Decreti, vigilerò con rigore
di GIORGIO NAPOLITANO *
Gentile Direttore,
ho vivamente apprezzato il senso delle istituzioni cui era ispirato l’articolo di Michele Ainis (pubblicato su La Stampa di ieri), e la sua preoccupazione per ogni erosione delle prerogative e degli equilibri costituzionali.
In Italia si governa - come in tutte le democrazie parlamentari - con leggi discusse e approvate dalle Camere nei modi e nei tempi previsti dai rispettivi Regolamenti, e solo «in casi straordinari di necessità e di urgenza» con decreti (cioè «provvedimenti provvisori con forza di legge») che al Parlamento spetta decidere entro sessanta giorni se convertire in legge. Continuerò a esercitare a questo proposito - nessuno ne dubiti - con rigore e trasparenza le prerogative attribuitemi dalla Costituzione.
In quanto alla mancata elezione, da parte del Parlamento, del giudice costituzionale chiamato a sostituire il prof. Vaccarella dimessosi dalla carica nell’aprile 2007, il professor Ainis ricorda di certo come nella storia della Repubblica accadde più di una volta che si ritardasse a lungo nel colmare simili vacatio per l’assenza di un accordo tra maggioranza e opposizione. Ma non accadde mai che la soluzione venisse trovata attraverso la contestuale «contrattazione» della nomina di un giudice costituzionale che debba succedere ad uno dei cinque nominati dal Presidente della Repubblica. Non accadrà neppure questa volta: stia certo il professor Ainis che considero semplicemente ingiuriosa l’ipotesi che il Presidente possa piegarsi ad una simile, impropria e prevaricatoria, contrattazione tra partiti.
Per l’articolo di M. Ainis, cliccare qui, di seguito:
Il capo dello Stato scrive una lettera alla Stampa: "Solo in casi
di straordinaria necessità e urgenza si governa con decreti"
Napolitano: "Eserciterò con rigore
le mie prerogative costituzionali"
ROMA - "Continuerò ad esercitare con rigore e trasparenza le prerogative attribuitemi dalla Costituzione". Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una lettera al quotidiano La Stampa, risponde alla preoccupazione per ogni erosione delle prerogative e degli equilibri costituzionali.
"In Italia si governa, come in tutte le democrazie parlamentari con leggi discusse e approvate dalle Camere - scrive Napolitano - nei modi e nei tempi previsti dai rispettivi regolamenti e solo in casi di straordinaria necessità e urgenza con decreti". Su questo punto, il Capo dello Stato ha assicurato che eserciterà con rigore le prerogative attribuitegli dalla Costituzione.
In quanto alla mancata elezione da parte del Parlamento del giudice costituzionale, in sostituzione del dimissionario prof. Vaccarella, il presidente Napolitano ribadisce che non accadrà mai - sebbene la nomina possa ritardare per la mancanza di un accordo tra maggioranza e opposizione - che questa avvenga con una contrattazione tra partiti.
"Non è mai accaduto e non accadrà neppure questa volta - assicura Napolitano - considero semplicemente ingiuriosa l’ipotesi che il Presidente possa piegarsi ad una simile, impropria e prevaricatoria contrattazione tra partiti".
* la Repubblica, 7 ottobre 2008
L’Italia frantumata
di MICHELE SERRA *
Esiste una bandiera marchigiana? Qualcuno di voi conosce il vessillo della Calabria? E come sarà l’inno regionale del Lazio? E l’inno del Trentino? Avete mai sventolato il drappo della Liguria? Da qualche parte esisteranno già.
Magari a cura di qualche eccentrico di paese, o di qualche maestro di banda. Ma se anche non esistessero, la bandiera e l’inno di tutte e venti le Regioni italiane, non ha importanza. Li si inventa. La storia italiana recente lo ha dimostrato in modo lampante: la tradizione è una contraffazione di successo.
