Israele: Scoperta la tomba di Erode il Grande *
L’Università ebraica di Gerusalemme ha annunciato la scoperta della tomba e del sepolcro di Erode il Grande, il re che governò la Giudea sotto l’impero romano.
Il ritrovamento, si legge in una breve nota diffusa alla stampa, è stato fatto a Herodium, una sito archeologico non distante da Betlemme. I particolari saranno forniti in una conferenza stampa fissata per domani mattina all’Università. Stando a quanto ha riferito il giornale Haaretz sul sito internet, il merito della scoperta va al professore Ehud Netzer.
Erode, nato nel 73 avanti Cristo ad Aschelona, località oggi a sud di Tel Aviv, si dichiarò ebreo nonostante i suoi genitori non lo fossero. Nominato governatore della Galilea all’età di 25 anni, successivamente fu proclamato “re degli giudei” dal Senato di Roma nell’anno 40 avanti Cristo. Regnò per oltre quarant’anni e il Vangelo secondo Matteo gli attribuisce la “strage degli innocenti”, vale a dire l’uccisione dei bambini maschi a Betlemme nel tentativo di eliminare un’ipotetica minaccia al suo trono che avrebbe costituito l’annunciata nascita di Gesù.
AGI
* Fonte: repubblica.it 8 maggio 2007 alle 08:08 -
Sulla "figura" di Erode, nel sito, si cfr.:
Tra archeologia e politica
Nuove scoperte: ritrovati la tomba e il sarcofago a colloquio con lo studioso Ehud Netzer
National Geographic Magazine pubblicherà un servizio sulle ricerche dell’archeologo Ehud Netzer: la rivista sarà in edicola a partire dal 29 novembre. In programma anche un documentario su National Geographic Channel (il 7 dicembre alle 22, canale 402 di Sky).
È molto probabile che la strage degli innocenti sia una leggenda senza basi storiche "I Palestinesi negano l’esistenza dell’antico tempio di Gerusalemme e vietano gli scavi"
Sulle tracce di Erode
ROMA. Erode, al suo nome non c’è chi non inorridisca: da Giotto a Beato Angelico, Guido Reni o Poussin hanno immaginato in molti modi diversi la sua "Strage degli innocenti" narrata nel Vangelo di Matteo, l’omicidio di tutti i bambini appena nati ordinato dal despota quando seppe che i Re Magi stavano cercando un neonato davvero speciale, il futuro Re dei Giudei. Eppure non c’è evidenza storica di quegli assassinii. Nessuna cronaca ne parla. E Erode (73 - 4 a. C.), prima Governatore e poi, dal 37 a. C., re della Giudea per incarico dei Romani, emerge dalle ricerche sì come un tiranno spietato e sanguinario (fece uccidere una delle sue numerose mogli, la più amata, Marianne, il cui ricordo continuò a tormentarlo tutta la vita, e tre figli che pensava stessero tramando contro di lui), ma soprattutto come un geniale costruttore, l’ideatore di opere ambiziose e estreme che cambiarono il paesaggio di Israele.
Parliamo dell’ardita reggia di Masada alzata su tre spericolate terrazze sotto cui si apre l’abisso del deserto e del Mar Morto, teatro di una delle ultime difese degli ebrei che infine si suicidarono pur di non consegnarsi ai romani, o dell’ammodernamento del porto di Cesarea per il quale fu progettata una inedita barriera di cemento subacqueo su cui innalzò maestosi colonnati. Suo fu anche l’ampliamento del Tempio di Gerusalemme, eretto da Salomone nel X secolo a. C., poi distrutto dai babilonesi nel 586 a. C. e ricostruito circa 50 anni più tardi: lavoro grandioso, iniziato fra il 20 e il 19 a. C., per il quale fece imparare l’arte muraria a mille sacerdoti, gli unici a poter entrare nelle parti più sacre del complesso circondato dalla cinta esterna (ne faceva parte il famoso Muro del Pianto dei nostri giorni), un’opera dovuta anche al desiderio di essere accettato dai sudditi che non lo consideravano uno di loro sia perché aveva una madre non ebrea, ma soprattutto perché si era alleato con Roma.
