«Impronte? Ma no, faremo solo foto segnaletiche ai bimbi rom»
Bruxelles avverte: mai più in Europa
«Siamo indignati dal fatto che un’etnia venga presa sotto tiro, soprattutto a partire dai bambini». Così la segretaria confederale della Cgil, Morena Piccinini, stigmatizza la proposta del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, per la creazione di una banca dati con le impronte digitali dei Rom. «Idea - aggiunge la Piccinini - peraltro bocciata oggi dall’Unione europea». «È una schedatura etnica non degna di nessun paese civile - continua la sindacalista - tanto basta che le segnalazioni di etnie sono avvenute sempre e solo dove ci sono stati dei regimi totalitari: non a caso anche le persecuzioni del nazifascismo cominciarono proprio dalla schedatura dei bambini ebrei». «Ancora una volta - aggiunge la sindacalista - invece di investire sui diritti dei bambini si interviene con reprimende». «Chiediamo pertanto al governo e al ministro - conclude - di rientrare nell’Europa libera e democratica ritirando i provvedimenti annunciati».
«La proposta del ministro Maroni di prendere le impronte digitali a tutti i bambini rom nel nostro paese è una espressione di governo odiosa e intollerabile, carica di pregiudizi e dettata da incultura -afferma Luciana Sbarbati - capogruppo nella commissione bicamerale infanzia del Pd. In nessun paese civile esistono simili iniziative anche se le condizioni della sicurezza sono più precarie. Non pensa il Premier che tutto ciò cozza contro la sua sedicente proclamata cultura liberaldemocratica? - continua Sbarbati. Da buon cattolico e da statista democratico è Suo dovere cancellare subito questa norma ma soprattutto insegnare al ministro dell’interno che comunque, anche in caso di diversità di razza, le colpe dei padri, reali o presunte, non possono ricadere sui figli, in questo caso minori. Luciana Sbarbati afferma poi che i deputati e senatori del Pd chiederanno la convocazione straordinaria della commissione infanzia per valutare la gravità politica, culturale e morale dell’iniziativa del ministro dell’interno».
A difendere il provvedimento annunciato da Maroni e sottoposto all’altolà di Bruxelles è invece il prefetto di Milano, nominato da Palazzo Chigi commissario per l’emergenza rom, Gian Valerio Lombardi. Secondo il prefetto con la nuova ordinanza del ministero degli Interni per il censimento dei nomadi, «non ci sono novità», perchè «le norme già in vigore consentono il fotosegnalamento per chi non riesce a dimostrare la propria identità, siano anche minori». Il prefetto fa riferimento ad una legge del ’41- in tarda epoca fascista, dunque -che prevede che chi non è in grado di dimostrare la propria identità possa essere fotosegnalato.
Si tratta della legge 633 del 22 aprile 1941 che riguarda soprattutto le censure e i diritti d’autore di riproduzioni fotografiche, poi servita anche per integrare in questo campo il famigerato Codice Rocco. E usata per organizzare le «fotosegnalazioni» di categorie di persone mal accette al regime o oppositori politici, come anarchici e comunisti.
Secondo il prefetto Lombardi l’intento di ricorrere a queste norme del Ventennio è buono: «Ci si è posti un problema, che è quello di bambini che vengono mandati, nella maggior parte dei casi da genitori che restano in Romania, a rubare in zone della città e vengono picchiati se non portano il minimo garantito. Di questi bambini non sappiamo nulla, non sappiamo chi sono e quindi - continua il prefetto - si pensa di identificarli con il fotosegnalamento che è una estrema ratio, perchè non ci sono altri strumenti, ma viene fatto anche a loro tutela». Quindi niente impronte, sostiene Lombardi, solo una comoda seduta in commissariato davanti al flash per una bella foto segnaletica, come se fossero tutti criminali. O potenziali tali.
Il ministro Roberto Maroni «non ci sarà nessuna schedatura». L’obiettivo è fare «un censimento di chi c’è» nei campi nomadi. E «la Croce Rossa italiana - ha detto sempre Maroni a Otto e Mezzo su La7 - accompagnerà la Polizia nei campi proprio perché siano rispettati i diritti di tutti». Addirittura il censimento dei campi nomadi sarebbe fatto proprio «per tutelare i bambini. Parlare di leggi razziali è una stupidaggine».
