IL COMMENTO
La prova delle menzogne
di GIUSEPPE D’AVANZO *
DAVID MILLS è stato corrotto. È quel che conta anche se la manipolazione delle norme sulla prescrizione, che Berlusconi si è affatturato a partita in corso, lo salva dalla condanna e lo obbliga soltanto a risarcire il danno per il pregiudizio arrecato all’immagine dello Stato. Questa è la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione. Per comprenderla bisogna sapere che la corruzione è un reato "a concorso necessario": se Mills è corrotto, il presidente del Consiglio è il corruttore.
Per apprezzare la decisione, si deve ricordare che cosa ha detto, nel corso del tempo, Silvio Berlusconi di David Mills e di All Iberian, l’arcipelago di società off-shore creato dall’avvocato inglese. "Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politico responsabile quindi di fronte agli elettori, che di questa All Iberian non conosco neppure l’esistenza. Sfido chiunque a dimostrare il contrario" (Ansa, 23 novembre 1999). "Non conosco David Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l’Italia" (Ansa, 20 giugno 2008). Bisogna cominciare dalle parole - e dagli impegni pubblici - del capo del governo per intendere il significato della sentenza della Cassazione.
Perché l’interesse pubblico della decisione non è soltanto nella forma giuridica che qualifica gli atti, ma nei fatti che convalida; nella responsabilità che svela; nell’obbligo che oggi incombe sul presidente del Consiglio, se fosse un uomo che tiene fede alle sue promesse.
Dunque, Berlusconi ha conosciuto Mills e, come il processo ha dimostrato e la Cassazione ha confermato (il fatto sussiste e il reato c’è stato), All Iberian è stata sempre nella sua disponibilità. Sono i due punti fermi e fattuali della sentenza (altro è l’aspetto formale, come si è detto). Da oggi, quindi, il capitolo più importante della storia del presidente del consiglio lo si può raccontare così. Con il coinvolgimento "diretto e personale" del Cavaliere, David Mills dà vita alle "64 società estere offshore del group B very discreet della Fininvest". Le gestisce per conto e nell’interesse di Berlusconi e, in due occasioni (processi a Craxi e alle "fiamme gialle" corrotte), Mills mente in aula per tener lontano il Cavaliere da quella galassia di cui l’avvocato inglese si attribuisce la paternità ricevendone in cambio "somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali" che lo ricompensano della testimonianza truccata.
Questa conclusione rivela fatti decisivi: chi è Berlusconi; quali sono i suoi metodi; che cosa è stato nascosto dalla testimonianza alterata dell’avvocato inglese. Si comprende definitivamente come è nato, e con quali pratiche, l’impero del Biscione; con quali menzogne Berlusconi ha avvelenato il Paese.
Torniamo agli eventi che oggi la Cassazione autentica. Le società offshore che per brevità chiamiamo All Iberian sono state uno strumento voluto e adoperato dal Cavaliere, il canale oscuro del suo successo e della sua avventura imprenditoriale. Anche qui bisogna rianimare qualche ricordo. Lungo i sentieri del "group B very discreet della Fininvest" transitano quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che ricompensano Bettino Craxi per l’approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi (trasformati in Cct) destinati non si sa a chi mentre, in parlamento, è in discussione la legge Mammì. In quelle società è occultata la proprietà abusiva di Tele+ (viola le norme antitrust italiane, per nasconderla furono corrotte le "fiamme gialle"); il controllo illegale dell’86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l’acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche.
Da quelle società si muovono le risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma (assicurano al Cavaliere il controllo della Mondadori); gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favoriscono le scalate a Standa e Rinascente. Dunque, l’atto conclusivo del processo Mills documenta che, al fondo della fortuna del premier, ci sono evasione fiscale e bilanci taroccati, c’è la corruzione della politica, delle burocrazie della sicurezza, di giudici e testimoni; la manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio in Italia e in Europa.
La sentenza conferma non solo che Berlusconi è stato il corruttore di Mills, ma che la sua imprenditorialità, l’efficienza, la mitologia dell’homo faber, l’intero corpo mistico dell’ideologia berlusconiana ha il suo fondamento nel malaffare, nell’illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.
E’ la connessione con il peggiore passato della nostra storia recente che, durante gli interminabili dibattimenti del processo Mills, il capo del governo deve recidere. La radice del suo magnificato talento non può allungarsi in quel fondo fangoso perché, nell’ideologia del premier, è il suo trionfo personale che gli assegna il diritto di governare il Paese. Le sue ricchezze sono la garanzia del patto con gli elettori e dell’infallibilità della sua politica; il canone ineliminabile della "società dell’incanto" che lo beatifica.
