Federico La Sala, il filosofo dei moniti permanenti, avversario del "nuovo realismo", instancabile dispensatore di consigli pubblici disinteressati, apologeta del web 1.0, amico della complessità e seguace dell’approccio multidisciplinare alla conoscenza, mi segnala che oggi è il compleanno del pontefice Benedetto XVI.
Me lo hanno ricordato pure i tg e la tv in generale, ho qualche difficoltà a rimembrare ogni ricorrenza. Ora, trattandosi del compleanno del papa, il papa di noi tutti cristiani, vogliamo rivolgergli un augurio sincero e affettuoso.
Joseph Ratzinger compie 85 anni. Una vita di studio e ricerca teologica, con un pontificato giunto al settimo anno, mentre la Chiesa è chiamata a una scelta di campo: se preservare il suo corpo dottrinario-politico o diventare "il corpo mistico di Cristo" definito nell’Ecumenico Vaticano II.
Speriamo che l’abate di Fiore, quel Gioacchino "di spirito profetico dotato", tanto conosciuto e in passato apprezzato da Benedetto XVI, ispiri il Vaticano e mostri ai suoi teologi e ministri che è ormai giunta l’Età dello Spirito, l’ultimo tempo della storia universale. Spirito Santo.
Emiliano Morrone
Ratzinger e quelle dimissioni possibili
Monsignor Bettazzi torna a parlarne come di “un’ipotesi concreta”
di Luca de Carolis (il Fatto, 17.04.2012)
Quell’ultimo tratto di strada “potrebbe essere quello fino alle dimissioni”. E comunque, Benedetto XVI potrebbe lasciare “solo dopo aver finito il libro su Gesù”. Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, descrive come un’ipotesi concreta le dimissioni di Joseph Ratzinger. E lo dice ai microfoni di “Un Giorno da pecora”, programma su Radio2 dove già due mesi fa aveva parlato di un “Papa pronto a dimettersi, perché molto stanco”.
Non solo per l’età: “Di fronte ai problemi che ci sono, forse anche di fronte alle tensioni che ci sono all’interno della Curia, potrebbe pensare che di queste cose se ne occuperà il nuovo pontefice”. Una replica, neanche troppo indiretta, a smentite, versioni ufficiali e silenzi imbarazzati sulle lotte di potere in Vaticano, puntualmente raccontate dal Fatto. Scontri a colpi di documenti e veti incrociati, che hanno amareggiato e logorato Benedetto XVI. Un’amarezza lucida, su cui peserebbero anche ricordi dolorosi.
Pochi giorni fa, a Tg2 dossier, ancora Bettazzi aveva raccontato possibili e fragorose verità: “Il Papa potrebbe dare le dimissioni, prima che arrivi quel momento in cui non è più il pontefice a guidare la Chiesa. Ha visto gli ultimi anni di Giovanni Paolo II, e sapeva che lui voleva dare le dimissioni ma non gliel’hanno lasciate dare. Io gli auguro lunga vita e lucidità, ma se Benedetto XVI si accorgesse che le cose stanno cambiando, avrebbe il coraggio di dimettersi”. Ratzinger insomma non accetterebbe di continuare da simbolo vivente, svuotato però di effettivi poteri. E potrebbe lasciare, prima che a governare di fatto la Chiesa sia qualcuno non eletto al soglio pontificio .
Ieri il vescovo di Ivrea ha ribadito: “Il Papa è molto stanco, e può darsi che dica: ‘Piuttosto che un pontefice stanco, lasciamo che ne venga uno nuovo, che continui con vigore la purificazione della Chiesa che Ratzinger ha iniziato e che gli sta tanto a cuore’”.
Ma quando? Bettazzi precisa: “Il pontefice vuole prima finire il libro su Gesù, gli preme tanto. I giornali dicono che lo finirà a dicembre , ma può essere anche che approfitti dell’estate per finirlo prima”. Poi da scrivere ci sarebbero il futuro di un Papa e della Chiesa. Guidata da un intellettuale che potrebbe anche scegliere di dedicarsi solo ai suoi libri. Bettazzi cita come possibili papabili “Scola, Ravasi, Bertello”. Ma conclude: “Lasciamo fare ai cardinali”. Chiaro e semplice. Come certe verità difficili da dire.
