[...] L’IDEA DELLA NOTTE bianca della scuola pubblica è partita da Bologna e in un baleno i coordinamenti nazionali di genitori e insegnanti hanno dato vita al «No Gelmini Day & Night». Da Milano a Castrovillari (Cosenza), passando per Brescia, Mestre, Viareggio, Parma, Roma, e Sassari, la protesta anti-Gelmini è scattata all’unisono: al mattino tutti in classe, poi dall’imbrunire a mezzanotte tutti nelle scuole per un pigiama-party o nelle piazze dei municipi a «far rumore», in corteo con fiaccolate o riunuti in assemblee con ospiti d’eccezione. Come all’elementare Francesco Crispi di Monteverde Vecchio, a Roma, dove Don Roberto Sardelli, il sacerdote che nel ‘68 fondò la «scuola 725» tra i figli dei barraccati dell’Acquedotto Felice e dal quale fu tratto il documentario «Non tacere», si è seduto tra le mamme e i papà del quartiere raccontando la sua esperienza unica. La ministra sottoaccusa, Mariastella Gelmini, intanto ieri mattina è salita al Quirinale per fornire chiaramenti al presidente Napolitano sui suoi provvedimenti che non piacciono neppure alle Regioni [...]
[...] Berlusconi. Al termine della conferenza stampa che ha chiuso la prima giornata del vertice europeo, non è riuscito a trattenere la battuta. Ha salutato i giornalisti, gli ha spiegato di considerarsi un «veterano» di questi summit e poi, sorridendo, ha fatto un po’ di conto. Dal 1994 (quando è sceso in campo) al 2013 (quando terminerà la legislatura) sono, appunto, 19 anni. Il Duce, in realtà, a Palazzo Venezia c’è stato per un po’ di più: quasi 21 anni ininterrotti, dal 31 ottobre del 1922 al 25 luglio del 1943.
Il Cavaliere, invece, ha omesso le sue «pause», ha fatto finta di essere stato a Palazzo Chigi per l’intero periodo. Nel ‘94 è stato presidente del Consiglio solo per 7 mesi e poi è tornato al governo nel 2001 fino al 2006. Sta di fatto che ai cronisti non è sfuggito il parallelo e gli hanno fatto notare che per pareggiare il «Ventennio» gli manca ancora un anno [...]
Ansa» 2008-10-17 18:27
Scuola: Napolitano, non si puo’ dire solo no
ROMA - Giorgio Napolitano, intervistato da alcuni alunni nella Tenuta presidenziale di Castelporziano, invita tutti a guardare senza preconcetti ai progetti di riforma scolastica. "Non si possono dire soltanto dei ’no’, né bisogna farsi prendere dalla paura. Si può essere d’accordo su alcuni cambiamenti e non su altri", ha detto il capo dello Stato.
La questione è stata posta in modo serio da una bambina di una scuola di Milano che ha detto: "Caro Presidente, cosa ne pensa di tutti questi cambiamenti del sistema scolastico? Dei decreti con i quali molti insegnanti perderanno il lavoro? Cosa ne sarà dei loro figli?".
Napolitano ha precisato che le competenze in questa materia sono del ministro della Pubblica istruzione. "Io guardo quello che fanno Governo e Parlamento e quello che si discute con i rappresentanti della scuola e dei sindacati. Bisogna fare attenzione - ha detto - a non farsi prendere da nessuna esagerazione e da nessun allarme. Certamente ci sono alcune cose da cambiare nella nostra scuola, che non dà ai ragazzi tutto quello che dovrebbe sul piano della formazione e della preparazione al lavoro. Quindi bisogna discutere le cose per come stanno".
la Repubblica, 16.10.2008
Notte bianca alle elementari, licei e università occupati
Scuole in rivolta contro la Gelmini: dalle elementari, ai licei, alle università.
Cortei, assemblee e fiaccolate: la protesta dilaga in tutta Italia
E i sindacati chiamano anche l’università allo sciopero generale a metà novembre
di Marina Cavallieri
ROMA - Mamme combattive, padri con computer per aggiornare i blog, maestre preoccupate. E poi bambini, tanti, un po’ per giocare, un po’ per capire. È stata la giornata più insolita, la notte più lunga della scuola italiana.
Dal tramonto all’alba, tanto è durata una protesta spontanea e fantasiosa, una resistenza pacifica, esplosa in centinaia di aule di periferia, nelle strade di quartieri borghesi, negli istituti illuminati a tarda sera. In tutte quelle anonime cittadelle del sapere, piene di disegni, graffiti e buona volontà, che sono le scuole pubbliche, dalle elementari all’università, che in una Notte bianca, di luna piena, hanno ritrovato un sentimento comune e un inaspettato imprevisto scatto d’orgoglio. «Perché la scuola pubblica non sia ridotta ad un fantasma», questo lo slogan che ha unificato le proteste sbocciate come dal nulla che si sono diffuse a Bologna, Roma, Milano, Napoli, Pisa, Parma, Viareggio, Torino, Brescia e in tante altre città.
Nel "Gelmini night & day" hanno marciato insieme compatti genitori e insegnanti, è la nuova alleanza che si è formata contro i tagli e il maestro unico, a favore del tempo pieno, un movimento fluido, spontaneo, che preferisce i blog al ciclostile, odia le etichette politiche «non vogliamo strumentalizzazioni», favorisce le contaminazioni, infatti hanno aderito anche studenti delle medie e universitari che a loro volta hanno dato vita a mobilitazioni nei licei e negli atenei. Perché questa non è una battaglia generazionale ma trasversale contro «l’attacco al sapere pubblico», come si legge nel comunicato dei genitori di Pisa.
«Non è una protesta politicizzata, è un movimento spontaneo, istintivo, nato su un gigantesco passaparola», spiega Simona, madre di due bambini che frequentano la scuola elementare Crispi, di Roma, che ha aderito alla notte bianca. «Il maestro unico, i tagli al tempo pieno sono un passo indietro e incidono sulla qualità della scuola e della vita delle persone, perché né le madri né i bambini sono più quelli di una volta». Una protesta che si nutre di assemblee e di capannelli ma è su internet che si amplifica e corre veloce, nei siti improvvisati, nei blog dove si dibatte fino a notte fonda.
«È nato un movimento trasversale che sta crescendo anche se le possibilità di incidere sul decreto sono ormai poche ma ci saranno tutti i regolamenti, la gestione del dimensionamento, gli organici dove possiamo ancora fare qualcosa magari con una legge di iniziativa popolare», dice una maestra che sfila nella fiaccolata che si è tenuta nel quartiere Prati. A Bologna tra cene sociali, pic nic, assemblee permanenti dove sono stati invitati anche genitori e professori, la mobilitazione è stata contagiosa, tanti i licei occupati e le scuole elementari aperte perché da loro è partita la Notte bianca.
Fiaccolata anche a Napoli a piazza del Plebiscito mentre a Milano i primi a scendere in piazza, ieri pomeriggio, sono stati i bambini della «Casa del Sole», storico istituto dentro al parco Trotter, culla di ogni contestazione che si ricordi. Una ventina le scuole elementari coinvolte. Assemblee anche negli atenei di Roma, Milano, Pisa, Bologna dove Lettere è stata occupata. Nelle aule universitarie la protesta assume sfumature meno festose, forse più cupe. «Non saremo noi a pagare i tagli», era scritto in uno striscione alla Sapienza. Il 14 novembre ci sarà uno sciopero generale ma intanto si discute di quello dei Cobas di domani per capire chi va e chi no.
Le mamme delle elementari sulle barricate "Mai occupato prima, ma stavolta ci vuole"
"Se arriva la Digos torniamo a casa, non siamo martiri, ma l’importante è farci sentire"
di Michele Smargiassi
BOLOGNA - I sacchi a pelo sono a casa, «ma ci metto un attimo a andarli a prendere». Le bimbe sono eccitatissime: stanotte si dorme a scuola? Con mamma e papà, come in campeggio, però tra i banchi? Questa sì che è un’avventura. «Però ci leggerete lo stesso la favola della buonanotte?». Papà Angelo ha spiegato alle due figlie, prima e terza elementare, che sarà un po’ una festa e un po’ una protesta, che «vogliamo tanto bene alla scuola che ci dormiamo dentro perché non ce la rovinino». E adesso sarebbero deluse se non accadesse, anche se questo alle ore 17 è solo il programma provvisorio della famiglia Guerriero e di un’altra ventina: «Stanotte vediamo, se all’una arriva la Digos ci diamo la mano e andiamo a casa, mica siamo martiri anti-Gelmini, quel che conta è farci sentire». Tra le decine di scuole elementari bolognesi che hanno proclamato la «notte bianca» contro i decreti del ministro dell’Istruzione, la Mattiuzzi-Casali è una di quelle dove i genitori hanno (quasi) deciso di occupare davvero la scuola «fino all’alba» come c’è scritto sui volantini. Ma non sono un covo di rivoluzionari. Angelo forse è l’unico che al liceo abbia «fatto qualcosina», ma non ha mai avuto tessere. Veronica, architetto, politica invece non ne ha mai fatta, ma ora brandisce lo striscione ideato col figlio che va in prima ("Non voglio una scuola fatta coi piedi", e sotto impronte colorate), e solo altri due figli piccoli le impediscono di stendersi anche lei in corridoio: «Occupare una scuola è più necessario adesso di quand’ero studentessa io».
Per mobilitare le mamme (più le mamme dei papà), le mamme tassiste cuoche colf e lavoratrici, e farle diventare anche mamme protestatarie, cos’è scattato? «Non ho mai fatto politica, è questo che mi dà la carica», Simona Blosi ha due figlie alle Fortuzzi, «sono una professionista, da vent’anni lavoro sola in un ufficio, per la prima volta capisco che le cose si cambiano insieme, e quel che non ho fatto a diciott’anni lo devo fare adesso». Ma perché adesso? «Perché stavolta la scuola non la cambia, la vogliono tagliano»: anche Sandra, commessa, è al suo primo corteo, quello che esce dalle Romagnoli, una delle scuole più di frontiera della città, quartiere Pilastro, più immigrati che italiani in molte classi. In testa i maestri sindacalizzati scandiscono slogan, più pratici di queste cose. I genitori con carrozzine e bici seguono un po’ esitanti. «Siamo ancora pochi», non s’accontenta Mirella, rappresentante d’istituto. Ma un movimento di mamme auto-organizzato non nasce già bell’e pronto. È un "partito" cresciuto pian piano in quei minuti quotidiani di chiacchiera libera davanti ai cancelli prima della campanella, «Ma è vero che dall’anno prossimo escono alla mezza? Dovrò comprarmi una nonna», battute e paure, si chiedono lumi alle maestre, «dai tigì non si capisce», giri di email, riunioni in pizzeria, «bisogna fare qualcosa», l’emozione del primo volantinaggio a quarant’anni, come ciclostile le stampanti dei computer domestici, «ciascuno faccia cinquanta copie», tutto nel clima un po’ goliardico da prove per la festa di fine anno, «vince una pizza chi disegna il simbolo più bello della notte bianca»; per la cronaca ha vinto un piccolo spettro che sta sveglio la notte «perché la scuola pubblica non sia ridotta a un fantasma».
«Movimento trasversale» per la maestra Laura delle Romagnoli, «perché non è più in gioco un’idea diversa di scuola, come con la Moratti, ma un’idea di meno scuola, e questo non piace neppure a chi vota Berlusconi». L’importante è «non cadere in politica», spiega Marina D’Altri, figlie in seconda e terza; nel suo gruppo è stata decisa questa regola: «si criticano i ministri ma non il premier». Tiro libero su "Gel/mini, il gel che fa rizzare i capelli", zitti su Silvio. Se poi la politica reagisce, ignorarla: Daniele Turchi, papà alle Longhena, è stato decorato sul campo, qualche giorno fa, da un uovo che gli ha centrato la giacca durante un incontro non proprio cordiale col deputato Pdl Garagnani ben difeso dai suoi, ma non ne vuol parlare perché «l’obiettivo non è far la guerra a un governo, ma difendere un bene necessario ai nostri bambini».