La Lega ha proposto, con tanto di riforma della Costituzione (articolo 12), di introdurre ufficialmente, accanto al Tricolore e all’inno di Mameli, la bandiera e l’inno di ciascuna regione. La mossa fa parte, insieme a infinite altre, di quella laboriosa costruzione mitica, oramai ventennale, di un’Italia Federale destinata a fare le scarpe all’odiata Repubblica centralista, e a Roma ladrona e padrona. Trasformando confini puramente amministrativi in Patrie e in altrettante Identità Popolari, spremendo e centrifugando ben bene il vecchio localismo italiano, laddove ha ragioni storiche (Veneto, Sicilia) ma anche laddove non è mai esistito: proprio la Lombardia è un caso clamoroso di autonomismo artificiale, inventato di sana pianta, e nella costruzione nazionale fu la regione più vicina, non solo geograficamente, al disegno annessionista dei Savoia.
Di tutto questo, come già detto, alla Lega importa nulla. Per sperimentare quanto fragile sia l’identità nazionale, ha potuto saggiare il grado zero, o quasi, di reattività istituzionale e politica alle sue continue sortite anti-italiane. Dal Parlamento padano alle sparate sediziose di Bossi, dal tasso di xenofobia altamente anticostituzionale (e ciò che è anticostituzionale è anche anti-italiano) alla rimasticazione insieme ottusa e aggressiva dei dialetti come "lingue locali", il partito di Bossi ha messo l’Italia (compresa la maggioranza di italiani che non la sopportano) di fronte a un fatto compiuto. Vent’anni fa, la proposta di bandiere e inni regionali che "correggessero" la presenza dell’odiato Tricolore avrebbe fatto ridere, tal quale gli esami di "cultura locale" ai professori extra-regionali e dunque stranieri.
Oggi queste vere e proprie truffe identitarie sono nell’agenda politica, e come vedete siamo qui a parlarne tutti quanti insieme, gli umbri a domandarsi come diavolo sia l’inno umbro, i campani in cerca sul web dei loro colori regionali, i sardi (i soli ad avercela davvero, una bandiera nazionale, i Quattro mori) a meditare sulla fine ingloriosa del loro autonomismo, grazie alla furba Lega ormai confuso nel corteo posticcio degli autonomismi inventati. Già: perché il risultato di tutto questo agitare bandierine, canzoncine, dialetti, "tradizioni" sortite da bauli fortunatamente dimenticati oppure inventate ex novo, è alla fine la cancellazione delle differenze vere, delle radici autentiche. La minoranza tedesca di Alto Adige (vera) tal quale i finti celti di Calderoli, la complicata ricerca di un’identità sarda (vera) tal quale la fandonia del Dio Eridanio. Frantumi di Italia, briciole di identità, schegge di storia da spargere, come sale, sulle rovine di Roma. Balle locali, balle regionali, balle spaziali.
L’obiettivo (dichiarato) della Lega era puntare a un secessione impossibile, quella della piccola borghesia benestante e riottosa del Nord (ribattezzata da Bossi "popolo padano", non si sa a quale titolo,) per poi ripiegare su una separazione strisciante, senza professori terrori e senza immigrati tra le scatole, camuffata da "federalismo". Tirare in ballo un inno marchigiano o una bandiera molisana, dei quali nessun marchigiano o molisano ha mai avvertito l’esigenza, serve solo a creare quella confusione simbolica e quel caos identitario che stanno avvelenando la Repubblica e ingrassando la Lega e, attraverso di lei, il governo più anti-repubblicano della nostra storia. I professori e i sapienti che stanno lavorando al Centocinquantenario dell’Unità d’Italia sono avvertiti: la Lega è al governo di questo paese. Loro no.
* la Repubblica, 6 agosto 2009
l’Unità 11.10.2008
Napolitano: nessuna forzatura sul Parlamento E sulla crisi: niente allarmismi, più etica nelle banche. Allerta sul diffondersi del pregiudizio razzista
di Marcella Ciarnelli
STABILIRE REGOLE di comportamento etico nelle banche. Ribadire la scelta della democrazia parlamentare. Cogliere il rischio che l’intolleranza e la xenofobia sconfinino nel razzismo. Salvare il pluralismo dell’informazione. Parla a tutto campo il presiden te della Repubblica nella “Giornata dell’informazione”, celebrata nel giorno in cui l’Osservatore Romano anticipa l’intervista fatta a Giorgio Napolitano dopo la visita di Benedetto XVI al Quirinale diffusa anche dalla Radio e dalla Tv Vaticana.
