INTERVISTA.
Mentre inizia la «primavera dei poeti», parla il grande autore arabo: «Più cultura e senso critico per evitare conflitti»
Adonis: più poesia per unire le civiltà
DA PARIGI GENEVIÈVE WELCOMME (Avvenire, 01.03.2008).
«Una vita senza versi impedisce la relazione col mondo intero.
Il Mediterraneo è sempre stato un mare unito»
Da più di quindici anni, il suo nome circola come quello di uno dei Nobel futuri: Adonis è considerato il più grande poeta arabo vivente. Autore di un’opera immensa (poesie, praticamente un grande poema l’anno da più di vent’anni, e saggi), Adonis incarna la saggezza di un mondo riconciliato, aperto e tollerante. Nato nel 1930 a Qassabine, villaggio vicino a Lattaquié, nel nord della Siria, Ali Ahmad Saïd Esber fu incoraggiato nella poesia da suo padre. Tra gli ultimi libri editi in italiano, Beirut. La non-città (Medusa) e Oceano nero (Guanda). Lo incontriamo alla vigilia della «primavera dei poeti», che ha inizio lunedì 3 marzo.
Adonis, che rappresenta per lei la poesia? Può definirla?
«Proprio come l’amore, non si definisce la poesia, la si prova, la si sente. La poesia mi aiuta a meglio comprendermi; non è un semplice mezzo d’espressione ma è intimamente legata alla mia esistenza: senza la poesia, senza dubbio non sarei niente. Si può immaginare una vita senza amore? Si può essere se stessi senza amore? Con la poesia, la mia identità si precisa, la mia relazione al mondo è più compiuta. Perché l’identità non si eredita, si inventa, è una creazione. La poesia è il più intimo di un uomo; e l’anima di un popolo».
Uomo di cultura orientale e occidentale a un tempo, lei è uno dei rari poeti a sposare tutte le tradizioni. Ma la sensualità della sua scrittura sembra provenire più dall’Oriente...
«Nella tradizione poetica preislamica, il corpo incarna l’uomo intero: la sua parte materiale tanto che la sua parte spirituale. Il corpo non è solamente il luogo della sensualità e delle emozioni, ma il legame materiale, tangibile, tra l’uomo e la natura. La poesia del periodo preislamico è a un tempo corpo, voce, canto, sensualità e naturalità... Non è mai astratta. L’astrazione è venuta con il monoteismo. Ma la poesia araba ha resistito e continua a essere in conflitto con questa concezione che separa l’anima e il corpo. La lingua araba per natura sensuale, seduttrice, è in sé una lingua poetica. Basta lasciarsi condurre da lei...».
Lei si dichiara non credente. La sua opera, di portata universale, è però impregnata di misticismo. Dov’è la trascendenza nell’assenza di Dio?
«Nell’uomo, e là risiede il suo segreto. Radicato nella sua condizione terrestre, l’essere umano esiste al di là di essa. L’uomo è sempre un superamento di se stesso. Viene dall’avvenire più che non venga dal passato. È per definizione un creatore; in quanto tale, l’essere umano è un superamento perpetuo della sua condizione. La trascendenza per me è una sorta di immanenza. Non è fuori di lui ma all’interno di lui stesso».
Lei ha scelto la nazionalità libanese. Il Libano si è fondato sulla coesistenza religiosa e culturale eccezionale tra Oriente e Occidente. Ha questa ancora un avvenire? Personalità come la sua non sono sempre più rare?
«Per la sua diversità culturale e confessionale - non si contano meno di otto confessioni, musulmane, cristiane, ebree - il Libano è unico al mondo. In questo senso il Libano non è mai finito: è un grande progetto, aperto a tutte le culture. Come un grande poema che si scrive all’infinito... ma tutto quello che è grande è fragile. Io credo tuttavia nel suo avvenire: finché si crede al Libano, c’è speranza, E io non mi sento solo. Sono in rapporto con altri creatori; è questa relazione che che è portatrice di speranza. Creare è sperare. Anche gli artisti e i poeti che creano nella disperazione portano ai miei occhi una speranza camuffata. Il vero problema, nelle società orientali e occidentali contemporanee, non è la creazione ma la lettura. Non ci sono quasi più grandi lettori. Dove si trova il pubblico che legge i grandi testi, li critica, li commenta?».
L’integralismo islamico è la forza dirompente più visibile nei Paesi arabi, mentre sono crollate le ideologie nazionaliste. Ha fondamenti solidi?
«I Paesi arabi hanno finora fallito nel compiere la loro rivoluzione interiore, che è quella di separare lo Stato dalla religione. Finché questa tappa non sarà oltrepassata non si andrà avanti. Il fondamentalismo religioso non è una risposta al fallimento delle ideologie nazionaliste. Si è sviluppato sul terreno propizio di una società le cui istituzioni sono fondate su una visione esclusivamente religiosa. E l’ingiustizia finisce per rafforzarlo. Quella fatta ai palestinesi, in particolare».
Che pensa del progetto di un’unione mediterranea proposta dagli europei?
«L’Oronte si getta nel Tevere, si diceva in un passato non così lontano. Il Mediterraneo è sempre stato un solo mare e una sola civiltà. Platone, Aristotele, Eraclito... sono a un tempo orientali e occidentali. Ricordiamoci l’origine di Europa, dea fenicia portata via da Zeus, cercata dal fratello Cadmos che offrì agli occidentali... l’alfabeto. Se ci si limita alla poesia, per esempio, Dante, Rimbaud, sono tanto orientali che occidentali. I grandi creatori sono cosmici. Sì, bisogna lavorare a questa unione mediterranea, ma ciò implica che i grandi monoteismi si interroghino, non cerchino d’imporsi l’uno contro l’altro. Senza dubbio ci mancano oggi grandi pensatori come Averroè o Spinoza ».
(per gentile concessione del quotidiano «La croix»)
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LA POLEMICA
E sulla Fiera del libro dichiara: «No al boicottaggio»
Affermare la propria verità, sempre, approfittando di ogni occasione per esporla.
Perchè solo così si potranno affrontare le voci critiche, solo così si potrà tentare di persuadere chi la pensa in modo diverso. La lezione viene da Adonis sul dibattito sorto attorno all’edizione 2008 della Fiera del Libro di Torino (in programma dall’8 al 12 maggio), che quest’anno avrà Israele come ospite d’onore. «Per principio sono contrario a ogni forma di boicottaggio di qualsiasi tipo», dichiara Adonis all’agenzia Adnkronos a proposito dell’appello a disertare l’evento. «Non è mai consentito tentennare sulla necessità di dover affrontare il mondo attraverso le verità nelle quali si crede - dichiara Adonis , ma al contrario è doveroso essere decisi nella difesa di queste verità». Da qui, dunque, la convinzione che sia necessaria una presenza araba a Torino anche se il posto d’onore tocca, quest’anno, a Israele nel sessantesimo della sua fondazione (l’anno prossimo sarà l’Egitto).
Sul tema, nel sito, si cfr.:
LA SCELTA DELL’UMANITA’ E DELLA CONVIVENZA. Una riflessione del poeta arabo Adonis...
FLS