Mentre per eurodeputato Gianni Pittella, presidente della delegazione italiana nel gruppo del Pse al Parlamento Europeo, «anche se ancora non si tratta di un pronunciamento ufficiale», è molto importante la reazione della Commissione Europea all’annuncio del ministro Maroni di costituire una banca dati con le impronte digitali dei rom perchè, come ha detto il portavoce della Commissione, una misura di questo tipo comporta una grave violazione del principio di parità di trattamento di tutti i cittadini presenti nei Paesi membri, a prescindere dalla loro nazionalità od origine etnica. Secondo l’eurodeputato Pd la misura proposta da Maroni, «è anche del tutto inefficace, sia ad affrontare i problemi di sicurezza che incombono su molte nostre città, sia per la promozione di serie politiche di inclusione, che sono le uniche di cui il governo Berlusconi non si occupa e che l’Europa reclama con sempre maggiore insistenza».
* l’Unità, Pubblicato il: 27.06.08, Modificato il: 27.06.08 alle ore 17.29
Sul tema. nel sito, si cfr.:
Furio Colombo sfata gli stereotipi. Un’enciclopedia contro le falsità
Nella raccolta di scritti «Clandestino» (La nave di Teseo), il giornalista smaschera le mistificazioni del razzismo e le forze politiche che cavalcano l’insicurezza dei cittadini
di Corrado Stajano (Corriere della Sera, 18.06.2018)
Sembra venuto dall’aldilà il libro di Furio Colombo uscito proprio in questi giorni contemporaneamente all’odissea dell’Aquarius. Si intitola Clandestino. La caccia è aperta. Protagonisti sono i migranti, la loro tragedia, la nostra angoscia di spettatori impotenti. Nel momento di confusione crudele in cui stiamo vivendo, il libro (La nave di Teseo) sembra un ex voto che serve a ragionare, un rimedio utile a smentire le bugie che ci vengono quotidianamente ammannite, un aiuto per capire quali potrebbero essere le soluzioni per risolvere un problema reale che una classe dirigente imberbe, intrisa di razzismo più o meno mascherato, non si preoccupa di trovare, attenta solo ai problemi del potere, ignara delle conseguenze dell’alzare la voce nel consesso internazionale. Questo in un Paese di emigranti come il nostro dove milioni di uomini e donne, dall’Unità a oggi, hanno pagato con le lacrime e il sangue la perdita della patria per trovare lavoro.
Furio Colombo possiede una profonda esperienza nazionale e internazionale. Ha insegnato alla New York University, all’Università della California di Berkeley, alla Columbia University, ha conosciuto i grandi della terra, è stato direttore dell’Istituto italiano di cultura di New York e in Italia, oltre ad aver pubblicato libri di rilievo sulla politica, la democrazia, il giornalismo, è stato parlamentare della sinistra per tre legislature e ha diretto (dal 2001 al 2005) «l’Unità» che in quegli anni sembrava diventata il giornale di Giustizia e Libertà.
A differenza di tanti politici di governo, con miserrime biografie, ha le carte in regola per discutere e far polemica. Tra l’altro ha scritto (Laterza, 2012) il saggio Contro la Lega. L’esergo del libro chiarisce il suo pensiero: «Avete fatto del Mediterraneo una Guantanamo in alto mare». (Dagli atti del processo intentato dall’Alta Corte di Strasburgo per i diritti umani che il 23 febbraio 2012 ha condannato l’Italia per crimini contro l’umanità, su denuncia di alcuni sopravvissuti consegnati ai libici).
Clandestino, dunque. È una raccolta di scritti di questi ultimi anni. Tra gli altri contiene anche le risposte ai lettori del «Fatto Quotidiano» di cui Furio Colombo era ed è editorialista.
