PRESIDENTE NAPOLITANO, IL SONNO DELLA RAGIONE COSTITUZIONALE GENERA MOSTRI. Un appello.
di BARBARA SPINELLI (La Stampa, 15/11/2009)
Da quando ricopre la terza carica dello Stato, Gianfranco Fini ha un’aspirazione che lo domina, costante: quella a esser statista oltre che uomo politico, e a scorgere nelle trasgressioni istituzionali di Berlusconi pericoli che lui, anche se solitario, vuol diminuire o combattere. Il suo magistero, come quello di Napolitano, è delicato: egli rappresenta la nazione, non può esser presidente di parte. Ma Fini ha osato molto, ultimamente, fino a praticare quella che Albert Hirschman chiama l’autosovversione: esprimendosi su temi essenziali come l’immigrazione, i diritti civili, il testamento biologico, la laicità. Il libro che ha appena pubblicato (Il futuro della libertà. Consigli non richiesti ai nati nel 1989, Rizzoli) conferma una volontà precisa, e il desiderio di pensare la democrazia italiana nel tempo lungo, prendendo congedo dai dizionari delle «parole neoideologiche» e dei luoghi comuni («Il caso di Eluana Englaro ci ha dimostrato in modo eclatante che la politica italiana tende ancora a presentarsi, nei momenti di più aspro confronto, non secondo le linee contemporanee del “fare”, ma secondo le linee novecentesche dell’ “essere”, vale a dire le linee in definitiva rassicuranti, ma immobili, dell’ “identità”»).
Proprio perché ha deciso di scandagliare nuovi mari, vorrei porre al presidente una domanda di fondo, attorno a un assioma apparentemente importante che lo guida: se sia giusto, nonché utile, perseguire sistematicamente il Male Minore, nella resistenza al degrado delle istituzioni democratiche. Se davvero la situazione sia così degradata e povera di alternative, da imporre questa classifica dei mali, basata sulle categorie economiche del più e del meno. Nelle dittature la ricerca del male minore è spesso la sola via, anche se non necessariamente la più feconda.
Spesso è un camuffamento per iniziare i recalcitranti; solo di rado ingenera i casi Schindler, che accettò il nazismo salvando 1100 ebrei. Ma nella democrazia? L’economia dei mali è usanza antica, ma ha senso farne un assioma?
L’interrogativo si pone perché tutta la politica italiana, da anni, ruota attorno a questo concetto. L’hanno interiorizzato le opposizioni, svariati giornali, anche la Chiesa. Lo difendono i centristi (nuovi o vecchi): spesso moderati per non-scelta, per calcolo breve, per conformistica aderenza all’opinione dominante. L’ultimo esempio di politica del male minore è quello di Fini nell’incontro col presidente del Consiglio del 10 novembre: per evitare il peggio la prescrizione rapida, cui Berlusconi assillato dai processi Mills e Mediaset teneva molto il presidente della Camera gli ha concesso il processo breve, che è una prescrizione camuffata e accorcia i procedimenti con l’eccezione di alcuni reati (non i più gravi d’altronde, essendo escluso anche il reato di clandestinità: «una semplice contravvenzione punibile con banale ammenda», commenta Giulia Bongiorno, deputato, vicina a Fini).
La giustizia lenta affligge gli italiani, ma il rimedio non consiste nel dichiarare che il processo si estingue automaticamente dopo tre gradi di giudizio per la durata complessiva di 6 anni, bensì nell’introdurre preliminarmente le riforme che consentono di abbattere i tempi. Riforme da applicare a monte, senza toccare i processi pendenti. Non si tratta di troncare i processi, ma di accelerarne il corso. Dichiarare estinto un processo perché dopo due anni non c’è sentenza di primo grado è di una gravità estrema. In certi casi, soprattutto per reati delicati con rogatorie internazionali, due anni davvero non bastano. Scansare il male maggiore è buona cosa, ma quello minore ambiguo, sdrucciolevole non è detto dia frutti.
Classificare i mali e le colpe è attività millenaria, in teologia e filosofia. Cominciò il cristianesimo nel IV secolo a graduarli, con Agostino, introducendo nella valutazione il calcolo economico (il filosofo Foucault parla di teologia economica). C’erano colpe più o meno nefaste, e alcune erano talmente nefaste che in assenza di alternative la Chiesa tollerava mali minori. Nell’«economia del male», sosteneva Agostino, meglio le prostitute che l’adulterio; meglio uccidere l’aggressore prima che egli uccida l’innocente. La guerra, se proporzionata e volta al bene, divenne giusta. Il fine comunque rimaneva determinante, e il fine era il perfezionamento e l’imprescindibile trasformazione dell’uomo cui esso conduce.