«Caro Joe, ricordi quando eri progressista?». Un ex collega scrive a Ratzinger
di Ludovica Eugenio (Adista - Notizie, n. 15, 21 aprile 2012)
«Caro Joe»: così inizia una lettera aperta a Benedetto XVI scritta dal teologo statunitense Leonard Swidler, suo collega negli anni ’70 all’Università di Tübingen, alla quale tornò poi in diverse occasioni come docente anche negli anni ’80. Ma, a dispetto del tono amichevole, il documento, pubblicato sul sito australiano catholica.com (5/4) è tutt’altro che tenero nei confronti dell’attuale “politica” pontificia.
«Alcuni anni fa, quando eri ancora a capo del Sant’Uffizio, ti scrissi una lettera riguardo al ruolo delle donne nella Chiesa cattolica», esordisce Swidler che, oltre ad essere direttore e cofondatore del trimestrale Journal of Ecumenical Studies, nonché fondatore e presidente del Dialogue Institute, organismo attivo nel dialogo interreligioso e interculturale, fondato nel 1978 presso la Temple University di Philadelphia, insegna anche Pensiero cattolico e dialogo interreligioso presso la stessa istituzione .
«A quel tempo - scrive Swidler - mi rivolgevo a te con un familiare “caro Joe”, che si fondava sulla nostra amicizia, risalente alla fine degli anni ‘60/primi ’70». Lo feci, racconta, «pensando che quella forma ti avrebbe comunicato con quanta serietà io nutrivo la speranza che tu potessi aprire la tua mente e il tuo cuore per ascoltare ciò che avevo da dirti. Non avevo modo di sapere se avrei avuto successo in questo. Tuttavia, facendo ricorso alla nostra antica “collegialità”, ora mi rivolgo a te ancora una volta in questo modo fraterno».
«Sono sconcertato dal fatto che, specialmente negli ultimi tempi, tu abbia lanciato segnali che contraddicono le parole e lo spirito del Concilio Vaticano II, nel corso del quale tu, come giovane teologo, hai dato un contributo a far sì che la nostra amata Chiesa uscisse dal Medio Evo per entrare nella modernità», afferma il teologo, ricordando anche le posizioni prese da Ratzinger, da professore a Tübingen, a favore di un’elezione episcopale democratica e di un limite all’incarico dei vescovi.
«Ora stai rimproverando pubblicamente preti cattolici impegnati perché fanno proprio ciò che tu in precedenza avevi così coraggiosamente difeso. Questi e molti, molti altri nella Chiesa cattolica stanno seguendo il tuo esempio di allora, cercando disperatamente di spingere la Chiesa nella modernità. Uso volutamente il termine “disperatamente” perché nel tuo Paese d’origine, la Germania, e altrove in Europa, le chiese sono vuote, e lo sono anche i cuori di tanti cattolici quando sentono le parole raggelanti che vengono da Roma e dai vescovi “radicalmente obbedienti” (leggi: yes-men).
Nel mio Paese, gli Stati Uniti, luogo di nascita della libertà moderna, dei diritti umani e della democrazia abbiamo perso - solo in questa generazione! - un terzo della popolazione cattolica, 30 milioni di persone, perché le promesse del Vaticano II, con la sua rivoluzione copernicana in cinque dimensioni (svolta verso libertà, mondo, senso della storia, riforma interna e soprattutto dialogo) sono state così deliberatamente vanificate dal tuo predecessore e ora, ancora di più, da te».
Swidler fa poi riferimento al contributo apportato da Ratzinger al Vaticano II, quando spiccò tra i teologi che «sostennero l’invito di Giovanni XXIII all’aggiornamento grazie allo spirito riformatore derivante dal ritorno alle ritempranti fonti originarie del cristianesimo (ad fontes)». Quelle fonti democratiche e orientate alla libertà della Chiesa primitiva erano esattamente le «“fonti” del rinnovamento di cui tu e i tuoi colleghi di Tübingen» parlavate diffusamente.