Mette subito le mani avanti, lo scrittore. Il libro comincia così: «Tutto quello che vi hanno raccontato sul traffico in mare, di soldi, barche, navi, soccorso, vita e malavita dei migranti, non è vero: in nessun tempo, in nessun punto. Conservate questa nota e verificate quando qualcuno presenterà le prove».
L’Italia non è assediata dai migranti, come viene detto. La percentuale dei profughi, qui da noi, è minore rispetto agli altri Paesi europei. Un esempio: nella penisola, lo scorso anno, sono arrivati in 60 mila, 230 mila in Germania. Nella polemica furibonda dei giorni passati ci si è dimenticati, tra l’altro, di dire che la maggior parte dei migranti che vivono in Italia non sono sfaccendati che dormono sui cartoni dei marciapiedi: il loro lavoro accresce di circa il 9 per cento il Pil, il Prodotto interno lordo.
Clandestino è una registrazione di eventi quotidiani. In certi ambienti la cattiveria è diventata palpabile, con il disagio e l’insicurezza. Certi segni destano grave preoccupazione. Sulle vetrine di alcuni negozi di città grandi e piccole sono comparsi terrificanti cartelli con la scritta: «Si assume personale soltanto italiano», che rammentano quel che di atroce accadde ai tempi delle leggi razziali del 1938. Certi princìpi, poi, che sorreggono l’idea di nazione, più da noi che nel resto d’Europa, ugualmente in crisi, sembrano incrinarsi, con lo smarrimento della fede nel progresso sociale e civile e con la caduta di tante speranze. (Mentre nei centri piccoli e grandi non pochi si arrabattano, inventano, creano, ma mancano i ponti di collegamento, manca la politica. Si discute di persone, di posti, non di problemi).
In gran parte del Paese, in contrasto con la propaganda razzista della Lega, che un tempo si accaniva contro il Sud e i meridionali - «Affrica» - e ora ha mutato bersaglio, i migranti vengono accolti con semplice umanità. I bambini bianchi e neri studiano e giocano con normalità nelle scuole e così gli adulti che non creano muri tra loro. Non è vero che i migranti «rubano il posto agli italiani». Sono gli italiani che spesso rifiutano gli umili lavori. Sono i migranti a rimanere vittime per bisogno dei crudeli caporali delle campagne.
Il libro di Colombo è una sorta di enciclopedia su quel che si dice dissennatamente dei migranti, protagonisti i politici dalla mente torbida e i loro accoliti, quasi un Dizionario dei luoghi comuni, il catalogo di Gustave Flaubert.
Come si può considerare un tradimento l’ospitalità? Violare le norme elementari del vivere civile, cancellare ogni moto di pietà, considerare nemici i medici che curano i migranti, donne e bambini senza genitori e, anch’esse nemiche, le Ong serie e corrette che vogliono salvare persone vittime della fame e della guerra?
Il problema sembra piuttosto quello di por mano alle leggi e al diritto internazionale, di esigere, non con l’aggressività, la violenza, le urla - un boomerang - che l’Unione Europea non lasci sola l’Italia, come ha detto la Merkel, e di far sì, con le armi della politica professionale e della diplomazia, che il Mediterraneo sia veramente il mare d’Europa, di tutta l’Europa.
Come può chiudere i porti una nazione come la nostra, quasi del tutto coste e mare, che ha sulla bandiera della Marina militare, alla quale, per il suo comportamento, va reso onore, gli stemmi delle nostre quattro antiche Repubbliche marinare?
La Lega: legge anti burqa, in cella chi lo porta
Sì di Bonino. Il Pd: "Incostituzionale"
Proposta del Carroccio: "Motivi di sicurezza"
Le pene previste: carcere fino a due anni e multe da duemila euro Scontro fra i Poli
di Vladimiro Polchi (la Repubblica, 7.10.09)
ROMA - Arresto in flagranza, reclusione fino a 2 anni e multa fino a 2mila euro. La Lega Nord va alla guerra del burqa e presenta una proposta di legge per punire chi «in ragione della propria affiliazione religiosa» indossa in pubblico indumenti che rendono «impossibile o difficoltoso il riconoscimento».