Per scavare un solco tra sé e il suo passato e farsi alfiere credibile e antipolitico del nuovo, deve allontanare da sé l’ombra di quell’avvocato inglese, il peso di All Iberian. È la scommessa che Berlusconi decide di giocare in pubblico. Così intreccia in un unico nodo il suo futuro di leader politico, responsabile di fronte agli elettori, e il suo passato di imprenditore di successo. Se quel passato risulta opaco perché legato a All Iberian, di cui non conosce l’esistenza, o di David Mills, che non ha mai incontrato, egli è disposto a lasciare la politica e addirittura il Paese.
Oggi dovrebbe farlo davvero perché la decisione della Cassazione conferma che ha corrotto Mills (lo conosceva) per nascondere il dominio diretto su quella macchina d’illegalità e abusi che è stata All Iberian (la governava). Il capo del governo non lo farà, naturalmente, aggrappandosi come un naufrago al legno della prescrizione che egli stesso si è approvato. Non lascerà l’Italia, ma l’affliggerà con nuove leggi ad personam (processo breve, legittimo impedimento), utili forse a metterlo al sicuro da una sentenza, ma non dal giudizio degli italiani che da oggi potranno giudicarlo corruttore, bugiardo, spergiuro anche quando fa voto della "testa dei suoi figli".
© la Repubblica, 26 febbraio 2010
Sul tema, nel sito, si cfr.:
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
In Rete la lettera ai vertici di stampa e televisione pubblica per protestare contro il servizio
del telegiornale di Minzolini in cui si definiva "assoluzione" la prescrizione per il legale inglese
"Dal Tg1 notizie false sul caso Mills"
appello a Rai e Ordine da migliaia di cittadini
di CARMINE SAVIANO
ROMA - Il Tg1 di Augusto Minzolini ha dato notizie false sul caso Mills. E l’Ordine dei giornalisti e la Rai dovrebbero reagire in modo esemplare. E’ quello che affermano e chiedono più di 5mila cittadini, che nelle ultime ore hanno sottoscritto un appello indirizzato a Lorenzo Del Boca, presidente dell’Odg, e Paolo Garimberti, presidente della Rai. Oggetto: segnalazione di una grave violazione della deontologia professionale. "Non si tratta di destra e sinistra, Minzolini ha il diritto di esprimere le proprie opinioni", scrive Arianna Ciccone, prima firmataria della lettera. Ma nell’edizione delle 13 e 30 del Tg1 del 26 febbraio "è stata data una notizia falsa". David Mills non è stato assolto, come per ben due volte è stato ripetuto al Tg1. Ma ha commesso un reato che è stato prescritto.
L’appello è subito girato in rete. Con tanto di video per documentare il tutto. E la lettera è stata già firmata da migliaia di persone. Su Facebook nasce un gruppo intitolato alla "dignità dei giornalisti e al il rispetto dei cittadini". Il volto di Enzo Biagi viene scelto come avatar. In bacheca già decine gli interventi. C’è chi chiede se esista "una legge che vieta di dare notizie false", e chi si propone, in ogni modo, di "diffondere l’esistenza dell’appello". In molti sono indignati e minacciano di non guardare più il Tg1. E c’è chi si lancia in analisi del nesso tra il potere di Berlusconi e la disinformazione crescente.
All’interno dell’appello è riportato un brano di un articolo di Michele Serra: "Per un giornalista manomettere la verità è un crimine, tal quale per un fornaio sputare nel pane che vende. Qui non si tratta di opinioni, di interpretazioni, di passione politica. E’ proprio una frode, una lurida frode che non descrive più l’aspra dialettica di un paese spaccato, descrive qualcosa di molto peggiore: l’impunità conclamata di chi mente con dolo, con metodo, con intenzione, sicuro di non doverne rispondere ad alcuno (all’Ordine dei giornalisti? è più realistico sperare che intervenga Batman)".
E proprio questa riflessione ha dato il via all’appello di Arianna Ciccone. Che chiede oltre all’intervento dell’Ordine dei giornalisti anche le scuse e la rettifica da parte del Tg1 e della Rai. Nel testo dell’appello, infatti, si legge: "Ecco caro presidente Del Boca io come cittadina mi aspetto da parte dell’Ordine un provvedimento nei confronti di quel giornalista che ha palesemente violato il principio deontologico per eccellenza: raccontare la verità. E mi aspetto, caro presidente Garimberti, e caro direttore Minzolini, le scuse del Tg1 e la rettifica". Online è già scattata una gara di solidarietà. Il link dell’appello si sta diffondendo rapidamente. Ora gli organizzatori stanno pensando di andare a consegnare le firme a mano martedì.
