CARO SEGRETARIO ...
’’Adesso - ha concluso Franceschini - possiamo guardare al futuro’’ e ha citato le parole di un giornale clandestino degli allora partigiani Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini nel quale in romagnolo c’era scritto ’se e’ notte si fara’ giorno’. ’’Oggi abbiamo dimostrato - ha concluso - che stiamo lavorando per un giorno nuovo’’. *
E ALLORA RICOMINCIAMO PROPRIO DA BOLDRINI E ZACCAGNINI ...
RICOMINCIAmo DA CIO’ CHE ABBIAMO PERDUTO!!! DAL NOME E DALLA PAROLA DELL’IDENTITA’ E DELLA DIGNITA’ DI TUTTI I CITTADINI E DI TUTTE LE CITTADINE - DALL’ ITALIA!!! DAL NOME "ITALIA". LA PRIMA PAROLA DELLA NOSTRA COSTITUZIONE...
L’intera "Italia" è diventata "idiota" (privata!). Con il "gioco" del Nome...
Chi ha rubato il Nome "Italia" e ha fondato il Partito "Forza Italia" (1994) ... è ormai diventato il "PADRONE" - al di sopra della Legge e della Costituzione(2009) - dell’intera "Italia" ....
DECRETO DOPO DECRETO, A REGIME LEGGERO... Un passo dopo l’altro, tutti e tutte costretti a marciare dietro allo stendardo del Presidente del Partito "Forza Italia", del Presidente dell’intera "Italia".
Vogliamo andare ancora di più avanti, sulla strada della catastrofe?!
DA DOVE COMINCIARE?! Da dove ricominciare?! DALLA NOSTRA COSTITUZIONE!!!
Dallo svegliarsi e dal domandarsi - PERSONALMENTE - se sono o non sono una cittadina italiana, sono o non sono un cittadino italiano?!
Dal Primo all’ultimo - e dalla Prima all’Ultima!!! E smetterla di "giocare" con il fuoco della "menzogna" istituzionale e la tracotanza di un Partito che sta occupando tutto lo Stato!!!
Altrimenti non si farà mai giorno!!!
Buon lavoro!!!
VIVA LA COSTITUZIONE.
VIVA L’ITALIA
Federico La Sala
*
PD: FRANCESCHINI ELETTO SEGRETARIO
ROMA - Dario Franceschini e’ stato eletto segretario del Pd dall’Assemblea nazionale del partito. Franceschini e’ stato eletto con 1047 voti. Ad Arturo Parisi sono andati 92 voti. I votanti sono stati 1258.
L’Assemblea nazionale ha chiuso i battenti con la ’Canzone popolare’, che caratterizzo’ la stagione dell’Ulivo e di Romano Prodi, una novita’ musicale rispetto all’assemblea che, sotto la segreteria di Walter Veltroni, aveva preferito altri inni, fra i quali ’Mi fido di te’ di Jovanotti.
’’Siamo entrati con uno stato d’animo e ne usciamo con uno diverso. E’ tornato l’ottimismo, la fiducia, la voglia di combattere’’ ha detto Franceschini. L’andamento dell’assemblea nazionale del Pd di oggi attraverso la quale ’’e’ tornato l’ottimismo, fiducia la voglia di combattere’’ ed ’’e’ la prova che l’unico che aveva capito era Veltroni, la dimostrazione che la sua scelta e’ stata un atto d’amore per il partito".
"Ho gia visto dalle agenzie il dibattito che si e’ aperto dopo le mie parole di oggi: c’e’ chi ha detto che e’ stato un discorso troppo di sinistra, troppo moderato. Non mi interessa. Io ho detto cose democratiche’’.
’’Adesso - ha concluso Franceschini - possiamo guardare al futuro’’ e ha citato le parole di un giornale clandestino degli allora partigiani Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini nel quale in romagnolo c’era scritto ’se e’ notte si fara’ giorno’. ’’Oggi abbiamo dimostrato - ha concluso - che stiamo lavorando per un giorno nuovo’’.
FINOCCHIARO: SONO FELICE, SARA’ DURA MA CE LA FAREMO
’’Sono molto soddisfatta, sono felice e’ duro ma ce la faremo’’: cosi’ il presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro commenta l’elezione a segretario dei Democratici di Dario Franceschini. ’’E’ un partito - dice - che si fa nel farsi. Alcuni valori sono intrinseci a ciascuno di noi ed e’ tanto il cammino che abbiamo gia’ fatto’’.
VELTRONI: DARIO E’ LA PERSONA GIUSTA PER GUIDARE PARTITO
’’Dario e’ la persona giusta per guidare il Pd’’. E’ di Walter Veltroni il primo commento, dopo l’elezione di Dario Franceschini a segretario del Pd.
’’La prima persona alla quale parlai delle mie dimissioni e’ stato lui - afferma il segretario uscente, che , come previsto, non ha partecipato all’assemblea dei democratici - Gli dissi in quell’occasione che avrei voluto fosse lui a guidare il Partito democratico verso le elezioni e il congresso. Come ho detto nel mio discorso di saluto, Dario e’ un uomo politico leale, forte e che crede in quel progetto del partito democratico come un soggetto nuovo che sia perno del riformismo italiano. Questa era l’ispirazione del Pd nell’atto di nascita del partito al Lingotto, nelle primarie e anche nella campagna elettorale’’.
’’Le parole di Dario di oggi - sottolinea Veltroni - sono per me la conferma di questo giudizio. Dario e’ la persona giusta per guidare il partito verso le nuove sfide che penso potranno vedere per il Pd quei successi che merita. A lui voglio dare un abbraccio e rivolgere il piu’ caloroso e affettuoso augurio di buon lavoro’’.
PD: LETTERA DI FRANCESCHINI A NAPOLITANO
SUA FUNZIONE GARANTE COSTITUZIONE SARA’ ESEMPIO PER TUTTI NOI
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Il segretario del Partito Democratico, Dario Franceschini, ha inviato questo pomeriggio una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
’’Carissimo Presidente, nel momento in cui assumo la responsabilita’ di guidare il Partito Democratico -scrive Franceschini- il mio primo pensiero e’ rivolto all’Alta Magistratura Repubblicana da Lei cosi’ mirabilmente rappresentata, nella convinzione che la funzione di garante della Costituzione da Lei interpretata sara’ per tutti noi un esempio cui costantemente riferirci. Con la stima di sempre".
Ne da’ notizia una nota ufficio stampa Partito Democratico.
Fanfare
Pensionati e musei, l’inesistente “rivoluzione” di Franceschini
di Tomaso Montanari (il Fatto, 21.06.2014)
Una cosa bisogna riconoscerla, a Dario Franceschini: ha il miglior ufficio stampa che si sia mai visto ai Beni Culturali. Già, perché il ministro non si limita a godere dell’effetto Renzi (quello per cui i massimi quotidiani italiani si sono autoridotti a scendiletto del governo), ma dimostra capacità di seduzione mediatica degne di un incantatore di serpenti. Non si spiega altrimenti il coro unanimamente osannante che ha annunciato una “rivoluzione nei musei italiani”.
