Vaticano: Possibile credere
in Dio e negli extraterrestri"
CITTA’ DEL VATICANO - "E’ possibile credere in Dio e negli extraterrestri" e "si può ammettere l’esistenza di altri mondi e altre vite, anche più evolute della nostra, senza per questo mettere in discussione la fede nella creazione, nell’incarnazione e nella redenzione". Lo afferma il direttore della Specola Vaticana, padre Josè Gabriel Funes, in una intervista all’0sservatore romano.
Anche se "molti astronomi non perdono occasione per fare pubblica professione di ateismo", rimarca Funes nell’intervista, "è un po’ un mito ritenere che l’astronomia favorisca una visione atea del mondo. Mi sembra - aggiunge - che proprio chi lavora alla Specola offra la testimonianza migliore di come sia possibile credere in Dio e fare scienza in modo serio".
"Come esiste una molteplicità di creature sulla terra, - afferma padre Funes - così potrebbero esserci altri esseri, anche intelligenti, creati da Dio. Questo non contrasta con la nostra fede, perché non possiamo porre limiti alla libertà creatrice di Dio. Per dirla con San Francesco, se consideriamo le creature terrene come ’fratello’ e ’sorella’, perché non potremmo parlare anche di un ’fratello extraterrestre’? Farebbe parte comunque della creazione".
A proposito dei problemi che altri mondi porrebbero al concetto di redenzione, l’astronomo osserva che "se anche esistessero altri esseri intelligenti, non è detto che essi debbano aver bisogno della redenzione. Potrebbero essere rimasti nell’amicizia piena con il loro Creatore". E se questi extraterrestri fossero peccatori? "Gesù - osserva il gesuita - si è incarnato una volta per tutte. L’incarnazione è un evento unico e irripetibile. Comunque sono sicuro che anche loro, in qualche modo, avrebbero la possibilità di godere della misericordia di Dio, così come è stato per noi uomini".
* la Repubblica, 13 maggio 2008.
L’extraterrestre è mio fratello
di Francesco M. Valiante (L’Osservatore Romano)
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Kepler 11. Sono pianeti che orbitano intorno alla stessa stella. Di questi, 5 sono piccoli come la Terra Una conferma dell’intuizione di Giordano Bruno che l’universo è fatto da infiniti sistemi
Scoperti sei nuovi mondi e assomigliano al nostro
Il telescopio Kepler della Nasa ha scoperto a 2.000 anni luce da noi un sistema planetario simile al nostro: orbita intorno a una stella simile al Sole ed è composto da sei pianeti grandi più o meno come la Terra
di Pietro Greco (L’Unità, 03.02.2011)
C’è un sistema planetario con cinque «piccole terre» che orbitano intorno alla stella Kepler-11, laggiù a 2.000 anni luce di distanza da noi. Lo afferma un team del telescopio spaziale Kepler in un articolo pubblicato oggi dalla rivista Nature. La scoperta si è meritata, a ragione, la copertina della rivista scientifica inglese. Per svariati motivi.
In primo luogo perché è il più grande sistema planetario extra-solare finora rilevato. Orbita intorno a una stella del tutto simile al Sole, battezzata Kepler-11 dal team di ricercatori, ed è composto da ben sei pianeti.
Inoltre uno solo di questi pianeti ha una massa non ancora ben determinata, ma gli altri cinque hanno una massa compresa tra 2,3 e 13,5 masse terrestri. Insomma, sono solo un po’ più grandi della Terra. Dal 1992 a oggi, da quando cioè gli astronomi sono riusciti a individuare pianeti intorno a stelle diversa dal Sole, sono stati catalogati oltre 520 esopianeti. Per la gran parte si tratta di pianeti giganti, grandi come Giove e più: ovvero con un massa di due o tre ordini superiore a quella terrestre. Solo raramente si è scoperto un pianeta di massa simile alla Terra. Kepler stesso aveva individuato poco tempo fa un sistema planetario costituito da cinque pianeti giganti. Ora, però, Kepler ha scoperto addirittura cinque pianeti piccoli come la Terra e tutti orbitanti intorno alla medesima stella. Bel colpo, non c’è che dire, per il telescopio mandato nello spazio dalla Nasa nel 2009 con questa specifica missione: trovare oggetti della stessa specie e della stessa grandezza della Terra. Poco importa che il sistema è instabile. Il team di ricercatori, infatti, ha rilevato che i cinque pianeti di grandezza paragonabile alla Terra hanno un periodo orbitale piuttosto breve, compreso tra 10 e 47 giorni; la loro orbita è molto vicina a quella della loro stella (la distanza è all’incirca come quella di Mercurio); sono molto vicini tra loro e, inoltre, viaggiano nel bel mezzo di una nube di gas, polvere e forse di oggetti più grandi. Un sistema così non è stabile. Ha un comportamento caotico e certamente è destinato a cambiare nel tempo.