Ma se oggi descriviamo questa figura storica di cui Giuseppe Flavio ha tanto narrato nelle Antichità giudaiche, è perché tra le sue creazioni monumentali, ce n’è una particolare, l’Herodion, rimasta a lungo quasi misteriosa, una cittadella che porta il nome del suo costruttore eretta sulla cima di una collina fatta come un cono spezzato a 13 km da Gerusalemme, nel mezzo del deserto: sui suoi resti si accanisce da 36 anni un archeologo israeliano con una forte base di studi architettonici, Ehud Netzer, che proprio ieri ha annunciato nella capitale israeliana le ultime scoperte.
Innanzitutto il perfezionamento di ciò che ha cercato a lungo: l’individuazione della tomba e il ritrovamento del sarcofago rosa finemente istoriato del Re (ritrovato nel 2007 e ora ricostruito per circa il 35 per cento), pietre ridotte in centinaia di frammenti dagli ebrei che, durante la prima rivolta contro Roma, nel 66 d. C., lo distrussero per risentimento contro l’alleato del nemico. Accanto c’erano altre due tombe, bianche (una ornata e l’altra no) ricomposte adesso all’80 per cento, semplicemente buttate di sotto da quella che si è rivelata la base del mausoleo. Sono emersi resti ossei? No. Iscrizioni? «Non ce ne sono, ma nelle tombe ebraiche di allora è la norma. La tomba rosa, ne sono sicuro al 98 per cento, è di Erode; le altre due, databili allo stesso periodo, possono appartenere a una delle sue mogli, forse alla madre di Archelao e Antippa, Malthace. Forse alla prima amatissima congiunta, Marianne. Forse, alla seconda sposa di Archelao, Glaphyria», spiega Netzer anticipandoci i contenuti della conferenza stampa a Gerusalemme: settantaquattrenne imponente, due giorni fa era di passaggio in Italia.
«Ora che ne ho intuito gli assi e i singoli monumenti, capisco che la concezione di Herodion è eccezionale: basta pensare che il magazzino per il cibo è grande quasi come tutta Masada. L’intera struttura, di 20 ettari, fu voluta e pensata quale scenografia dei propri funerali, con mausoleo, giardini, cittadella monumentale e palazzo annesso», prosegue. «Tutto cominciò quando alla base della collina, alcuni anni dopo la Guerra dei Sei Giorni, trovai una grande vasca, un colonnato, dei giardini. Il terreno fu trasformato in un parco nazionale. Continuai gli scavi. C’era una grande piattaforma lunga 365 metri: poteva essere un ippodromo, ma era larga solo 30 metri. Non era chiaro di cosa si trattasse. Proseguivo, cercavo il mausoleo e la tomba, perché Giuseppe Flavio aveva descritto per filo e per segno le faraoniche esequie di quel re». Niente da fare: ogni volta Netzer si sentiva sul punto di arrivo, ma non era vero. Come le tre volte che vennero alla luce delle grandi pietre istoriate che si dimostrarono sì di periodo erodiano, ma riutilizzate per tre chiese bizantine.
I lavori, per di più, dovevano interrompersi spesso e a lungo, con la Prima Intifada e il terrorismo, dall’87 al ’97, e poi con la seconda, dal 2000 al 2005. Lavorare era troppo pericoloso. Chiediamo a Netzer se i palestinesi contestassero gli scavi, ma «no» risponde lui, «sul fatto che Erode sia storia, non hanno niente da dire visto che era di madre nabatea, non ebrea. Ma il periodo era poco propizio per scavare così isolati nel deserto come eravamo. Sono invece molto preoccupato del fatto che i palestinesi neghino l’esistenza dell’antico Tempio di Gerusalemme: è incredibile, non c’è archeologo, di qualsiasi religione o provenienza egli sia, che abbia dei dubbi a proposito. Eppure dal 2000 sostengono questa assurda teoria, che sotto la Spianata delle moschee non ci sia mai stato il Tempio, un’affermazione tutta politica, volta a degiudaizzare Gerusalemme, a non riconoscerne il profondissimo legame con gli ebrei e, alla fine dei fatti, la legittimità di Israele. Non ci fanno studiare il sottosuolo della Spianata, mentre loro ci lavorano, e sembra che gettino quella terra così preziosa per capire il passato».