La rivoluzione sarebbe che è stato abolito l’ingresso gratuito per chi ha più di 65 anni. Come dire ai pensionati: “Rimanete ai giardinetti, per favore”. La propaganda dice che quelle gratuità sono state ora concesse ai minori di 18 anni: fosse davvero così si tratterebbe di una singolare applicazione della rottamazione al diritto alla cultura.
Ma almeno sarebbe una notizia: che però non esiste, visto i minorenni già entrano gratis in tutti i musei statali. E non è nemmeno vero che con quei soldi si faranno entrare gratis gli insegnanti (qualunque cosa insegnino): che è una cosa sacrosanta, ma già decisa da Maria Chiara Carrozza e Massimo Bray.
E DUNQUE dove vanno i soldi risparmiati con la norma escludi-pensionato? Nell’apertura gratuita della prima domenica del mese e in due “notti al museo” (con ingresso a un euro) all’anno: un po’ pochino per parlare di rivoluzione.
Franceschini ha detto che così “si evita l’assurdità che anche facoltosi turisti stranieri over 65 non paghino il biglietto, come avviene oggi”. Ma francamente togliere un diritto a un quinto della popolazione nazionale (questi i numeri) per sbarrare la strada a qualche milionario giapponese o americano non pare proprio un’idea geniale. Dal 1° luglio chi ha la pensione minima non potrà più nemmeno consolarsi esercitando davvero la sua proprietà costituzionale di Michelangelo e Raffaello.
Se proprio Franceschini voleva recuperare soldi sugli ingressi, poteva seguire le indicazioni della Corte dei Conti, e ritirare la concessione ai grandi gruppi privati for profit che oggi intascano le percentuali sui biglietti dei grandi siti italiani.
Un ministro per i Beni culturali (specie se progressista) dovrebbe allargare, e non contrarre, il diritto alla cultura. Il gettito della bigliettazione rappresenta oggi circa il 13% del bilancio del patrimonio culturale pubblico: un bilancio che è stato letteralmente dimezzato da Bondi nel 2008.
Se Franceschini facesse ciò che davvero dovrebbe fare, e tornassimo a una quota pre-Bondi (riavvicinandoci alla media europea) potremmo permetterci di non far pagare nessuno: e questa sì che sarebbe una rivoluzione.
Più in generale, la politica degli annunci dei Beni Culturali meriterebbe un’osservazione più stretta e severa. Nei corridoi del Mibac si sussurra che l’Art Bonus sarà un colossale flop (per il primo anno si calcola che arriveranno 5 milioni di euro: praticamente nulla). E sono interdetti i direttori dei musei cui Franceschini ha scritto personalmente annunciando l’accredito dei soldi dei loro biglietti: non hanno nemmeno un conto in banca, né tantomeno l’autonomia di bilancio per spenderli.
Se a questo aggiungiamo le recentissime e mediocrissime nomine nei comitati tecnico-scientifici (addirittura oscene quelle per la storia dell’arte) appare chiaro che la rivoluzione sta solo sui giornali. Purtroppo.
Franceschini, via i vecchi dai musei
risponde Furio Colombo (il Fatto, 22.06.2014)
SENZA DUBBIO, l’idea di Franceschini, annunciata con una certa enfasi la sera del 19 giugno, è la combinazione di due cattive idee: la prima è che sia una stranezza unica al mondo riservare un trattamento di favore ai visitatori anziani, aggiungendo l’informazione falsa che nessuno in altri paesi fa sconto agli anziani o li ammette gratuitamente. La seconda è di aprire gratis ai bambini, ragazzi e giovani, senza stabilire un piano, un modo, un giorno, un tipo di accordo che raduni orde di bambini guidati (succede) da cattivi insegnanti, che impediscano la visita calma, accurata, a prezzo pieno, di tanti adulti che, per ragioni di vero rapporto con la cultura e l’arte, si muovono dal mondo per vedere tesori italiani.
A qualunque persona sensata appare evidente che non c’è relazione fra ingressi scolastici gratuiti e cacciata degli anziani. Ma il senso stravolto e furbesco di questa decisione diventa dolorosamente chiaro quando la trasmissione “Tutta la città ne parla” di Radio Tre (giugno 20) apre con il messaggio di una persona indignata e offesa (anziana, naturalmente) che, in modo logico e motivato, spiega l’immoralità dell’idea Franceschini, (un minuto e venti secondi). E poi siamo costretti ad ascoltare, per quasi venti minuti, la mega-burocrate Anna Maria Buzzi, entusiasta seguace del suo ministro. La signora dei Beni Culturali rende omaggio al suo ministro con la bugia più diffusa, in tutte le epoche e partiti e governi degli ultimi venti anni: “Finalmente facciamo come l’Europa”.
Non era vero quando te lo dicevano per la separazione delle carriere dei magistrati, non è vero quando te lo dicono sulla questione del Senato. E non è vera la seguente affermazione, tranquillamente ripetuta dalla signora Buzzi, senza essere incrociata da alcuna correzione. Ha detto: “Non esiste nel mondo alcuna riduzione o ingresso libero per gli anziani nei musei”.
Il servizio reso della funzionaria al suo ministro è stato tristamente facilitato dal giornalista ospite, che non l’ha mai interrotta benché le affermazioni fossero prolungate molto al di là del formato della trasmissione, e vistosamente non vere.
Esempio uno: Al Metropolitan Museum di New York non esiste una tariffa di ingresso. La persona allo sportello ti chiede quanto vuoi o puoi contribuire per la tua visita.
Esempio due: al Guggenheim Museum il giovane o la ragazza della biglietteria ti presentano, per far prima, una lista plasticata: Sei in una di queste categorie? Si va dai disabili agli anziani ai bambini sotto un certa età, alle persone che, pur camminando, hanno bisogno di un’altra persona accanto. Leggendo la lista, la persona indica il suo caso o paga il prezzo pieno. Altri Musei, come il Moma (Museum of Modern Art) riservano gli sconti all’amplissimo pubblico dei sostenitori con tessera - abbonamento. Non è uguale il costo di un abbonamento al Moma, dipende dall’età (sia in basso che in alto), dalla scuola, da fatti professionali (sei un artista?), dalla condizione di disabile. I musei inglesi sono tutti gratuiti. Gli sconti del Louvre per età, disabilità o scuola, dipendono dall’iscriversi ad associazioni che trattano e organizzano le visite, l’orario delle visite, e le condizioni speciali.
In definitiva Franceschini e la sua funzionaria hanno torto in modo ovvio e sgradevole. Solo nella Germania degli anni Trenta fare spazio ai ragazzi voleva dire togliere di mezzo i vecchi. Ma lo spettacolo più triste è stato il libero comizio pro-ministro della funzionaria dei Beni Cultuali E il silenzio (forse obbligato) del giornalista Rai, di solito bravo, che conduceva la trasmissione.
