Muti, come nei film di Chaplin. Fermi, immobili. Inverno polare, deserto d’anime, cemento. Buio, vuoto d’aria; quasi che fosse caduta una bomba. Bloccati, contratti, privi di colore, impauriti. Siamo a San Giovanni in Fiore (Cosenza), a sud del Sud, nell’inferno Calabria.
Nel mondo, Ahmadinejad fa il suo e Obama, secco e piacente, recita a soggetto.
Abruzzesi stanno in piazza, a Montecitorio. Sollevano una tenda al sole, fischi alla "Casta" di governo. Cartelli contro Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile. Cori di protesta. L’orizzonte è invisibile per i terremotati. Nei campi degli sfollati è vietato il caffè, proibiti cioccolata, panna, volantini e assemblee; forse a garanzia d’una sicurezza estiva, ché a palazzo si monta il G8. Lì, dove la morte non è morta e le tv, viva il digitale, si volgono alle diete, al mare, la prova costume. Lì, in cui l’umano è crollato, come il costruito e il proprio. Lì, in Abruzzo, dove può essere che osino le aquile, nonostante l’arresto di "Gambazza", latitante a casa. Lì, dopo vari porta a porta, assenti e inermi i superstiti.
L’informazione è finita, tra i rumori d’un sesso guardone, i motti d’allenati furbastri e l’avanzo che copre la crisi.
Siamo perduti, in questa Italia di stenti; e nella Bassa, di regole e tribunali speciali, la gente ha sepolto il decoro.
A nulla sono valse le denunce pubbliche. A San Giovanni in Fiore (Cosenza), il 4 giugno scorso, l’assessore calabrese all’Agricoltura - laureato ad honorem alla "Pro Deo" di New York e oggi eurodeputato del Pd - ha incontrato centinaia di idraulico-forestali convocati il giorno precedente, accompagnato da due dirigenti pubblici. In orario di lavoro, ha chiesto il voto per l’Europa, e il voto ha preso. Mario Pirillo, rinviato a giudizio, ha passato il collega Mastella raccogliendo maggiori consensi.
Nessuno, salvo uno sparuto gruppo, ha proferito parola, ha riprovato l’accaduto a San Giovanni in Fiore, condannabile moralmente. Soprattutto, nessuno ha voluto raccontarlo. Nella "società liquida" contano i liquidi: il solido è un optional, e lo dimostra l’Abruzzo.
La Calabria è ormai sepolta. Dentro i suoi rifiuti tossici, coi quali hanno fatto le scuole e il quartiere di Lampanaro, Crotone, cattedra di Pitagora; tumori a bambini innocenti. Ma giù, nella terra dell’omicidio Fortugno, sostituito da Domenico Crea, dei medici, tutto deve restare come è. La sanità è una voragine con forza assassina, 2.166.000.000 di euro il debito regionale in materia.
Poco importa che Alberto Nerazzini su Report abbia sputtanato il sistema, mostrandone contraddizioni e deficienze. I baroni sono pronti a reagire: promettono assunzioni e favori, così zittiscono una società sparente, addormentata, deviata dai miti di plastica in onda non stop.
Nella confusione nazionale, per cui non si distingue il falso dal vero né il brutto dal bello, la Calabria svanisce col suo orrore, restando mera icona d’una arretratezza brutale e fastidiosa.
Mentre il tempo scorre e la ’ndrangheta cresce per debolezza e complicità della politica, a San Giovanni in Fiore, capitale italiana della disoccupazione e dell’emigrazione, s’attende silenziosamente il responso delle urne.
C’è il ballottaggio per il governo della Provincia di Cosenza. Si sfidano Mario Oliverio (Pd), presidente uscente, e Pino Gentile (Pdl). Il primo - sostenuto da Pirillo in occasione del citato episodio - è stato anche consigliere e assessore regionale, sindaco del comune e quattro volte deputato. Il secondo, invece, già primo cittadino di Cosenza, assessore e consigliere regionale.
Questo giornale, non parteggiando per alcuno dei due candidati, esprime una posizione netta e inequivocabile: ci asterremo.
Vogliamo però rispondere alla lettrice Maria Teresa, che su un nostro forum ha parlato del "cuore sangiovannese" di Oliverio, "portato ovunque".
San Giovanni in Fiore si impoverisce progressivamente e dipende quasi per intero dalla classe politica: dal ’98 al 2003 circa 1200 fruitori di reddito minimo e fin qui 613 forestali precari, 250 lavoratori di pubblica utilità, 18mila abitanti, quasi la metà fuori sede.
San Giovanni in Fiore è l’emblema del degrado morale, culturale e civile italiano. Niente mitragliate, botti e sequestri di coca. Opere pubbliche costruite dagli stessi noti, incompiuto, squallore e impareggiabile bruttezza. Storia disintegrata. Monumenti a uso e consumo di volponi; riveriti, protetti, primi alla benedizione domenicale.
Dove era, nel frattempo, Oliverio? C’erano gli abitanti?
In attesa che qualcuno risponda, noi di "la Voce di Fiore" tentiamo di costruire una forza che sappia produrre emancipazione culturale effettiva, a San Giovanni in Fiore e in Calabria.
Per questo, però, le coscienze non potranno più essere mute, come nei film di Chaplin; ferme, immobili.
Emiliano Morrone
Mentre sul lungo mare di Paola (la brutta città di Paola,quella raccontata mirabilmente da Minervino nel suo bellissimo "La Calabria brucia")oggi, s’allestivano i preparativi per una delle prime festacce estive alle quali si fa sempre più fatica ad abituarsi. Ospite d’onore l’attore portoghese di origini calabre F.Santoro, che dal Tg regione oggi ha mandato i saluti pure al Santo dei calabresi, il povero, indegnamente e troppo spesso menzionato (come avviene con San Gennaro per i napoletani) San Francesco di Paola.
A chi è stanco di tutto ciò che hai raccontato, non resta che sopportare l’attesa di una prossima fuga. Perchè l’uscita dalla minorità è un’ipotesi che si fa sempre più remota.
Anna Rita Sarro