Andiamo avanti con l’Herodium. Netzer trovò un mikveh, un bagno rituale, un ambiente che spesso si trova vicino anche alle tombe ebraiche, perché dopo una visita ai morti bisogna purificarsi. Fu individuato anche un Triclinium, un grande luogo dove sostare, come c’è a Petra. «Nel 2007, capimmo che la collina era artificiale solo in parte, in quella superiore: prima la costruzione rotonda in vetta, il palazzo, era visibile in tutta la sua altezza da Gerusalemme. Poi, solo 2 o 3 anni prima della morte, Erode decise di alzare la terra intorno, e farne un monumento interrato fino ad un certo punto, un’idea simile a quella di Augusto o di Adriano».
C’è anche la lunga scala, citata da Flavio Giuseppe. Stretta nella parte alta, verso la cittadella, ma larga tra lo slargo e il mausoleo a metà collina, adatta insomma a farci passare una processione: «Quello che all’inizio mi era sembrato un ippodromo non era altro che il luogo di raduno delle truppe e delle genti che avrebbero dovuto formare il corteo funebre salendo fino alla tomba». Una scenografia degna di un kolossal, che terminava nel mausoleo non enorme ma di tutto rispetto di cui vennero infine trovate le basi: le pietre indicano che fosse alto 25 metri, istoriato, un quadrato con lati di 8,7 metri, con al centro un colonnato rotondo e una cupoletta conica in cima. Del complesso erodiano fa parte anche un teatro per 750 persone venuto alla luce proprio negli ultimi mesi: in alto sulla platea, una loggia di circa 7 metri per 8, ornata di dipinti e stucchi murali di tipo pompeiano, ricchi di colori, arancioni, celesti, verdi, con fregi, alberi e animali (ma il restauro non è ancora visibile): «un fatto inedito nelle costruzioni ebraiche, che non ammettono arte figurativa. Sono certo che Erode fece venire la mano d’opera dall’Italia. E sono anche sicuro che sia del 15 a. C. circa, e ciò dimostra come allora l’Herodion fosse pieno di vita: forse gli spettacoli del teatro furono organizzati proprio per la visita di Marco Agrippa».
Resta un interrogativo di fondo. Bisogna capire perché Erode volle un complesso tanto imponente in pieno deserto. «Perché nel 40 a. C. era stato il luogo di una battaglia per lui decisiva. Gerusalemme stava per essere conquistata dai Parti: di notte Erode riuscì a fuggire nel silenzio verso Masada portandosi dietro ben 5000 uomini. Inseguito non si sa bene se dai Parti o dagli ebrei o da tutti e due, mentre marciava vide sua madre cadere da un carro, la prese per morta. Voleva uccidersi, ma sopraggiunsero i nemici. Si batté, vinse, ricoverò la madre poi sopravvissuta e i suoi uomini a Masada. Poi fece una scelta fondamentale, andò a Roma dove ottenne la protezione del Triumvirato. Dopo tre anni sarà Re della Giudea».
Una vita dedicata a Erode. Netzer è più che soddisfatto di avere tra le mani quel sarcofago rosa, la tomba del Re, di aver capito il disegno sontuoso di Herodium con il palazzo e l’assetto monumentale per il corteo funebre e il riposo eterno. Qualcosa che doveva continuare a portare il nome di Erode dopo la sua morte. «Ma non ho una passione per lui. Lo ammiro per le sue realizzazioni. Ha fatto cose eccelse, come un architetto moderno: con una logica ferrea, dove ogni elemento ha una funzione».