MA QUANDO?
di don Aldo Antonelli
Quando vediamo la luce?
Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi allievi da che cosa si potesse riconoscere il momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno.
"Forse quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora?".
"No" disse il rabbino.
"Quando si distingue un albero di datteri da un albero di fichi?".
"No" disse il rabbino.
"Ma quando allora?" domandarono gli allievi.
Il rabbino rispose:
"È quando, guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci il fratello o la sorella. Fino a quel punto, è ancora notte nel tuo cuore".
Finisca la notte. E inizi il giorno.
Aldo
Dario Franceschini su sfiducia a Caliendo
di Dario Franceschini
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.
DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, abbiamo letto molte spiegazioni sulla nostra scelta di presentare e calendarizzare la mozione concernente il sottosegretario Caliendo. Sono tutte letture di natura tattica, "dietrologica", per mettere in difficoltà maggioranza. Noi crediamo che in politica vi sia ancora spazio per battaglie di valori. Noi crediamo che debbano esservi ancora battaglie parlamentari in cui vi sia modo di richiamare i principi di legalità e di trasparenza, per ricordare il ruolo che hanno le classi dirigenti di un Paese, che trasmettono, con i loro comportamenti e le loro parole, al Paese che guidano.
Nessun giustizialismo: la mozione in oggetto non è animata da questo; anzi, il sottosegretario Caliendo fa bene a difendersi, è un suo diritto. L’accertamento delle responsabilità penali sarà compito della magistratura, e non dal Parlamento. Anzi, è grave che, oggi, il Ministro della giustizia Alfano sia venuto qui ad esprimere un giudizio sulle indagini. Non si è mai visto (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Noi facciamo - lo abbiamo fatto con le mozioni riguardanti Brancher e Cosentino - una battaglia per un Paese normale, per un Paese europeo: la politica non può attendere l’accertamento delle responsabilità penali. È possibile che non si dimetta subito un sottosegretario per la giustizia che ha partecipato ad una riunione per premere sulla Corte costituzionale sulla vicenda del cosiddetto lodo Alfano? È possibile che non si dimetta un sottosegretario per la giustizia indagato per associazione segreta? Leggete l’articolo 1 della "legge Anselmi": si tratta di un’associazione in cui i soci svolgono attività dirette ad interferire sull’esercizio delle funzioni degli organi costituzionali o di amministrazioni pubbliche. È esattamente ciò che è successo.
In qualsiasi Paese normale, in un caso così, ci si dimette subito. Siamo faziosi? Siamo giustizialisti? Guardate cosa accade nei Paesi normali, dove vi sono Governi conservatori normali. In Inghilterra, si dimette un Ministro per alcuni rimborsi spese eccessivi. In Francia, si dimette un Ministro perché è accusato di aver fatto pagare l’affitto allo Stato.
Negli Stati Uniti: si dimette il Ministro della giustizia accusato di circonvenzione di incapace; in Spagna: si dimette il Ministro, richiesto dai Popolari perché è stato a caccia con il giudice Gárzon; in Israele: si dimette il Primo Ministro che dice: sono orgoglioso di un Paese che indaga i suoi Primi Ministri; in Francia: si dimettono due sottosegretari perché hanno comprato con soldi pubblici dei sigari; in Svezia: si dimettono due Ministri accusati di non aver pagato il canone della televisione. Questi sono i Paesi normali, questi sono i Governi conservatori dei Paesi normali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro).
Voi avete demolito il senso di rigore e il rispetto dell’etica pubblica che un Paese e una classe dirigente devono avere. Questo è il sistema che sta uscendo allo scoperto, non importi quali cognome porti, che siano Brancher, Verdini, Scajola, Caliendo, Bertolaso, Carboni, Anemone, Lombardi, Balducci: ognuno di loro ha il diritto di difendersi.
AMEDEO LABOCCETTA. Cambia Paese!
DARIO FRANCESCHINI. Noi non abbiamo alcun titolo, neanche morale, per condannarli, ma quello che emerge è un sistema malato basato sulla confusione tra politica e affari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), basato sul senso di impunità e sul senso di onnipotenza: non esistono reati e non esistono processi per chi ha vinto le elezioni. E se i magistrati insistono: si cambiano le leggi e si cambiano i reati, e non più solo per il Presidente del Consiglio, adesso anche per tutti quelli che stanno vicino al Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
CARLO CICCIOLI. Ricordati di Tedesco!
DARIO FRANCESCHINI. Il rispetto delle regole e la legalità non dovrebbero avere nulla a che fare con lo scontro fra destra e sinistra, ma dovrebbero essere un patrimonio comune delle democrazie, questo è quello che ci chiede la gente. Ministro Bossi, è questo che chiede la gente del nord, quella a cui per anni avete detto che venivate a Roma a combattere contro Roma ladrona, e adesso tacete, anzi, li difendete (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Cameron, Sarkozy, Angela Merkel, leader conservatori europei che non farebbero mai quello che avete fatto voi allo Stato di diritto. Quei conservatori non si scontrano con i progressisti sulle regole, sui magistrati, sulla Costituzione, ma si scontrano sulla politica, e le regole, i magistrati e le loro Costituzioni le difendono insieme ai loro avversari progressisti. E sanno, quei leader conservatori, che chi vince le elezioni ha l’onore di fare il servitore dello Stato, non il padrone dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Questo è il sistema di potere che sta crollando in questi mesi. E mi rivolgo al Presidente Berlusconi, che con il consueto garbo istituzionale, come al solito, segue questo dibattito in televisione, ed entrerà soltanto per ascoltare le parole rassicuranti del suo capogruppo, degli altri non ce la fa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Presidente Berlusconi, nel 1994, e per molti anni, sul palco eravate lei, Fini e Casini, si chieda perché su quel palco è rimasto da solo (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Si chieda perché chi ha in mente un centrodestra normale, un centrodestra europeo, a un certo punto, per forza, deve rinunciare a lavorare con lei. Si chieda, onorevole Berlusconi, che drammatica prova di debolezza, da fine corsa è non rispondere politicamente alle critiche, come fanno i veri leader, ma rispondere soltanto con l’arroganza del padrone che caccia chi disubbidisce, mostrando dei muscoli che non ha più (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro).
Il paradosso è che questi argomenti assorbono tutto il nostro tempo. Presidente Berlusconi, trovi un minuto per occuparsi dei problemi di quegli italiani che vi hanno votato, i quali vedono, invece, che la vostra agenda e tutte le vostre energie sono impegnate in altro, sin dall’inizio della legislatura: lodo Alfano, legittimo impedimento, processo breve, intercettazioni, tutte cose che riguardano voi e non il vostro popolo.
