loro, gli ex Ds perpetuano una tradizione comunista che consiste nel cercare in ogni modo di non mettersi in urto con la Chiesa cattolica. È sostenibile questa politica dello struzzo? Oggi gli italiani di sinistra, siano essi laici, agnostici, atei, oppure cattolici tendenti al «fai da te», nel tentativo di conciliare le proprie convinzioni profonde con le raccomandazioni della Chiesa e delle sfide quotidiane della modernità, sono senza dubbio più avanti di quanto pensi il Pd. Infine e soprattutto, Benedetto XVI ha precisato più volte che esistono valori «non negoziabili», tra cui ad esempio la vita e la bioetica. In altri termini, il Pd dovrà scegliere e prendere posizione, soprattutto in un Paese in cui la Chiesa è in prima linea. Quanto più rinvierà questa scadenza, tanto più grave sarà la sua crisi di identità.
Traduzione di Elisabetta Horvat