* la Repubblica 20.11.2008
Caro Biagio
Come al solito - sei sorprendente nella tua "ingenuità"!!! Sei grande - proprio come Erode!!! Parli, scrivi, e non ti rendi conto di quello che scrivi e dici!!! Questo è il problema (altro che l’aborto!!!): il figlio, che si fa re e sposo di "mammasantissima", è ancora tra noi a dettare Legge contro tutti i bambini e le bambine del mondo!!! Contro il buon-messaggio (eu-angelo) e la grazia di Dio (Charitas), "mammona" ("Deus caritas est") e van-gelo sono ancora all’ordine del giorno!!!
Considera. I.N.R.I. ....Non facciamoci accecare. Riattiviamo piuttosto la memoria di nostra "madre" ("Maria") e di nostro "padre" ("Giuseppe"), e cerchiamo di pensare meglio a noi stessi e a noi stesse - tutti e tutte!!! Altro che andare avanti verso ... la preistoria, con il tuo papa-imperatore Costantino!!!
M. saluti,
Federico La Sala
Caro Federico,
allora sarò più esplicito : nel mondo si verificano (dati OMS !) 126.000 aborti al giorno, cioè 5250 ogni giorno, 87 ogni minuto, più di un aborto ogni secondo !!!
Di fronte a un genocidio invisibile di tali proporzioni la figura dell’ingenuo la fai tu, caro mio, con i tuoi vecchi ritornelli che oramai nessuno legge più...
Saluti e inchini.
biagio allevato
Ritrovata in una fortezza a 12 km da Gerusalemme la probabile tomba del sovrano giudaico, reso famoso dai Vangeli
Qui giace Erode il re dei cattivi
Il sarcofago in calcare, ben decorato, è stato rinvenuto nel palazzo dell’Herodium. Di certo appartenne a una personalità importanteOra gli studi stratigrafici potrebbero confermare la morte del tiranno nel 4 a.C.; la nascita di Gesù sarebbe anticipata così di qualche anno
di Aristide Malnati (Avvenire, 09.05.2007)
Una scoperta di rilevante portata storica è stata annunciata ieri dal Consiglio Supremo Archeologico Israeliano: un’équipe di studiosi israeliani dell’Università ebraica di Gerusalemme ha riportato alla luce la tomba di Erode il Grande, re dei Giudei dal 40 al 4 a. C., di cui parla anche il Vangelo. Il rinvenimento è stato effettuato al culmine di 35 anni di scavo sistematico operato dagli archeologi sotto la guida di Ehud Netzer, massimo esperto di studi su questo controverso personaggio della storia ebraica.
L’importante sepoltura giace a 12 km a sud di Gerusalemme (sulla strada che conduce a Betlemme), e precisamente a Herodium, all’interno del sontuoso palazzo che Erode fece erigere oltre 2000 anni fa: si tratta di un edificio compreso in una cittadella fortificata fondata tra il 24 e il 15 a. C. sulla cima di una collina piatta e desertica: «Era una delle principali fortezze fatte costruire dal re. Era perfettamente consentaneo alla sua mentalità far erigere luoghi riparati e ben difesi, come anche quello di Masada. Erode viveva in un costante stato d’ansia e aveva una terribile paura di attentati: così per garantire la propria incolumità faceva costruire luoghi protetti dappertutto. Ed è logico aspettarsi che la sua tomba fosse all’interno di uno di questi», ha precisato Netzer, che ha aggiunto come fonti storiche alludano alla presenza della sepoltura in un luogo fortificato (lo fa Giuseppe Flavio quando descrive la morte e la sentita processione al funerale del sovrano); gli studiosi rammentano anche, a far aumentare le probabilità dell’attribuzione, come il luogo dove Erode visse gli ultimi anni della sua vita fosse l’Herodium. Erode il Grande nacque nel 73 a. C. ad Aschelon (oggi a sud di Tel Aviv), divenne governatore della Galilea (48 a. C.) e re dei Giudei a partire dal 40 a. C.
Negli anni terminali della propria esistenza intrecciò le sue azioni con quelle di Gesù e della Sacra Famiglia. Racconta il Vangelo di Matteo che Giuseppe e Maria fuggirono con il piccolo Gesù a dorso d’asino, dirigendosi alla volta dell’Egitto, per sottrarsi alla strage degli innocenti, ordinata dallo stesso re dei Giudei, timoroso della profezia che gli avevano fato i Magi. Secondo tale previsione un bimbo ebreo appena nato a Betlemme sarebbe presto diventato sovrano proprio al posto di Erode; e la Sacra Famiglia ritornò in Giudea solo dopo la morte del re (Mt 2, 16-18).