Il vostro popolo vi chiede dove sono finite quelle riforme promesse e tragicamente mancate, dove è finita la riforma del fisco con due aliquote, dove è finita la riforma della giustizia, quella degli ammortizzatori sociali, quella delle professioni, quella dell’articolo 41 della Costituzione, quella relativa al taglio dell’IRAP. Sono quei fallimenti che vi portano ad aver paura della gente. Avete paura di andare alla cerimonia del 2 agosto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Presidente Berlusconi, perché non torna a L’Aquila con quel seguito di telecamere compiacenti? Perché non torna adesso a L’Aquila? (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
L’astensione del nuovo gruppo Futuro e Libertà. Per L’Italia è un dato politico rilevantissimo. La maggioranza, di cui ha parlato l’onorevole Reguzzoni, uscita dalle elezioni non c’è più. C’è una maggioranza residuale che dovrà conquistarsi la sopravvivenza volta per volta, con le astensioni sui singoli emendamenti. Ne abbiamo avuto prova oggi nella parte nobile con l’intervento dell’onorevole Della Vedova e nella parte meno nobile con quanto avvenuto fuori dall’Aula. È iniziata la seconda parte della legislatura. Sarà tutta diversa. Non sappiamo quanto durerà ma, onorevole Berlusconi, non pensi di spaventare tutti minacciando le elezioni. Ridotti come siete, a brandelli, le perdereste (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Si ricordi, Presidente Berlusconi, che lei può dare le dimissioni. Il Presidente del Consiglio può dare le dimissioni e il giorno in cui lei lo farà sarà il giorno della sua resa e della nostra vittoria. Ma un minuto dopo le sue dimissioni lei uscirà di scena e la parola passerà al Capo dello Stato e al Parlamento (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Noi, che sappiamo che sarebbe folle tornare a votare per la terza volta con questa legge elettorale, questa "porcata" come l’avete chiamata, faremo ogni battaglia (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego!
DARIO FRANCESCHINI. Sono nervosi, signor Presidente, li lasci stare. Faremo ogni battaglia per tornare a votare con una legge diversa perché il nostro obiettivo è riconsegnare l’Italia ad un confronto normale e civile, con due schieramenti che conoscono la durezza dello scontro politico, ma che insieme sanno difendere le regole, il rigore e il rispetto della legge.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DARIO FRANCESCHINI. È una battaglia giusta e noi la faremo fino in fondo (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni - Dai banchi dei deputati del gruppo Italia dei Valori si grida: Elezioni, elezioni!).
A Roma Franceschini, Bersani e Marino si affrontano prima delle primarie
Il partito che verrà, la laicità e il caso Binetti al centro del dibattito
Pd, sfida a tre davanti alle telecamere
"Aiutateci, il 25 venite a votare"
di MATTEO TONELLI *
ROMA - Rinnovamento, opposizione e laicità. Gira principalmente intorno a questi tre temi il primo e forse non ultimo faccia a faccia televisivo a cura di Youdem tv tra Dario Franceschini, Pierluigi Bersani e Ignazio Marino. I tre sfidanti per la poltrona di segretario del Pd si trovano, l’uno accanto all’altro, sul palco dell’Acquario a Roma.
IL VIDEO INTEGRALE DEL CONFRONTO
Si parte con un colloquio, lontano dai microfoni, tra Franceschini e Bersani. Poi tutti sul palco per la "foto di classe" come scherza Maurizio Mannoni che con Tiziana Ferrario modera il dibattito. In platea 150 persone, equamente divise tra i sostenitori dei tre candidati. Assente D’Alema ("l’ho fatto apposta"). Ferree le regole: 12 domande e 2 minuti per rispondere. Toni, nel complesso, prudenti. Con Bersani che ripete lo schema della convenzione, senza cedere all’enfasi, e con Franceschini e Marini che, invece, calcano i toni, raccolgo qualche applauso in più e regalano le uniche scintille beccandosi su laicità e caso Binetti.
Finisce con un appello al voto. Bersani lo dice chiaro e tondo: "Venite, abbiano bisogno di voi". Franceschini avverte: "Se verranno a votare in pochi, il 26 la destra farà festa". Chiude Marino: "In milioni a votare". Finisce così. Ma potrebbe essere un arrivederci. I tre, infatti, lasciano aperta la porta ad un prossimo confronto davanti alle telecamere. Franceschini e Marino con entusiasmo. Bersani con una buona dose di scetticismo.
Sanità. Marino parte giocando su un tema che ben conosce. Lui, da chirurgo, chiede che la politica stia fuori dalla sanità. Franceschini va oltre e avanza una proposta: "Nelle regioni guidate da noi le le nomine dei primari saranno solo in base al curriculum e non di scelta politica". Per Bersani, che si dice "per il rinnovamento dei dirigenti", chiede efficenza. Ribadendo che "il livello assistenziale deve essere uguale per tutti. Si devono prendere i sistemi eccellenti e indurre chi è in ritardo ad adeguarsi".
Primarie e segretario. La domanda è secca. Dalle primarie del 25 uscirà il segretario oppure sarà necessario il "terzo tempo" dell’assemblea nazionale? In sintesi, basterà avere un punto in più degli sfidanti per vincere? Bersani taglia corto: "Il problema lo risolveranno i cittadini". Franceschini, invece, rilancia l’importanza della primarie: "Non toglierò mai al popolo il diritto si scegliere il segretario". Poi tocca a Marino, che al lodo Scalfari ha detto no e si è beccato l’accusa di voler fare "l’ago della bilancia": "Le regole non si cambiano in corsa: non voglio essere l’ago della bilancia, corro solo per le mie idee".
Omofobia e caso Binetti. Franceschini tratteggia così la linea condotta del Pd che verrà: "Dialogo, ascolto ma poi si decide. Su alcuni temi ci possono essere situazioni diverse ma non è il caso che riguarda la Binetti. Marino, invece, allarga l’orizzonte. Definisce la Binetti non un caso isolato ("doveva essere lasciata a casa due anni fa quando creò problemi con il suo voto alla sopravvivenza del governo Prodi") e conclude: "Chi non si sente laico dentro il cuore stia a casa". Bersani rilancia "la disciplina di partito" e ricorda come debba valere "il vincolo di maggioranza" salvo deroghe stabilite. "Non si può parlare sempre di un caso di coscienza. E’ ora di dotarsi di norme certe. Chi sgarra va fuori" dice l’ex ministro.
Dico, adozioni e eutanasia. Tutti d’accordo sul sì ai Dico, sul fine vita e il no all’eutanasia. Sì alle adozioni da parte dei single per Ignazio Marino "ma con regole chiare"), no alle adozioni da parte dei gay (e anche single) per Dario Franceschini.