Per questo si portano i figli in corteo. «Strumentalizzati», si sentono rinfacciare. «Coinvolti», ribatte Angelo, «c’è differenza. Chiaro che vengono, se glielo chiedono mamma e papà, ma sono in grado di capire che lo facciamo per loro. E poi siamo stati chiari: se i bimbi sono in imbarazzo, non li si porta». «I bambini strumentalizzati sono quelli piazzati per ore davanti alla tivù», è più netta Veronica, «come accadrà in tante case dopo i tagli della Gelmini». Verso sera i cortei s’incrociano, clown bande palloncini, poi entrano nelle scuole concesse dai dirigenti per assemblee e spettacoli, ma solo fino a mezzanotte, chissà come finirà. Sgomberare occupanti di scuola che magari hanno passato gli anta, anche per la Digos sarebbe un debutto.
www.retescuole.net
www.udu.it
Proteste negli atenei, il 14 novembre lo sciopero
Agitazione contro le norme che bloccano la
stabilizzazione dei precari degli enti di ricerca
SONO USCITI DALLE UNIVERSITÀ, a Torino, Napoli, Roma. Studenti, dottorandi, ricercatori, personale non docente. Gli atenei hanno iniziato a far sentire la propria voce contro la coversione in legge di un decreto passato in aula ad agosto, mentre le università erano chiuse, e che rischia di mettere in pericolo i già disastrati bilanci degli atenei italiani.
Le parole del ministro Mariastella Gelmini sul fatto che «gli studenti vanno rimessi al centro della nostra missione, tornando a fare dell’università uno strumento straordinario di mobilità sociale e concentrando i nostri sforzi sulla qualità dell’offerta», non coincidono con i tagli previsti da quella «legge 133 del 6 agosto 2008». Da più parti, come all’università «La Sapienza» di Roma si chiede ai Rettori il blocco della didattica. Oggi il rettore della prima università romana Luigi Frati discuterà con loro nell’assemblea di ateneo. Le richieste che arrivano dalle facoltà in mobilitazione chiedono lo stop della didattica. In caso di risposta negativa gli studenti potrebbero anche decidere di occupare l’università.
Gli appuntamenti per far sentire la propria voce non mancano. Già domani a Roma, nell’ambito del corteo organizzato dalle rappresentanze di base ci sarà uno spezzone organizzato dagli studenti. Ma è di ieri anche la notizie di un’ulteriore mobilitazione dei sindacati confederali, che, dopo lo sciopero generale del 30 ottobre, potrebbero proclamarne uno di settore il 14 novembre: «Sarà il culmine di una grande fase di mobilitazione sociale - spiega Domenico Papaleo, segretario generale Slc-Cgil - che vedrà unite tutte le sigle sindacali per difendere i tagli indiscriminati che il Governo vuole applicare ad università, ricerca e conservatori». La spinta ad accelerare la richiesta di uno sciopero è arrivata proprio dal basso, dalle contestazioni spontanee di questi giorni. «Non c’è un progetto che si possa chiamare tale - sostiene Luigia Melillo, responsabile dell’associazione professionale universitaria - mentre si stanno applicando forti tagli che assieme al blocco del turn-over metteranno in ginocchio il sistema universitario italiano».
e.d.b.
Nel fortino della Sapienza: «Pronti al blocco, non vogliamo l’università in mano alle banche»
La lezione di Diritto pubblico sullo Statuto Albertino del professor Francesco D’Onofrio, esponente Udc già ministro della Pubblica Istruzione, è interrotta intorno alle undici e mezza dall’assemblea degli studenti arrivati in massa nell’aula A al secondo piano di Scienze Politiche della Sapienza. L’ex ministro dell’Istruzione si ferma ad ascoltare l’assemblea ed interviene solo per una breve nota: «Almeno qui si discute, al Senato non è stato possibile». Già, perché l’obiettivo principale della protesta che qui come in altre parti d’Italia ha già acceso focolai nelle facoltà di Psicologia, Fisica e Lettere, è la legge 133 del 2008, ennesima conversione di un decreto legge (questa volta di finanza), passata a Palazzo Madama in pochi minuti nell’agosto trascorso. Una legge che tiene dentro, per quanto riguarda l’università, tagli di 1,5 miliardi in 5 anni, la possibilità per gli atenei di trasformarsi in fondazioni di diritto privato e un rallentamento del turn-over al 20% (ogni cinque professori pensionati se ne potrà assumere uno).
Eppure non c’è solo questo nelle parole di Dario, Vanessa, Luca, Francesco e Carlo. Non c’è solo questo nello slogan della protesta che all’una del pomeriggio parte dall’aula di Scienze Politiche per arrivare in un corteo interno a Lettere e poi uscire per strada, su un percorso concordato che gira attorno all’università seguendo la direzione del traffico.
Lo slogan che afferma «Noi la crisi non la paghiamo» è il manifesto di questa generazione tenuta a mollo negli atenei italiani, convinta che in un diverso modello di sviluppo potrebbe essere considerata una risorsa per il Paese. E invece è messa dietro «la competizione dei tondini di ferro con la Cina». E alle beghe di cassa. «Questa crisi non l’abbiamo determinata noi, ma gli speculatori. Le banche a cui questo decreto vorrebbe dare la possibilità di entrare all’università». Luca Cafagna ha 24 anni, studia a Scienze Politiche, e vede che nel suo futuro si sta facendo strada un modello «americano», con lo Stato che toglie soldi dal Welfare, da Sanità, Scuola e Istruzione per darlo in mano alle banche «e non coglie il segno storico di quello che sta succedendo». Con le banche che arrancano davanti alla crisi di prestiti e mutui «di quelle famiglie che devono pagare l’assicurazione per gli ospedali e mettere da parte i soldi per iscrivere i figli all’università».
Un’idea condivisa da Francesco Raparelli, che di anni ne ha 30 e prende 800 euro al mese per fare un dottorato di ricerca in filosofia politica a Firenze: «340 euro se ne vanno per l’affitto, 250 per spostarsi ogni mese tra Roma e Firenze. E questo è solo il presente perché il futuro non c’è. Siamo passati dall’incertezza alla catastrofe». Certo, afferma, quando iniziò l’università aveva idea di concentrarsi sullo studio, di avviarsi sul percorso scivoloso della ricerca che in Italia non ha mai pagato in termini economici. Oggi, però, raggiunto quel primo obiettivo, davanti non vede niente. E non è colpa solo di questa legge 133 che toglie soldi all’università senza nemmeno disegnarne un assetto coerente. È che da anni il Paese ha scelto di concentrarsi su altro. Vanessa, che di anni ne ha 24 e frequenta Scienze Politiche, è convinta di stare studiando a vuoto, che quelle lezioni che segue giorno per giorno alla fine non la porteranno nel posto che meriterebbe. Che gli stessi insegnamenti a volte siano «troppo specifici» per essere spendibili nel mondo del lavoro. Che loro, alla fine, saranno dei precari che non si spenderanno nelle cose che hanno studiato. Ma che si fa? Cosa chiedono questi ragazzi? Risponde sempre lei: «Chiediamo che lo Stato investa sull’università e sulla ricerca. Che investa su di noi e che non ci tratti come una questione finanziaria. Guarda, già ci hanno abituato con la messa in funzione dei “crediti” e dei “debiti” scolastici». Come dice Stefano, 25 anni, due esami alla tesi e un presente da studente-lavoratore (proiezionista e gestore di un banchetto che vende libri): «Non è possibile che a questa età dobbiamo ancora vivere con i genitori perché non riusciamo ad avere i soldi in tasca per andarcene di casa». È lui che nell’aula di Scienze Politiche ha lanciato intorno all’una l’idea del corteo interno, mentre nei plessi di fianco continuavano a tenersi assemblee pubbliche.
Dietro a queste proteste non ci sono partiti, come spiega Dario, ma reti e movimenti di studenti. Nell’immaginario collettivo c’è ancora la Francia. Non quella del maggio di quarant’anni fa, ma quella degli studenti che nel 2005 misero all’angolo il «contratto di primo impiego» (Cpe) del governo di Dominique De Villepin (Nicolas Sarkozy ministro dell’Interno). Quella delle occupazioni e dell’ultima lotta studentesca vinta. Prima di tutto, però, la battaglia va combattuta contro il luogo comune che sta sommergendo, in nome di una bizzarra efficienza economica, una parte delle battaglie della sinistra nel nostro Paese. Quello che tiene tutto sullo stesso piano. Sintetizzato nello slogan di ribellione del personale non docente rivolto all’assemblea di Scienze Politiche: «Noi non siamo fannulloni, voi non siete bamboccioni».
Eccolo il nodo del problema. Sottolineato anche dalle parole di Vanessa che spiegano quel «Noi la crisi non la paghiamo». Non è una ritirata dei ragazzi dalle proprie eventuali responsabilità: «È al contrario una presa di coscienza. Noi vogliamo impegnarci. Vogliamo fare la nostra parte. Vogliamo solo che qualcuno creda in noi». La legge 133 è la prima battaglia di una lotta politica che appare lunga e che non tiene dentro, per ora, nemmeno tutto il corpo studentesco.
Dario spiega: «Vogliamo il blocco della didattica. È l’unico segnale possibile per dire che l’università reagisce a questo ennesimo taglio». Oggi il Pro-rettore Luigi Frati risponderà alla richiesta degli studenti. Non sembra ci si orienti su questa linea. Come spiega Fulco Lanchester, preside di Scienze Politiche: «Io verrò all’assemblea, ma devo anche garantire che chi voglia fare lezione possa farlo».
l’Unità 16.10.2008
«No Gelmini day and night», notte di lotta per la scuola
Cortei, fiaccolate e assemblee da Bologna a Cosenza, da Milano a Roma. Dove è stato occupato il Mamiani
di Maristella Iervasi
L’IDEA DELLA NOTTE bianca della scuola pubblica è partita da Bologna e in un baleno i coordinamenti nazionali di genitori e insegnanti hanno dato vita al «No Gelmini Day & Night». Da Milano a Castrovillari (Cosenza), passando per Brescia, Mestre, Viareggio, Parma, Roma, e Sassari, la protesta anti-Gelmini è scattata all’unisono: al mattino tutti in classe, poi dall’imbrunire a mezzanotte tutti nelle scuole per un pigiama-party o nelle piazze dei municipi a «far rumore», in corteo con fiaccolate o riunuti in assemblee con ospiti d’eccezione. Come all’elementare Francesco Crispi di Monteverde Vecchio, a Roma, dove Don Roberto Sardelli, il sacerdote che nel ‘68 fondò la «scuola 725» tra i figli dei barraccati dell’Acquedotto Felice e dal quale fu tratto il documentario «Non tacere», si è seduto tra le mamme e i papà del quartiere raccontando la sua esperienza unica. La ministra sottoaccusa, Mariastella Gelmini, intanto ieri mattina è salita al Quirinale per fornire chiaramenti al presidente Napolitano sui suoi provvedimenti che non piacciono neppure alle Regioni.
Il movimento anti-Gelmini non si ferma. Dalle elementari la mobilitazione sta facendo breccia anche nelle medie, mentre tra gli studenti delle superiori è già in atto. Tant’è che ieri è partita la prima occupazione, il liceo Classico «Mamiani» di Roma lo definisce «presidio permanente», una nuova forma di autogestione, volta a far comprendere a tutti cittadini i reali disagi e i punti critici della controriforma sulla scuola.
Parate rumorose e colorate nel quartiere multietnico di Piazza Vittorio, nel primo municipio capitolino. In 300 tra mamme, papà e bambini della Beccarini e della Donati hanno ribadito la loro contrarietà al maestro unico. «Il modo migliore per l’integrazione e per imparare l’italiano - sottolinea un genitore bengalese - è quello di di vivere insieme e non di creare classi separate». Un chiaro riferimento alla mozione leghista sulle classi differenziate per gli immigrati, da poco passata alla Camera. E non finisce qui. Il Coordinamento «Non rubateci il futuro» sottolinea che una una riforma della scuola è necessario, «ma non così: tagliano i fondi, tagliono le ore e rifiutano qualsiasi confronti in Parlamento e nel paese con chi la scuola la fa e la vive tutti i giorni». Così ecco che solo a Roma i concentramenti anti-Gelmini erano oltre una decina. E L’elementare «Andersen» di Roma Nord va avanti l’occupazione senza interrompere la didattica. Intanto al Senato non è escluso il bis della fiducia sul decreto 137 la commissione Affari Costituzionali ha dato parere favorevole (Pd, Idv e Udc hanno votato contro). Il popolo della scuola ne è cosciente. Tant’è che domani riponderà all’appello dei Cobas e il 30 ottobre allo sciopero generale dei confederali.