Nel narrare questo episodio, diventato in seguito un celeberrimo tòpos letterario e fonte di famose rappresentazioni artistiche, l’evangelista collega il fatto a un’antica profezia biblica, contenuta nel Libro di Geremia, proiettandolo in un contesto di fatale necessità. Il palazzo di Erode venne poi distrutto nel 71 d.C. dall’esercito romano di Tito, che in quegli anni sedò nel sangue la rivolta giudaica e avviò con successo una guerra in tutta la regione, culminata con la presa di Masada e con la distruzione parziale del secondo tempio (72 d.C.), fatto innalzare un secolo prima proprio da re Erode. Fu comunque il suo un regno prospero e solido, costellato da importanti e imponenti costruzioni in disparate località della regione, come Cesarea e Gerico.
Gli archeologi hanno poi trovato resti consistenti di un sarcofago in calcare, ritenuto quello che conteneva il re dei Giudei: «Sicuramente appartenne a un personaggio importante, viste la particolare fattura e le decorazioni. E all’interno del palazzo il personaggio proprietario di un simile sarcofago non poteva essere che re Erode», conclude Netzer. L’équipe di archeologi è poi impegnata nel certosino vaglio del contesto archeologico e della stratigrafia, nella consapevolezza di poter ricavare preziosi elementi di vita quotidiana dell’epoca. Si cercano poi indizi di datazione, che confermino il momento della morte del sovrano all’anno 4 a. C. e che di conseguenza spostino una volta per tutte la nascita di Gesù a un anno di poco precedente il decesso di Erode.
E Mazzola ??
Gughi, sei molto divertente !!
Comprati finalmente una guida alla Bibbia, così eviti di scrivere baggianate...
Saluti sinceri.
biagio allevato
Al no-vatican Gughi (per gli amici : "Yoghi"), oramai frastornato dal colore sempre più sbiadito della propria bandiera rossa, in attesa della sonora bocciatura dei DICO ( che rievocherà la batosta subita, a suo tempo, nel Referendum sulla legge 40), non restano che le proprie battute (piene di "spirito"), i menestrelli trasteverini, i murales blasfemi e le lettere intimidatorie (con allegato proiettile) dei suoi "guerriglieri".
"Siamo tribolati da ogni parte ma non schiacciati; sconvolti ma non disperati; perseguitati ma non abbandonati; colpiti ma non uccisi" (S.Paolo - cfr 2 Cor 4, 8.14)
Sereno Family Day !!
biagio allevato
Caro Biagio
il tuo dire è molto confuso e io non ho ancora capito.
Per te
CHI E’ IL VERO TERRORISTA? Erode, il "re degli giudei", o Gesù Nazareno, ii "re degli giudei" (I.N.R.I)?!
Forse è utile (non solo per capire la differenza tra Erode e Gesù, ma anche tra il Papa e Rivera e .. Mazzola ... ma anche qualcosa dell’adunata del "Family Day") meditare sul seguente intervento di un altro tuo "compagno di strada" - un mons. della Chiesa Ortodossa:
M. saluti
Federico La Sala
Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.... i cattolici hanno sempre confuso e contrabbandato Erode per Cesare. Questo è il problema!!! (fls)
Il ministro Bindi e i valori non negoziabili
La verità politica non è la verità antropologica
di Francesco D’Agostino (Avvenire, 07.07.2007)
Che "la laicità sia il cuore della differenza cristiana" - come ha scritto lo scorso mercoledì 4 luglio Rosy Bindi in una bella e pacata lettera al "Foglio" - è affermazione forse troppo sintetica, e quindi aperta a possibili fraintendimenti, ma pur condivisibile per coloro che ben percepiscono quanto arduo sia il cammino verso la conquista di una sana laicità da parte delle altre grandi religioni monoteistiche: in queste infatti non solo è assente, ma è addirittura introvabile (nemmeno per equivalenti) il precetto di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.