Di qui il vibrante appello di Swidler al papa affinché torni proprio a quello spirito di riforma espresso in gioventù, già negli articoli pubblicati sul primo numero del trimestrale di teologia ecumenica da lui fondato nel 1964, «che cercavano di gettare un ponte sull’abisso della Controriforma che divideva la Chiesa cattolica dal resto del cristianesimo, e dal resto del mondo moderno». «In quello spirito, Joe, ti sollecito a tornare ad fontes!», è la conclusione del teologo.
SULLA STRADA DELLA CARITA’ ("CHARITAS")
CARO BENEDETTO XVI
IL MIO AUGURIO E’ CHE IL 24 GIUGNO, FESTA DI GIOVANNI BATTISTA, SIA A SAN GIOVANNI IN FIORE A FESTEGGIARE CON TUTTA LA COMUNITA’ LOCALE IL SUO NUOVO CORSO CON L’EVANGELISTA GIOVANNI, CON GIOACCHINO E FRANCESCO DI PAOLA,
BUON COMPLEANNO!!!
Federico La Sala
Lassù nell’universo un’altra Terra è possibile
Aveva ragione Giordano Bruno: siamo circondati da infiniti mondi simili al nostro. È dal 1995 che gli astronomi scrutano oltre il sistema solare
Al 15 aprile 2012 ne sono stati scoperti 763. Compreso Gliese, a 23 anni luce da noi
di Pietro Greco (l’Unità, 16.04.2012) Il nome, Gliese 667C c, non è particolarmente evocativo. Ma è l’oggetto cosmico più simile alla Terra che l’uomo conosca. È grande quattro volte il nostro pianeta (ha una massa 4,54 volte quella terrestre, per la precisione), si trova a 23 anni luce da noi nella costellazione dello Scorpione e, come spiega un gruppo di ricercatori guidati da Guillem Anglada-Escud in un articolo pubblicato lo scorso mese di febbraio sull’Astrophysical Journal, è collocato al centro della «zona abitabile» di un sistema stellare multiplo (il Gliese 667), composto da ben tre stelle, due simili al nostro Sole.
Gliese 667C c, che ruota intorno a una delle tre stelle in appena 28 giorni, è la new entry e, nel medesimo tempo, la pietra (è il caso di dirlo) più preziosa dell’Habitable Exoplanets Catalog (HEC): il catalogo dei pianeti abitabili che il Planetary Habitability Laboratory (PHL) della University of Puerto Rico di Arecibo ha iniziato a stilare dallo scorso mese di dicembre. Tutto nasce nel 1995, quando gli astronomi, grazie a nuove e sofisticate tecnologie, danno per buona la scoperta del primo pianeta extra-solare, un oggetto più grande del nostro Giove, che orbita intorno alla stella 51 Pegasi. È la prima conferma empirica che aveva ragione Giordano Bruno quando affermava, mettendo a rischio la sua incolumità, che la Terra non ha nulla di speciale e che l’universo è pieno di «infiniti mondi» della «stessa specie» del nostro pianeta.
Da quel 1995 la ricerca di pianeti extra-solari è andata avanti. Alla data di ieri, 15 aprile 2012, ne sono stati scoperti con certezza ben 763.
La domanda, fin dal 1995, era se il Nolano avesse ragione fino in fondo. E se almeno alcuni degli «infiniti mondi» fossero in grado di ospitare, come la Terra, una qualche forma, più o meno evoluta, di vita. Così gli astronomi si sono concentrati nella ricerca di pianeti che fossero letteralmente, come sosteneva Bruno, della «stessa specie della Terra».