Il testo, depositato il 2 ottobre, modifica in soli due articoli la legge del 1975 in materia di tutela dell’ordine pubblico, che già prevede il divieto di utilizzare «senza un giustificato motivo» caschi o qualsiasi altro indumento che impedisca il riconoscimento della persona. La Lega, come ha spiegato il capogruppo Roberto Cota, propone ora di togliere il riferimento al «giustificato motivo», che sarebbe fonte di contenziosi tra sindaci e prefetti e di inserire tra i divieti anche «gli indumenti indossati in ragione della propria affiliazione religiosa». Il testo di fatto chiede di vietare l’uso di burqa e niqab (il velo che lascia scoperti solo gli occhi), ma senza menzionarli esplicitamente come invece fa la proposta a firma Souad Sbai (Pdl) già all’esame della commissione Affari costituzionali di Montecitorio.
Per l’opposizione, Pd in testa, si tratta di un’ipotesi illegittima, che rischia di condannare molte donne di religione musulmana alla segregazione in casa. «È una norma incostituzionale - attacca la capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - che lede la libertà religiosa. Ma come può una legge parlare di affiliazione religiosa? Le suore sarebbero affiliate?» Simile il rilievo che solleva Ahmad Gianpiero Vincenzo, presidente dell’associazione Intellettuali Musulmani Italiani: «Per vietare il burqa e il niqab in Italia non troviamo opportuno fare riferimento a una presunta affiliazione religiosa islamica. La copertura del volto - aggiunge - non fa parte della religione islamica, come chiaramente dichiarato anche da Mohammed Said Tantawi, grande imam dell’università egiziana Al Azhar. In realtà basterebbe far rispettare la normativa di sicurezza già vigente in Italia fino al 1975, la quale impedisce di coprirsi in pubblico il volto». Ma non manca chi, anche nell’opposizione, sottolinea che il problema esiste. «È da tempo immemore - sostiene la radicale Emma Bonino - che ritengo che indossare il burqa o il niqab integrale in pubblico violi le leggi dello Stato e il concetto della piena assunzione della responsabilità individuale». E ancora: «La proposta di legge della Lega - dice l’europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani - usa strumentalmente l’argomento dell’ordine pubblico e si colloca sullo stesso piano delle fiaccolate contro le moschee e i cimiteri islamici, ma tocca un problema vero».
Di velo si interessa anche un disegno di legge presentato dall’opposizione: sì al burqa, ma a condizione che il volto sia riconoscibile, altrimenti si rischia l’arresto da 3 a 6 mesi e un’ammenda da 300 a 600 euro. Il testo è in commissione Affari costituzionali del Senato, presentato dal Pd (prima firmataria Emanuela Baio) e co-firmato da altri 11 senatori dello stesso gruppo. In sostanza, l’articolo unico di cui è composto prevede il divieto di usare «in luogo pubblico qualunque mezzo che travisi e renda irriconoscibile la persona senza giustificato motivo».
l’Unità 28.6.08
Nell’ Europa del diritto per fortuna l’omertà non è di casa
Il caso Italia. Osservati speciali
di Umberto De Giovannangeli
La «vergogna delle impronte» varca i confini nazionali e riporta il caso italiano all’attenzione degli organismi europei. A Strasburgo, all’Europarlamento, alla Commissione europea, al Consiglio d’Europa. come nelle principali capitali europee, Italia è sempre più sinonimo di intolleranza, discriminazione, criminalizzazione... A dar corpo all’indignazione crescente, e trasversale alle «famiglie» politiche europee, è un quotidiano autorevole, e non certo sovversivo, quale l’Independent.
Il quale in un editoriale ha accusato ieri il governo Berlusconi di «comportamento incivile» nei confronti degli zingari e degli immigrati clandestini, avvertendo che l’Italia stessa soffrirà per l’attuale «raptus di crudeltà nei confronti degli stranieri» avendo un gran bisogno di manodopera forestiera.