© la Repubblica, 28 febbraio 2010
Alfano: "Legittimo chiedere la sospensione del processo al premier", l’opposizione protesta
Il premier: "Un’invenzione totale, voglio l’assoluzione piena". Anm: "Escalation intollerabile di insulti"
Caso Mills, Berlusconi all’attacco dei giudici
"Siamo in mano a una banda di talebani"
Il Pd: "La gente perbene confinda nelle assoluzioni, non nelle prescrizioni" *
ROMA - Berlusconi di nuovo all’attacco della magistratura, con termini pesanti: "Siamo nelle mani di una banda di talebani", ha detto oggi a Torino. All’indomani della prescrizione del reato da parte della Cassazione che ha salvato l’avvocato inglese David Mills dalla condanna a 4 anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari, il premier parla di una sconfitta per il teorema dell’accusa e di una vittoria per la difesa. Ma non basta. "E’ un’invenzione pura, un assurdo, non c’è stata nessuna dazione da parte di un manager di Fininvest che tra l’altro è morto", ha detto a Torino, sottolineando di volere una "assoluzione piena". Poi l’affondo: "Il male terribile dell’italia, la vera patologia è la politicizzazione della magistratura, cioè l’uso politico della giustizia. C’è una grande maggioranza di giudici tuttavia che non appartiene a questa banda di talebani". Berlusconi infine ha concluso: "la nostra democrazia è in balia di questa situazione". Immediata la reazione dei giudici. "Intollerabile escalation di insulti e aggressioni", ha replicato il segretario dell’Anm Cascini.
La verità, ha confidato il Cavaliere ad alcuni interlocutori, è che non è stato commesso nessun reato. Per il premier, in sostanza, il fatto che si sia dovuti arrivare in Cassazione e che la condanna di David Mills sia stata annullata solo per prescrizione dimostra che l’accusa si è mossa unicamente sulla base di quella "persecuzione giudiziaria" più volte denunciata, da anni, dallo stesso premier.
La reazione dei giudici. "Basta insulti e aggressioni". La sentenza della cassazione sul caso Mills conferma l’impianto dei giudici milanesi e dimostra che "non c’è stata alcuna persecuzione o manovra politica" nella vicenda giudiziaria, ha replicato il segretario dell’Anm Giuseppe Cascini. "Ormai - commenta Cascini - non si contano più le ingiurie. Noi invitiamo tutti a rispettare le decisioni dei tribunali italiani, si possono criticare le sentenze ma non è ammissibile continuare in questa escalation di insulti e aggressioni. Le sezioni unite della Cassazione hanno confermato l’impianto delle decisioni del tribunale e della corte d’appello di milano, e sono la dimostrazione piena che non c’è stata alcuna persecuzione o manovra politica". Quella messa in atto da Berlusconi è una "escalation di insulti e aggressioni" che "non è ammissibile continuare". Peraltro, commenta Cascini, "nel giorno in cui un servitore dello Stato è stato ucciso in Afghanistan, l’offesa rivolta dal presidente del consiglio alla magistratura italiana appare, se possibile, ancora più inaccettabile". Proprio per questo, ribadisce Cascini, l’ultima uscita del premier "richiede un sussulto di indignazione da parte di tutte le persone rispettabili". L’Anm non ha dubbi: "il male dell’Italia sta nella gravissima corruzione della politica e della pubblica amministrazione e non certo in magistrati che facendo in solitidine il loro dovere individuano i responsabili di tali crimini. E L’ossessiva ripetizione del ritornello della magistratura politicizzata, dei pm che agirebbero a fini di lotta politica diventa ogni giorno più falsa e stucchevole proprio di fronte alla quotidiana emersione di gravissimi comportamenti illeciti da parte di pubblici funzionari e uomini politici". "Bisogna essere ciechi e sordi- dice ancora Cascini- per non accorgersi di quali danni si fanno al Paese nel proseguire in questa linea di delegittimazione del ruolo e della funzione della magistratura in Italia". Il sindacato delle toghe lancia quindi un appello: "Invitiamo tutti a rispettare le decisioni dei tribunali e il ruolo della magistratura e chiediamo alle istituzioni di reagire di fronte a queste inaccettabili aggressioni".
E le dichiarazioni del premier finiranno al vaglio della prima Commissione del Csm, dove dallo scorso settembre è aperto un fascicolo, ormai corposo, inerente le parole che il presidente del Consiglio ha rivolto contro la magistratura negli ultimi mesi. Anche le dichiarazioni odierne, dunque, saranno valutate al momento di decidere se aprire o meno una pratica a tutela delle toghe. "Nella magistratura non esistono bande di talebani - rileva il togato del Movimento della Giustizia Mario Fresa - ma ci sono persone che compiono il proprio dovere anche a rischio della vita. Dichiarazioni di questo tipo discreditano la magistratura agli occhi dei cittadini, mentre le istituzioni devono sempre rispettarsi tra loro".