Impresa niente affatto banale. Perché bisogna definire con esattezza cos’è un pianeta «simile alla Terra». È anche per questo che oggi e fino al 20 aprile ad Atlanta, in Georgia, Stati Uniti, l’Astrobiology Institute della NASA organizza la sua «Astrobiology Science Conference 2012», in cui discuterà della ricerca della vita nello spazio, dedicando un’apposita sessione alla «Habitability Metrics for Astrobiology», ovvero agli strumenti per misurare l’«abitabilità» degli oggetti cosmici.
Un criterio rozzo ma ritenuto, per il momento, efficace è che per essere abitabile e, dunque, per poter ospitare forme di vita così come noi le conosciamo, l’oggetto cosmico debba trovarsi in una zona dello spazio definita «zona di abitabilità», compatibile con la presenza di acqua allo stato liquido. Questo criterio è stato ulteriormente affinato prendendo in considerazione altri parametri in modo da stabilire un indice di «Earth likeness», ovvero di somiglianza alla Terra in una scala che va da 0 a 1.
Se in questa scala - che proponiamo, modestamente, di ribattezzare «scala Giordano Bruno» - l’indice raggiunge almeno il valore di 0,80, l’oggetto cosmico è ritenuto «simile alla Terra» e dunque potenzialmente in grado di ospitare forme evolute di vita. Se raggiunge il valore di 0,70 il pianeta (o il satellite naturale di un pianeta) è ritenuto in grado di ospitare forme di vita semplice, come i nostri microbi.
In questa scala, per fare un esempio, il pianeta Marte raggiunge un valore di 0,66. Marte è un pianeta simile, ma non troppo, alla Terra e comunque ai limiti dell’abitabilità.
È sulla base di questo indice che, ad Arecibo, hanno studiato tutti i 763 pianeti extra-solari finora scoperti e hanno elaborato l’Habitable Exoplanets Catalog (HEC), il catalogo dei pianeti abitabili. Si tratta di un catalogo piuttosto magro. Contiene solo quattro pianeti che superano il valore di 0,70 nella scala di somiglianza alla Terra e solo due pianeti che superano il valore di 0,80 e sono classificabili come «simili alla Terra». La new entry, Gliese 667C c, raggiunge il valore di 0,85 e, dunque, è l’oggetto cosmico più «simile alla Terra» conosciuto.
Segue a ruota il pianeta Kepler 22b, che in circa 280 giorni compie un’orbita completa intorno a Kepler 22, una nana gialla (una stella un po’più piccola del Sole) che si trova a 610 anni luce da noi. Kepler 22b è piuttosto grosso (ha una massa 6,36 volte quella della Terra), ma raggiunge un valore di 0,81 nell’indice di somiglianza al nostro pianeta è, dunque (ma su questo dunque occorre discutere), è potenzialmente in grado di ospitare forme evolute di vita.
Nel catalogo figurano altri due pianeti - Hd 85512 b e Gliese 581 d - con un indice di somiglianza alla Terra superiore a 0,70 ma inferiore a 0,80. Il catalogo, almeno momentaneamente, si ferma qui. Sono solo 4, dunque, i pianeti extra-solari potenzialmente abitabili che abbiamo scoperto: lo 0,7% di tutti i pianeti extra-solari conosciuti.
Nel sistema solare abbiamo un pianeta abitabile, la Terra, su 8: il 12,5%. Come mai questa differenza? L’indice dei pianeti abitabili nel nostro sistema solare è una fluttuazione statistica oppure l’efficienza con cui, scrutando il cielo, riusciamo a individuare pianeti abitabili non è ancora significativa?
La domanda non ha, per ora risposta. Tuttavia ci sono alcune indicazioni. La sonda Kepler, inviata nello spazio dalla NASA per «battere» il firmamento con lo specifico scopo di individuare pianeti simili alla Terra nella «zona di abitabilità» dei sistemi stellari ha finora individuato 2321 pianeti extra-solari (elenco aggiornato allo scorso mese di febbraio). Si tratta di «pianeti candidati», la cui esistenza deve essere confermata. Ebbene, su questo grosso numero di pianeti quelli simili alla Terra localizzati in una zona di abitabilità sono 45: il 2,5%. Una percentuale un po’ più vicina a quella del sistema solare. È dunque probabile che i pianeti «della stessa specie della Terra» siano davvero molti nella nostra galassia. Secondo gli astronomi, sulla base delle attuali statistiche, potrebbero essere miliardi. Si tratta di pianeti potenzialmente abitabili. Siamo davvero in uno scenario bruniano.