Apartheid scolastico, Lega isolata Classi differenziali, sdegno da tutte le forze politiche. Epifani: atto di inciviltà
di Simone Collini
JEAN LEONARD TOUADI parlamentare del Pd che è nato nella Repubblica del Congo e che certe dinamiche le conosce bene, racconta che «la Lega non si è inventata niente». E spiega: «Le ‘classi ponte’ proposte dal Carroccio esistevano già qualche anno fa, nel Sudafrica delle discriminazioni. La stessa parola “Apartheid” significa, in lingua boera, “sviluppo separato”. Stiamo giocando con il fuoco».
L’eurodeputato della Sinistra europea Vittorio Agnoletto ricorre invece agli studi storici: «Prima di Cota ci aveva già pensato Goebbels». Il riferimento al ministro della Propaganda nazista viene argomentato col fatto che «classi ebraiche statali» e per stranieri «furono istituite dal regime nazista»: «La propaganda spiegò al popolo tedesco che i cambiamenti avrebbero migliorato le condizioni di vita tanto dei cittadini del Reich quanto degli stranieri», ricorda. «Oggi Cota usa parole non molto diverse».
In realtà, la mozione presentata dal parlamentare leghista e approvata l’altro ieri alla Camera con i voti del centrodestra fa di più. Per giustificare la norma delle classi separate per gli alunni stranieri che non abbiano superato dei test ad hoc, il provvedimento introduce una formula piuttosto circonvoluta: «La scuola italiana deve essere in grado di supportare una politica di “discriminazione transitoria positiva”, a favore dei minori immigrati». Per l’opposizione, ma anche per pezzi della maggioranza, per il sindacato, per amministratori locali di diverso colore politico, per associazioni le più diverse e per il Vaticano, questa mozione introduce una «discriminazione» punto e basta.
«Dio ci scampi dall’idea di classi separate», dice Walter Veltroni definendo «inconcepibile» il documento approvato. Il segretario del Pd invita ad immaginare cosa sarebbe accaduto se «nella Torino degli anni 60 fossero state fatte delle classi differenziate per i figli di immigrati che non parlavano bene l’italiano. Che Italia avremmo costruito?». Il leader dei democratici promette che se il Pdl tenterà di trasformare la mozione leghista in una legge, il suo partito «farà in aula tutto quello che è possibile fare per bloccarla».
Il destino della mozione è tutt’altro che chiaro. È esclusa la riconversione del testo in emendamento al decreto Gelmini, che martedì sarà discusso al Senato. Piuttosto, le voci critiche che si levano nello stesso centrodestra e anche in ambienti esterni al mondo politico fanno prevedere un percorso quantomeno ad ostacoli.
La presidente della commissione Bicamerale per l’infanzia Alessandra Mussolini parla di «provvedimento razzista» e chiede un incontro urgente con il ministro dell’Istruzione Gelmini. Gianni Alemanno definisce «necessaria una pausa di riflessione prima che la mozione si traduca in norma di legge». Il sindaco di Roma auspica anche «un confronto con il mondo del volontariato, l’associazionismo cattolico e con tutti coloro che operano nel campo dell’istruzione e dell’immigrazione».
Tutti settori che hanno già espresso dure critiche. Il segretario della Cgil Guglielmo Epifani parla di «atto di inciviltà verso tutti i bambini, siano essi figli di immigrati o di italiani» e di una divisione che «richiama gli aspetti bui dell’apartheid». «L’idea di ghettizzare bimbi immigrati in classi differenziate» non piace neanche al segretario dell’Ugl Renata Polverini. Preoccupazione viene espressa dall’Anci, dall’Arci, da Legambiente e da tante altre associazioni e sigle del mondo del volontariato. E anche il Vaticano è intervenuto auspicando adeguate politiche per l’integrazione: «Un indicatore molto importante del grado di inserimento dei giovani - dice l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli itineranti - è la loro integrazione nel sistema formativo del Paese di residenza».
Nel mondo 70 milioni di bimbi senza scuola, 250mila sono soldati
Il rapporto di Save the Children. Dure accuse al governo italiano avaro di fondi ma «generoso» nella vendita di armi ai Paesi in guerra
di Emiliano Dario Esposito
UN FUTURO Riscrivere il futuro, quando quello che si prospetta per milioni di bambini è senza speranza, segnato. Ci sta provando Save the Children, che ha presentato ieri il rapporto sui primi due anni della campagna «Riscriviamo il Futuro», incentrata sullo sviluppo scolastico e la cessazione dell’uso di bambini soldato nei paesi in conflitto. Un tentativo che sta dando i suoi frutti, ma che vede le istituzioni - mondiali, ma italiane in particolare - insensibili, assenti.
La fotografia della realtà presentata dall’associazione è inquietante. L’indifferenza dei Paesi ricchi fa sì che 70 milioni di bambini non possano andare a scuola, ipotecandone la vita, svalutandone ogni potenzialità. Facendone facile preda di fondamentalismi, di promesse di «giochi di guerra» da parte di uomini senza scrupoli. Le cifre sono terribili: 250 mila minori suono attualmente arruolati in eserciti non governativi. Di recente in guerra due milioni sono morti, sei milioni sono stati feriti, resi invalidi o hanno subito gravi traumi psicologici.
E sotto il fuoco delle armi e della violenza collassa anche il sistema scolastico dei paesi in conflitto: insegnanti uccisi, scuole distrutte o trasformate in caserme. In Afghanistan, ad esempio, solo la metà dei bambini tra i 7 ed i 13 anni frequenta la scuola. In Nepal i maoisti, ora al governo, chiusero mille scuole e rapirono 12 mila studenti per indottrinarli o arruolarli nell’esercito ribelle.
Vernor Munoz - responsabile delle Nazioni Unite per il diritto all’educazione - parla della scolarizzazione come del primo dei diritti inalienabili. «La Dichiarazione Universale dei diritti umani, la Carta dei diritti dell’infanzia e lo Statuto di Roma affermano chiaramente - spiega Munoz - che il diritto all’educazione non è suscettibile di sospensioni, la guerra non può tenere i bambini lontani dalla scuola. L’istruzione riunisce le giovani vittime della guerra, ne ricuce il tessuto sociale».
A proposito di quanto la campagna «Riscriviamo il Futuro» non sia sostenuta dal governo italiano, Valerio Neri - direttore generale di Save the Children Italia - è chiaro: «Nel 2007 Save The Children da sola in Italia ha raccolto 2,5 milioni di euro, laddove il governo italiano ne ha stanziati soltanto tre». Il nostro Paese, del resto, è al terz’ultimo posto nella lista dei grandi donatori in aiuti all’istruzione di base. «Siamo una nazione ipocrita - continua Neri - noi, come gli altri del G8, vendiamo armi a stati che non rispettano i diritti umani, stati che fanno imbracciare queste armi ai bambini.
L’Italia tra il 2002 ed il 2007 ha venduto armi in Uganda, Eritrea, Algeria, Colombia, Congo». Ma anche Afghanistan, Burundi, Ciad, Nepal, Nigeria, Pakistan, Sierra Leone. Soprattutto bombe a grappolo, «dormienti» fino a che non vengono calpestate, spesso proprio da bambini. E intanto il nostro governo riduce i fondi per la cooperazione internazionale. I Paesi del G8, Italia compresa, detengono l’84% delle esportazioni di armi nel mondo. I compratori, d’altra parte, sono Stati che spendono 18 milioni di dollari l’anno in armamenti e nulla per le proprie scuole: considerano i figli delle loro terre come niente più che soldati.
Non c’è soltanto denuncia, nel rapporto di Save the Children: a due anni dalla partenza dell’iniziativa «Riscriviamo il futuro» l’associazione ha raggiunto risultati concreti. Sei milioni di bambini hanno adesso garantita un’educazione primaria, grazie a donazioni per un totale di 300 milioni di euro. La raccolta di fondi continua, ma l’obiettivo di creare un movimento, di coinvolgere i governi dei paesi più sviluppati, è ancora lontano.
Berlusconi a Bruxelles parla della sua longevità politica
"Governerò per 19 anni quasi come quello là..."
di c.t.
BRUXELLES - «Ho fatto i conti. E alla fine di questa legislatura sono quasi 19 anni che sto qui. Quanti anni è stato invece. quel signore là?». E «quello là» sarebbe Benito Mussolini. Che, senza elezioni democratiche e con poteri dittatoriali, ha guidato l’Italia per un «Ventennio». Ad azzardare il paragone è stato Silvio Berlusconi. Al termine della conferenza stampa che ha chiuso la prima giornata del vertice europeo, non è riuscito a trattenere la battuta. Ha salutato i giornalisti, gli ha spiegato di considerarsi un «veterano» di questi summit e poi, sorridendo, ha fatto un po’ di conto. Dal 1994 (quando è sceso in campo) al 2013 (quando terminerà la legislatura) sono, appunto, 19 anni. Il Duce, in realtà, a Palazzo Venezia c’è stato per un po’ di più: quasi 21 anni ininterrotti, dal 31 ottobre del 1922 al 25 luglio del 1943.
Il Cavaliere, invece, ha omesso le sue «pause», ha fatto finta di essere stato a Palazzo Chigi per l’intero periodo. Nel ‘94 è stato presidente del Consiglio solo per 7 mesi e poi è tornato al governo nel 2001 fino al 2006. Sta di fatto che ai cronisti non è sfuggito il parallelo e gli hanno fatto notare che per pareggiare il «Ventennio» gli manca ancora un anno. Il tutto è nato dal ruolo che a suo giudizio svolge l’Italia nel Consiglio europeo. «Noi siamo i più esperti. Io e Giulio (Tremonti, ndr) siamo una grande coppia. Io con la mia esperienza da imprenditore, lui con la sua genialità». Anche perché, osserva, oltre ai «big» dei paesi fondatori, «ci sono quelli dell’Est, ragazzi nuovi. Noi, ahimé, siamo dei veterani. Se penso che con ancora 5 anni, io alla fine sarò stato qui 19 anni».
Chi sa se facendo tornare la memoria a 60 anni fa, non abbia avuto un peso l’ultimo sondaggio citato da Berlusconi. Sulla sua scrivania, infatti, spunterebbero cifre «bulgare», o per meglio dire «nostalgiche». «Io - ha riferito - ho dei sondaggi affidabili, che hanno sempre avuto ragione, e che mi danno il consenso al 70,2%. E’ una cosa francamente imbarazzante, da lì non si può che scendere, lo so». Eppure, in passato, aveva accuratamente evitato toccare la materia. Da Fascismo e Resistenza si era sempre tenuto alla larga. «Non voglio entrare in questa discussione che va lasciata in un angolo - aveva detto il 15 settembre scorso dribblando le polemiche suscitate dai richiami di Ignazio La Russa e Gianni Alemanno alla Repubblica di Salò - . Sono abituato a guardare avanti e non mi attardo in questi problemi che non mi toccano, lascio questa discussione ad altri».
la Repubblica 16.10.08
"Con le norme taglia-precari il ministro non sarebbe professore"
ROMA - «Con le norme "ammazza precari" il ministro Brunetta non sarebbe diventato professore». Lo ha denunciato nel suo intervento alla Camera il deputato del Pd componente della commissione Cultura, Giovanni Bachelet, che aggiunge: «Brunetta dovrebbe sapere più di altri che fermare simultaneamente i concorsi e la stabilizzazione di molti ricercatori negli enti di ricerca sarebbe una catastrofe. D’altronde, proprio lui, è diventato professore associato con i concorsi del 1981, quei concorsi anche detti "grande sanatoria", con i quali tutti quelli che a vario titolo erano precari nelle Università sono stati accettati come professori con un concorso riservato». «Quello che più critichiamo - prosegue Bachelet - è che il governo con la finanziaria blocca il turnover dell’Università ed impedisce nuovi concorsi e con l’emendamento "ammazza precari" ferma le stabilizzazioni».
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
Ansa» 2008-10-17 18:27
Scuola: Napolitano, non si puo’ dire solo no
ROMA - Giorgio Napolitano, intervistato da alcuni alunni nella Tenuta presidenziale di Castelporziano, invita tutti a guardare senza preconcetti ai progetti di riforma scolastica. "Non si possono dire soltanto dei ’no’, né bisogna farsi prendere dalla paura. Si può essere d’accordo su alcuni cambiamenti e non su altri", ha detto il capo dello Stato.
