S. Sede ottiene da Israele censura di programma tv *
CITTA’ DEL VATICANO - Il Vaticano ha chiesto e ottenuto un intervento delle autorità israeliane allo scopo di far oscurare un programma televisivo in onda su una emittente privata israeliana nelle quali "venivano ridicolizzati "con parole e immagini blasfeme il Signore Gesù e la Beata Vergine Maria". Lo si apprende da un comunicato della sala stampa della Santa Sede.
"L’assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa - si legge nella nota vaticana - ha espresso pubblicamente lo sdegno e la protesta dei cristiani per le trasmissioni mandate in onda nei giorni scorsi dalla televisione privata israeliana ’Canale 10’, nelle quali venivano ridicolizzati, con parole e immagini blasfeme, il Signore Gesù e la Beata Vergine Maria".
"Le autorità governative, subito interessate dal Nunzio apostolico - aggiunge la nota - hanno prontamente assicurato il proprio intervento al fine di interrompere tali trasmissioni e ottenere pubbliche scuse dalla stessa emittente". "Mentre si manifesta solidarietà ai cristiani di Terra Santa e si deplora un così volgare e offensivo atto di intolleranza verso il sentimento religioso dei credenti in Cristo - conclude il comunicato della Santa Sede - si rileva con tristezza come vengano offesi in modo così grave proprio dei figli di Israele, quali erano Gesù e Maria di Nazareth". Il programma è stato messo in onda nei giorni scorsi, quasi in contemporanea con l’annuncio ufficiale del viaggio del Papa in Terra Santa.
COMICO TV IRRIDE A CRISTIANESIMO, POI SI SCUSA
Il programma è lieve come panna montata: al suo termine nella memoria resta ben poco. Il presentatore ama sghignazzare a 360 gradi, a chi tocca tocca. Ma quando alcune sere fa il comico israeliano Lior Schlein ha cercato di rivisitare in modo farsesco alcuni dogmi del cristianesimo non tutti lo hanno trovato ameno.
Il contrattacco è subito iniziato su Facebook, dove è circolata una petizione indignata per il boicottaggio dello show della televisione commerciale Canale 10, ’La notte con Lior Schlein’. Poi anche la comunità cristiana in Israele si è messa in moto. I suoi dirigenti hanno chiesto spiegazioni alla emittente. E subito sono giunte le scuse della direzione.
Lo spettacolo è concepito come un talk-show in cui il presentatore apre con un sapido monologo - sottolineato da brevi brani musicali di un complessino - per passare poi ad interviste facete con personaggi in vista della politica o dello spettacolo. Per accrescere l’ascolto, Canale 10 ripropone il programma anche su internet: ma, dopo le polemiche, gli sketch incriminati sul cristianesimo sono stati rimossi.
A quanto risulta all’origine della vicenda vi è il vescovo lefevbriano che ha negato che la Shoah sia mai avvenuta. Schlein, in un gesto di ribellione, avrebbe voluto a modo suo ’negare il cristianesimo’.
Ha così sollevato dubbi sulla verginità di Maria. Poi ha anche preso di mira Gesù, lo ha descritto impegnato a mangiare pane fino a diventare obeso, ha dubitato che abbia camminato sulle acque del Lago di Tiberiade.
Due altri sketch, già filmati, sono stati archiviati, secondo la stampa locale. "Si tratta di questioni che vanno oltre la satira o l’umorismo nero. Schlein ha ferito in maniera pesante i sentimenti di ogni cristiano in Israele e di ogni persona a cui sia caro il rispetto reciproco" ha affermato l’avvocato Salim Kubaty, un dirigente della comunità cristiana. Un episodio, ha aggiunto , tanto più deprecabile in quanto segue di pochi giorni un incontro chiarificatore nella Santa Sede fra papa Benedetto XVI e una delegazione di dirigenti della comunità ebraica negli Stati Uniti. Una fonte della comunità cristiana in Israele ha notato che già in passato altri programmi televisivi israeliani hanno mostrato scarsa considerazione verso i suoi sentimenti.