Giovani e scuola. Bersani parte con una battuta: "Quando sento parlare della Gelmini vedo Tremonti". Ovvero "tagli e disoccupazione". "Dico al governo fermatevi e discutiamo di una riforma fondativa del sistema scuola in Parlamento". Marino rilancia il merito e l’apertura ai giovani. Franceschini promette un’opposizione più serrata sulla scuola e concorda sul fatto che "merito e uguaglianza debbano andare di pari passo".
Dialogo o scontro? Si torna sempre al solito dilemma: come fare opposizione? Franceschini sbotta: "Sono stufo del ritornello del dialogo. Non si dialoga con chi calpesta le regole. Davanti a questa emergenza sia dovere fare sempre più opposizione e non ci sarà nessun opinionista radical chic che mi convincerà che serve prudenza. Se vinco farò opposizione ferma e intransigente e mi opporrò ad inciuci che sono gli stessi che hanno impedito la legge sul conflitto di interessi". Marino lo incalza: "Allora voi due facevate parte della maggioranza". Franceschini replica: "Non ero nemmeno parlamentare". Bersani, invece, sceglie toni più cauti: "Per la verità questa legislatura l’abbiamo cominciata, chiacchierando con Berlusconi, ed è stato un errore. Il nostro compito è fare opposizione e costruire un’alternativa. Anche perché il più grande antiberlusconiano è quello che lo manda a casa". E non, par di capire, chi vince la gara a chi grida di più.
Crisi. Marino punta sulla tassazione dei grandi patrimoni così come accade in Francia e punta sulle energie rinnovabili: "Io dico no al nuclare e voi?". Franceschini si inalbera: "Scendi dal piedistallo, io che sono contro il nucleare l’ho detto e ridetto". Comune, invece, il giudizio negativo su come il governo ha affrontato la crisi economica: ’’Ha fatto poco o niente".
Che partito sarà? Bersani chiede cambiamenti: "Non sono per il partito di un uomo solo, penso ad una comunità di protagonisti. Ma non per simboli piazzando un giovane e dicendo: ecco fatto". E a Chiamparino che si era lamentato dello stato di salute del Pd, Bersani lancia una stoccata: "E’ ora di darsi da fare perchè questo partito è l’unica speranza di questo Paese". Franceschini, tutt’ora segretario, rivendica i cambiamenti introdotti dalla sua gestione e scandisce: "Non si torni indietro, non si getti a mare il progetto del Pd". Poi l’affondo a Bersani: "Si parla di rinnovamentio e merito..io non avrei mai accettato di fare Bassolino capolista alle primarie". Bersani reagisce: "Mi sbaglio o Bassolino andava bene fino a ieri?".
Alleanze. Marino punta sui "4 milioni che si sono allontanati". Poi si chiede: "Come facciamo ad allearci con l’Udc se vota contro l’omofobia?". Franceschini torna ad attaccare l’idea dell’aggregazione confusa che va "da Diliberto a Mastella" e condanna l’idea di un centro che si allea con la sinistra " e che magari poi si allea con la destra e ci condanna all’opposizione per trent’anni". Bersani rilancia "il cantiere dell’Ulivo" e punta sulle alleanze dall’Udc a Di Pietro. E se ci sono differenze, un punto può unire: "Fermare la deriva populista di Berlusconi".
Sicurezza. Parte Bersani: "Gli immigrati sono una risorsa e senza non c’è futuro. I problemi che portano non si scarichino solo sui ceti popolari. Noi siamo quelli dell’integrazione. Non sono d’accordo che si giri col burka, la mia integrazione è guardarsi negli occhi". Marino torna ad attaccare "le contraddizioni" di Franceschini e propone:" Chi nasce in Italia deve essere italiano". Franceschini ammette "errori" sulle politiche dell’immigrazione, poi regisce: "I respingimenti vanno fatti rispettando le leggi, altra cosa è l’orrore di quello che sta facendo la destra".
Informazione. Per tutti è tre la situazione è più che preoccupante. "Siamo all’allarme" dice Bersani. E se Franceschini chiede che l’amministratore delegato della Rai non venga nominato dal Parlamento, l’ex ministro di Prodi chiede "norme liberali che permettano informazioni plurali".
© la Repubblica, 16 ottobre 2009
D’Alema: sbagliato l’antiberlusconismo che diventa anti-italiano
Sferzata di D’Alema «L’antiberlusconismo a volte è anti-italiano»
«Non siamo gli illuminati in un Paese disgraziato»
«Questo antiberlusconismo che sconfina in una sorta di sentimento anti-italiano è l’approccio peggiore alla grande sfida politica che il Paese ha di fronte». Lo ha detto ieri Massimo D’Alema, in qual che modo riecheggiando le parole pronunciate po che ore prima da Silvio Berlusconi. «L’opposizione - aveva affermato il presidente del Consiglio presentando la Finanziaria - è anti-italiana, fa il tifo per la crisi e non vuole che l’Italia ne esca». E parlando con i giornalisti Berlusconi ha aggiunto: «Ho chiesto ai ministri di non rispondere più a domande sul gossip. Da qui in avanti a me potete fare solo do mande di politica vera».
di Paolo Foschi (Corriere della Sera, 23.O9.2009)
ROMA - «L’opposizione è anti-italiana»: l’ennesimo j’accuse lanciato da Silvio Berlusconi contro il centrosinistra divide il Pd. E, un po’ a sorpresa, mentre altri esponenti del partito reagiscono con toni duri al capo del governo, il premier riceve, in qualche maniera, l’appoggio di Massimo D’Alema.
«C’è un anti-berlusconismo che sconfina in una sorta di sentimento anti-italiano. Questa concezione di una minoranza illuminata che vi ve in un Paese disgraziato è l’approccio peggiore, subal terno, che possiamo avere. Piuttosto bisogna sforzarsi di capire le ragioni della destra. Una destra nuova, post-libera le, anzi spesso illiberale», afferma il presidente della Fondazione Italianieuropei inter venendo alla presentazione del libro A destra tutta - Dove si è persa la sinistra? , dello storico Biagio De Giovanni. E - ancora - D’Alema aggiunge che «la sfida per il Partito democratico non è inseguire la destra nel suo terreno, ma proporre un riformismo alternativo a quel poco o niente di innovazione che è stata la destra negli ultimi 15 anni». Secondo l’esponente del Pd bisogna dunque lavorare a un progetto riformista «senza demonizzare Berlusconi, sebbene al processo di demonizzazione reciproca Berlusconi ha dato un contributo potentissimo. Non è facile andare a un bipolarismo mite avendo davanti un avversario che tutto è, tranne che mite ».