Certo la scoperta non convince del tutto tutti. La fotometria di transito, utilizzata per rilevare la presenza di pianeti così lontani, è una tecnica molto delicata e molto nuova. Si basa su un principio chiaro: quando un pianeta transita davanti alla sua stella (ovvero si interpone tra noi e la stella) assorbe una parte della luce emessa. E questo assorbimento è proporzionale al suo raggio. La sua grandezza può dunque essere dedotta dalla quantità di luce assorbita. E la frequenza del transito è proporzionale al suo periodo orbitale e alla distanza dalla stella. Le misure di fotometria sono semplici. Ma le distanze sono enormi. La luce in gioco è pochissima. Errori sono sempre possibili. Tuttavia, al di là delle sue performance, le implicazioni delle scoperte del telescopio Kepler sono notevoli. Per due motivi. È la conferma di quel «principio di mediocrità» che portava il filosofo Giordano Bruno a sostenere, più di quattrocento anni fa e prima che fosse messo a punto qualsiasi telescopio, che l’universo è fatto da infiniti mondi e, dunque, da infiniti oggetti «della stessa specie» della Terra. Il telescopio Kepler ce ne ha dato una conferma.
Il secondo motivo è che gli ultimi venti anni di osservazioni hanno dimostrato che ci sono i sistemi planetari i più diversi. Non tutti previsti dalle teorie. E che, dunque, anche per i pianeti valeva la felice intuizione di un altro grande del XVI secolo, William Shakespeare, quando fa dire ad Amleto: «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quanto ne sogni la tua filosofia».
Margherita Hack: «C’è vita nell’universo. Ma è difficile trovarla»
L’astrofisica: «Si tratta di una scoperta importante perché dimostra che esistono miliardi di pianeti “abitabili” con condizioni molto simili alla nostra»
l’Unità, 03.02.2011
Margherita Hack, come giudica quest’ultima scoperta del telescopio spaziale Kepler?
«La giudico una scoperta davvero di grande rilievo. Perché certo ormai siamo quasi abituati a scoperte di pianeti extrasolari. Negli ultimi anni ne abbiamo rilevati tantissimi. Ma questa volta è stato scoperto un intero sistema planetario. Per di più costituito da diversi pianeti di grandezza paragonabile a quella della Terra. Finora erano stati scoperti quasi solo pianeti giganti. In genere gassosi e dunque molto diversi dalla Terra. Ora sono stati scoperti cinque pianeti simili alla Terra e per di più intorno a un pianeta simile al nostro Sole».
Perché questi dettagli sono importanti?
«Beh, al di là delle performance tecniche necessarie per rilevarli significa che nell’universo non ci sono solo miliardi di pianeti, ma miliardi di pianeti “abitabili”. E questo ha una profonda implicazione per l’esistenza di altra vita nell’universo».
Questi pianeti, tuttavia, sono molto vicini alla loro stella.
«Sì, in questo caso i pianeti orbitano a distanze molto ravvicinate alla loro stella e quindi sono caldissimi. Questo li rende di fatto inospitali. Ma il fatto che esistano e ne esistano in gran numero con questa grandezza ci induce a credere che in giro nella galassia e nell’universo ve ne siano anche a distanza “giusta”, in “un’area di abitabilità”».
Ma basta la presenza di pianeti “abitabili” per affermare che c’è altra vita nell’universo?
«Certo la scienza ci dice che solo una prova empirica può darci la certezza. Ma io e molti altri studiosi siamo convinti che la vita nasca ovunque vi siano le condizioni. Ecco, Kepler ha dimostrato che le condizioni per la presenza di vita simile alla nostra nell’universo ci sono».
Non sarà facile trovare una prova empirica di esistenza di vita, però.