Da parte sua un responsabile di Canale 10, Avi Cohen, ha presentato le sue scuse. "Nessuno voleva ferire i sentimenti della popolazione cristiana in Israele. Se ciò è effettivamente avvenuto - ha concluso - ce ne scusiamo".
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Indovina chi viene in sinagoga
di don Filippo Di Giacomo *
Per coloro ancora indotti a pensare che i discorsi scambiati in sinagoga fra cattolici ed ebrei non servano, proviamo a fare un esercizio di memoria. La foto di Pio XII è stata posta nella settima sala dello Yad Vashem di Gerusalemme, sul muro della vergogna, nel 2005, all’apertura del nuovo museo, da un gruppo di ebrei italiani. Negli stessi mesi, altri ebrei italiani pensavano a far piantare alberi nei giardini dello stesso memoriale, dedicati a sacerdoti stretti collaboratori di Pio XII.
Sempre nel 2005, al momento dell’elezione al soglio pontificio di Benedetto XVI, il direttore dell’Anti-Defamation League, Abe Foxman dichiarava: «da un punto di vista ebraico, il fatto che venga dall’Europa è importante perché porta con sé comprensione e memoria della dolorosa storia dell’Europa e dell’esperienza degli ebrei europei nel XX secolo». Alcuni funzionari del ministero degli Esteri qualche giorno dopo, il 25 aprile, con una grettezza tale da essere riconosciuta successivamente dallo stesso governo israeliano, ordivano una campagna di odio e di insulti contro Benedetto XVI. Pretesti immaginari, ma risultati egregi fornirono al ministero degli Esteri israeliano la possibilità di ritirarsi dalla commissione che stava trasformando in legge gli obblighi assunti nel 1993 da Israele al momento del reciproco riconoscimento con la Santa Sede.
Nel febbraio del 2009, la società indipendente di studi socio-politici Smith Institut, ha condotto in Israele una ricerca per valutare la percezione e l’opinione dei cittadini israeliani in merito al cattolicesimo. La ricerca ha dato risultati (pubblicati dal quotidiano Yediot Ahronot a fine febbraio) sorprendenti solo per i distratti ed è stata condotta tra le due querelles che hanno infiammato il mondo cattolico-ebraico agli inizi del 2009: una scaturita dalle affermazioni negazioniste del vescovo Williamson, l’altra dalle battute sacrileghe anticristiane di un comico ebreo sulla Tv commerciale Canale 2. I dati tengono conto di coloro che abitano Israele da laici e di quelli che invece vi risiedono come “osservanti”.
È una distinzione assai particolare che, fuori d’Israele, rischia di avere poco senso: se l’ortodossia è determinata dal grado di aderenza alle leggi e alle pratiche religiose ebraiche, solo il 20 per cento degli ebrei israeliani adempie a tutti i precetti religiosi, il 60 per cento adotta una combinazione di leggi secondo scelte personali e tradizioni etniche, ed il 20 per cento è essenzialmente non osservante. In Israele il 54% dei cittadini laici considera il cristianesimo vicino all’ebraismo e molto più amichevole dell’islam; la quasi totalità ritiene gli arabi israeliani di fede cristiana ottimi cittadini; il 91% non è disturbato dai simboli cristiani; l’80% non ha difficoltà a visitare le chiese cristiane; il 71% riconosce ai cristiani il diritto al proselitismo anche in Israele; il 68% vorrebbe che il cristianesimo fosse studiato nelle scuole (e il 52% estende tale desiderio anche ai Vangeli) e oltre il 50% sarebbe d’accordo con il finanziamento dello stato per le chiese cristiane così come avviene per le sinagoghe.
Come ci insegnano i nostri storici più avvertiti, è davanti al muro della morte di Auschwitz e negli abominevoli resti della catena industriale di camere a gas e crematori di Birkenau che è nata l’Unione Europea. In Israele, avamposto democratico, dopo 14 anni la discussione in merito alla parte applicativa dell’approdo israelo-vaticano sulla presenza e le attività delle comunità cattoliche residenti sul territorio dello Stato d’Israele è ancora aperta.