Rosy Bindi, che nel dibattito congressuale, come l’ex ministro degli Esteri, sostiene Bersani, non sembra però convinta: «È vero - commenta a tarda sera - che c’è un certo anti-berlusconismo che rischia di essere improduttivo. Ed è altrettanto vero che D’Alema parla sempre per paradossi. Ma essendo convinta che Berlusconi non stia facendo il bene dell’Italia, credo che combatterlo faccia bene all’Italia». Prima la parlamentare del Pd aveva comun que invitato Berlusconi a «moderare il linguaggio» a «rispettare l’opposizione»: «Anti-italiani a chi? Pensi al suo governo. Un governo che vara leggi incostituzionali come il Lodo Alfano e introduce il reato di immigrazione clandestina paralizzando le procure d’Italia; un governo che ap prova una Finanziaria al buio senza affrontare i nodi della crisi lasciando sole le fami glie e le imprese; un governo che colleziona figuracce alle Nazioni unite. È questo governo che dimostra di non avere a cuore il bene del Paese e di lavorare contro la dignità de gli italiani».
Enrico Morando, senatore di area veltroniana e sostenitore della mozione Franceschini, riconosce che «spesso c’è un pregiudizio nei con fronti di Berlusconi che an nebbia la mente a una parte del centrosinistra». E aggiunge: «Già diversi mesi fa avevo scritto che dovremmo occu parci di più di capire le ragio ni della destra e perché molti italiani si riconoscono in Berlusconi. Detto questo, critica re per esempio le politiche economiche di questo gover no non ha nulla di anti-italia no ». Secondo Morando, «l’immobilismo davanti alla crisi è sotto gli occhi di tutti. Siamo di fronte a un governo che ha negato la crisi in tutte le maniere e anche quando ha riconosciuto che c’è, a differenza di tutti gli altri Paesi non ha messo in campo interventi decisi per affrontare la situazione. Tacere di fronte a questo atteggiamento da parte del l’opposizione sarebbe irresponsabile ». Semmai, conclude il senatore, è «anti-italiano il comportamento di un governo che lascia gli italiani in balìa della crisi».
Dario Franceschini invece è netto nel liquidare l’attacco di Berlusconi all’opposizione. Come aveva detto prima dell’intervento di D’Alema: «Anti-italiano non è chi dice la verità e cerca di dare voce agli italiani in difficoltà, ma è un capo del governo che da oltre un anno nasconde la realtà della crisi e non dà risposte a milioni di italiani che non hanno più un reddito per vivere ». E poi: «Anti-italiano è chi imbroglia il popolo».
’’Non guardo più i sondaggi, anche perché sono drammaticamente sbagliati’’
Franceschini: ’’Preoccupante se Berlusconi vincesse alle Europee’’. Rai, ’’ancora nessuna intesa sul presidente’’
Il segretario del Pd ospite di ’Che tempo che fa’: ’’Chiederò agli elettori di non scegliere l’astensione e la sfiducia’’
Milano, 2 mar. - (Adnkronos) - Per le elezioni europee "chiedero’ agli elettori di non scegliere l’astensione e la sfiducia, soprattutto di evitare che Berlusconi ne esca come vincitore perche’ quello che accadrebbe il giorno dopo sarebbe qualcosa che puo’ preoccupare tutti". Lo ha dichiarato il segretario del Pd, Dario Franceschini, intervistato da Fabio Fazio nell’ambito della trasmissione ’Che tempo che fa’.
Alla domanda del conduttore sull’obiettivo reale che il Pd si propone per le prossime europee, inoltre, Franceschini ha risposto: "Non guardo piu’ i sondaggi anche perche’ sono drammaticamente sbagliati". Il suo obiettivo, piu’ che altro, e’ di non consentire la vittoria di Berlusconi.
Sulla Rai, poi, Franceschini non si sbilancia anche se conferma che "non c’è " ancora l’intesa sul nome del presidente. Anche perché, sottolinea ’’sarebbe sbagliato’’ se a farlo fosse un segretario di partito. "C’è un percorso che prevede che sia votato dai due terzi della commissione di vigilanza e questo richiede inevitabilmente che sia una personalità che vada bene a maggioranza e a opposizione".
Ansa» 2009-02-22 20:00
PD: FRANCESCHINI, BERLUSCONI PENSA A PAESE CONTRO COSTITUZIONE
dell’inviato Leonardo Nesti
FERRARA - Ha giurato sulla Costituzione per farsene paladino. Dario Franceschini ha cominciato il suo cammino come segretario del Pd con un impegno assunto con i toni solenni della missione, ma senza dimenticare gli accenti concreti della battaglia politica. ’’Il presidente del Consiglio - ha spiegato - ha in mente un Paese in cui il potere viene sempre piu’ tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona. Questo e’ contro la Costituzione a cui lui ha giurato fedelta’’’.
La difesa della Carta non e’ quindi, nei piani del nuovo leader democratico, solo un alto richiamo ideale, ma soprattutto uno strumento per caratterizzare la sua segreteria con un segno di forte contrapposizione a Berlusconi e al suo governo. Che poggi sui valori, ancor prima che sul merito delle questioni e che vuol segnare uno scarto netto, molto piu’ agguerrito, rispetto all’atteggiamento di Veltroni, del quale e’ stato il numero due. Franceschini ha scelto con cura formule, luoghi e simboli. Ha giurato usando le parole che di solito pronuncia il presidente del Consiglio, fatto da lui stesso definito ’’anomalo’’ per un dirigente politico, in particolare quando ha pronunciato la formula ’’esercitero’ le funzioni di segretario del Pd nell’esclusivo interesse della Nazione’’.
Lo ha fatto mettendo la mano sulla copia della Costituzione del padre Giorgio, partigiano cattolico e deputato Dc negli anni Cinquanta, commosso accanto al figlio, nella sua semplice cerimonia circondato da partigiani e attivisti del Pd. Di fronte al ’muretto’ che circonda il fossato del Castello Estense della sua citta’, Ferrara. Molto di piu’ di un simbolo urbanistico e architettonico della citta’ patrimonio dell’Unesco.
Proprio li’, il 15 novembre 1943, in quella ’lunga notte’ raccontata da due grandi ferraresi come lo scrittore Giorgio Bassani e il regista Florestano Vancini, i fascisti trucidarono per rappresaglia undici antifascisti ferraresi. E quel muretto per la citta’ e’ un simbolo, oltre che una ferita ancora aperta in mezzo al cuore. ’’Non e’ il momento della delusione, dell’astensionismo o del disimpegno - ha aggiunto - e’ il momento in cui tutti gli italiani che credono nei valori condivisi che hanno fatto nascere la nostra Costituzione, dall’antifascismo e dalla resistenza, in modo pacifico, civile e democratico comincino una lunga battaglia per difendere la democrazia italiana’’.
Tutto il resto - ha lasciato intendere dribblando, nel suo primo giorno da segretario, le domande dei cronisti che lo incalzavano sulle sue prime mosse - sono dettagli tattici, che ai valori vanno subordinati. Nel Pd che ha in mente Franceschini l’antifascismo, la laicita’ dello Stato, la difesa delle garanzie costituzionali vengono prima del resto. ’’Fino a qualche decennio fa - ha detto - la Costituzione, l’antifascismo e la laicita’ erano valori condivisi da tutte le forze politiche, che si fronteggiavano anche duramente. Oggi sembra che non sia piu’ cosi’. Noi vogliamo che torni ad essere cosi’. Saranno mesi difficili, anni difficili, ma noi alla fine vinceremo’’.