Secolarizzandosi, tuttavia il male minore non punta più alla perfezione-trasformazione, ma all’ottimizzazione dell’esistente e del male.
Cessa d’essere tappa d’un cammino accorto, si fa consustanziale alla democrazia, addirittura suo sinonimo. Lo descrive con maestria Hannah Arendt, negli Anni 50 e 60, con ragionamenti che sono ripresi oggi da Eyal Weizman, l’architetto israeliano direttore del Centre for Research Architecture a Londra, in un eccellente libricino intitolato Male Minore (Nottetempo 09). Marco Belpoliti l’ha recensito su La Stampa il 28-8-09.
Accade a ciascuno di cercare il male minore, nella vita individuale e pubblica. È il momento in cui urge, tatticamente, scongiurare il precipizio nel peggio. In politica spingono in questo senso la prudenza, l’astuzia. Ma il male minore rischia di installarsi, di divenire concetto stanziale anziché nomade: non ambivalente paradosso ma via aurea, con esiti e danni collaterali che possono esser devastanti, non subito ma nel lungo periodo. A forza di mitigare l’iniquità agendo dal suo interno, in effetti, sorgono insidie che la Arendt spiega bene: «Lungi dal proteggerci dai mali maggiori, i mali minori in politica ci hanno invariabilmente condotti ai primi».
«Ossessionati dai mali assoluti» (Shoah, Gulag) ci abituiamo a non vedere il nesso, stretto, tra male maggiore e minore.
La mente stessa muta, quando il male minore si cristallizza in norma.
Chi l’adotta tende a scordarsi, dopo, che in fin dei conti ha optato per un male. Nella memoria, l’opzione si trasfigura e si naturalizza, in politica, trasformando l’eccezione in regola: «Una misura meno brutale scrive Weizman è anche una misura facilmente naturalizzabile, accettabile, tollerabile. Quando misure eccezionali vengono normalizzate, possono venire applicate più frequentemente». E applicandole con crescente frequenza, «qualsiasi senso dell’orrore verso il male si perde», non solo nei politici ma nell’insieme della nazione.
Quando Fini sceglie un piccolo male per evitare al peggio, è pur sempre nel male che resta, anche se forse a disagio: con effetti infausti sul futuro cui tiene tanto. Una successione di piccoli mali finisce infatti col produrre un male grande raggiunto cumulativamente, non fosse altro perché è impossibile calcolare l’estensione dei loro guasti.
Fini e Napolitano vengono da esperienze non dissimili. Ambedue hanno accostato i mali assoluti, avendone condivise le ideologie, e con coraggio ne sono usciti. Ambedue hanno scoperto le virtù del moderatismo pragmatico, del male minore. Ma il male minore è una trappola, se il suo essere anfibio e la miopia del pragmatismo son taciuti. Il male assoluto, paradossalmente, attenua la vigilanza: «Chi sceglie il male minore dimentica rapidamente d’aver scelto a favore del male», dice la Arendt. Dimentica che l’eroe delle tragedie greche è sempre alle prese con un dilemma: con due mali più o meno terribili, con le due corna del toro infuriato. La via di Robert Pirsig, evocata da Weizman, è non privilegiare un corno piuttosto che l’altro, ma prendere il toro per le corna (Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Adelphi 1981). Il che significa: disobbedire, rifiutare il miserando gioco della torre. Oppure: «Si può gettar sabbia negli occhi del toro; si può tentare di addormentare il toro con una ninna nanna; e infine ci si può rifiutare di scendere nell’arena».
Sul tema, nel sito, si cfr.:
NAPOLITANO= ITALIA ...
VIVA NAPOLITANO, VIVA L’ITALIA!!!
MORALITA’ E INTERESSE GENERALE QUASI PERSI, DOPO 15 ANNI DI ATTACCHI DA PARTE DI UN CITTADINO (E DEI SUOI SOSTENITORI) CHE SI E’ MESSO A FARE IL "PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA" E A GRIDARE CON TUTTI I SUOI POTERI MEDIATICI. "FORZA ITALIA". CON TUTTE LE CONSEGUENZE..
L’ITALIA INTERA - DI DESTRA, DI SINISTRA, E DI CENTRO - TRUFFATA E BUTTATA NELLA INDECENZA CIVILE E SOCIALE, POLITICA E CULTURALE.
NAPOLITANO E SOLO NAPOLITANO E’ L’UNICO E LEGITTIMO DETENTORE DELLA PAROLA "ITALIA" - SOLO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA!!!
VIVA L’ITALIA, VIVA NAPOLITANO!!!