Il ministro della Giustizia. "Questa sentenza non cambia nulla", ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. "Il programma del governo - ha spiegato Alfano - sarà portato avanti e dovrà essere realizzato, dalle intercettazioni, alla ragionevole durata dei processi, al legittimo impedimento". In particolare sulle intercettazioni Alfano ha ricordato come il governo "abbia avviato la legge già nell’estate del 2008. Ora - ha aggiunto - abbiamo la legittima aspettativa che il Senato approvi al più presto tale provvedimento che tutela il diritto alla riservatezza e alla privacy, un diritto costituzionalmente inviolabile". Alfano ha anche giudicato "legittima" la richiesta del parlamentare del Pdl e avvocato del Premier, Niccolò Ghedini, di sospendere le udienze del processo Berlusconi in attesa che vengano depositate le motivazioni della sentenza della Cassazione sul caso Mills. "E’ una legittima richiesta - ha spiegato il ministro - che sarà sottoposta al tribunale di Milano che domani deciderà".
Secco il commento del presidente del Senato Renato Schifani: "Le sezioni unite sono il massimo della giurisprudenza dell’autorevolezza giurisprudenziale, vanno quindi rispettate al massimo".
L’opposizione. ’’La gente perbene confida nelle assoluzioni, non nelle prescrizioni. Voglio credere che il nostro presidente del Consiglio possa confidare in una assoluzione. E possa andare a cercarsela là dove le assoluzioni vengono date, nella sede giusta. Io spero questo’’, è stata la replica del segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani. "Evidentemente Angelino Alfano si è dimesso da ministro della Giustizia per diventare praticante dell’avvocato Ghedini - ha affermato il presidente dei senatori dell’Italia dei valori, Felice Belisario - Non si spiegherebbe, altrimenti, con quale ruolo Alfano possa affermare che è legittima la richiesta di sospensione delle udienze in attesa del deposito della sentenza Mills in Cassazione che domani gli avvocati del premier faranno al tribunale di Milano".
Il processo a Berlusconi. Intanto si prospetta una falsa ripartenza domani al processo in cui Silvio Berlusconi risponde di aver corrotto il testimone David Mills. Appare infatti molto probabile un rinvio delle udienze in attesa che la Cassazione depositi le motivazioni della sentenza con cui ieri ha dichiarato l’intervenuta prescrizione del reato per il professionista britannico che negli anni ’90 aveva creato il sistema di società off-shore utilizzato dal gruppo Fininvest. La suprema Corte dovrebbe impiegare tra i 30 e i 40 giorni per preparare il provedimento, che servirà per conoscere formalmente la data in cui la corruzione in atti giudiziaria si consumò, in modo da definire anche la posizione del presidente del Consiglio in relazione alla prescrizione.
E’ quasi certo che i giudici delle sezioni unite abbiano accettato la ricostruzione del procuratore generale, ma siccome nel dispositivo si dice solo che il reato è estinto senza altre indicazioni sarà necessario attendere le motivazioni. In teoria i giudici potrebbero indicare una data antecedente all’11 novembre 1999, dichiarando in pratica "morto" anche il procedimento gemello a carico del premier. Ma si tratta di un’ipotesi più che remota.
Lunedì primo marzo è prevista la ripresa delle udienze anche nel processo per i diritti tv di Mediaset dove Berlusconi risponde di frode fiscale. Nella stessa giornata è fissata una riunione del Consiglio dei ministri, ma in cancelleria non risulta depositata da parte della difesa nessuna richiesta formale di rinvio per legittimo impedimento. Gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo con ogni probabilità faranno presente che c’è il cdm ma che l’imputato consente che si proceda in sua assenza. Anche perché nell’ultima udienza il presidente del collegio Edoardo D’Avossa, nel rinviare al primo marzo a causa del viaggio di Berlusconi in Israele aveva avvertito che in caso di altre richieste analoghe avrebbe invitato le parti a interloquire sull’eventualità di separare la posizione di Berlusconi da quella degli altri 11 imputati. Ai giornalisti i legali del premier avevano detto: "lo stralcio creerebbe molti problemi".
Bisognerà inoltre vedere che cosa succederà invece nel caso in cui il Parlamento dovesse approvare il prossimo 9 marzo la legge che codifica il legittimo impedimento, consentendo di bloccare il processo per 18 mesi. Ma questa, al momento, è un’altra storia.
* la Repubblica, 26 febbraio 2010