Il caso-Italia è sul tavolo europeo. Ed è un caso che produce inquietudine, allarme, proteste. Le nervose pressioni diplomatiche esercitate ieri da Palazzo Chigi su singoli rappresentanti della Commissione europea danno conto del nervosismo di Silvio Berlusconi, sempre più alla mercé politica della Lega Nord del trio Bossi-Maroni-Calderoli, con l’appendice ultrà all’Europarlamento del pasdaran padano Mauro Borghezio. Preme il Cavaliere, invoca solidarietà che ha l’amaro, insopportabile, retrogusto della complicità silente. Ma in Europa, per fortuna del diritto e dei valori più elementari di giustizia e rispetto per le minoranze, l’omertà non è di casa. La proposta di prendere impronte digitali ai bambini rom viola le regole Ue. Una constatazione che suona come una sonora bocciatura della pseudofermezza tratteggiata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni. Ed è emblematico che a ricordarlo sia un italiano: il portavoce della Commissione europea, Pietro Petrucci. Nessuno Stato membro, ha ricordato, può decidere di prendere le impronte digitali per uno specifico gruppo etnico.
Fino ad oggi, ha ribadito il portavoce della Commissione europea, «non è mai successo» che uno Stato membro volesse prendere le impronte digitali di uno specifico gruppo etnico. Fino ad ora. Fino alla rottura di un codice di civiltà condiviso dai Paesi della Ue, determinata dal governo Berlusconi-Bossi. «Certe cose non le avevamo sentite proporre neanche da Le Pen»: questa considerazione, tra lo sbigottito e l’indignato, di una fonte Ue a Bruxelles, racchiude ciò che l’Europa democratica, di centro, di sinistra e anche conservatrice, pensa oggi delle misure congegnate dal governo italiano.
L’Europa alza la voce. Lo fa attraverso il Consiglio d’Europa e il suo segretario generale Terry Davis, che di fronte ad un ministro che vuol far prendere le impronte digitali ai bambini rom, afferma: «Si tratta di una proposta che suscita delle analogie storiche così manifeste che è inutile precisarle». Analogie storiche terrificanti. A cui è utile, drammaticamente utile, dare nome: nazismo. Il segretario del Consiglio d’Europa aggiunge: «Pur considerando che la democrazia italiana ha acquisito una sufficiente maturità per impedire che simili idee diventino legge, sono nondimeno preoccupato nell’apprendere che un membro eminente del governo di uno degli Stati membri del Consiglio d’Europa ha formulato una simile proposta». L’Europa alza la voce. E, con l’Independent, ricorda che il giro di vite contro gli immigrati clandestini promesso dal governo Berlusconi «ha scatenato le furie popolari» e ha finito per recar danno alla reputazione dell’Italia». «Ogni atto di violenza popolare contro gli stranieri, ogni caso di discriminazione ufficiale nei confronti dei rom - scrive l’Independent - diminuisce la pretesa del Paese di essere considerato una nazione civile».
È questo oggi in discussione, in Europa. Essere considerati ancora una «nazione civile». Perchè una nazione civile non prende impronte digitali ai bambini rom. Perché una nazione civile non alimenta «raptus di crudeltà nei confronti degli stranieri». L’Europa non ha bisogno, non può accettare una «nazione incivile». Per evitare disastrosi, incivili, «contagi». In Europa, ricorda il segretario del Pontificio consiglio della Pastorale dei migranti e degli itineranti, monsignor Agostino Marchetto, sono circa quattro milioni i ragazzi di etnia rom e sinti che dovrebbero andare a scuola. Che succederebbe, si chiede monsignor Marchetto, se si generalizzasse la decisione italiana? «A volte - avverte l’esponente vaticano - per capire la gravità di un certo modo di procedere bisogna porsi proprio a livello generale». L’Europa lo ha capito. Per questo alza la voce e si chiede, e ci chiede, se l’Italia è ancora una «nazione civile».