«Infatti io penso che quella prova non l’avremo mai. Le distanze tra le stelle sono troppo grandi. La stella Kepler-11 dista 2.000 anni luce da noi. Il che significa che il telescopio Kepler ha visto ciò che accedeva 2.000 anni fa, al tempo dei Romani. Immagini che lì ci sia vita intelligente e capace di dialogare con noi - cosa niente affatto scontata. Se oggi noi ponessimo loro una domanda, dovremmo attendere 4.000 anni per sapere cosa ci hanno risposto. In definitiva possiamo dire che la vita certamente c’è nell’universo. Ma difficilmente la troveremo. Almeno con le conoscenze e le tecnologie attuali». PI.GRE
All’università del Wyoming un corso per comunicare con gli alieni
di Anna Guaita (Il Messaggero, 17.05.2008)
NEW YORK - Se domani gli uomini scoprissero una civiltà aliena, sarebbero in grado di comunicare? L’università del Wyoming sta cercando una strada per prepararci a questo improbabile avvenimento, e ha inaugurato un corso di «Composizione di messaggi interstellari».
Gli studenti esplorano vari mezzi di comunicazione, incluso i suoni, gli odori, la matematica. A loro viene chiesto non solo di trovare il modo di spiegare agli abitanti di un altro pianeta che cosa sia la civiltà dell’uomo, ma anche di porre loro una serie di domande che ci aiutino a capirli a nostra volta. All’inizio del corso, i ragazzi devono descrivere l’umanità senza superare un tetto di 250 parole, poi ne vengono loro concesse 50, infine 10. Un ragazzo ha così riassunto l’umanità: «Noi siamo una specie adolescente in cerca della sua identità». Un altro è stato molto più elementare: «Due braccia, due gambe, una testa, un torso, siamo simmetrici». Quanto alle domande che propongono di porre agli alieni, queste sono le prescelte nell’anno accademico che si sta concludendo:
1) Se provate paura, di cosa avete paura? 2) Qual è lo scopo ultimo della vostra specie? 3) Come possiamo prolungare l’esistenza della nostra civiltà? 4) Che cosa vi fa provare felicità? 5) Cosa dovremmo sapere?
L’università lavora in collaborazione con l’agenzia spaziale Nasa e con il Seti, l’Istituto per la "Ricerca di Intelligenze Extraterrestri" che dal 1984 si dedica a studiare l’origine e la natura dell’universo. Alla fine del corso, le soluzioni offerte dagli studenti vengono prese in esame dalle due associazioni, e un giorno potrebbero essere utilizzate a bordo di astronavi o per lanciare segnali nello spazio.
L’idea di cercare un modo per comunicare con eventuali altre forme di vita nel resto dell’universo non è certo una novità. Nel 1977, la Nasa caricò a bordo delle sonde interplanetarie Voyager 1 e Voyager 2 un disco di rame con incisi suoni, calcoli matematici, immagini. Le due Voyager hanno lasciato il sistema solare da vari anni e viaggiano nello spazio profondo. Forse fra centinaia, o migliaia di anni, verranno raccattate da qualcuno. Ma secondo il professor Douglas Vakoch, del Seti, nei dischi che le sonde portano a bordo si è compiuto l’errore di descrivere solo i lati positivi dell’umanità: «Su Voyager non compaiono informazioni sulla povertà e la guerra. E’ sbagliato. L’umanità è composta anche di quello».
Il corso dell’Università del Wyoming non è che l’ultimo esempio di un rinnovato interesse per lo spazio e i suoi possibili abitanti. Il numero di coloro che non escludono l’ipotesi di altre forme di vita sembra infatti aumentare. Solo qualche giorno fa gli astronauti Mike Foreman, Dominic Gorie e Gregory Johnson, tutti veterani della Nasa con varie missioni nello spazio al loro attivo, hanno espresso la convinzione che «l’uomo troverà qualcosa». Due giorni fa anche l’astronomo-sacerdote Josè Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana, ha detto in un’intervista all’Osservatore Romano che «come esiste una molteplicità di creature sulla terra, così potrebbero esserci altri esseri, anche intelligenti, creati da Dio».