La questione è stata posta in modo serio da una bambina di una scuola di Milano che ha detto: "Caro Presidente, cosa ne pensa di tutti questi cambiamenti del sistema scolastico? Dei decreti con i quali molti insegnanti perderanno il lavoro? Cosa ne sarà dei loro figli?".
Napolitano ha precisato che le competenze in questa materia sono del ministro della Pubblica istruzione. "Io guardo quello che fanno Governo e Parlamento e quello che si discute con i rappresentanti della scuola e dei sindacati. Bisogna fare attenzione - ha detto - a non farsi prendere da nessuna esagerazione e da nessun allarme. Certamente ci sono alcune cose da cambiare nella nostra scuola, che non dà ai ragazzi tutto quello che dovrebbe sul piano della formazione e della preparazione al lavoro. Quindi bisogna discutere le cose per come stanno".
LE PROTESTE CONTRO I TAGLI ALLA SCUOLA
La mobilitazione continua ma la Gelmini non cede
Da oggi scioperi, proteste e occupazioni. Il ministro: le mie riforme come quelle di Obama *
ROMA Tra i 5 e i 6 mila studenti, a detta degli organizzatori, stanno manifestando a Roma in un corteo «apolitico» organizzato dalle scuole superiori del IV municipio della città contro la politica del governo in materia di istruzione. Al corteo, partito intorno alle ore 10 da piazza della Repubblica e diretto a piazza Venezia, quindi a piazza Navona, partecipano anche studenti di altri licei della capitale e qualche universitario. Al termine della manifestazione è previsto un sit-in davanti al Senato. Continuano, intanto, le occupazioni: questa mattina è stato occupato l’istituto nautico Marcantonio Colonna per protestare contro l’imminente approvazione del decreto Gelmini.
Nel primo striscione che apre il corteo c’è scritto «IV municipio: giù le mani dalla nostra cultura», ma alla protesta hanno aderito anche studenti di altre scuole della città, che intendono sensibilizzare i cittadini sui provvedimenti del governo sulla scuola. Al corteo, che attraversa il centro di Roma, si stanno unendo altri gruppi di studenti. Circa 200 giovani hanno coperto una parte del percorso in metropolitana, sulla linea A, sono scesi alla stazione Spagna e continuando a scandire slogan, sono passati per via Condotti si sono poi diretti verso piazza Venezia. A Roma da oggi parte anche una settimana di lezioni all’aria aperta, anche in luoghi simbolo della città, per protestare - senza bloccare l’anno scolastico e accademico - contro la riforma Gelmini. Studenti ed insegnanti della facoltà di medicina della Sapienza terranno delle lezioni davanti al Ministero della Pubblica Istruzione mentre a Piazza Farnese si terrà la lezione del docente di Filosofia Roma tre Giacomo Marramao.
Anche a Napoli studenti ancora in piazza per protestare contro la riforma Gelmini. Questa mattina sono due, per il momento, i cortei che stanno sfilando in città. Un primo, autorizzato, è partito poco dopo le 10 in alcune strade del quartiere periferico Ponticelli; un altro, estemporaneo, si è radunato in piazza del Gesù per dirigersi in piazza Municipio. Intanto aumenta il numero di istituti superiori occupati o autogestiti. Lo storico liceo classico Genovesi, in piazza del Gesù, che è stato il primo ad essere occupato, resta il fulcro della protesta.
A Bari, invece, lezioni universitarie in piazza per protestare contro la riforma Gelmini. Stamane a dare il via alle attività, nella centrale piazza Umberto, di fronte all’Ateneo, è stato il prof. Angelo Massafra della facoltà di lettere con una lezione di storia moderna rivolta ad una cinquantina di studenti seduti per terra. Fitto il programma della giornata: in piazza Umberto le attività proseguiranno con una lezione di letteratura inglese tenuta dal prof. Stefano Bronzini e poi, all’ora di pranzo, con una lezione di storia della filosofia contemporanea del prof. Sistetti. I docenti hanno accolto favorevolmente l’iniziativa degli studenti concordando addirittura con la preside di facoltà, Grazia Di Staso, il calendario delle lezioni di tutta la settimana.
Continuano anche a Palermo le proteste degli studenti contro. Le lezioni sono ancora sospese alla facoltà di Lettere mentre assemblee spontanee sono state promosse nelle altre facoltà. Cortei e sit-in sono stati organizzati dagli studenti degli Istituti superiori. Una manifestazione si sta tenendo davanti alla sede regionale Rai. Mentre un corteo è sfilato stamane lungo via Libertà paralizzando il traffico. Gli studenti della Facoltà di Scienze della Formazione stanno invece tenendo lezione all’aperto in piazza Castelnuovo, di fronte al teatro Politeama. E lezioni di docenti di Ingegneria, Architettura, Medicina, Farmacia e Giurisprudenza si terranno da domani in simultanea in diverse piazze della città.
A Firenze, invece, ci si prepara per una maratona non stop di 24 ore di lezioni, per protestare contro i tagli all’Università. A metterla in atto, a partire da stamani alle 8.30, gli studenti universitari del Polo di Scienze. Le lezioni, che continueranno senza sosta fino alle 8.30 di domani mattina, si svolgono al dipartimento di matematica «Ulisse Dini» e sono visibili anche su Internet sui siti www.collettivodiscienze.it e www.studentidisinistra. Caffè gratis di notte, per restare svegli, e colazione gratuita per chi riuscirà ad arrivare a domani mattina. Iniziativa simile anche a all’università di Trento, dove la facoltà di Sociologia si appresta a una maratona didattica no stop di protesta contro la legge 133. Un’iniziativa promossa dal Comitato No Gelmini in preparazione della manifestazione di domani mattina che prevede un corteo fino alla sede del Rettorato, in coincidenza con la seduta del consiglio di amministrazione dell’Università. Sempre questa mattina i lettori di madre lingua, con una lezione all’aperto, manifestano davanti al Rettorato contro il blocco delle assunzioni che dovrebbe portare alla perdita del lavoro per circa 80 tra impiegati ed insegnanti di lingua dell’ateneo trentino.
Ma il ministro non cede e, anzi passa al contrattacco: per Maria Stella Gelmini, infatti, lo sciopero contro la scuola del 30 ottobre «è il solito vecchio rito di chi difende l’indifendibile. Dopo, credo che si potrà riprendere a confrontarsi con le riforme. Ovviamente, con chi fa proposte». Quanto ai tagli, Gelmini sottolinea: «bisognava anche riportare tutti alla realtà. Dire che la gestione allegra del denaro pubblico è finita. E dunque, prima si eliminano gli sprechi. Poi, ma soltanto dopo, si potrà reinvestire in qualità. Questo per quanto riguarda la scuola. Per l’università il 2009 non prevede particolari tagli. Qualche problema potrà esserci dal 2010 ma abbiamo tempo sufficiente per discuterne con chi vuol farlo seriamente».
Il ministro nega inoltre che il governo possa essere accusato di razzismo per le classi ponte per immigrati. «L’ambiguità - osserva - è di chi ha tentato come al solito di buttarla sul razzismo. Qualunque genitore che ha un figlio alle elementari conosce il problema rappresentato da chi in classe non sa l’italiano. Un problema didattico, che come tale va risolto: non faremo classi separate, le classi ponte saranno corsi magari pomeridiani di italiano per consentire a chi non lo è di imparare la lingua il più rapidamente possibile».
Si annuncia così una nuova settimana di mobilitazioni. Oggi, domani e mercoledì sono previsti scioperi, autogestioni con pernotto, notti bianche, lezioni all’aperto, a Torino, Perugia, Roma, Firenze, Palermo, Genova. Giovedì 30: manifestazione nazionale a Roma con i docenti, manifestazioni cittadine a Torino, Padova, Palermo, Genova, Firenze».
* La Stampa, 27/10/2008 -
Giovedì sciopero di quasi tutti i sindacati e maxi corteo a Roma
Anche oggi facoltà e scuole occupate. E mille forme di protesta dell’Onda
I quattro giorni di fuoco della scuola
Legge al voto e blocco totale
Il Senato vota alla vigilia della mobilitazione. I Cobas: lo bloccheremo con i sit-in
ROMA - Una domenica senza notizie clamorose, ma con molte scuole che restano occupate, molte aule universitarie teatro di assemblee e gruppi di studio fino al ’grande ricevimento’ offerto dagli studenti delle facoltà scientifiche della Sapienza di Roma per le loro famiglie, per spiegare i motivi della protesta. E anche mille piccole iniziative spuntate ovunque, secondo l’indicazione generale di questo movimento, di comunicare e fare notizia nei modi più imprevedibili fino ai lenzuoli con l’ormai famoso "Non pagheremo la vostra crisi" spuntati qua e là dai balconi di molti case della capitale.
La mobilitazione insomma "percorre il paese come una grande ’ola’ e passerà per Roma nella più grande manifestazione per la scuola che la nostra memoria ricordi". La sintesi di quel che accadrà nei prossimi giorni è nelle parole del leader della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. Una sola voce fra le mille che animano la protesta. E che si sono date appuntamento a Roma il 30 ottobre, giorno dello sciopero generale, per una grande manifestazione. Giovedì incroceranno le braccia gli aderenti alla Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda degli insegnanti. E il mondo universitario e della ricerca, in aggiunta, ha già attivato le procedure per una giornata di sciopero il 14 novembre. Un raro sciopero di quasi tutte le organizzazioni sindacali, ancora più irritate dalla decisione di provare a dare il via libera alla legge proprio il giorno prima, senza risposte alle ripetute richieste di confronto (in particolare il segretario della Cisl Bonanni ha ripetuto più volte di essere pronto a fermare l’astensione dal lavoro in presenza di una convocazione al Ministero)
La protesta contro il decreto Gelmini continua a espandersi con forme, modalità e colori diversi. Il fallimento del dialogo con gli studenti, aperto dal ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini ma al grido di "il decreto resta" (e si vota al Senato il 29) non ha fatto che aplificare il dissenso. Inizia così una nuova settimana di mobilitazioni "per bloccare la distruzione della scuola e dell’università messa in atto dal governo".
La Rete degli Studenti Medi informa che nei primi tre giorni della settimana, in tutta Italia, ci saranno scioperi e notti bianche, che si concentreranno ancora una volta nei giorni di approvazione del decreto 137 al Senato. "Dopo lo slittamento ottenuto il 23 ottobre, cercheremo ancora una volta di bloccare i lavori parlamentari. La Gelmini ci ha detto che lei vuole andare avanti, che non si fermerà. Noi le rispondiamo che ’Avanziamo Diritti’, non ci fermiamo e continueremo a chiedere una scuola e un’università nuovi, in grado di darci un futuro".
Lunedì, martedì e mercoledì, dunque, scioperi, autogestioni con pernotto, notti bianche e lezioni all’aperto a Torino, Perugia, Roma, Firenze e Palermo. Per giovedì 30, invece, oltre alla partecipazione alla manifestazione di Roma, la Rete degli Studenti Medi annuncia cortei a Torino, Padova, Palermo e Genova.
E dalle università continuano a giungere appuntamenti che appaiono propedeutici al blocco della didattica in molte altre facoltà (spesso con l’appoggio dei docenti) se non di possibili occupazioni. Un asettimana di fuoco, dunque. E la parola può passare solo alla cronaca, dal momento che le giornate appena concluse hanno mostrato che l’Onda spunta dove meno te l’aspetti, ma anche che si scontrerà con il primo grande scoglio: la probabile approvazione della legge Gelmini giovedì 29.
* la Repubblica, 26 ottobre 2008.
"Polizia contro le occupazioni"
Scuola, linea dura di Berlusconi. Gli studenti: non ci fermerà
di Carmelo Lopapa (la Repubblica 23.10.2008)
ROMA - Manda un avviso ai «naviganti». Che poi sarebbero studenti, famiglie, insegnanti e anche ai mezzi di informazione. «L’ordine deve essere garantito, lo Stato deve fare lo Stato». Le proteste e le occupazioni di questi giorni contro il decreto Gelmini e la riforma della scuola, frutto della strumentalizzazione «della sinistra e dei centri sociali», devono cessare. E il provvedimento del governo non sarà ritirato, tutt’altro. Silvio Berlusconi prova a liberarsi dall’assedio della piazza, dei coertei, delle assemblee e delle lezioni per strada. E trasforma la contestazione del mondo della scuola in un problema di ordine pubblico.
