POMIGLIANO, LA COSTITUZIONE, IL LAVORO, E LA TEOLOGIA DELLA "SOVRANITA’ PRIVATA" DELL’IMPRENDITORE. La Fiom non firma. La Cgil: rischio violazione legge ...

METALMECCANICI: CASO POMIGLIANO (D’ARCORE). Il sogno di avere mano libera in fabbrica. Un’analisi di Carlo Clericetti e notizie sulla trattativa - a cura di Federico La Sala

(...) di certo può essere un altro passo che magari fa bene all’impresa nel breve periodo, ma male all’economia nel lungo termine (...)
mercoledì 16 giugno 2010.
 

[...] il sogno di avere mano libera in fabbrica, sull’organizzazione del lavoro come sulle retribuzioni, senza avere il problema di subire scioperi come reazione. Il sogno di ottenere tutto questo non più con l’aiuto della polizia o dell’esercito, come si faceva nell’800, ma con la firma delle organizzazioni dei lavoratori. Formalmente non con una imposizione, dunque, ma offrendo una possibilità di scelta. [...]

[...] La Fiom ribadisce il suo no ad uno stravolgimento delle leggi e del contratto nazionale, ma lancia una proposta alla Fiat per salvare lo stabilimento di Pomigliano e gli investimenti promossi dal Lingotto sul sito campano. Con l’utilizzo dei 18 turni e delle flessibilità necessarie è possibile, rilancia il segretario generale dei metalmeccanici della Cgil, Maurizio Landini, «garantire una produzione annua superiore alle 280 mila Panda» indicate come obiettivo dall’azienda, con un 18mo turno strutturale, e senza lo straordinario.

È questa la proposta che arriva dalla Fiom al termine del Comitato centrale, convocato dalle tute blu per dare una risposta alla Fiat in vista della nuova convocazione dei sindacati per domani. Un tavolo a cui la Fiom non è stata chiamata ma che vedrà comunque un suo osservatore al tavolo [...]

-  LA CUCINA BERLUSCONIANA E LE RANE IN PENTOLA

LA TEOLOGIA POLITICA DELLA "SOVRANITA’ PRIVATA" DELL’IMPRENDITORE E LA COSTITUZIONE.


L’ANALISI

Mano libera in fabbrica

di CARLO CLERICETTI (la Repubblica, 14.10.2010)

"Ho fatto un sogno". Nessun imprenditore italiano ha ripetuto la frase dello storico discorso di Martin Luther King sulla fine della discriminazione razziale, ma si può star certi che la maggior parte l’ha pensata. Ed è un sogno molto diverso da quello: il sogno di avere mano libera in fabbrica, sull’organizzazione del lavoro come sulle retribuzioni, senza avere il problema di subire scioperi come reazione. Il sogno di ottenere tutto questo non più con l’aiuto della polizia o dell’esercito, come si faceva nell’800, ma con la firma delle organizzazioni dei lavoratori. Formalmente non con una imposizione, dunque, ma offrendo una possibilità di scelta.

Certo, nel caso di Pomigliano l’alternativa è un po’ asimmetrica: o si accettano le condizioni poste dall’azienda o la fabbrica chiude. Chiedersi se si proponga veramente una scelta sarebbe una domanda retorica. Ed è altamente probabile che anche il referendum tra i lavoratori, se si farà, scelga di mangiare quella minestra piuttosto che buttarsi dalla finestra.

Quella minestra, però, contiene ingredienti indigeribili. Non si tratta della fine della concezione del sindacato come "antagonista", come chiosa il candido segretario della Uil Luigi Angeletti. Tra quegli ingredienti c’è di fatto l’addio al contratto nazionale (già derogabile in base all’accordo sulle nuove relazioni sindacali, che la Cgil non ha firmato) e una rinuncia al diritto di sciopero, che la Costituzione garantisce addirittura come diritto individuale. C’è, in altre parole, tutto ciò che serve a far diventare irrilevante il sindacato, a guidarlo verso un sicuro declino, ancora una volta sul modello degli Stati Uniti, dove ormai meno del 10% dei lavoratori è iscritto a un sindacato.

Sono in molti a ritenere che questo non sia un problema, ma un obiettivo desiderabile. Ma a dire che sbagliano non è qualche sorpassata ideologia, ma la stessa storia dello sviluppo. Se si allunga lo sguardo a tutta la prospettiva dello sviluppo economico non si può non ammettere che è cresciuto di pari passo con il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. E piuttosto che avanzare il dilemma dell’uovo e della gallina bisognerebbe chiedersi se l’allargamento del benessere sociale non sia un qualcosa che è appunto necessario al buon funzionamento dell’economia, se un maggiore equilibrio nella distribuzione del reddito non sia una condizione che permette una crescita equilibrata, magari con meno accelerazioni, ma anche senza crisi drammatiche come quella degli anni ’30 e come quella tuttora in atto.