A ottobre, a Roma, quando si riunirà il Sinodo dei vescovi per il medio oriente si discuterà sul deficit di democrazia e libertà religiosa di cui, soprattutto i cristiani, soffrono nei Paesi del mediterraneo e della penisola arabica. Il 17 gennaio, nella sinagoga di Roma, quando Benedetto XVI spesso anche calorosamente applaudito - nel suo discorso di risposta - ha chiesto che in Terra Santa «tutti percorrano umilmente il cammino della giustizia e della compassione», le mani degli astanti sono rimaste ben ferme. Un silenzio che rivela anche nell’ebraismo italiano la forza di chi crede che i governi israeliani non vadano mai criticati. Dalla stessa società israeliana giungono invece le voci forti di chi sostiene strenuamente che la mancanza di chiarezza in materia di diritti fondamentali rallenterà all’infinito il cammino della pace.
Quando la foto di Pio XII sarà staccata dal muro della settima sala dello Yad Vashem, sapremo che la discussione - che gli israeliani stanno conducendo sempre “al rialzo” - sul primo abbozzo di un concordato mediorientale, non più legato “al favore del principe” ma basato su diritti riconosciuti e condivisi, sta per aprire una nuova, bella pagina di democrazia e di cittadinanza per tutti.
* l’Unità, 27 gennaio 2010
Nella prolusione del presidente al Consiglio Cei durissima risposta alle critiche
E nuovi moniti su fine vita a Hiv: "Sul preservativo polemica che non aveva ragione di essere"
Cei, Bagnasco al contrattacco
"Contro il Papa offese inaccettabili"
di ORAZIO LA ROCCA
CITTA’ DEL VATICANO - "Disappunto" e richiami severi per quanti - "in Italia e all’estero" - nei giorni scorsi hanno criticato Benedetto XVI per il caso del vescovo negazionista della Shoah, monsignor Richard Williamson, uno dei 4 presuli lefebvriani ai quali il pontefice ha tolto la scomunica; critiche altrettanto severe per le polemiche esplose - "specialmente nei paesi occidentali" - sul riferimento all’"inutilità" dell’uso del preservativo per la lotta all’Aids fatta dal Papa la settimana scorsa all’inizio del viaggio in Africa e per gli "attacchi" alla Chiesa sul recente caso di Eluana Englaro.
Difesa a tutto campo di papa Ratzinger e delle opzioni morali della Chiesa cattolica da parte di Angelo Bagnasco, il cardinale presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), ieri pomeriggio, all’apertura del Consiglio permanente Cei, sorta di "governo" vescovile della Chiesa italiana. Nella sua prolusione, il porporato ha toccato i tre principali argomenti che negli ultimi tempi hanno costretto le gerarchie cattoliche a respingere "attacchi, richiami e polemiche pretestuose", vale a dire il caso Williamson, la vicenda Englaro e critiche piovute sulla Chiesa per l’uso del condom per combattere l’Hiv. Senza, tuttavia, dimenticare di fare un riferimento - in verità, piuttosto breve - anche ai problemi legati all’attuale recessione economica nazionale ed internazionale per la quale Bagnasco ha invitato "le istituzioni preposte" a varare provvedimenti in difesa dei soggetti più deboli, "in particolare le famiglie in difficoltà".
In apertura dei lavori, svolti nella sede della Cei vicino a piazza Irnerio, a Roma, davanti ai 30 vescovi "ministri", membri del Consiglio permanente, il cardinale Bagnasco ha subito difeso senza tentennamenti la figura del Papa "dagli attacchi ricevuti a proposito del caso Williamson". Una vicenda - è il monito del presidente della Cei - che "di certo si è prolungato, oltre ogni buon senso", a causa di "un lavorio di critica dall’Italia e soprattutto dall’estero nei riguardi del nostro amatissimo Papa" che "imponderabilmente si è andato a sovrapporre alla remissione della scomunica dei 4 vescovi consacrati da monsignor Lefebvre nel 1988".