Poche ore prima di imbarcarsi sul volo che lo porterà per alcuni giorni in Cina, convoca il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Con lui vorrebbe concordare le modalità di utilizzo delle forze di polizia per sgomberare scuole e atenei, girargli «istruzioni dettagliate su come intervenire». Poi, nel faccia a faccia pomeridiano col capo del Viminale per un’ora a Palazzo Grazioli, le cose andranno diversamente. Nessun piano di sgomberi, per ora. Sta di fatto che l’annuncio - fatto in conferenza stampa al fianco della ministra nel mirino Mariastella Gelmini - ha l’effetto di una carica di dinamite. Cortei e proteste anche non autorizzate da Roma a Milano. Altre occupazioni annunciate per oggi in mezza Italia. L’opposizione che si mobilita e accusa il premier di agire da «provocatore», di «soffiare sul fuoco», di meditare una «strategia della tensione». Il clima politico si surriscalda al punto da indurre il Quirinale a intervenire e lo stesso fa il presidente dei vescovi Angelo Bagnasco: «I problemi complessi non si risolvono con soluzioni semplici, servono moderazione ed equilibrio».
All’incontro con la stampa organizzato nel giro di poche ore per porre un argine al dilagare della protesta, Berlusconi si presenta con un minidossier di undici pagine sulla scuola e «tutte le bugie della sinistra». Lui, ex «studente modello e diligentissimo» che certo non avrebbe «mai occupato» una scuola, giudica semplicemente «falsi i messaggi dei leader della sinistra che sgambettano in tv» e che starebbe dietro la protesta coi centri sociali. E siccome «la realtà di questi giorni è ben altra di quella raccontata dai mezzi di informazione, ma è fatta di aule piene di ragazzi che intendono studiare», ecco la stretta, la svolta rigorista. «Non consentirò l’occupazione di università e di scuole, perché non è dimostrazione di libertà e democrazia, ma pura violenza nei confronti degli altri studenti, delle famiglie e nei confronti dello Stato». E preannuncia l’incontro che di lì a qualche ora avrebbe avuto a Palazzo Grazioli col ministro dell’Interno Maroni: «Gli darò istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell’ordine». Polizia in azione, dunque, anche se dall’altra parte della barricata dovessero esserci, come ci sono, gli insegnanti. Linea dura anche sul decreto: «Sulla riforma della scuola andremo avanti», avverte in risposta a Veltroni che lo aveva invitato a ritirarlo. «Non retrocederò di un centimetro, avete 4 anni e mezzo per farci il callo». Alla Gelmini rimprovera sorridendo di aver sbagliato a parlare di maestro unico, «meglio dire prevalente», poi elenca una per una le «bugie» di sinistra e occupanti e pregi della riforma. Che intanto procede a gonfie vele in Parlamento. Respinte ieri al Senato dalla maggioranza le otto pregiudiziali costituzionali sollevate dalle opposizioni, la riforma viaggia verso il voto finale previsto per mercoledì prossimo.
L’ultima parola del premier è per la manifestazione del Pd del 25 ottobre. «È una possibilità della democrazia ed anche noi ne usufruimmo - riconosce a distanza al Veltroni che più volte glielo ha ricordato in questi giorni - Ma noi manifestammo contro la pressione fiscale del governo Prodi. La loro è solo contro il governo e non ha proposte».
A La Sapienza la risposta degli studenti. E da Roma a Torino i rettori dicono: no ad azioni di forza
di Federica Fantozzi (l’Unità, 23.10.2008)
UNA STUDENTESSA del primo anno, schiacciata tra la folla, libera la mano intrecciata a quella dell’amica per non perdersi, e risponde al cellulare: «Era mio padre. Ha paura che ci picchino». Sui gradini dell’aula magna de La Sapienza, molte matricole con la faccia da liceali, lontane dai megafoni e certe che si tratti di «un fermento spontaneo e apolitico». Anche i ragazzi dei collettivi - Dario, Francesco, Aliosha - fiutano la trappola: «Nessuno volantini per partiti e sindacati - gridano - Questo movimento rifiuta le bandiere. Chi è venuto a mettere il cappello se ne vada».
Eppure l’avvertimento del premier sigilla insieme le anime dell’occupazione, e la giornata cambia segno. Addio workshop e riunioni: scatta l’assemblea congiunta di tutte le facoltà. Non solo Lettere, Scienze Politiche, Fisica e Chimica, quelle occupate. I ragazzi, all’aperto, ascoltano e chiacchierano di altro. Valentina frequenta Psicologia, ha le treccine e la spilla arcobaleno: «Il governo risponde con militarizzazione e sgombero. Non lo accetteremo». «Non diciamo solo no - spiega una rossa con lentiggini e occhi acquamarina, secondo anno di Lettere - Faremo proposte». Per esempio? «Più ricerca, basta con i cervelli che all’estero fanno carriera. Più elasticità nei piani di studio. No ai manuali dei titolari di cattedra: non vogliamo venerare un prof, vogliamo imparare». Mai manifestato prima? «Al liceo, contro la guerra in Iraq». Antipolitici? «Fino a un certo punto» ammette un’altra.
Il primo punto dell’assemblea è Berlusconi, con Sacconi anti-scioperi e Brunetta anti-fannulloni. La richiesta è che il rettore Guarini neghi l’ingresso alle forze dell’ordine. Lui li accontenterà: «Rispettare la libertà di espressione e l’autonomia dell’università. Qui non si è mai ricorso ad azioni di forza e non lo faremo mai». Anche da Padova e Torino arriva lo stop dei rettori alle «prove muscolari del governo».
Francesco, aria da bravo ragazzo: «È un governo illegittimo e criminale. Non abbiamo paura». Giorgio rivela con orgoglio che a Fisica hanno fatto trovare i dipartimenti «serrati con la catena» perché «occupare significa bloccare laboratori, uffici, tutto». Aiuole piene di zaini, caschi, bottigliette d’acqua. Una ragazza beve da un biberon decorato. Perché occupate? Gli stessi motivi corrono di bocca in bocca: le tasse universitarie più alte, i tagli devastanti, le università in mano alle imprese private. Come lo avete saputo? Soprattutto dai Tg e grazie al passaparola. Ora le cose vanno bene? «No, ma così andranno peggio».
Al microfono «un papà delle elementari» sommerso di applausi: «Anche noi abbiamo occupato, dormito sui tappetini per una settimana, non abbiamo retto di più con i bimbi. Ogni notte pensavamo: speriamo che parta l’università. Tolgono il futuro ai nostri figli, ai vostri fratellini». Giorgio di Ingegneria è accolto da fischi di sorpresa: «Non partecipano mai». Il più lucido è Matteo Pacini di Studi Orientali: «Vogliono che reagiamo per screditarci davanti all’opinione pubblica. Dobbiamo essere determinati e intelligenti». Propone di portare la protesta al Festival del Cinema, alla Farnesina, davanti al Senato. Si impappina: «Non intendo ma... Mi spiace dirlo... Non possiamo essere faziosi».
Raggiante Dario da Psicologia: «La mia facoltà immobile da anni si è scossa». Entusiasmo per l’annuncio che Economia ha disturbando l’inaugurazione dell’anno accademico. Emiliano partecipa da lavoratore: «Lo studio è l’unica forma di liberazione della mente». Cori di «La Sapienza/Non ha più pazienza» e «Gente come noi/Non molla mai». Un isolato petardo al grido di «noi bruciamo tutto». Dario è uno dei leader: «Preoccupati? Indignati. Parole così non si sentivano dagli anni ‘60 e qualificano l’atteggiamento del governo».
Occupazioni e cortei in tutta Italia. Lo slogan dei romani: io non ho paura
Traffico bloccato da sit-in improvvisati a Roma, Trieste e Milano.
Occupazioni a Torino e all’Orientale di Napoli
di Alessandro Capponi (Corriere della Sera, 23.10.2008)
ROMA - «Bloccare tutto, le università e le scuole, e anche le stazioni, e le città, e ovunque, davanti ad ogni portone d’ingresso delle facoltà, dobbiamo affiggere la scritta "Io non ho paura"». L’applauso, per lo studente di Fisica Giorgio Sestili, che parla alla Sapienza, ecco, l’applauso: dura minuti. «Io non ho paura», lo slogan nasce così. E in serata ecco la presa di posizione del rettore: Renato Guarini dice, semplicemente, che non autorizzerà l’ingresso della polizia perché «La Sapienza, anche nei momenti più drammatici e di maggiore tensione, non ha mai fatto ricorso ad azioni di forza».
Ma ciò che accade a Roma - nelle tre università romane - non è che un aspetto della protesta studentesca: in tutta Italia, da ieri, da quando Berlusconi ha promesso l’arrivo della polizia per sgomberare gli atenei, occupazioni e cortei si moltiplicano. Traffico bloccato da sit in improvvisati: nella Capitale, a Trieste, a Milano. A Napoli l’«Orientale è occupata », come spiega lo striscione all’ingresso. Le assemblee e i cortei non si contano. Milano, Torino, Firenze, Cagliari, Bari, Palermo, Napoli, Catania: ovunque, gli studenti si organizzano, fanno lezione all’aperto, sfilano. A Genova oggi ci sarà il funerale dell’università. Contro la legge 133, certo, ma anche per «resistere » alle «minacce del premier ». I rettori, come quello della Sapienza e quello dell’Aquila, dicono chiaramente una cosa: no alla polizia nell’università. Il 14 novembre, a Roma, manifestazione nazionale con studenti «universitari, medi e - spiega un altro dei leader della protesta, Francesco Raparelli - dell’intero mondo della formazione».
L’appello è per gli studenti di tutta Italia: «Occupate tutto». «Protestiamo in modo intelligente, come ha detto Napolitano - dice Sestili - facciamo cortei da giorni e non è successo nulla. È un movimento trasversale, qui parlano ragazzi di destra e di centro. Questa è la dismissione dell’università, ed è grave per tutti». Cartelli intorno a lui: «Blocchiamo le ferrovie», «né sapientini né manichini». Francesco, di Scienze politiche, dice che «questo governo è criminale ». A Milano cinquecento studenti fanno lezione in piazza Duomo e poi bloccano il traffico, un corteo a Trieste, un altro a Roma, uno a Bari. Il rettore della Sapienza, Renato Guarini, risponde così alle parole di Berlusconi: «Le criticità devono essere affrontate con un dialogo costruttivo, concordo con quanto detto da Napolitano.
Nella tradizione delle università europee l’ingresso delle forze dell’ordine viene autorizzato dai rettori». Lui, come detto, non ha intenzione di farlo. Per il Magnifico dell’Aquila, Ferdinando Di Iorio, le dichiarazioni del premier «sono gravissime. Non si rende conto su quale terreno si muove». La polizia dentro le università? «Qui non accadrà mai». A Firenze, in piazza della Signoria, lezione dell’astrofisica Margherita Hack che dedica poche parole al proposito di Berlusconi: «È una vergogna».
di Ezio Mauro (la Repubblica 23.10.2008)
Davanti a una protesta per la riforma della scuola che si allarga in tutt’Italia e coinvolge studenti, professori, presidi e anche rettori, il Presidente del Consiglio ha reagito annunciando che spedirà la polizia nelle Università, per impedire le occupazioni. La capacità berlusconiana di criminalizzare ogni forma di opposizione alla sua leadership è dunque arrivata fin qui, a militarizzare un progetto di riforma scolastica, a trasformare la nascita di un movimento in reato, a far diventare la questione universitaria un problema di ordine pubblico, riportando quarant’anni dopo le forze dell’ordine negli atenei senza che siano successi incidenti e scontri: ma quasi prefigurandoli.
Qualcuno dovrebbe spiegare al Premier che la pubblica discussione e il dissenso sono invece elementi propri di una società democratica, non attentati al totem della potestà suprema di decidere senza alcun limite e alcun condizionamento, che trasforma la legittima autonomia del governo in comando ed arbitrio. Come se il governo del Paese fosse anche l’unico soggetto deputato a "fare" politica nell’Italia del 2008, con un contorno di sudditi. E come se gli studenti fossero clienti, e non attori, di una scuola dove l’istruzione è un servizio e non un diritto.
Se ci fosse un calcolo, le frasi di Berlusconi sembrerebbero pensate apposta per incendiare le Università, confondendo in un falò antagonista i ragazzi delle scuole (magari con il diversivo mediatico di qualche disordine) e i manifestanti del Pd, sabato. Ma più che il calcolo, conta l’istinto, e soprattutto la vera cifra del potere berlusconiano, cioè l’insofferenza per il dissenso.