La Nasa spera in effetti di trovare qualcosa, ma non simile all’uomo, nei mesi a venire, dopo che la sonda Phoenix atterrerà su Marte il 25 maggio e comincerà la sua ricerca di forme di vita elementari. Gli appassionati di questo tema potranno inoltre fantasticare un po’ il 25 luglio, quando arriverà sugli schermi il nuovo film della serie X Files, "I want to believe". Chi cerca conferme (o smentite) può scegliere anche di controllare i documenti segreti rilasciati dal governo britannico pochi giorni fa circa gli avvistamenti di Ufo dal 1950 al 2007. Le prime mille pagine di documenti si trovano nel sito degli archivi governativi, e presentano esempi davvero curiosi (controllori di volo che leggono sui radar misteriosi oggetti che volano a velocità spettacolari,) insieme a imbarazzanti banalità (aerei in fase di atterraggio, scambiati per velivoli extraterrestri). Infine, chi vorrà scambiare con altri interlocutori le proprie convinzioni sull’esistenza o meno di extraterrestri potrà presto utilizzare il canale di socializzazione on-line che il regista Steven Spielberg sta preparando in collaborazione con Terry Semel, già presidente della Warner Brothers e di Yahoo.
Intanto gli studenti della Università del Wyoming continueranno il loro lavoro alla ricerca di un linguaggio universale. Il professor Jeffrey Lockwood, che insegna il corso, unisce una formazione scientifica a una specializzazione filosofica: «Alcuni insetti - ha detto al quotidiano Christian Science Monitor - possono vedere lo spettro ultravioletto, e non possono vedere la luce rossa. Altri sono molto sensibili agli odori, mentre noi appena li avvertiamo. Il loro mondo non è il nostro mondo, e in un certo senso mi hanno allenato a pensare e capire in un modo radicalmente diverso da quello degli uomini».
IL CASO
"Dio non esclude gli extraterrestri"
La svolta dell’astronomo del Papa: potrebbero far parte del disegno divino
di GIACOMO GALEAZZI (La Stampa, 14/5/2008).
CITTA’DEL VATICANO. Il Vangelo secondo E.T. «E’ possibile credere in Dio e negli extraterrestri» e «si può ammettere l’esistenza di altri mondi e altre vite, anche più evolute della nostra, senza per questo mettere in discussione la fede nella creazione, nell’incarnazione e nella redenzione». Sull’«Osservatore romano», il direttore della Specola Vaticana, padre José Gabriel Funes benedice gli «ufologi», il darwinismo e la teoria del Big Bang. «Come esiste una molteplicità di creature sulla terra, così potrebbero esserci altri esseri, anche intelligenti, creati da Dio- afferma l’astronomo gesuita. Ciò non contrasta con la nostra fede, perché non possiamo porre limiti alla libertà creatrice di Dio.
Per dirla con san Francesco, se consideriamo le creature terrene come “fratello” e “sorella”, perché non potremmo parlare anche di un “fratello extraterrestre”? Farebbe parte comunque della creazione». Padre Funes annuncia, inoltre, che la nuova sede della Specola, nel monastero delle suore Basiliane ad Albano, dovrebbe essere pronta fra circa un anno. Lì, al confine tra le Ville Pontificie e Albano, si trasferiranno gli studi, i laboratori e la biblioteca astronomica, dalla attuale sede storica nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Anche se «molti astronomi non perdono occasione per fare pubblica professione di ateismo», evidenzia il direttore della Specola Vaticana, «è un po’ un mito ritenere che l’astronomia favorisca una visione atea del mondo».
Anzi, «proprio noi scienziati che lavoriamo alla Specola offriamo la testimonianza migliore di come sia possibile credere in Dio e fare scienza in modo serio». A proposito dei problemi che altri mondi porrebbero al concetto di redenzione, il sommo astronomo papale puntualizza che «se anche esistessero altri esseri intelligenti, non è detto che essi debbano aver bisogno della redenzione. Nessuna contraddizione, poi, tra «big bang» e creazione. «Da astronomo -confida - credo che noi non siamo il prodotto della casualità, ma i figli di un padre buono, il quale ha per noi un progetto d’amore». Ma, aggiunge, «la Bibbia fondamentalmente non è un libro di scienza: all’epoca, ovviamente, era del tutto estraneo un concetto come quello del “big bang”, quindi non si può chiedere alla Bibbia una risposta scientifica». Allo stesso modo, noi non sappiamo se in un futuro più o meno prossimo la teoria del “big bang” sarà superata da una spiegazione più esauriente dell’origine dell’universo: «Attualmente è la migliore e non è in contraddizione con la fede. È ragionevole. La Chiesa non deve temere la scienza».