.Schedature e immunità
Se questo è un Paese normale
Venerdì 27 giugno 2008? Una normale giornata italiana, a ben vedere. Berlusconi riunisce il Consiglio dei ministri per farsi concedere (e concedersi partecipando al voto) un’immunità pari a quella di cui gode il Sommo Pontefice. Il ministro Alfano bacchetta il Consiglio superiore della magistratura che si appresta a bocciare la «salva-premier» e minaccia una riforma normalizzatrice del Csm nei prossimi mesi. L’Europa boccia la schedatura italiana dei bambini rom, perché evoca «manifeste analogie storiche» (allusione al nazismo, naturalmente). Bossi, infine, regala al Cavaliere ciò che aveva già negato a Prodi. La possibilità, cioè, che la Lombardia e il resto del Nord possano aiutare la Campania a smaltire l’emergenza rifiuti. Sei mesi fa la Lega prese a sberleffi l’appello del Professore alla solidarietà nei confronti del Mezzogiorno. Il Carroccio fece la sua parte per aggravare l’emergenza nel Napoletano. Oggi, al contrario, Bossi corre in soccorso di un Cavaliere costretto a constatare che il piglio decisionista, ostentato nel famoso Consiglio dei ministri partenopeo, frutti ne ha dati pochi. L’estate avanza, infatti, e a Napoli «la spazzatura rimane in mezzo alle strade». A giudicare dalla soddisfazione di Berlusconi per il disegno di legge che gli garantisce l’immunità penale, tuttavia, l’Italia «sta diventando un Paese normale». Il «sabato mattina», infatti, il Presidente del Consiglio potrà pensare finalmente a governare piuttosto che a studiare i procedimenti giudiziari in compagnia dei suoi avvocati. Guai a parlare di immunità «ad personam», però, visto che il disegno di legge varato ieri tutela le più alte cariche dello Stato e non solo il premier. Berlusconi, che deve vedersela ancora con giudici e tribunali, e i presidenti della Repubblica, della Camera e del Senato che - al contrario - non hanno l’assillo di questi imbarazzanti problemi. Fino a oggi l’unico cui la Repubblica riconosce una immunità assoluta è il Papa - la cui persona è considerata sacra ed inviolabile - in quanto capo della Chiesa Cattolica. Se le Camere dovessero varare il disegno di legge illustrato ieri dal ministro Alfano, gli esiti del processo Mills - e non solo - verrebbero depotenziati. Il premier, tra l’altro, non avrebbe «l’obbligo giuridico di dimettersi in caso di condanna». Blindatura nei confronti di giudici e pubblici ministeri. Ma anche nei confronti degli imprevisti che potrebbero riservare, domani, gli alleati del centrodestra al Cavaliere. Se il governo dovesse andare in crisi «nel corso di questa legislatura» il lodo, infatti, sarebbe «reiterabile». Senza contare che i benefici dello “Schifani bis” potrebbero accompagnare il premier - fra cinque anni e per altri sette - fin dentro il Palazzo del Quirinale. Un «privilegio» non da poco, che potrebbe consentire a Berlusconi di guadagnare un’«immunità a vita» e di mettersi al sicuro dalle incognite che riserba il suo passato. Il governo sembra impegnato a fondo per raggiungere l’obiettivo. Sgomberando il sabato mattina dagli impegni con i legali si potrebbe sperare che il Cavaliere possa dedicare almeno quelle ore alle promesse elettorali inevase: alla riduzione delle tasse, all’aumento del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, ecc. Auspicio azzardato se le priorità rimangono le leggi ad personam e qualche trovata demagogica sulla sicurezza per far contente An o la Lega. Perfino la Commissione europea dell’«amico» Barroso è stata costretta, ieri, a mettere le mani avanti sulle impronte digitali dei bambini rom targate Maroni. «Mai successo prima in Europa», sottolinea Bruxelles. E l’ammonimento Ue va alle «manifeste analogie storiche» che coprono di vergogna l’Italia di Berlusconi.