FEDERICO LA SALA
EUTANASIA...
Si tratta di situazioni spesso molto difficili e possono richiedere decisioni angosciose. Come si fa, ad esempio, a sapere se una situazione non ha via d’uscita? Sebbene nessuno possa saperlo con assoluta certezza, bisogna usare buon senso e cautela nel dare consigli. Un periodico medico dà questi consigli ai sanitari: “Se c’è disaccordo riguardo alla diagnosi o alla prognosi o a entrambe, si dovrebbe cercare di prolungare la vita finché non si giunga a un accordo ragionevole. Tuttavia, insistere oltre ciò che è ragionevole per avere la certezza può mettere in difficoltà il medico che cerca di scegliere....(Come anche un Politico influente; con reputazione impeccabile...come ZORRO o ROBIN HOOD; almeno per quelli che ne traggono profitto! o un religioso anche costui con tutte le ragioni del mondo ma...senza prove ne’ scientifiche che SCRITTURALI.)
Salmo 15:soprascritta-5) Melodia di Davide. 15 O Geova, chi sarà ospite nella tua tenda? Chi risiederà sul tuo monte santo? 2 Colui che cammina senza difetto e pratica la giustizia E proferisce la verità nel suo cuore. 3 Non ha calunniato con la sua lingua. Al suo compagno non ha fatto nulla di male, E non ha pronunciato nessun biasimo contro il suo intimo conoscente. 4 Ai suoi occhi lo spregevole è certamente rigettato, Ma onora quelli che temono Geova. Ha giurato a ciò che è cattivo [per lui stesso], eppure non cambia. 5 Non ha dato il suo denaro a interesse, E non ha preso regalo contro l’innocente. Chi fa queste cose non sarà mai fatto vacillare.
CHI FA QUESTE COSE!!!! Be amici giudicate voi....e’ come trovare un ago nel pagliaio;sia nella politica che anche nella religione.
Eppure l’ago c’e’ (Nel pagliaio e chi userebbe una forte calamita potrebbe trovarlo (L’ago) prima o poi senza meno e senza alcuna ombra di dubbio. La calamita potrebbe essere Dio stesso che attrae il metallo e l’ago nel pagliaio possiamo essere noi...ma quanti di noi!!! Vedi quelli della (Voce di Fiore) sono pochi ma assomigliano all’ago nel pagliaio...per quale ragione; Perche’ sono ragionevoli e pongono un limite o data ad una cosa...1994-2009!!!
Prima o poi cio’ che si nasconde nel piu’ segreto...verra’ a galla e si publichera’ nelle piazze!!!! e nella politica e nella religione si puo’ cambiare bandiera se qualcuno scoppiera’ della grande voglia di dire la verita.. La verita’ verra’ a galla e come l’ago che si attacca magneticamente alla calamita che; PRIMA O POI SI AVVERERA’.
Cordiali saluti; Con tutto il bene del mondo.
Il presidente della Camera invoca una "condivisione" sul cambiamento
delle regole del gioco. "Basta con la campagna elettorale permanente"
Riforme, Fini alla maggioranza
"Regole non si fanno a proprio piacimento" *
ROMA - "La maggioranza non può fare le regole a proprio piacimento". Il presidente della Camera Gianfranco Fini interviene a Prato sul tema delle riforme ed invita la coalizione di governo a cercare una "condivisione" con l’opposizione nella modifica delle regole del gioco.
Una riscrittura delle regole, secondo Fini, deve essere ’’quanto più possibile condivisa’’ perché non deve accadere che ’’ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole del vivere civile’’. ’’Riscrivere le regole - ha insistito - deve necessariamente comportare l’impegno per una riscrittura che sia quanto più possibile condivisa perché le regole riguardano tutti, perché le istituzioni della Repubblica sono le istituzioni di ogni italiano’’.
Infatti, secondo Fini, ’’sarebbe certamente un momento difficile per il nostro Paese quello in cui dovesse affermarsi il principio che in una democrazia dell’alternanza ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole del vivere civile, le regole che devono impegnare tutti gli italiani’’.
Quanto poi al come realizzare le riforme, la terza carica dello Stato ha ricordato che ’’è proprio la nostra Costituzione a indicare con chiarezza le modalità attraverso le qualiè possibile modificare la Costituzione: è certamente possibile farlo avvalendosi di maggioranze ordinarie, ma in quel caso si è sottoposti all’esame dell’unico soggetto che in una democrazia è sovrano, il corpo elettorale’’. E, ha ricordato, ’’l’esperienza recente deve insegnare a tutti che se vogliamo riforme condivise in grado di gettare solide basi di credibilità delle istituzioni per il prossimo futuro, non ci si deve stancare di cercare il confronto ed evidenziare positivamente quello che può unire mettendo in disparte o in secondo piano tutto ciò che può dividere’’.