Quanto a Darwin, «dall’osservazione delle stelle e delle galassie emerge un chiaro processo evolutivo. Questo è un dato scientifico». E anche qui non vede contraddizione «tra quanto possiamo imparare dall’evoluzione (purché non diventi un’ideologia assoluta) e la fede in Dio». Il caso Galilei, poi, ha lasciato ferite e malintesi («La Chiesa in qualche modo ha riconosciuto i suoi sbagli. Forse si poteva fare di meglio. Ma ora è il momento di voltare pagina e guardare al futuro»). Fede e ragione «sono le due ali con cui si eleva lo spirito umano: «I progressi degli studi astronomici non smentiscono le verità della fede. Inclusa la possibilità che esistano altri mondi e altre forme di vita».
potrebbero esserci altri esseri creati da Dio»
Il Vaticano apre agli extraterrestri
«Si può credere in Dio e in E.T.»
Il teologo-astronomo Funes: anche loro potrebbero godere della misericordia del Padre *
CITTÀ DEL VATICANO - «È possibile credere in Dio e negli extraterrestri. Si può ammettere l’esistenza di altri mondi e altre vite, anche più evolute della nostra, senza per questo mettere in discussione la fede nella creazione, nell’incarnazione e nella redenzione». Lo afferma il capo degli astronomi vaticani, il gesuita argentino José Gabriele Funes, 45 anni, doppia laurea in teologia e in astrofisica. Non c’è da sospettare che un qualche giornalista abbia forzato le sue parole, perché l’intervista è dell’Osservatore Romano. Né è la prima volta che Funes azzarda simili affermazioni. Nonostante tali convinzioni, egli è stato posto a capo della Specola vaticana da papa Ratzinger nel 2006. «Come esiste una molteplicità di creature sulla terra - ha detto ancora il padre Funes - così potrebbero esserci altri esseri, anche intelligenti, creati da Dio. Questo non contrasta con la nostra fede, perché non possiamo porre limiti alla libertà creatrice di Dio». Obiezione vertiginosa: ma da chi sarebbero stati redenti questi alieni? Risposta fredda del-l’astrofisico e teologo: «Non è detto che essi debbano aver bisogno della redenzione. Potrebbero essere rimasti nell’amicizia piena con il loro Creatore ».
Ma se questi extraterrestri fossero peccatori? Tranquilli: «Anche loro, in qualche modo, avrebbero la possibilità di godere della misericordia di Dio, così come è stato per noi uomini». Per Funes si può credere a «Dio creatore» e accettare l’ipotesi del big bang che è «la migliore spiegazione dell’origine dell’universo che abbiamo finora» e «non è in contraddizione con la fede: è ragionevole». Così egli combina la Bibbia e il telescopio: «Da astronomo io continuo a credere che Dio sia il creatore dell’universo e che noi non siamo il prodotto della casualità ma i figli di un padre buono, il quale ha per noi un progetto d’amore. La Bibbia fondamentalmente non è un libro di scienza» e dunque «non si può chiedere alla Bibbia una risposta scientifica ». Non è la prima volta - si capisce - che un uomo di Chiesa si avventura su questo terreno. Già il gesuita predecessore di Funes alla Specola, George Coyne, aveva definito come «temeraria e presuntuosa» in più occasioni «l’idea che non esistano altri esseri viventi al di fuori della Terra». Non c’è una posizione del magistero cattolico in questa materia avventurosa. L’inizio di un dibattito tra i teologi risale agli anni Cinquanta, quando molto si parlava di Ufo e si sognavano imminenti contatti con altre stirpi intelligenti.
Il padre Raimondo Spiazzi, domenicano, e il padre Gino Concetti, francescano, avevano già espresso idee somiglianti a quelle del padre Funes, per restare ad autori ospitati dall’Osservatore Romano. Possibilista in materia si era detto a suo tempo persino padre Pio, gran santo ma non certo teologo né cultore di astrofisica. A chi faceva obiezioni una volta ebbe a rispondere: «Vorresti che l’onnipotenza di Dio si limitasse al piccolo pianeta Terra?».
Luigi Accattoli
* Corriere della Sera, 14 maggio 2008
Lo Stato apre gli archivi delle segnalazioni di oggetti volanti
non identificati e presunti incontri con gli alieni tra il ’78 e l’’87
Ecco gli Ufo della Gran Bretagna
in rete tutti gli X-files segreti
Quando i marziani parlano al pescatore, gli avvistamenti
dei piloti, quell’oggetto triangolare con luci blu e rosse
di LUIGI BIGNAMI *
IL MINISTERO della Difesa della Gran Bretagna ha aperto gli archivi segreti delle segnalazioni di oggetti volanti non identificati e presunti incontri con gli alieni avvenuti tra il 1978 e il 1987. E li ha pubblicati sul web. Nel rapporto si trovano avvistamenti di oggetti e personaggi strani realizzati sia da civili che militari. Gli archivi sono il primo passo di un programma di diffusione in quattro anni di tutti i file sugli ufo dal 1978 a oggi.