Il Prefetto di Milano: «Non è una novità...» e cita una legge del ’41
La bufera che ha scatenato l’ordinanza del governo sulla schedatura dei rom, non ha ragione d’essere: è tutto già previsto da una legge del 1941 e inoltre, sono misure che «vanno a tutela di questi minorenni». A parlare così è stato ieri il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, commissario straordinario per l’emergenza rom, che probabilmente pensava di smorzare le polemiche, ricordando che «le norme in vigore, oggi già consentono il foto segnalamento. Esistono da 40 anni: chi non riesce a dimostrare la propria identità può essere foto segnalato. Lo prevede la normativa italiana e anche quella europea». Lombardi cita «una legge del ’41, il “Testo unico della legge di pubblica sicurezza”. Parliamo di cose che esistono da anni. È tutto perfettamente legale». «Ci si è posti un problema - ha spiegato il prefetto - e cioè quello di bambini, di 8, 10 anni, mandati nel nostro paese a rubare, nella maggior parte dei casi dai genitori che restano in Romania. Spesso non sappiamo chi sono questi bambini. E allora si pensa di identificarli attraverso il foto segnalamento. Si tratta di un rimedio che viene adottato quando non ci sono altre modalità per arrivare all’identificazione, non abbiamo altri strumenti». E replicando indirettamente al coro di no contro l’ordinanza, il prefetto ha lanciato anche un invito: «se ci fosse qualche altra buon idea, che ce la suggeriscano».
La normativa, dunque, è già applicabile. «Se non vi abbiamo fatto ricorso - ha precisato - è solo perchè non ci sono stati casi di identità dubbia». È così come per il ministro Maroni, anche per il prefetto Lombardi questa identificazione dovrebbe essere osservata da un altro angolo visuale. Quale? Secondo Lombardi, che fa eco a Maroni, viene fatta anche a «tutela» dei minorenni. «Venire a conoscenza dell’identità dei minori serve anche per poterli assistere nelle strutture sanitarie».
«È inaccettabile, un altro passo verso il baratro»
NON SI PLACANO le proteste contro la schedatura etnica dei bambini rom proposta dal ministro degli Interni Maroni. «La considero una cosa assolutamente inaccettabile», ha detto ieri Walter Veltroni, a margine della prima assemblea nazionale di Sinistra democratica. «Chiunque abbia avuto la possibilità di vivere vicino a quelle scuole - ha detto - nelle quali si fa faticosamente il processo di integrazione sa che l’idea di tenere nella stessa classe due bambini uno che ha dovuto mettere le impronte digitali e uno che non lo deve fare è la testimonianza di un modo di concepire la convivenza tra persone per me inaccettabile». «Questo -dice ancora Veltroni- contrasta con la normativa Ue e con qualsiasi elementare ragione di umanità. Ci sono altri modi per controllare che le famiglie non sfruttino questi bambini. L’idea di dividere i bambini in base alla loro identità mi sembra un altro passo verso il baratro. E l’Europa si è preoccupata di richiamare l’Italia».
Sulla vicenda è intervenuto anche Pietro Terracina, sopravvissuto al lager di Auschwitz: «La storia si sta ripetendo», dice Terracina. «La schedatura dei rom è simile a quella contro gli ebrei». «E allora prendete anche le nostre impronte. Ho ritenuto opportuno proporlo, perchè mi ricordo molto bene del luglio 1938, quando il governo di Mussolini volle il censimento degli ebrei, una vera e propria schedatura, che precedette l’emanazione delle leggi razziali, i lager e lo sterminio. Non so se arriveremo ad una nuova Auschwitz, ma di certo anche i campi sorvegliati e attrezzati e le misure proposte assomigliano tanto a campi di concentramento. Sta emergendo in Italia una destra xenofoba, che si richiama a quello che è avvenuto ottanta anni fa».
«Sorpresa, disagio e tristezza» ha espresso invece il segretario del Pontificio consiglio della Pastorale dei migranti e degli itineranti, mons. Agostino Marchetto, di fronte alla decisione annunciata da Maroni: «Che succederebbe se si generalizzasse la decisione italiana?». «Personalmente mi trovo tra coloro che disapprovano, convinto dell’esistenza di altri mezzi, rispettosi della persona anche del bambino e della sua dignità psicologica per giungere a una finalità buona, quale può essere per esempio evitare che i bambini rom dormano tra i topi».
FONTE: SPOGLI.