Che, tuttavia, spalanca a due classi di domande. I pianeti potenzialmente abitabili lo sono poi davvero? E in che percentuale? E quando su un pianeta «della stessa specie della Terra» sboccia la vita?
La seconda classe di domande è concettualmente opposta: non è che, come il famoso ubriaco, stiamo cercando la chiave sotto il lampione perché solo qui c’è la luce? Chi ci dice che la nostra sia l’unica forma di vita possibile? Non è possibile che ci siano forme di vita diverse che preludono a «zone di abitabilità» affatto diverse?
Non abbiamo risposte a queste domande. Anche se ora, con lo sviluppo delle tecniche astronomiche, possiamo cercare le risposte. Ne vale la pena, non fosse altro per sapere se aveva ragione il grande biologo Jacques Monod quando sosteneva che «ora sappiamo di essere soli nell’immensità indifferente del cosmo», oppure ha ragione il medico che sa di matematica booleana, Stuart Kaufman, quando afferma che la vita è «a casa nell’universo».
Il regalo di padre Georg al Papa
"Un libro per dire chi è davvero"
I cardini del pensiero. Nel giorno dell’85esimo compleanno, esce in Germania il volume che raccoglie venti pareri sul Pontefice
A curarlo è stato il segretario di Benedetto XVI. Che racconta a Repubblica com’è nata l’idea
di Marco Ansaldo (la Repubblica, 16.04.2012)
UN PONTEFICE che ha «coraggio». Che non ha paura di affrontare «questioni delicate». E la cui immagine invece, già da cardinale, come quella di un «poliziotto», ma anche dopo, è stata presentata spesso «in modo deformato e distorto». Perché Joseph Ratzinger è, piuttosto, un «Papa delle parole». Più un «teologo che un uomo di grandi gesti». Forse non c’è persona, oggi, che conosce meglio il Pontefice tedesco del suo segretario personale.
Non solo per motivi di ufficio, quanto di vicinanza spirituale e conoscenza della figura e del magistero di Benedetto XVI. E monsignor Georg Gaenswein, tedesco del sud, amante dei Pink Floyd e dello sci, ma dottore in teologia e docente di diritto canonico, rimarca la propria devozione al vescovo di Roma con un regalo speciale.
Oggi Joseph Ratzinger compie 85 anni. E don Georg ha voluto festeggiare il tondo anniversario con una sorpresa: un libro pubblicato in Germania che raccoglie gli scritti di 20 vip di lingua tedesca, 20 personaggi prominenti (da qui il titolo "Benedikt XVI. Prominente ueber den Papst"), sul Papa. Ha lavorato in silenzio per mesi, tirando le fila di questo lavoro di 191 pagine, riunendo contributi diversi: dall’ex calciatore Franz Beckenbauer, ai politici Schaueble e Stoiber, al cardinale svizzero Koch, scrivendo infine un suo ritratto personale del Pontefice e l’introduzione all’intero testo.
Visto da vicino Gaenswein, 56 anni portati gagliardamente, un ciuffo brizzolato che fatica a uscire in maniera composta dall’elegante abito talare, non smentisce l’allure che lo circonda. Eppure l’aspetto sportivo non è disgiunto da un afflato spirituale solido e da un’intelligenza pragmatica.