Venendo poi ad affrontare il tema delle riforme strutturali, Fini ha invitato a passare ’’dalle parole ai fatti’’ su temi importanti quali le infrastrutture, l’energia, le scarse opportunità per i giovani, auspicando anche in questo caso a un rapporto collaborativo tra le parti politiche perché ’’il Paese non può continuare a dilaniarsi come in una perenne campagna elettorale’’.
* la Repubblica, 16 novembre 2009
Il governo "blinda" la manovra, il presidente dei deputati attacca
"Scelta tutta politica che impedisce all’Aula di esprimersi sulla Manovra"
Finanziaria, fiducia alla Camera
Di nuovo scontro Fini-Tremonti
Calderoli: "Pensi ad applicare il regolamento"; Bondi: "Così non aiuta la distensione"
E la terza carica dello stato ripete il suo giudizio al telefono con il Cavaliere
ROMA - Il governo ha posto la questione di fiducia sulla Finanziaria. Ed è di nuovo scontro tra Fini e l’esecutivo. Ad annunciare la decisione in aula è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito. La fiducia, ha spiegato, "è sull’articolo 2 del testo approvato in commissione". In precedenza i deputati avevano approvato l’articolo 1.
A stretto giro arriva il duro commento del presidente della Camera, Gianfranco Fini: "La decisione di porre la fiducia sulla legge Finanziaria è legittima", ma "deprecabile perché di fatto impedisce all’Aula di esaminare gli emendamenti". Fini ha ricordato di aver prolungato i termini per consentire un dibattito approfondito e dare alla commissione il tempo di approvare un testo per l’Aula, aggiungendo che "non vi era stato da parte dell’opposizione nessun atteggiamento ostruzionistico".
Spiegando che gli emendamenti da votare oggi erano in tutto 64, di cui 55 dell’opposizione, Fini ha aggiunto gli interventi contingentati avrebbero consentito di approvare la legge, anche senza fiducia, nei tempi previsti e compatibili con l’esame del Senato.
’’La scelta di porre la questione di fiducia - ha detto ancora Fini- è costituzionalmente legittima e rientra nelle prerogative dell’esecutivo"; non può, però, ha aggiunto Fini, che "essere considerata come una decisione attinente esclusivamente a ragioni di carattere politico, rientranti non già nel rapporto tra governo e opposizioni ma unicamente all’interno del rapporto tra la maggioranza e il governo ed è la ragione per la quale la Presidenza della Camera considera deprecabile la decisione" del governo "perché di fatto impedisce all’aula di pronunciarsi sugli emendamenti’’.
Le sue parole sono state accolte da molti applausi, non solo dai banchi dell’opposizione e i relatori di Pdl e Lega hanno rinunciato a intervenire. Le critiche a Fini sono arrivate a seduta sospesa e dai banchi della maggioranza. Il ministro Roberto Calderoli: "Dalla presidenza della Camera ci si attende l’applicazione dei regolamenti, non certo valutazioni sul fatto se sia deprecabile o meno una richiesta di fiducia, la cui valutazione di merito spetta all’esecutivo". E poi Sandro Bondi, ministro e coordindatore nazionale del Pdl:"La decisione e la valutazione espressa" da Fini "sono destinate a non aiutare l’apertura di un clima politico nuovo di cui l’Italia ha bisogno, anzi rischiano di rinfocolare immediatamente le polemiche".
Inseguito arriverà anche una nota del capogruppo Pdl Cicchitto e di quello leghista Cota, che a Fini dicono che "la questione di fiducia è sempre stata una decisione politica e come tale appartiene alla competenza e alle valutazioni del governo e della maggioranza". "Il confronto di merito - continuano Cicchitto e Cota - è avvenuto in Commissione, con un iter intenso e proficuo. La scelta della fiducia è un segnale politico di conferma della forte condivisione da parte del governo e della maggioranza sul merito del testo licenziato dalla Commissione Bilancio". Una nota che il ministro Tremonti dice di condividere "pienamente".
La telefonata Fini-Berlusconi. In serata la terza carica dello Stato avrebbe ripetuto il suo giudizio sulla scelta di Tremonti e del governo anche al Cavaliere. Al quale, inoltre, avrebbe espresso tutta la sua perplessità anche sui toni usati da Fabrizio Cicchitto durante il dibattito sull’aggressione al premier: "Parole incendiarie".
* la Repubblica, 15 dicembre 2009