A Ferrara Franceschini giura sulla Costituzione *
«Il presidente del Consiglio ha in mente un paese in cui il potere viene sempre più tacitamente concentrato nelle mani di una sola persona. Questo è contro la Costituzione a cui lui ha giurato fedeltà». È anche per questo motivo che il neo segretario del Pd, Dario Franceschini, ha giurato fedeltà alla Costituzione, davanti al cippo dell’eccidio degli Estensi a Ferrara, la sua città.
«Non è il momento della delusione, dell’astensionismo o del disimpegno - ha aggiunto - è il momento in cui tutti gli italiani che credono nei valori condivisi che hanno fatto nascere la nostra Costituzione, dall’antifascismo e dalla resistenza, in modo pacifico, civile e democratico comincino una lunga battaglia per difendere la democrazia italiana».
Quelli che attendono il centrosinistra saranno «mesi difficili, anni difficili, ma noi alla fine vinceremo». Ne è convinto il segretario del Pd che, giurando ulla Costituzione, ha fissato nella difesa dei valori il primo punto della sua attività da segretario. «Fino a qualche decennio fa - ha detto - la Costituzione, l’antifascismo e la laicità erano valori condivisi da tutte le forze politiche, che si fronteggiavano anche duramente. Oggi sembra che noi sia più così. Noi vogliamo che torni ad essere così. Saranno mesi difficili, anni difficili, ma noi alla fine vinceremo».
Un giuramento che lui stesso ha definito «anomalo», ma che ha il valore simbolico di sottolineare l’importanza della battaglia a difesa della Costituzione come punto qualificante della sua segreteria del Pd. Franceschini ha giurato sulla copia del padre Giorgio, 87 anni, partigiano cattolico, commosso accanto a lui durante il giuramento a Ferrara. Anche il luogo scelto non è casuale: Franceschini ha infatti giurato fedeltà, secondo la formula che usa il presidente del Consiglio, giurando di «esercitare le funzioni da segretario del Pd nell’interesse esclusivo della nazione», davanti al cippo sul muretto del fossato che circonda il Castello degli Estensi e che ricorda l’eccidio di 11 antifascisti uccisi dai nazifascisti nella lunga notte del 15 novembre 1943.
Franceschini ha ringraziato le centinaia di persone presenti, venute ad assistere al giuramento. E ha rivolto un grazie particolare anche alla sua città, Ferrara, «per la sua tradizione civile, democratica e antifascista». Si è poi scusato con il padre Giorgio per la grande emozione che gli ha dato e con la mamma Gardenia, rimasta nascosta fra la folla durante la cerimonia.
Berlusconi, infine, non manca di replicare. Per lui, le parole di Farnceschini descrivono «una cosa irreale: io ho giurato sulla Costituzione - dice - e ne sono un assoluto sostenitore».
* l’Unità, 22 febbraio 2009
Il neosegretario mantiene la promessa annunciata ieri dal palco dell’Assemblea
Ma le sue parole su Berlusconi fanno infuriare il Pdl: "Linea minoritaria e rancorosa"
Franceschini nel pomeriggio a Ferrara
per giurare sulla nostra Costituzione *
ROMA - La prima giornata di Dario Franceschini come segretario del partito democratico è all’insegna di una promessa. Quella pronunciata ieri dal palco della Fiera di Roma, nel discorso con cui ha lanciato la sua candidatura alla leadership del partito: se verrò eletto - ha annunciato - andrò a Ferrara, la mia città, a giurare sulla Costituzione.
Ed è proprio quello che accade oggi. L’appuntamento . come confermato dall’ufficio stampa del Pd, è alle 16, davanti a uno dei luoghi simbolo della città natale di Franceschini: il Castello Estense. E per capire il valore simbolico dell’evento, la cosa migliore è citare le parole pronunciate ieri dal diretto interessato: se sarò eletto, ha spiegato, andrò a Ferrara, "nella pianura Padana che è terra di valori e di antifascismo: e per questo andrò al castello Estense dove nel 1943 furono trucidati 13 cittadini innocenti come monito contro i partigiani. E lì davanti chiederò a mio padre, che allora era un giovane partigiano di portare la copia della Costituzione, e giurerò sopra la mia fedeltà".
Un passaggio del suo discorso particolarmente applaudito, col riferimento alla nostra Carta fondamentale. E anche in chiave antiberlusconiana, come lo stesso Franceschini ha sottolineato: il premier, a suo giudizio, "disprezza i principi della nostra democrazia e offende la Costituzione. E noi riformisti dobbiamo anche saper alzare la voce. Berlusconi non vuole governare il Paese ha in mente di diventare il padrone d’Italia e vuole una forma di autoritarismo. Attacca la Costituzione, cinicamente, davanti al letto di una ragazza morente. Autorizza le ronde facendoci vergognare nel mondo".
Prese di posizione nette, le sue. Che vengono commentate negativamente dal Pdl: secondo il portavoce Daniele Capezzone, "Franceschini parte malissimo, scegliendo un antiberlusconismo viscerale e rancoroso. E’ una linea minoritaria, che lo costringerà a fare concorrenza (perdente) a Di Pietro".
* la Repubblica, 22 febbraio 2009
Walter ultimo fallimento
di BARBARA SPINELLI (La Stampa, 22/2/2009)
Vale la pena osservare il naufragio dell’opposizione italiana con l’aiuto d’un terzo occhio, più ingenuo forse ma più vero: l’occhio che ci guarda da fuori. Perché il nostro sguardo s’è come consumato col tempo, se ne sta appeso alla noia, è al tempo stesso astioso e non severo, collerico e passivo. Non credendo possibile cambiare la cultura italiana dell’illegalità, siamo da essa cambiati. Se qualcuno riscrivesse le Lettere Persiane di Montesquieu, racconterebbe il nostro presente come i due principi Usbek e Rica videro, nel 1700, la Francia di Luigi XIV: con stupore, senso del ridicolo, e realismo. È quello che i giornali stranieri hanno fatto negli ultimi giorni: dal New York Times alla Süddeutsche Zeitung, da Le Monde al Guardian o El País. Tutti si son domandati, candidamente, come mai tanto clamore sul caos nel Pd e quasi nulla sull’evento per loro sostanziale: la condanna di Mills. Come mai Veltroni addirittura si scusava, mentre il capo del governo protetto da una legge che lo immunizza avallava il più singolare dei paradossi (il corrotto c’è, ma non il corruttore).