Zingari
di Furio Colombo (l’Unità, 27.06.2008)
Uno strano errore è stato commesso e ripetuto dai diversi schieramenti che, nel corso di 15 anni, si sono opposti, spesso con tollerante mitezza all’impero di Berlusconi (nel senso di tutti i soldi e tutte le televisioni con cui fa politica). È stato l’errore di dire e pensare che Roberto Maroni fosse il più umano e normale dei leghisti, niente a che fare con vergognose figure come Borghezio e Gentilini.
Un errore grande. Non c’è alcuna differenza fra Maroni e Borghezio o Gentilini. Il ministro degli Interni di un Paese democratico che ordina di prendere le impronte digitali di migliaia di bambini italiani o ospiti dell’Italia, solo perché quei bambini sono Rom, è fuori dalla nostra storia di paese libero. È estraneo allo spirito e alla lettera della nostra Costituzione, è ignaro del fascismo da cui ci siamo liberati e di cui ricordiamo con disgusto, fra i delitti più gravi, l’espulsione dei bambini italiani ebrei dalle scuole italiane.
È stato uno dei peggiori delitti perché quella umiliazione spaventosa a cui sono stati sottoposti i più piccoli fra i nostri concittadini ebrei, alla fine ha generato lo sterminio. Il ministro degli Interni non è così giovane e così ignaro, per quanto la sua formazione sia immersa nella barbara e claustrofobica visione leghista.
Il ministro dell’Interno sa, e non può fingere di non sapere che obbligare i bambini di un gruppo etnico (molti radicati in Italia da decenni, alcuni da secoli) alle impronte digitali vuol dire lacerare la nostra vita, spaccare e isolare dal resto del Paese una parte di coloro che vivono e abitano con noi. Vuol dire indicare a tanti, che hanno più o meno la sensibilità morale del ministro, “gli zingari” compresi “i bambini zingari” come estranei, reietti e degni di espulsione. Chi è indicato come “da escludere” diventa per forza qualcuno da perseguitare.
Si noti un particolare davvero disgustoso e non accettabile: l’impronta verrà presa prima di tutto e più facilmente ai bambini che vanno a scuola e verranno che marchiati di fronte ai compagni. E sarà una umiliazione grave per la Polizia italiana. L’ideologia conta poco e nessuno, salvo xenofobia e razzismo, conosce uno straccio di ideologia della Lega. Ma la decisione di sottoporre i bambini di un gruppo selezionato come nemico all’umiliazione delle impronte digitali è una decisione fascista.
Mi impegno a tentare con le mie prerogative di parlamentare di impedirlo. Chiedo ai colleghi Deputati e Senatori che si riconoscono nella Costituzione di volersi unire per difendere i bambini Rom, l’onore della nostra Polizia, ciò che resta della nostra civiltà democratica. Il ministro dell’Interno sa, e non può fingere di non sapere che obbligare i bambini di un gruppo etnico (molti radicati in Italia da decenni, alcuni da secoli) alle impronte digitali vuol dire lacerare la nostra vita, spaccare e isolare dal resto del Paese una parte di coloro che vivono e abitano con noi. Vuol dire indicare a tanti, che hanno più o meno la sensibilità morale del ministro, “gli zingari” compresi “i bambini zingari” come estranei, reietti e degni di espulsione. Chi è indicato come “da escludere” diventa per forza qualcuno da perseguitare.
Si noti un particolare davvero disgustoso e non accettabile: l’impronta verrà presa prima di tutto e più facilmente ai bambini che vanno a scuola e verranno che marchiati di fronte ai compagni. E sarà una umiliazione grave per la Polizia italiana. L’ideologia conta poco e nessuno, salvo xenofobia e razzismo, conosce uno straccio di ideologia della Lega. Ma la decisione di sottoporre i bambini di un gruppo selezionato come nemico all’umiliazione delle impronte digitali è una decisione fascista.
Mi impegno a tentare con le mie prerogative di parlamentare di impedirlo. Chiedo ai colleghi Deputati e Senatori che si riconoscono nella Costituzione di volersi unire per difendere i bambini Rom, l’onore della nostra Polizia, ciò che resta della nostra civiltà democratica. furiocolombo@unita.it