Lo testimonia l’attacco ai giornali e alla Rai fatto da un Premier editore, proprietario di tre reti televisive private e col controllo politico delle tre reti pubbliche, dunque senza il senso della decenza, visto che a settembre lo spazio dedicato dai sei telegiornali maggiori al governo, al suo leader e alla maggioranza varia dal 50,17 per cento all’82,25. Forse Berlusconi vuol militarizzare anche la libera stampa residua. O forse "salvarla", come farà con le banche.
La repressione
di Michele Serra (la Repubblica 23.10.2008)
In presenza di un movimento inedito, molto composito e fino adesso pacifico, il premier non sa opporre altro che un goffo proposito repressivo
Neanche il più acerrimo detrattore del presidente del Consiglio poteva mettere in conto le desolanti dichiarazioni di ieri a proposito di scuola e ordine pubblico. L’uso della forza per reprimere i movimenti di piazza - e specialmente l’intervento della polizia nei licei e nelle università - è in democrazia materia delicatissima.
E lo è rimasta perfino negli anni di fuoco delle rivolte studentesche, quando l’ultima parola, in materia di ingresso della forza pubblica dentro i luoghi dello studio, quasi sempre spettava a rettori e presidi prima che ai questori.
Oggi, in presenza di un movimento inedito, molto composito (studenti, docenti, ricercatori, genitori: nella totalità utenti e dipendenti di un servizio pubblico) e fino adesso pacifico, il premier non sa opporre altro che un minaccioso e goffo proposito repressivo. In perfetta sintonia con la schietta invocazione di una soluzione poliziesca, Berlusconi ha snocciolato molto in breve (non ha tempo da perdere) un’analisi dei fatti di una pochezza desolante, riassumibile nella vecchia idea padronale "qui si lavora e non si parla di politica". Dimostranti e occupanti come impiccio sedizioso al corretto esercizio dello studio e di quant’altro, come se una società democratica non fosse il luogo naturale dei conflitti e della loro composizione politica, ma un’azienda di vecchio anzi vecchissimo stampo nella quale si lavora, si obbedisce e si tace. Eloquente il contrappunto del sottosegretario Sacconi, che denuncia allarmato la presenza nei cortei di studenti "politicizzati": ecco un politico che considera l’impegno politico come un’aggravante.
Si intende che Berlusconi abbia assunto queste posizioni frontali, e destinate ad accendere gli animi, perché si sente forte di un mandato popolare che, nella sua personalissima interpretazione, lo autorizza a portare a compimento i suoi propositi politici costi quello che costi, tagliando corto con le lungaggini, le esitazioni, le pratiche "consociative" e quant’altro minacci di attardare o contrastare le decisioni del governo. Ma anche ammesso che davvero l’aspettativa "popolare" predominante sia così brutale e sbrigativa, e che davvero il sessanta per cento degli italiani auspichi modi bruschi, il governo di un paese democratico ha il compito di rispettare e fare rispettare i diritti di tutti, non solo della sua claque per quanto vasta e agguerrita essa sia. Che fare di chi si oppone, come trattare quel buon quaranta per cento di italiani che ancora non ha appaltato il proprio destino, le proprie aspirazioni, il proprio modo di pensare a Silvio Berlusconi e ai suoi ministri?
E se poi il dissenso ha dimensioni di massa, e si dispiega � come in questo caso � sul terreno appassionato e vulnerabile della protesta giovanile, suscettibile di infiltrazioni di frange di violenti che non vedono l’ora di trovare un contesto favorevole, con quale smisurata irresponsabilità un presidente del Consiglio che se la passa da statista sventola per prima cosa il vecchio drappo reazionario della repressione? Gli "opposti estremismi", teoria semplificatrice ma dolorosamente verificata in passato da questo paese dai nervi poco saldi, mai avevano trovato uno dei propri espliciti agganci proprio nelle istituzioni. La vecchia ipocrisia democristiana conteneva al suo interno anche una salutare componente di senso dello Stato, e i lavori sporchi, e le maniere forti, procedevano per vie losche e sotterranee. E’ davvero un progresso scoprire, nel 2008, che è il premier in persona a invocare la maniere forti, in una sorta di glasnost della repressione? In un paese che ha pagato un prezzo spaventoso alla violenza politica e all’odio ideologico, con ancora la fresca memoria dei fatti di Genova, mentre già i titoli dei giornali di destra e alcuni slogan dei cortei di sinistra buttano benzina sul fuoco, che cosa si deve pensare di un presidente del Consiglio che divide la società in due tronconi, uno buono che lo applaude e l’altro cattivo da sgomberare con gli autoblindo?
E’ la prima volta, questa, che una delle puerili retromarce del premier ("mi hanno frainteso, non ho detto questo, sono loro che mentono") sarebbe accolta con sollievo.
Dopo gli scontri a Milano e i cortei di ieri sit-in dei collettivi nella cerchia dei Navigli
Docenti e studenti contro le parole di Berlusconi. Il rettore de L’Aquila: "Diseducativo"
Manifestazioni in tutta Italia
Occupata l’università di Torino
In fermento anche gli studenti delle medie superiori. A Roma due cortei
Davanti Montecitorio lezione di studenti e professori del liceo Augusto
ROMA - Non accennano a diminuire le proteste del mondo della scuola contro la riforma Gelmini. Anzi. Dopo gli incidenti a Milano e l’occupazione di alcune facoltà a Roma e Torino, le parole pronunciate stamattina da Berlusconi, potrebbero portare ad una intensificazione di proteste e occupazioni. A Roma la polizia blocca e poi autorizza una lezione davanti Montecitorio di una cinquantina fra studenti e professori del liceo Augusto.
Gli studenti a Berlusconi: "Non ci fermeremo". "Dal presidente del Consiglio non ci aspettavamo certo provocazioni questo tipo", dice Luca De Zolt, portavoce nazionale della Rete degli studenti medi, replicando alle dichiarazioni di Berlusconi che questa mattina ha annunciato un incontro col ministro dell’Interno per studiare "come intervenire attraverso le forze dell’ordine per evitare che possano accadere" occupazioni di scuole e università. "Le parole pronunciate da Berlusconi sono di disprezzo" verso gli studenti, replica Stefano Vitale dell’Unione degli studenti di Roma. La mobilitazione "non si arresterà", annunciano anche gli studenti universitari dell’assemblea permanente dell’ateneo di Siena.
Rettori e docenti. Per Ferdinando di Iorio, rettore dell’università dell’Aquila, le affermazioni di Berlusconi non solo "sono diseducative verso tutto il mondo della formazione" ma rappresentano un atteggiamento pericoloso perché "si schierano frontalmente contro ogni forma di pensiero critico". Netto no all’intervento delle forze dell’ordine anche da parte del rettore della Sapienza, Renato Guarini: "La libertà di espressione e l’autonomia dell’università - dice in un comunicato - deve essere rispettata. Nella tradizione delle università europee, l’ingreso delle forze dell’ordine viene sempre autorizzato dai rettori. La Sapienza anche nei momenti più drammatici e di maggiore tensione non ha mai ricorso ad azioni di forza".
"Ci auguriamo che il governo non assuma atteggiamenti muscolari nei confronti dell’Università, ma dia segnali di disponibilità al dialogo", auspica il rettore di Padova, Vincenzo Milanesi. "Circa un eventuale intervento esterno affidato alle forze dell’ordine noi saremmo contrari, per il solo fatto che la responsabilità di quello che succede all’interno di un istituto non può essere demandata ma deve essere valutata all’interno, da chi la gestisce e da chi, appunto, ne ha la responsabilità", dice Giorgio Rembaudo, presidente dell’Associazione nazionale presidi.
L’astrofisica Margherita Hack, che nel pomeriggio ha tenuto a Firenze una lezione in piazza della Signoria, ha definito "una vergogna" l’ipotesi di far intervenire la polizia. Per il prorettore dell’ Università di Torino, Sergio Roda, "per la prima volta, studenti e docenti universitari siamo dalla stessa parte della barricata, uniti nel cercare di salvare la natura pubblica della nostra Università".
L’Unione degli Studenti fa sapere che ci sono manifestazione, praticamente in tutta Italia, in vista anche di quella nazionale del 14 novembre: da Catania all’Aquila, da Perugia a Reggio Calabria e Catanzaro, e poi ancora previste assemblee anche a Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Teramo e Macerata.
Università. A Milano al termine della lezione all’aperto tenuta sotto la statua di Vittorio Emanuele II, in piazza Duomo, gli studenti dell’università degli Studi hanno formato un corteo non autorizzato. Un gruppo ha bloccato la cerchia dei navigli con un sit-in in via Visconti di Modrone, angolo via Mascagni. Il corteo si è poi spostato alla facoltà di Scienze politiche di Via Conservatorio senza alcun incidente. Il corso è stato interrotto per una decina di minuti durante i quali c’è stato un’acceso confronto tra i manifestanti e chi stava frequentando la lezione.
Questa mattina all’Università La Sapienza di Roma gli studenti hanno chiuso con lucchetti e catene il dipartimento di Fisica in segno di protesta. Alcuni studenti, riuniti in assemblea permanente, hanno occupato l’Aula 2 della facoltà di Economia. Dopo un sit-in nell’atrio dell’edificio, gli studenti hanno tentato di dar vita a un corteo all’interno della facoltà, ma sono stati bloccati da alcuni agenti. Sempre nella capitale, nel pomeriggio, un corteo spontaneo di circa 1000 studenti di varie facoltà di Roma Tre, è partito dalla facoltà di Lettere e Filosofia. Dopo aver raggiunto la facoltà di Scienze politiche e la sede di Biologia si è diretto al rettorato, dove una delegazione ha incontrato il rettore Guido Fabiani. "Riconosco la validità e la legittimità della vostra protesta", ha detto il rettore.
A Bari circa 500 studenti hanno partecipato all’assemblea nell’aula C dell’ateneo. Assemblea a Cagliari nella sede di Magistero: "Da domani abbiamo intenzione di sospendere le lezioni frontali e la didattica programmata nella facoltà di lettere e filosofia fino a bloccare del tutto l’attività dalla prossima settimana fino al 30 ottobre". E’ la proposta avanzata dal preside Roberto Coroneo. All’assemblea ha partecipato anche il rettore Pasquale Mistretta, oltre a rappresentanti dei docenti delle altre facoltà. Il preside della facoltà ha annunciato lezioni in piazza, seminari, incontri, laboratori non solo sul tema della legge 133.
Continua l’occupazione di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’università di Torino, decisa ieri dall’assemblea degli studenti. Le lezioni proseguono regolarmente all’interno dell’edificio. Nel pomeriggio prevista un’assemblea in Rettorato. E’ occupata anche la facoltà di Fisica, mentre davanti al dipartimento di Scienze della Terra studenti e ricercatori hanno manifestato questa mattina chiedendo simbolicamente l’elemosina.
I consiglieri di facoltà di Azione universitaria a Lettere di Palermo presenteranno domani un esposto alla Procura della Repubblica nel quale si chiede un parere sulla validità della delibera del Consiglio di facoltà che, votando un documento a favore della sospensione delle lezioni fino al 31 ottobre, "di fatto - è l’accusa - ha autorizzato l’interruzione di pubblico servizio".
Sono sospese dalla tarda mattinata le lezioni dell’Università di Trieste. Un corteo di studenti si è formato in maniera spontanea al termine di un’assemblea che si è svolta nel pomeriggio e si sta dirigendo verso il centro cittadino, causando disagi al traffico. Il Senato accademico ha inoltre deliberato la convocazione di un’assemblea generale di Ateneo, il 29 ottobre prossimo.
L’assemblea di ateneo dell’università Orientale di Napoli ha deciso di occupare Palazzo Giusso. Lo annunciano una nota gli studenti e la rete dottorandi e ricercatori, spiegando che al raduno hanno partecipato circa 2mila persone, inclusi docenti e lavoratori del personale tecnico-amministrativo.
Ventiquattro ore di lezioni senza interruzioni per dire no alla legge 133 sull’Università: è l’iniziativa che si svolgerà a Firenze, al dipartimento di matematica Ulisse Dini, dalla mattina del 27 ottobre alla mattina del 28 ottobre prossimi. All’università di Siena è stata occupata la facoltà di Economia. A Parma dopo l’affollata assemblea di ieri a Lettere, domani alle 18,30 è in programma una manifestazione. Sempre domani, a Chimica, sit-in dalle 14 fuori dal consiglio di facoltà di Scienze.
