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LA DEMAGOGIA DI STATO E IL MESSAGGIO DELLA LIBERAZIONE. Il Presidente Napolitano richiama e sollecita a non «abbandonarsi a una cieca sfiducia», a non «finire per dar fiato a qualche demagogo di turno»

(...) il Capo dello Stato ricorda che tutti i partiti «hanno mostrato limiti e compiuto errori», che «occorre impegnarsi perché dove s’è creato del marcio venga estirpato» (...)
sabato 28 aprile 2012.
 


LIBERAZIONE - IL MESSAGGIO

Napolitano: basta demagoghi

Il presidente celebra il 25 Aprile. Monti: lo spirito della Liberazione per superare la crisi

di FRANCESCA SCHIANCHI inviata a Pesaro (La Stampa, 26.04.2012)

Quando il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, difende i partiti, il cui ruolo non può essere sostituito, e richiama a non «abbandonarsi a una cieca sfiducia», a non «finire per dar fiato a qualche demagogo di turno», nelle prime file ascoltano attenti i cittadini assiepati nella piazza di Pesaro piena di tricolori. Si sciolgono in applausi liberatori quando il Capo dello Stato ricorda che tutti i partiti «hanno mostrato limiti e compiuto errori», che «occorre impegnarsi perché dove s’è creato del marcio venga estirpato», quando evoca le riforme da fare: «Regole di trasparenza» nella vita dei partiti, «limiti e controlli per il loro finanziamento», una legge elettorale «che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti, e di non votare dei nominati dai capi dei partiti». Ma anche a loro, ai tanti accorsi in piazza che ripetono «solo di lui ci fidiamo, lo scriva», all’opinione pubblica percorsa da un fremito di antipolitica, il capo dello Stato chiede lo sforzo di accompagnare il rinnovamento «con spirito più costruttivo e fiducioso».

«Rinnovamento, fiducia e unità» sono le parole d’ordine che Napolitano scandisce nel suo discorso, in occasione del 67˚ anniversario della Liberazione, condizioni necessarie per guardare positivamente ai problemi, ispirandosi all’esempio della Resistenza; poco prima il Presidente è stato all’Altare della patria a Roma, con il premier Monti: pure lui sottolinea la necessità di «rigenerare l’esperienza della Liberazione per far fronte ai gravi sacrifici» della situazione economica, il bisogno di liberarsi di «alcuni modi di pensare e di vivere» che impedivano di proiettarsi nel futuro.

Sul palco di Pesaro, davanti al ministro Cancellieri, alla vicepresidente della Camera Bindi, sindaci del territorio e rappresentanti delle associazioni combattentistiche, il Capo dello Stato esalta la politica, da non considerare qualcosa di «sporco» ma «vedendo la cosa pubblica come affare di tutti e di ciascuno», come fu sull’onda della Liberazione. Ai partiti che a lungo sono stati «l’anima ispiratrice e il corpo vivo» della politica, poi colpiti da «stanchezze e degenerazioni», spetta il compito di rigenerarsi, ritrovare «slancio ideale, tensione morale». Devono rinnovarsi, dando risposte ai problemi «confrontandosi fattivamente col governo fino alla conclusione naturale della legislatura», scandisce in un passaggio, come a stoppare le tentazioni di voto in autunno delle forze politiche. Non tardino a mettere mano alle riforme, a concordare soluzioni «indilazionabili», ora che «si sono create condizioni più favorevoli per giungervi».

Ma guai a pensare di fare a meno dei partiti: «Rifiutarli in quanto tali dove mai può portare?». No ad «abbagli fatali», il rischio è quello del «demagogo di turno»: come fu in altri tempi Guglielmo Giannini, il fondatore dell’Uomo qualunque. Poi diventato partito e, ricorda Napolitano, sparito «senza lasciare alcuna traccia positiva per la politica e il Paese».


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