In un momento di crisi economica grave come quello attuale il monito del Capo dello Stato va a chi le notizie le diffonde e che «non deve alimentare un allarmismo che in questo campo può diventare fattore di aggravamento» della situazione ma, innanzitutto, a chi deve coniugare «logiche di mercato e principi solidali».
La crisi delle banche e delle Borse dimostra che «si debbano stabilire delle regole, delle regole di comportamento, anche di comportamento etico, all’interno delle istituzioni di governo dell’economia». Già una settimana fa, in occasione dell’incontro con il Papa, il Presidente aveva fatto riferimento alla «corrosiva» mancanza di etica in politica ed economia.
Ma il Capo dello Stato ha anche voluto chiarire, ancora una volta, il suo pensiero sulle possibili ipotesi di riforme istituzionali, logica conseguenza, o almeno tale sembrerebbe, di una Costituzione che negli anni è andata mutando. Nessun dubbio per Napolitano che la scelta della democrazia parlamentare va ribadita perchè senza confronto in Parlamento si rischia di lasciare la strada giusta e «finire in un vicolo cieco». Ma senza dimenticare che «va portato fino in fondo l’impegno che venne soltanto anunciato nell’Assemblea costituente: introdurre, cioè, correttivi che garantiscano la stabilità dell’esecutivo, la capacità di governo di chi ha ricevuto la maggioranza e, nello stesso tempo, però garantiscano contro ogni degenerazione parlamentaristica di vecchio stampo, un efficace, incisivo ruolo legislativo, di indirizzo e di controllo del Parlamento». La velleità della riscrittura globale della Costituzione è «appunto una velleità» come dimostra una lunga «esperienza di tentativi infruttosi» che «non portano da nessuna parte». Bisogna, invece, ripartire da indicazioni concordi «scaturite dal Parlamento anche in modo piuttosto concorde al termine della passata legislatura» e portare avanti «delle ipotesi di riforma mirata, di riforma parziale nel senso di rafforzare le autonomia regionali e locali nell’ambito di uno Stato nazionale che deve mantenere fortemente la sua unità ma superando persistenti vizi di centralismo e burocratizzazione».
Il presidente parla ai giornalisti italiani nella loro giornata, quella dedicata a tutti i vincitori di premi e a tutti quelli che quotidianamente si misurano con la professione. In prima fila ci sono i genitori di Ilaria Alpi e la moglie e il figlio di Miran Hrovatin, giornalisti Rai trucidati a Mogadisco perchè credevano nel loro lavoro. Riceveranno una medaglia d’oro in memoria del loro sacrificio. Ci sono anche i vertici delle organizzazioni di categoria, il sottosegretario all’Editoria, Paolo Bonaiuti. E tante facce note, direttori, “firme” storiche come Vittorio Zucconi e Miriam Mafai. È commosso il ricordo di Italo Moretti.
Gli argomenti si affollano. Ritorna il presidente sul rischio che il «pregiudizio razzista» dilaghi nel nostro Paese e loda la «Carta di Roma». Richiama il diritto-dovere dell’informazione ma anche il rispetto delle indagini, della privacy e della dignità delle persone.
«L’autovigilanza è la strada maestra da seguire, anche per non dover poi giustificare misure coercitive che possono mettere a rischio la libertà di informazione». Si augura che finalmente, davanti agli spiragli di questi giorni, si arrivi a firmare il contratto dei giornalisti scaduto da quasi quattro anni.