A Genova, domani pomeriggio, si terrà un "funerale" dell’università pubblica, in concomitanza con l’inaugurazione del Festival della Scienza. E’ previsto un corteo con abiti neri, una bara e lo striscione "oggi a lutto sempre in lotta" che da via Balbi si muoverà verso piazza De Ferrari, dove ci sarà anche un presidio di alunni e maestre delle elementari. Alle 17 invece è prevista in via Balbi 2 un incontro con docenti e rappresentanti degli enti locali.
Medie superiori. In fermento anche gli studenti delle medie superiori. Secondo l’Uds, le adesioni delle scuole hanno già superato il migliaio. L’intenzione è di unificare la lotta con gli studenti universitari, di scendere in piazza insieme il 30 ottobre e trovare una data di mobilitazione generale nel mese di novembre.
A Rende, Cosenza, gli studenti del liceo scientifico Pitagora hanno occupato la scuola. Al liceo scientifico di Catanzaro, invece, gli studenti hanno deciso per l’autogestione che proseguirà per tre giorni, mentre a Reggio Calabria, assemblea aperta degli studenti dei licei Leonardo Da Vinci e Alessandro Volta. Cortei di studenti di scuole medie superiori si stanno inoltre svolgendo a Roma, in due zone diverse della capitale dove si allarga la protesta degli studenti con occupazioni e autogestione in sempre più istituti. Davanti Montecitorio la polizia ha prima boccato e poi autorizzato una lezione all’aperto di una cinquantina di persone, fra studenti e professori del liceo Augusto. Anche ai Castelli la situazione non cambia.
Un corteo di protesta è stato organizzato oggi a Napoli dagli studenti del liceo linguistico e sociopedagogico ’Villari’ che hanno dichiarato di essere "in stato di agitazione". Alla manifestazione - riferiscono i promotori - si sono aggregati studenti di altre scuole della zona. Gli studenti del liceo Classico ’Pansini’ hanno deciso di non sospendere le lezioni ma di occupare la scuola di pomeriggio e di notte. Anche a Milano e provincia sono partite le prime occupazioni di scuole contro il decreto Gelmini.
’’Oggi convocherò Maroni per dargli istruzioni dettagliate’’
Scuola, Berlusconi: ’’Non permetterò occupazioni, interverrà la polizia’’
Il presidente del Consiglio: ’’Non sono un fatto di democrazia ma pura violenza verso gli altri studenti’’. E attacca: ’’Dalla sinistra inutili allarmismi e falsità, tentano solo di fare un’opposizione di piazza’’. Poi assicura: ’’Non ci saranno tagli’’. Sulle classi ponte: ’’Nessun razzismo’’. Veltroni: ’’Governo ritiri decreto Gelmini’’. Continuano le proteste in tutta Italia . A Torino, dopo Fisica e Agraria, occupato anche Palazzo Nuovo
Roma, 22 ott. (Adnkronos/Ign) - "Voglio fare un avviso ai naviganti: non permetterò occupazioni delle scuole e delle università", perché questa è una "violenza". Silvio Berlusconi annuncia la linea dura contro l’occupazione di scuole e università in una conferenza stampa a palazzo Chigi: "Oggi convocherò Maroni per dargli indicazioni dettagliate al fine di evitare attraverso l’intervento delle forze dell’ordine per evitare occupazioni".
"La realtà che conosciamo in questi giorni e in queste ore - spiega Berlusconi difendendo a spada tratta la riforma Gelmini - è una realtà di aule universitarie piene di ragazzi che intendono studiare. Poi ci sono questi manifestanti, organizzati dall’estrema sinistra, molto spesso dai centri sociali come succede a Milano. Quindi non consentirò l’occupazione di università e di scuole, perché non è dimostrazione e un’applicazione di libertà, non è un fatto di democrazia ma è pura violenza nei confronti degli altri studenti, delle famiglie, delle istituzioni e nei confronti dello Stato".
Il premier assicura di non volere instaurare uno Stato di polizia ma solo tutelare il diritto dei cittadini e di chi vuole studiare e spiega: "Dirò a Maroni che i diritti dei cittadini, studenti o genitori, vanno fatti rispettare contro chi si oppone all’esercizio pieno di questi diritti".
Poi, assicurando che "non ci sara nessun taglio alla scuola pubblica", attacca l’opposizione: "Le proteste della sinistra contro la riforma Gelmini sono solo il tentativo di fare un’opposizione di piazza ma non portano a nulla". "Noi abbiamo approvato semplicemente un decreto, non si tratta della riforma della scuola - precisa -. Evidentemente loro hanno visto che tutti i nostri provvedimenti sono inattaccabili e ora se la prendono con questo, creando allarmismi inutili tra la gente e dicendo cose false" che non corrispondono al vero.
Berlusconi difende poi la mozione sulle cosiddette classi ponte dedicate ai figli degli immigrati e approvata alla Camera: "Si tratta di strumenti di integrazione, di buonsenso, certamente non razzisti". L’obiettivo è soltanto quello di far conoscere ai bambini extracomunitari la nostra lingua perché ci sono classi dove "si parlano anche 10 lingue. Bisogna che conoscano l’italiano. Noi puntiamo all’integrazione, non c’è nessun razzismo ma solo buonsenso".
Da parte sua il segretario del Pd Walter Veltroni dai microfoni di ’Radio anch’io’ sottolinea: "Se fossi nel governo farei un gesto politico: ritirerei quel decreto Gelmini che è alla base di tutta questa sofferenza e ritirerei le misure finanziarie prese".
Intanto, continuano le proteste in tutta Italia contro la riforma della scuola del ministro Gelmini. A Torino, dopo Fisica e Agraria, l’occupazione si è estesa anche a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche. L’iniziativa è stata decisa ieri sera dall’Assemblea No Gelmini al termine di un incontro a cui hanno partecipato un migliaio di studenti. ’’La decisione - spiega una nota dell’Assemblea - si inserisce in un percorso di mobilitazione a livello nazionale e si pone come obiettivo quello di estendere il più possibile la partecipazione di tutto il mondo accademico’’.
No Gelmini, proteste da Milano a Palermo *
La protesta contro la riforma Gelmini sia nella scuola dell’obbligo sia nelle università si allarga, da Nord a Sud. Momenti di tensione a Palermo al termine di una manifestazione con oltre cinquemila studenti che si è conclusa davanti al Rettorato dell’università, dove era in corso un convegno al quale avrebbe dovuto prender parte il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini.
La polizia, in tenuta antisommossa, ha respinto il tentativo degli studenti universitari di forzare il cancello d’ingresso del palazzo del Rettorato. Il rettore Giuseppe Silvestri per smorzare la tensione è sceso in strada a parlare con gli studenti. Con un megafono ha espresso agli studenti sostenendo la propria contrarietà alle misure previste dalla riforma Gelmini e in particolare «alla trasformazione delle università statali in fondazioni». E nello stesso tempo ha invitato gli studenti a evitare «di bloccare le attività didattiche in un momento così difficile». «Non ci sottraiamo a un’analisi critica - ha detto poi riferendosi alle misure previste dal ministro Gelmini -Ma avremo difficoltà a fare il bilancio del 2009 e non chiuderemo quello del 2010. Il sistema collasserà, è matematico. Molte università vedono incidere per il 90% i costi del personale sul fondo di finanziamento ordinario. E su questo fondo sono previsti ulteriori tagli».
Il rettore ha promesso che il sito dell’ università di Palermo sarà oscurato per protesta e sarà inserita solo inserirò una dichiarazione dello stesso Silvestri « su quanto sta accadendo nel mondo universitario». Il rettore ha poi garantito: «Domani - martedì ndr -mattina sarò in prefettura per spiegare al prefetto il disagio che sta vivendo il mondo universitario». I manifestanti a gruppi hanno iniziato ad abbandonare la piazza.
A Firenze da lunedì è occupato anche il plesso didattico di viale Morgagni, dove si trovano gran parte delle aule delle facoltà di ingegneria e farmacia e alcune di scienze e medicina. Lo ha deciso a maggioranza un’assemblea studentesca (circa 500 i partecipanti) convocata dai collettivi, nell’ambito della protesta contro la legge 133. Nelle scorse settimane erano già state occupate e lo sono tuttora le facoltà di agraria, il dipartimento di matematica, il Polo di Sesto fiorentino e un edifico del complesso di Novoli.
Martedì gli studenti parteciperanno alla manifestazione regionale dei lavoratori dell’università, degli enti di ricerca e dell’Afam, organizzata da Flc Cgil, Cisl Università, Fir Cisl, Uil Pa. Il corteo promosso per chiedere al governo di modificare i contenuti delle legge 133 e di ritirare l’emendamento che blocca le stabilizzazioni, partirà alle ore 10 da piazza San Marco.
A Catania studenti della facoltà di Scienze politiche hanno occupato stamane l’aula magna rimanendovi in assemblea permanente. I promotori dell’iniziativa hanno annunciato che la mobilitazione è l’inizio di un «percorso di lotta che da domani coinvolgerà altre facoltà dell’università di Catania».
L’Unione degli studenti universitari, annuncia iniziative in corso, o previste per le prossime ore, a Pavia, dove in serata ci sarà un’assemblea con la partecipazione di dottorandi, ricercatori, docenti, ad Ancona dove pure ci sarà un’assemblea a Medicina e a Ferrara, dove le mobilitazioni contro la ex 133 iniziano con una contro-inaugurazione dell’anno accademico.
Gli studenti che partecipano alle mobilitazioni indosseranno «un nastro rosso contro la privatizzazione» per esprimere anche simbolicamente la contrarietà all’intenzione governativa di privatizzare gli Atenei.
A Torino la settimana si inaugura con azioni di protesta e di sensibilizzazione contro le misure della Gelmini sia nella scuola che nell’università. Lunedì, anche qui lezioni all’aperto, la mattina ed il pomeriggio, sotto la Mole Antonelliana e di fronte alla sede della Rai. Martedì e mercoledì l’università resterà aperta anche di notte per il «No Gelmini nights and days». Per mercoledì 22 ottobre è, invece, «autoconvocata» l’assemblea generale d’Ateneo «a seguito - spiegano gli organizzatori - della mancata convocazione da parte del Rettore». Per quel giorno è stata chiesta la sospensione delle lezioni «per agevolare la partecipazione degli studenti». Il 23 ottobre, è in programma un’assemblea cittadina degli studenti.
Gli studenti delle superiori, a Milano, hanno bruciato in piazza una copia del decreto davanti alla sede del Comune, Palazzo Marino. «È una risposta spontanea alle dichiarazioni del ministro che ci accusa di non essere informati - spiega Gianmarco del coordinamento dei collettivi studenteschi di Milano e provincia - Ma il dl parla da solo. È una risposta anche al vicesindaco di Milano De Corato che ha affermato che è inamissibile bloccare la città ogni settimana».
Corteo anche a Livorno e a Napoli dove è stato occupato il liceo classico Genovesi. La Rete degli Studenti annuncia per giovedì 23 ottobre la prossima giornata di protesta nazionale anti Gelmini. «Occuperemo le entrate delle nostre scuole per sbarrare la strada alla riforma e ai tagli con tutta la nostra creatività e voglia di cambiamento», dicono gli studenti. Assemblee e sit-in si svolgeranno davanti alle scuole a Torino, Verona, Vicenza, Treviso, Padova, Venezia, Siracusa, Bergamo, Cuneo, Prato, Massa, Pisa, Teramo, Frosinone, Roma, Catania, Savona, Reggio Emilia.
Intanto sul fronte dei professori e dei maestri sembra riavvicinarsi all’idea dello sciopero - che la Cgil ha indetto per il 30 ottobre - anche il segretario della Cisl Raffaele Bonanni: «Sulla scuola abbiamo chiesto una riflessione - spiega - Con un semplice decreto e poi con la richiesta di fiducia non si trova soluzione». Insomma, il governo non mostra nessuna apertura. Forse anche per Bonanni è arrivato il momento di farsi sentire.
* l’Unità, Pubblicato il: 20.10.08, Modificato il: 20.10.08 alle ore 21.36
LA SCHEDA.
Tutti i motivi di una protesta che da settimane
mobilita insegnanti, alunni e genitori. E i testi delle leggi
Dal maestro unico ai precari
le leggi al centro della protesta
di SALVO INTRAVAIA *
Dal maestro unico ai precari degli enti di ricerca: ecco tutti i motivi di una protesta che da settimane porta in piazza insegnanti, alunni e genitori, tutti contro il ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini.