Il ministero, si legge nel rapporto, ha trovato la soluzione per il 90% dei casi, ma ha lasciato il 10% col dubbio, anche se assicura che qualunque cosa essi siano, non rappresentano una minaccia alla difesa del Paese e quindi non sono stati richiesti ulteriori fondi per studiare in modo più approfondito il problema.
"Non c’è dubbio che alcuni rapporti restano inspiegati, ma non abbiamo trovato prove che questo fenomeno rappresenti una minaccia alla sicurezza nazionale da giustificare l’assegnazione di risorse della Difesa per un’indagine", si legge in una lettera ufficiale del 1985. Nel rapporto si legge che gli avvistamenti dal 1950 ad oggi sono stati circa 11.000.
Tra le tante segnalazioni spicca, ad esempio, quelle del 1983, quando di un pescatore 78enne raccontò dell’arrivo di alieni verdi su una navicella, che gli parlarono, ma poi se ne andarono perché ritenuto troppo vecchio per i loro scopi di ricerca. Un’altra testimonianza scritta a macchina al ministero raccontava di una navicella aliena abbattuta nel fiume Mersey, nel nord dell’Inghilterra, da un’altra navicella e un altro racconto parla di una calorosa amicizia con un alieno chiamato Algar. Difficile credere a tali incontri, ovviamente, ma sono solo alcuni dei 200 che verranno via via rilasciate nei prossimi anni.
Tra i casi più interessanti vi sono anche avvistamenti di personale della Royal Air Force, di piloti dell’aviazione civile e controllori del traffico aereo britannici, i quali hanno riferito di contatti e tracce radar che restano assolutamente senza alcuna spiegazione, nonostante l’alto livello di indagine.
Il più famoso forse, è l’avvistamento in due occasioni di inspiegabili luci brillanti atterrate vicino alla base aerea Usa nella foresta di Rendlesham nell’Inghilterra meridionale, che viene paragonato per importanza al fenomeno che si registrò a Roswell, negli Stati Uniti, dove i sostenitori dell’arrivo di extraterrestri sulla Terra sostengono che sia caduto un Ufo.
A Rendlesham, invece, il 27 dicembre del 1980, nei pressi della base militare di Woodbridge, Suffolk, tre uomini addetti alla sorveglianza avvistarono luci anomali all’interno della foresta di Rendlesham. Poiché se ne parlò molto vi fu un rapporto ufficiale rilasciato dal comandante Charles Halt, vice comandante della base: i testimoni parlarono di un oggetto triangolare luminoso con segnalazioni luminose blu e rosse. Nei giorni successivi all’avvistamento vennero ritrovate presunte impronte all’interno del bosco, interpretati dagli ufologi come segni di un atterraggio.
Il ministero britannico della Difesa ha deciso l’apertura dell’archivio segreto con il dichiarato obiettivo di far fronte a un "labirinto di voci e congetture distorte" sulle informazioni raccolte dal governo inglese a proposito del fenomeno Ufo. Si punta a dissipare il sospetto che i governi di molte nazioni siano coinvolti in una colossale opera di occultamento ai danni dei cittadini sull’esistenza e l’arrivo degli alieni sulla Terra.
"Negli ’X-files’ - sottolinea Nick Pope, che per 21 anni si è occupato di questi problemi al ministero della Difesa - non ci sono prove di omini verdi. Nella maggior parte degli avvistamenti di Ufo si tratta probabilmente di luci di aereo e di meteoriti, ma alcuni casi sono più difficili da spiegare". La suggestione spesso gioca un ruolo non secondario, tant’è che in Gran Bretagna gli incontri con Ufo raddoppiarono nel 1977 dopo l’uscita del film "Incontri ravvicinati del terzo tipo" di Steven Spielberg. Recentemente anche la Francia aveva aperto i suoi archivi segreti riguardanti gli Ufo e anche in tal caso non se ne è scoperto alcuno che può dimostrare che gli extraterrestri sono già arrivati da noi.
* la Repubblica, 14 maggio 2008.