Ed infine, sulla scia della disponibilità espressa dal sottesegretario Bonaiuti, ecco l’invito «preoccupato» a «non comprimere il pluralismo» riducendo i fondi a quei giornali che parlano a nome di «chi non è rappresentato in Parlamento» pur nella consapevolezza che sacrifici vanno fatti in nome del bene comune e degli impegni presi con l’Europa.
Il sondaggio
Sale all’82% la fiducia nel Presidente
Decreti: la maggioranza li accetta solo per casi urgenti
Accade che dopo lo tsunami dell’antipolitica gli italiani sembrino diposti ad «un’apertura di credito» verso le istituzioni. Il gap rispetto al 2006 non è stato ancora colmato. E per ora solo una tendenza avverte Nando Pagnoncelli, direttore dell’Ipsos, che parla forte di recenti sondaggi riservati che indicano però che qualcosa sta cambiando. Il Paese, oggettivamente in preda a molteplici difficoltà, riscopre una fiducia nelle istituzioni che sembrava persa per sempre.
Quella che fa da traino su tutte è la Presidenza della Repubblica. Il trend è positivo dal giugno del 2007. Il 78 per cento ripone fiducia nel Quirinale. E Giorgio Napolitano arriva all’82 per cento raccogliendo anche consensi in quegli elettori di centrodestra i cui partiti di riferimento non lo avevano votato al momento dell’elezione. Un anno fa era al 70 per cento. Per quanto riguarda seconda e terza carica dello stato la situazione è cambiata dopo il voto anche grazie alla sensazione che la semplificazione del quadro politico potesse consentire ai due rami del Parlamento di lavorare meglio. Nel Senato ha fiducia il 51 per cento mentre la Camera si ferma al 49. La situazione si ribalta nei numeri legati alle persone: Gianfranco Fini viaggia sul 54 per cento mentre Renato Schifani è fermo al 36 per cento. Al di là del singolo dato sembra che ci sia «un crescente bisogno di punti di riferimento». E su questo influisce certamente la crisi economica che potrebbe indurre ad un confronto che «deve avere un perimetro ben preciso».
Dal dialogo all’inciucio il passo può essere breve. «Ma la crisi potrebbe essere un’opportunità...».Verrebbe da chiedersi, a questo punto, e tenendo presente che la presidenza del Consiglio per la gente non è un’istituzione ma una persona, cioè Berlusconi, come possa accadere che proprio mentre chi governa dichiara apertamente di voler in tutte le occasioni possibili superare il confronto parlamentare puntando alla via breve dei decreti legge cresca questa voglia di istituzione.
Il sondaggio non è temporalmente coincidente con le dichiarazioni di Berlusconi. Ma resta il fatto che la maggioranza realativa del campione, il 41 per cento, si dice disponibile ad essere governata per decreto solo in casi urgenti e motivati. Il 28 per cento che giudica il Parlamento troppo lento mostra più disponibilità. Il 25 per cento dice mai. «Non credo che l’iter legislativo sia chiaro a tutti gli italianima risultato evidenti due dati: gli italiani vogliono leggi più rapide ma anche che il Parlamento sia rispettato».m. ci.
’’Può diventare fattore di aggravamento’’
Crisi finanziaria, Napolitano: ’’Non alimentare allarmismo’’
Il capo dello Stato nella ’Giornata dell’Informazione’ al Quirinale: ’’Le nostre istituzioni, le forze politiche di entrambi gli schieramenti e anche il mondo dell’informazione, tutti sono chiamati a un forte senso di responsabilità’’. Poi, sui tagli all’editoria: "Non si può sfuggire al contenimento della spesa pubblica ma non comprimere il pluralismo’’
Roma, 10 ott. (Adnkronos/Ign) - La crisi finanziaria internazionale è seria ma bisogna evitare di alimentare l’allarmismo. La raccomandazione è rivolta dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sia alle forze politiche che al mondo della stampa, in occasione della celebrazione al Quirinale della ’Giornata dell’Informazione’. Il capo dello Stato non nasconde gli effetti della "crisi finanziaria, con pesanti ricadute nell’economia che ha assunto dimensioni mondiali e che presenta danni e rischi gravi per tutti, anche per l’Europa e per l’Italia. Questa crisi - sottolinea - chiama senza dubbio a un forte senso della responsabilità nazionale ed europea le nostre istituzioni, le forze politiche di entrambi gli schieramenti e anche il mondo dell’informazione".