Sul vescovo negazionista, ricorda Bagnasco, "ci siamo già espressi", in termini di severa condanna. "Nessuno, tuttavia, poteva aspettarsi che le polemiche sarebbero proseguite, e - nota il presidente Cei - in maniera tanto pretestuosa, fino a con vero e proprio disagio cui ha inteso porre un punto fermo lo steso Pontefice nell’ammirevole Lettera del 10 marzo 2009". Un testo che, a parere del cardinale, "ha fatto emergere come per contrasto (alle polemiche - ndr) il candore di chi non ha nulla da nascondere circa le proprie concrete reali intenzioni, le motivazioni concrete delle proprie scelte, la coerenza di una vita vissuta unicamente all’insegna del servizio più trasparente alla Chiesa di Cristo".
"Con ferma e concreta convinzione facciamo nostro l’appello alla riconciliazione genuina e disarmata cui al Lettera papale sollecita all’intera Chiesa", scrive ancora Bagnasco in riferimento alle 4 scomuniche cancellate, augurandosi, però, che "non si perpetuino letture volte a far dire al Papa ciò che egli con tutta evidenza non dice. Che è un modo discutibilissimo, persino un po’ insolente, per costruirsi una posizione distinta dal corretto agire ecclesiale", con evidente riferimento anche a quei vescovi, cardinali e semplici sacerdoti che si sono uniti, anche sommessamente, alle critiche antiratzingeriane.
Con altrettanta vis polemica il cardinale respinge gli attacchi a cui è stato sottoposto Benedetto XVI all’inizio del viaggio africano - concluso proprio ieri dopo la visita in Angola -, un pellegrinaggio che "fin dall’inizio è stato sovrastato nell’attenzione degli occidentali da una polemica, sui preservativi, che - lamenta il porporato - francamente non aveva ragione d’essere. Non a caso sui media africani non si è riscontrato alcun autonomo interesse...". Tuttavia, scrive nella prolusione, "nella circostanza non ci si è limitati ad un libero dissenso, ma si è arrivati ad un ostracismo che esula dagli stessi canoni laici. L’irrisione e la volgarità tuttavia non potranno mai far parte del linguaggio civile e fatalmente ricadono su chi li pratica".
Sulla lotta all’Aids, fa capire Bagnasco, il Papa ha semplicemente ricordato che col condom il male non è stato stroncato, ma ha "più opportunamente esortato la promozione di un’opera ad ampio raggio che va inquadrata nella mentalità degli africani e si concretizza in particolare nella promozione effettiva della donna", potenziando "le esperienze di cura e di assistenza, finanziando la distribuzione di medicinali accessibili a tutti...". Ma "vorremmo anche dire, sommessamente e con energia - si legge nel testo - che non accetteremo che il Papa sui media o altrove venga irriso e offeso...".
Non meno duri gli appunti sulla vicenda di Eluana Englaro, che il cardinale inquadra in una sorta di lotta tra "chi ha nella vita il bene più grande di Dio" e chi, invece, pensa che l’esistenza sia solo frutto di "casuale" evoluzionismo. "Benché quella povera ragazza non fosse attaccata ad alcuna macchina - un dato che l’opinione pubblica a scoperto solo con grande fatica - s’è voluto decretare che a certe condizioni poteva morire... contraddicendo una intera civiltà basata sul rispetto incondizionato della vita umana e smentendo un lungo processo storico che ci aveva portato ad affermare l’indisponibilità di qualunque esistenza, non solo a fronte di soprusi o violenze, ma anche di fronte a condanne penali quali la pena di morte".
Sull’onda del caso Englaro, lamenta il presidente dei vescovi italiani, si è messo in moto "una operazione tesa ad affermare un ’dirittò di libertà inedito quanto raccapricciante, il diritto a morire, cioè a darsi la morte in talune situazioni da definire". Nell’invitare a pregare per l’anima di Eluana e per "il dolore dei parenti", il cardinale si augura che "almeno ora la politica sappia fare la sua parte, varando senza lungaggini o strumentali tentennamenti un inequivoco dispositivo di legge che, in seguito al pronunciamento della Cassazione, preservi il Paese da altre analoghe avventure, favorendo le cure palliative per i malati e l’aiuto alle famiglie attraverso le Regioni".