Chi fuori Italia si interroga ha poco a vedere con la sinistra salottiera o giustizialista criticata da Veltroni. Naturalmente c’è caos, nel partito nato dalle primarie del 2007. Ma soprattutto c’è incapacità di fare opposizione, di dire quel che si pensa su laicità, testamento biologico, sicurezza, immigrazione, giustizia, per non urtare gli apparati che compongono il nuovo-non nuovo ancor ieri esaltato all’assemblea che ha eletto Franceschini segretario provvisorio. Il partito democratico non è nato mai, e oggi è chiaro che alle primarie 3 milioni di italiani hanno eletto il leader di un partito senza statuto, senza iscritti, in nome del quale si è distrutto il governo Prodi per poi lasciare l’elettore solo. Arturo Parisi lo spiega bene a Fabio Martini: «Quando un partito si costituisce come somma di apparati, assumendo come premessa la continuità di una storia e di un gruppo dirigente, ogni scelta rischia di essere o apparire come l’imposizione di una componente sull’altra e quindi di mettere a rischio la sopravvivenza del partito». Solo un «partito nuovo, fatto di persone che decidono ex novo, democraticamente» può riuscire (La Stampa, 18-2). Solo un’analisi spietata di errori passati: i siluramenti di Prodi, la fretta di presentarsi da soli, le intese con Berlusconi quando questi parve finito nell’autunno 2007.
Veltroni ha giustamente difeso, mercoledì, il «tempo lungo, quello in cui si misura il progetto (...) che deve convincere milioni di esseri umani». Ma lui per primo ha tolto tempo al tempo, ha avuto fretta d’arrivare, di esserci. Non è un errore di anziani ma di cacicchi, che della politica hanno una visione patrimoniale. L’Ulivo cancella i cacicchi: è stato quindi seppellito. I cacicchi vogliono il potere, senza dire per quale politica: lo vogliono dunque nichilisticamente, al pari delle destre. Come scrive Gustavo Zagrebelsky: lo vogliono «come fine, puro potere per il potere» (la Repubblica 9-2). Per questo il Pd non ha un leader, che rappresenti l’opposizione nella società e sia sovrano sulle tribù. Anche qui Parisi ha ragione: non di facce nuove e giovani c’è bisogno (ci sono giovani vecchissimi), perché «in politica le generazioni che contano sono le generazioni politiche». Si capisce bene lo scoramento di Veltroni: le correnti del Pd e Di Pietro lo hanno logorato. Ma non l’avrebbero logorato se il suo sguardo si fosse interamente fissato sul fine, che non era il potere partitico ma la risposta a Berlusconi. Se Di Pietro non fosse stato bollato, ogni volta che parlava, di giustizialismo.
Naufragi analoghi si son già visti in Europa, conviene ricordarli. Il socialismo francese, prima di Mitterrand, era assai simile. La Sfio (Sezione francese dell’internazionale operaia) fu per decenni un’accozzaglia di partitelli incapaci d’opporsi a De Gaulle. Oscillavano fra il centro e il marxismo, un giorno erano colonialisti l’altro no, volevano e non volevano ampie coalizioni. Erano perpetuamente in attesa, assorti nel rinvio della scelta: proprio come ieri all’assemblea Pd, che ha rinviato primarie e nomina d’un vero leader («Perché Bersani non si candida segretario oggi, e invece rinvia?», ha chiesto Gad Lerner). Sempre c’era un segretario a termine, guatato da falsi amici. La parabola fu tragica: nel ’45 avevano il 24 per cento dei voti, nel ’69 quando Defferre sindaco di Marsiglia si candidò alle presidenziali precipitarono al 5.
È a quel punto che apparve Mitterrand: non mettendosi alla testa d’un partito ormai cadavere, ma creando una vasta Federazione a partire dalla quale s’impossessò della Sfio e di tutti i frammenti e club. Anche la Sfio era un accumulo di clan in lotta. Mitterrand guardò alto e oltre: l’avversario non era questo o quel clan, ma De Gaulle e poi Pompidou. In una decina d’anni costruì un Partito socialista, lo rese più forte del Pc, portò l’insieme della sinistra al potere.
Prodi ha fatto una cosa simile, battendo Berlusconi due volte. Anch’egli edificò inizialmente una federazione (Ulivo, Unione): è stata l’unica strategia di sinistra che ha vinto. Mentre non è risultata vincente né coraggiosa l’iniziativa veltroniana di correre da solo, liberandosi dell’Unione. A volte accade che si frantumi un’unione per riprodurne una ancor più frantumata. Veltroni osserva correttamente che «Berlusconi ha vinto una battaglia di “egemonia” nella società. L’ha vinta perché ha avuto gli strumenti e la possibilità di cambiare dal mio punto di vista di stravolgere il sistema dei valori e persino le tradizioni migliori» in Italia. Ma che vuol dire «avere strumenti»? Berlusconi ha le tv ma Soru ha ragione quando dice che su Internet la sinistra «ha già vinto, anzi stravinto». Quel che occorre è «lavorare in profondità sulla cultura degli ignoranti, sulle coscienze dei qualunquisti e battere l’incultura del nichilismo aprendo dappertutto sezioni di partito e perfino case del popolo». Berlusconi da tempo inventa realtà televisive, ma è anche sul territorio che lavora.
Per questo è così importante il terzo sguardo. Perché da fuori si vedono cose su cui il nostro occhio ormai scivola: l’illegalità, il fastidio di Berlusconi per ogni potere che freni il suo potere, il diritto offeso degli immigrati, la fine del monopolio statale sulla sicurezza con l’introduzione delle ronde. Perché fuori casa fanno impressione più che da noi certi tristi scherzetti: sui campi di concentramento, su Obama, sulle belle ragazze stuprate, sulla gravidanza di Eluana, su Englaro che «per comodità» si disfa della figlia, sui voli della morte in Argentina: voli concepiti dall’ammiraglio argentino Massera, membro con Berlusconi della P2 di Gelli.
Veltroni ha lasciato senza rappresentanza molti italiani d’opposizione, e il suo monito non è generoso («Non venga mai in nessun momento la tentazione di pensare che esista uno ieri migliore dell’oggi»). Per chi si sente abbandonato c’è stato uno ieri migliore, e la sensazione è che da lì urga ripartire: dalle cadute di Prodi, inspiegate.
Come nell’Angelo Sterminatore di Buñuel, è l’errore inaugurale che va rammemorato. In un aristocratico salotto messicano, a Via della Provvidenza, un gruppo di smagati signori non è più capace, d’un tratto, d’uscire dal palazzo. È paralizzato dal sortilegio della non volontà, o meglio della non-volizione. Sfugge alla prigione volontaria quando ripensa al modo in cui, giorni prima, si dispose nel salotto. È vero, appena scampato s’accorge che liberazione non è libertà: anche il vasto mondo è una gabbia, tutti come pecore affluiscono in una Cattedrale oscura. Ma almeno i naufraghi hanno sentito una brezza, e in quella Cattedrale potrebbero anche non entrare, e fuori dal Palazzo il mondo è un poco più vasto.