Che ben facciano coloro che, consapevoli della loro identità cristiana, ritengono non solo opportuno, ma doveroso "mescolarsi con i compagni di viaggio di una sinistra che ha più che mai bisogno di laicità" (sempre per usare alcune efficaci espressioni della Bindi, chiaramente rivolte a se stessa prima che a chiunque altro) è parimenti indubitabile. Il bisogno di laicità della sinistra è arrivato a livelli davvero plateali, dato che questa (per continuare ad usare le parole della Ministra) "facilmente scambia l’indifferenza etica e culturale come tolleranza"); per soddisfarlo però poco servono le dottrine e le parole, molto invece la condivisione di esperienze e soprattutto quello che un tempo si sarebbe definito il "buon esempio": l’esempio di una vita e di un impegno operosi, attenti a mai condannare aprioristicamente, a mai discriminare, a cercare sempre le modalità oggettivamente migliori per realizzare il bene comune. Nel chiudere la lettera Rosy Bindi però se ne viene fuori con una affermazione, che fa nascere in chi legge (o almeno che ha fatto nascere nel sottoscritto) qualche dubbio sulla condivisibilità di questo suo auspicio a "mescolarsi con i compagni di viaggio di una sinistra che ha più che mai bisogno di laicità". A quanto infatti essa scrive, questo "mescolarsi" dovrebbe presupporre nei cattolici la rinuncia ad una "difesa identitaria di valori non negoziabili" e imporreb be piuttosto la "condivisione di un cammino, mite e paziente, di ricerca della verità sull’uomo che nessuno possiede, ma che solo nell’incontro e nell’apertura con gli altri possiamo provare a capire".
Mi sembra evidente che qui Rosy Bindi si lascia contagiare dalla confusione, tipicamente postmoderna, tra la verità "politica" (che nessuno possiede a priori) e la verità "antropologica" (che invece dobbiamo presupporre, se vogliamo impegnarci seriamente nella politica). Che nessuno abbia in tasca una verità "politica" assoluta, che nessuno cioè possa presumere, senza un confronto "mite e paziente" con gli altri, di saper determinare nel modo ottimale il bene comune e le attività pubbliche necessarie a difenderlo e a promuoverlo è assolutamente vero: proprio in questo, peraltro, consiste il principio di laicità, nell’andare cioè alla ricerca del bene senza pregiudizi, in spirito di massima apertura agli altri. E che l’attività politica non debba essere strumentalizzata per attivare per suo tramite battaglie di difesa identitaria è parimenti evidente. Ma deve essere chiaro - proprio perché di laicità qui si parla - che per chi si impegna in politica, la difesa di "valori non negoziabili" non ha nulla a che vedere con la difesa di una identità particolare e meno che mai con la difesa dell’identità cristiana. I "valori non negoziabili", che è compito di tutti i politici e quindi in particolare dei politici di ispirazione cristiana difendere, sono valori umani universali: eguaglianza tra uomini e donne, difesa dei soggetti deboli (in particolare bambini e anziani), tutela e promozione del diritto alla libertà religiosa, alla vita, alla salute, all’educazione, al lavoro, no alla tortura, alla pena di morte e a ogni pena criminale degradante, proibizione di ogni manipolazione eugenetica, difesa della famiglia e della democrazia...potremmo andare avanti a lungo. Come negare che questo elenco di diritti può derivare la sua consistenza solo da autentiche e riconosciute verità antropologiche? Abbandoniamo una volta per tutte la logora affermazione secondo la quale "nessuno possiede la verità", perché la verità andrebbe piuttosto intesa come una "ricerca". La "ricerca" (questa sì aperta e spregiudicata) non può avere per oggetto la determinazione della verità sull’uomo, ma solo quella sui modi politici di concretizzarla. E’ qui che si apre il discorso della politica e del dovere (per tutti!) di un onesto mescolarsi con compagni di viaggio sensibili alla tutela e alla promozione dei diritti umani.