Non sempre l’assistente del Papa - lo si vede costantemente al suo fianco, un inchino e un passo indietro - ha goduto della considerazione degli osservatori vaticani che all’inizio lo giudicavano con cautela. Ma ora, alla vigilia il 19 aprile prossimo dei sette anni del pontificato di Benedetto, l’immagine di don Georg si è rafforzata. La sua perseveranza, l’operare discreto dentro l’Appartamento, l’intesa consolidata con il Papa, hanno fatto sì che l’assistente tedesco oggi non solo sia il custode fidatissimo di tanti segreti della Casa. Ma un sostegno concreto, con un apporto apprezzato da Ratzinger che vede nel proprio segretario particolare ben più che un’ombra attenta: un consigliere influente e ascoltato.
Monsignor Gaenswein, com’è nata l’idea di questo omaggio? «E’ molto semplice: sono stato invitato dalla casa editrice, la Media Maria Verlag, a scrivere un contributo per un libro che sarebbe diventato un regalo per l’85° compleanno del Santo Padre. Ci ho pensato su».
E che cosa ne è venuto fuori? «Dato che si sarebbe trattato di un regalo per il compleanno del Papa ho detto di sì, lo scriverò! E comunicata la risposta positiva, mi hanno immediatamente invitato a occuparmi anche dell’aspetto editoriale dell’opera. Ho riflettuto pure su questo e alla fine ho accettato».
Venti grandi personaggi di lingua tedesca: come sono stati scelti? «Lo scopo era di dare voce a personalità provenienti da ambiti diversi della società tedesca - chiesa, politica, cultura, economia, sport - che conoscono personalmente il Santo Padre. Abbiamo presentato loro l’idea, e poi invitati a collaborare. Ecco il risultato! ».
E qual è l’idea che emerge dai loro scritti? «E’ importante sottolineare che non sono state poste condizioni di scrivere "pro Papa". Cioè il libro non è per niente, per così dire, "un lavoro ricevuto dall’alto da svolgere per pura cortesia". Non c’era un diktat sul politically correct. Ciascuno di loro, uomo o donna, poteva, anzi doveva scrivere come avrebbe "dettato" il cuore e il cervello. L’idea di fondo era di offrire una visione personale e sincera sulla persona e sull’operare di Papa Benedetto, scritta da persone note in Germania». Dall’immagine di "poliziotto del Papa", come lei scrive nel testo, quando sotto il precedente pontificato Ratzinger era a capo della Congregazione della Dottrina della Fede (l’ex Sant’Uffizio), a "Papa delle parole". Più un "teologo che un uomo di grandi gesti".
Lei oggi è forse la persona che lo conosce più da vicino. Ma chi è davvero quest’uomo? «Ho cercato di dare una rispostaa questa domanda proprio nel mio contributo. L’immagine del Santo Padre, già l’immagine del Cardinale Ratzinger, spesso è stata presentata in modo deformato e distorto. Mi dovrei dilungare troppo se dovessi esporne ora i motivi. Propongo di prendere in mano il libro e di leggerlo. Qui si troveranno le risposte».
Sono comunque passati sette anni dall’ascesa di Ratzinger al Soglio petrino. Non un tempo troppo lungo per un pontificato, però sufficiente per trarne un bilancio. Quale, dal suo punto di vista? «Un fatto che segna chiaramente il pontificato di Benedetto XVI è il coraggio. Il Papa tedesco non teme questioni delicate e neanche confronti ad bonum fidei et Ecclesiae! ».
Dunque che cosa davvero gli sta a cuore? «La questione del rapporto tra fede e ragione, tra religione e rinuncia alla violenza. Dalla sua prospettiva, la ri-cristianizzazione innanzitutto dell’Europa sarà possibile quando gli uomini comprenderanno che fede e ragione non sono in contrasto ma in relazione tra loro».
Ma c’è un segno programmatico? «Il Papa, in fondo, vuole riaffermare, con forza e chiarezza, il nocciolo della fede cattolica: l’amore di Dio per l’uomo, che trova nella morte in croce di Gesù e nella sua resurrezione l’espressione insuperabile. Questo amore è l’immutabile centro sul quale si fonda la fiducia cristiana nel mondo, ma anche l’impegno alla carità, alla misericordia, alla rinuncia alla violenza. Non per caso la prima Enciclica del Papa è intitolata "Deus caritas est - Dio è amore". È un segno programmatico del suo pontificato. Benedetto XVI vuol far risplendere la gioia e la bellezza del messaggio evangelico».