Napolitano esorta a "non alimentare un allarmismo, che in questo campo può diventare immediatamente fattore di aggravamento della crisi; è un dovere - aggiunge rivolto ai giornalisti presenti nel Salone dei Corazzieri - che certamente anche chi fa giornalismo oggi avverte e sa di essere chiamato ad assolvere. Naturalmente - precisa Napolitano - questa è una considerazione che ha un valore generale: senso della misura e del limite e lucida coscienza di tutte le ricadute di quel che si scrive e del come si informa e si commenta non possono in alcun campo, anche di fronte a serie vicende e questioni di interesse generale, significare conformismo, censura o autocensura, rinuncia spontanea o subita, all’esercizio della libertà di giudizio, anche e in modo particolare in senso politico".
Il capo dello Stato ha affrontato anche la spinosa questione dei tagli all’editoria. "Non si può sfuggire da parte di nessuno e in nessun settore - sottolinea - all’imperativo del contenimento della spesa pubblica, per rispetto dell’impegno europeo al pareggio del bilancio considerando il nostro ingente debito pubblico e per l’interesse proprio e fondamentale del nostro Paese".
Per Napolitano, tuttavia, se da un lato "il contenimento della spesa pubblica nell’editoria va affidato soprattutto alla razionalizzazione di molte voci che non brillano in certi casi per validità di motivazioni, per funzionalità e per trasparenza", dall’altro si deve considerare "la preoccupazione a non comprimere il pluralismo dell’informazione, anche in particolare per le voci e le posizioni oggi non rappresentate in Parlamento. Una necessità che, naturalmente, si pone non solo per la carta stampata ma anche per la radio e la televisione".
Non è mancato poi, da parte del presidente della Repubblica, un avvertimento sul ’’rischio che la xenofobia e l’intolleranza possano addirittura sconfinare nel pregiudizio razzista". Il capo dello Stato ribadisce che "non bisogna generalizzare né indulgere in giudizi sommari" ma al tempo stesso occorre "vigilare, prevenire, intervenire, per impedire qualsiasi deriva verso il razzismo".
Camera e Senato dopo la capigruppo congiunta di oggi. Riunione il 14 ottobre
"Per prender atto del risultato dei contatti tra i gruppi parlamentari"
Rai e Consulta, iniziativa Schifani-Fini
"Sblocco o sedute ad oltranza"
"Unanime consapevolezza della necessità di far fronte ai doveri istituzionali del Parlamento"
ROMA - O la situazione si sblocca o ci saranno sedute ad oltranza del Parlamento e della Vigilanza Rai. Lo scrivono in una nota congiunta gli uffici stampa di Camera e Senato dopo la capigruppo congiunta di oggi a Montecitorio su Consulta e Vigilanza.
"La riunione congiunta dei capigruppo - si legge nella nota - è riconvocata sin da ora martedì 14 ottobre alle 10 per prender atto del risultato dei contatti tra i gruppi parlamentari. I presidenti del Senato e della Camera hanno fatto comunque presente che, in caso di esito negativo, il Parlamento in seduta comune e la commissione di vigilanza sulla Rai saranno convocati quotidianamente e ad oltranza per procedere ai rispettivi adempimenti".
La nota fa seguito alla "riunione congiunta dei presidenti dei gruppi parlamentari di Senato e Camera, oggi a Montecitorio", convocata "al fine di esaminare la situazione determinatasi in merito all’elezione di un giudice della Corte Costituzione e del Presidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai".
"La Conferenza - prosegue la nota - si è conclusa con l’unanime consapevolezza della necessità di far sollecitamente fronte ai doveri istituzionali del Parlamento, dando così seguito al monito del Capo dello Stato".
* la Repubblica, 8 ottobre 2008.