Fino agli anni ’70 del secolo scorso il "mega-trend" è stato di una maggiore diffusione del benessere, dagli anni ’80 è invece iniziata una tendenza alla polarizzazione che con la globalizzazione si è accentuata, perché non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che viene posta l’alternativa su cui si deve decidere a Pomigliano. Ma dagli anni ’80 le crisi - non solo finanziarie - si sono succedute a ritmo sempre più accelerato, fino a questa che ha coinvolto tutto il mondo. Per ognuna di queste crisi, presa singolarmente, si possono trovare spiegazioni specifiche, ma, se appunto si allunga lo sguardo, non è insensato chiedersi se non ci sia alla base uno stesso problema di fondo.

Secondo la "teoria del caos" un qualsiasi avvenimento, per quanto apparentemente insignificante, può provocare una serie di reazioni concatenate che possono sfociare in eventi di livello planetario. Non c’è bisogno che per il caso Pomigliano si paventi qualcosa del genere. Ma di certo può essere un altro passo che magari fa bene all’impresa nel breve periodo, ma male all’economia nel lungo termine.


Pomigliano, la Fiom non firma

-  La Cgil: rischio violazione legge
-  E la Fiat convocati i sindacati
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NAPOLI La Fiom ribadisce il suo no ad uno stravolgimento delle leggi e del contratto nazionale, ma lancia una proposta alla Fiat per salvare lo stabilimento di Pomigliano e gli investimenti promossi dal Lingotto sul sito campano. Con l’utilizzo dei 18 turni e delle flessibilità necessarie è possibile, rilancia il segretario generale dei metalmeccanici della Cgil, Maurizio Landini, «garantire una produzione annua superiore alle 280 mila Panda» indicate come obiettivo dall’azienda, con un 18mo turno strutturale, e senza lo straordinario.

È questa la proposta che arriva dalla Fiom al termine del Comitato centrale, convocato dalle tute blu per dare una risposta alla Fiat in vista della nuova convocazione dei sindacati per domani. Un tavolo a cui la Fiom non è stata chiamata ma che vedrà comunque un suo osservatore al tavolo.

«Se la Fiat sceglie di applicare in tal modo il Ccnl e le leggi, la Fiom ne prende atto senza alcuna opposizione, disponibili ovviamente a una applicazione anche delle parti più rigorose e severe» chiarisce il "parlamentino" della Fiom nel documento finale approvato all’unanimità. «Non accedere a questa soluzione renderebbe evidente che per la Fiat l’obiettivo non è nè quello della produzione nè quello della flessibilità o compatibilità produttiva, ma come evidenziato dalle dichiarazioni dei ministri Sacconi e Tremonti l’obiettivo diventerebbe quello di voler affermare il superamento del contratto e dello Statuto dei lavoratori».

Una strada che per la Fiom resta impercorribile, nonostante le pressioni, arrivate da più parti, non ultima da quella della confederazione. Oggi la neo segreteria della Cgil ha infatti affrontato il nodo Pomigliano, ribadendo la posizione già espressa dal segretario generale, Guglielmo Epifani: per la Cgil «il lavoro e l’occupazione» restano la priorità da seguire anche se non si può nascondere il rischio che «la proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione». Per la Cgil, comunque, «tocca alla categoria dei metalmeccanici promuovere la discussione, innanzitutto coinvolgendo gli iscritti»: una questione, questa del referendum, respinta dalla Fiom: «è impossibile sottoporre al voto» accordi che violano i contratti e la Costituzione, ripete infatti Landini.

«Dire di no a un investimento di 700 milioni è cecità enorme. Anche se la Fiom poco fa ha detto di non accettare la proposta della Fiat, mi auguro sia una ennesima provocazione e una normale tattica di negoziazione. Ma credo non ci sia più spazio di negoziazione» commenta la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia mentre un nuovo appello alla Cgil arriva dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «Faccio appello ai vertici della Cgil affinchè una valutazione più generale induca la stessa categoria ad accettare, pur con le riserve manifestate, un’intesa utile a salvaguardare il futuro di Pomigliano e della Fiat in Italia» dice il Ministro che si rivolge però anche all’azienda affinchè «voglia considerare il clima di larga condivisione che si è già prodotto in azienda e nell’intero Paese sull’ipotesi di accordo».

Un giudizio positivo sulla posizione espressa dalla Cgil arriva infine dalla Cisl: «Sono molto soddisfatto del fatto che ritroviamo l’unità sindacale su uno dei punti salienti per la vita del Paese» afferma il segretario generale, Raffaele Bonanni. Per la Uil, dice il segretario Luigi Angeletti Pomigliano è lo «spartiacque nel sistema delle relazioni sindacali, destinato, qualunque sia l’epilogo, ad un cambiamento definitivo. L’era dell’antagonismo - sostiene - è finita».

* la Stampa, 14/06/2010


Sul tema, e sulla questione generale, si cfr.:

LA CUCINA BERLUSCONIANA E LE RANE IN PENTOLA

LA TEOLOGIA POLITICA DELLA "SOVRANITA’ PRIVATA" DELL’IMPRENDITORE E LA COSTITUZIONE.

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE.


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