Festa di compleanno per Papa Ratzinger
Niente dimissioni «finché Dio
vorrà»
di Roberto Monteforte (l’Unità, 17 aprile 2012)
«Mi trovo di fronte all’ultimo tratto del percorso della mia vita e non so cosa mi aspetta. So, però, che la luce di Dio c’è, che Egli è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità, che la bontà di Dio è più forte di ogni male di questo mondo. E questo mi aiuta a procedere con sicurezza. Questo aiuta noi ad andare avanti, e in questa ora ringrazio di cuore tutti coloro che continuamente mi fanno percepire il Sì di Dio attraverso la loro fede». Con queste parole Benedetto XVI ha concluso ieri mattina la sua omelia alla messa privata celebrata nella Cappella Paolina per il suo 85mo compleanno.
Agli amici, ai vescovi tedeschi e alla delegazione giunta dalla sua Baviera, Papa Ratzinger ha parlato dei «segni» offerti alla sua vita dai santi che si festeggiano il 16 aprile, giorno del suo compleanno: la semplicità che ha contrassegnato l’esistenza di santa Bernadette, la veggente di Lourdes. Perché con il nostro «sapere e il fare» - ha spiegato - non dobbiamo perdere «lo sguardo semplice del cuore, capace di vedere l’essenziale».
Dall’altro santo, il francese Benedetto Giuseppe Labre, «viandante europeo», ha tratto il senso di una fraternità da vivere «perché in Dio cadono le frontiere, solo Dio fa cadere le frontiere e lo smantellamento delle frontiere ci unisce e guarisce». Sono i «segni» che ha caratterizzato anche il suo pontificato. Nelle parole dell’anziano pontefice, pronunciate alla vigilia del suo settimo anno di pontificato che verrà celebrato il prossimo 19 aprile, vi è la conferma della determinazione di Papa Ratzinger a continuare a guidare la Chiesa universale davanti al «male» del mondo che non la risparmia.
Nessun abbandono è all’orizzonte. La sua agenda è già fitta: dall’Incontro mondiali per le famiglie di fine maggio a Milano, alla visita ad Arezzo, quindi il viaggio previsto per metà settembre in Libano. L’anno prossimo sarà in Brasile per le Giornate mondiali della gioventù. Poi il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e l’Anno della Fede. Questa estate è prevista l’uscita del suo terzo libro su Gesù dedicato all’infanzia del Nazareno.
Attivo e lucido, malgrado l’età e i malanni, il più anziano pontefice dalla fine del XIX secolo, ieri, si è visto festeggiare alla «bavarese» nella Sala Clementina dai giovani in costume e da una delegazione guidata dal ministro e presidente della Baviera Horst Seehofer.
Auguri al vescovo di Roma sono giunti anche dai parroci della Capitale. «Te volemo tutti bene» ha detto in romanesco a nome di tutti a Radio Vaticana, padre Lucio Maria Zappatore, parroco a Torrespaccata. Di buon mattino è giunto quello inviato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano a nome anche del popolo italiano e quello del cancelliere tedesco, Angela Merkel.
È stato aperto anche un «sito» in Vaticano per raccogliere i messaggi di augurio rivolti al pontefice. Particolare l’augurio inviato a nome delle Acli dal presidente Andrea Olivero. «Inquieti e mai rassegnati all’esistente» è il titolo del video messaggio realizzato per Famiglia Cristiana. «Le auguriamo ancora anni di gioventù come quelli che ci ha donato - afferma Olivero - anni nei quali Lei possa spronarci a essere inquieti, di quella Santa inquietudine di Cristo che ha manifestato sin dall’inizio del Suo pontificato». «Noi cercheremo - ha aggiunto - di non rassegnarci all’esistente, ma di andare, forti degli insegnamenti della Chiesa e forti del Vangelo, a testimoniare la nostra fede nella società».