Il maestro unico. Il ripristino del maestro unico nella scuola primaria sin dal prossimo anno scolastico è uno dei temi che mette d’accordo insegnanti, genitori e buona parte dei pedagogisti. Il team (tre insegnanti che operano su due classi) ha portato la scuola elementare italiana ai primi posti nelle classifiche internazionali. Il nostalgico ritorno al maestro unico, spiegano i sindacati, è dettato soltanto da "necessità di cassa" e accorcerà il tempo scuola a 24 ore settimanali: 4 ore e mezzo al giorno (il testo della legge)
I tagli agli organici della scuola. I pessimisti parlano di smantellamento della scuola pubblica italiana, il governo parla di tagli per eliminare gli sprechi. Sta di fatto che la Finanziaria estiva prevede una autentica cura da cavallo per il personale della scuola. Una serie di "operazioni", come quella del maestro unico o la riduzione delle ore di lezione alla media e al superiore, consentiranno all’esecutivo di tagliare 87 mila e 400 cattedre e 44 mila e 500 posti di personale Ata: amministrativo, tecnico e ausiliario. Saranno i 240 mila docenti precari delle graduatorie provinciali a pagare il salatissimo prezzo della "razionalizzazione" delle risorse e gli 80 mila Ata che ogni anno consentono alle scuole di funzionare (il testo della legge)
Le classi per gli alunni stranieri. La creazione di classi differenziate per gli alunni stranieri, "rei" di rallentare i processi di apprendimento degli alunni nostrani, non era messa in conto. Ma da quando la Lega ha preteso e ottenuto l’approvazione di una mozione che istituisce di fatto le classi "per soli stranieri" la questione si aggiunge al lungo elenco di motivazioni che portano il mondo della scuola a protestare (il testo della mozione)
La chiusura delle scuole. Per rastrellare alcune centinaia di posti di dirigente scolastico e, bidello e personale di segreteria il ministro Gelmini ha imposto alle regioni, che si sono ribellate, di mettere mano ai Piani di dimensionamento delle rete scolastica. Secondo i calcoli effettuati dai tecnici di viale Trastevere, una consistente fetta delle 10.766 istituzioni scolastiche articolate in quasi 42 mila plessi scolastici va tagliata. Così circa 2.600 istituzioni scolastiche autonome rischiano di essere smembrate e accorpate ad altri istituti. Ma quello che preoccupa maggiormente gli amministratori locali è che il ministero vorrebbe cancellare dalla mappa scolastica del Paese circa 4.200 plessi con meno di 50 alunni.
Il contratto dei prof. Non è uno dei punti più indagati dai media ma i sindacati ricordano al governo che maestri e prof hanno il contratto scaduto da 10 mesi. E in tempi di tempeste finanziarie e inflazione galoppante la questione appare di un certo rilievo.
Il provvedimento "ammazza precari" degli enti di ricerca. Il tourbillon tocca anche le università e gli enti di ricerca dove la protesta ha già dato luogo ad occupazioni e manifestazioni che vedono gomito a gomito studenti e professori, a partire dalla legge 133 sui precari (il testo).
In base a un disegno di legge, già approvato dalla Camera, che contiene una norma sulla stabilizzazione dei precari, 60 mila cervelli nostrani che fino ad oggi hanno lavorato presso università ed enti di ricerca rischiano di vedere andare in fumo i loro sogni. Se gli enti da cui dipendono non riusciranno a stabilizzarli entro il 30 giugno 2009 dovranno trovarsi un’altra sistemazione: magari all’estero (il testo del provvedimento)
La privatizzazione delle università. La coppia Tremonti-Gelmini, secondo studenti e mondo accademico, ha messo al collo degli atenei un autentico nodo scorsoio che li metterà nelle mani dei privati. Il decreto-legge 112 prevede la riduzione annuale, fino al 2013, del Fondo di finanziamento ordinario e un taglio del 46 per cento sulle spese di funzionamento. Un combinato che farà mancare l’ossigeno agli atenei e li costringerà, anche attraverso la trasformazione in Fondazioni, a cercare capitali privati.
Il turn over "col contagocce". Ogni cinque professori universitari che andranno nei prossimi anni in pensione gli atenei potranno assumere un solo ricercatore. Quella di entrare stabilmente nel mondo universitario, per migliaia di precari già in forze presso gli atenei, diventa un autentico miraggio. Per questo gli studenti dell’Unione degli universitari hanno coniato lo slogan "sorridi ... se ci riesci".
* la Repubblica, 17 ottobre 2008 - (ripresa parziale: per vedere i testi di legge citati, andare all’art. - cliccando sul rosso)
Dopo la pausa del fine settimana, domani torna la protesta in tutta Italia
E sui cellulari degli studenti romani delle superiori rimbalza un messaggino
Scuole, la protesta corre via sms
"Vediamoci lunedì per occupare"
Davanti Montecitorio studenti e professori di Fisica terranno lezione all’aperto
L’Udu: "Proseguire fin quando gli articoli 6 e 66 della 133/08 verranno abrogati"
ROMA - "Vediamoci domani davanti scuola per occupare". E’ l’sms che sta girando in queste ore sui telefonini degli studenti romani delle superiori. Sia nella capitale che nel resto della penisola molti istituti sono già occupati. Ma dopo le mobilitazioni di studenti e professori delle università e delle scuole ’di ogni ordine e grado’, culminate nella partecipazione al corteo dei sindacati autonomi di venerdì scorso, sempre più istituti e atenei in tutta Italia si stanno organizzando per opporsi alla riforma Gelmini.
Il ministro, che oggi è stata rinfrancata dagli applausi dei ragazzi del "movimento studentesco padano" riuniti a Milano, domani sarà in visita al rettorato dell’università di Palermo. Ed è tornata a dire: "Nessun taglio, solo razionalizzazioni". Troverà comunque ad accoglierla un corteo di protesta degli studenti, per ribadire il no al decreto di riforma dell’Università. La manifestazione partirà da viale delle Scienze e si concluderà davanti allo Stera, la sede del Rettorato a piazza Marina. Per martedì 21 è stato indetto un altro corteo e dovrebbero essere sospese le lezioni in tutte le facoltà.
A Parma sono in programma due assemblee per gli studenti: la prima domani dalle 11 alle 13 nella Facoltà di Psicologia e la seconda martedì alle 18 nella facoltà di Lettere. A Pisa per il 23 ottobre alle 15 è indetta una manifestazione cittadina. Nella città toscana da una settimana studenti, ricercatori e docenti si riuniscono in assemblea permanente nel’aula filologia 8, presso il cubo 28B.
Una manifestazione di protesta contro la riforma della scuola si svolgerà domani mattina a Reggio Calabria nei pressi del liceo scientifico ’Leonardo Da Vinci’. L’iniziativa è organizzata dagli studenti della Federazione Giovanile dei Comunisti Italiani e del movimento Taglia La Gelmini.
A Roma niente protesta nel fine settimana all’Università La Sapienza: si è di-soccupato venerdì sera, per ri-occupare lunedì mattina, quando si terranno assemblee in tutte le facoltà per pianificare le prossime giornate di protesta. E seguendo l’esempio di altri colleghi in diverse città italiane, domani, gli studenti del dipartimento di Fisica, insieme con alcuni docenti, faranno lezione all’aperto sotto Montecitorio, per dare seguito, si spiega in un comunicato, "alla straordinaria settimana di mobilitazione alla Sapienza".
I tagli alla scuola arrivano anche sui banchi del consiglio comunale di Reggio Emilia. Infatti, domani, saranno all’esame dell’assemblea di sala del Tricolore, due mozioni di iniziativa popolare, ognuna sottoscritta da oltre 300 cittadini, proposte da un gruppo di coordinamento di insegnanti e genitori.
A Napoli, domani mattina, assemblea nella sede della facoltà di Sociologia della Federico II. Poi, martedì, gli universitari hanno organizzato un corteo che sfilerà per le strade del centro storico. Sempre martedì, la Sinistra democratica darà vita a un’assemblea pubblica "contro la distruzione della scuola pubblica e dell’Università".
"Lo stato di agitazione diffuso evidenzia la volontà di non fermarsi in questa mobilitazione che si espande e cresce di forza ogni giorno sempre di più - spiega una nota dell’Unione degli universitari -. Vogliamo proseguire questo percorso fino a quando gli articoli 6 e 66 della legge 133/08 verranno abrogati".
"Io non difendo la scuola così com’è. Ma è intollerabile e inaccettabile che in un Paese come l’Italia si possano tagliare 8 miliardi per l’istruzione e pensare a classi separate", ha detto Walter Veltroni, ospite del programma condotto da Fabio Fazio Che tempo che fa (stasera su Rai Tre), rispondendo alle domande sulla riforma del ministro Gelmini. In particolare la proposta di istituire classi separate per i bambini stranieri rappresenta, per il segretario del Pd, uno dei tanti "piccoli slittamenti che progressivamente ci portano a ben altro. Resta importante garantire la sicurezza dei cittadini e anche l’integrazione".
* la Repubblica, 19 ottobre 2008
Ansa» 2008-10-20 15:37
SCUOLA: RIPARTE PROTESTA CONTRO DL GELMINI
ROMA "Il 23 ottobre occuperemo le entrate delle nostre scuole per sbarrare la strada alla riforma e ai tagli con tutta la nostra creatività e voglia di cambiamento". E’ quanto annuncia la Rete degli Studenti, spiegando che sono in programma assemblee e sit-in che si svolgeranno davanti alle scuole a Torino, Verona, Vicenza, Treviso, Padova, Venezia, Siracusa, Bergamo, Cuneo, Prato, Massa, Pisa, Teramo, Frosinone, Roma, Catania, Savona, Reggio Emilia. "Teniamo fuori la Gelmini dalle nostre scuole, perché le scuole sono nostre e vogliamo essere noi a cambiarle. In questi giorni tante scuole e università sono in agitazione per opporsi al progetto di demolizione dell’istruzione pubblica del governo. Rispondiamo alla violenza della maggioranza parlamentare e della Gelmini tenendo vive le nostre scuole, in particolare nei giorni in cui il decreto 137 verrà approvato al Senato", conclude la Rete.
SIT IN A MILANO, BRUCIATA COPIA DL GELMINI
MILANO - Una copia del dl di riforma della scuola voluta dal ministro all’Istruzione, Maria Stella Gelmini, é stata bruciata davanti Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, dove oggi oltre 200 studenti delle superiori del capoluogo lombardo hanno dato vita a un sit-in organizzato in risposta alle dichiarazioni dello stesso ministro e del vicesindaco di Milano Riccardo De Corato nelle ore successive al corteo di venerdì scorso. Arrivati poco dopo le 9,30, gli studenti hanno esposto alcuni striscioni sulle transenne di fronte al Palazzo Marino e, accompagnati dalla musica di un Dj set improvvisato, hanno bruciato una copia del decreto Gelmini contestato. "E’ una risposta spontanea alle dichiarazioni del ministro che ci accusa di non essere informati - spiega Gianmarco del coordinamento dei collettivi studenteschi di Milano e provincia -. Ma il dl parla da solo. E’ una risposta anche a De Corato che ha affermato che é inamissibile bloccare la città ogni settimana. Noi se vogliamo possiamo scendere in strada ogni giorno. Ne abbiamo solo da guadagnare perché la scuola pubblica è ormai allo sbando". Molti gli striscioni contro la riforma. "Omero chiuso per lutto si ribella al ministro della pubblica (d) istruzione", recitava uno striscione appeso dagli alunni del liceo Classico Omero di Bruzzano, nel milanese, arrivati numerosi.
LIVORNO: 8 MILA STUDENTI IN PIAZZA CONTRO LA GELMINI
LIVORNO - Almeno 8 mila studenti hanno partecipato stamani a una manifestazione che ha attraversato le vie del centro per protestare contro la riforma Gelmini. Il corteo si è svolto senza incidenti e vi hanno preso parte ragazzi delle scuole superiori provenienti da tutta la provincia che hanno scandito slogan a difesa della scuola pubblica e contro il ministro dell’Istruzione. Gli studenti hanno poi raggiunto la Fortezza Nuova dove si sono riuniti in assemblea.
A NAPOLI ASSEMBLEA LICEALI IN PIAZZA CONTRO RIFORMA
NAPOLI - Protesta degli studenti, a Napoli, contro la riforma Gelmini. Gli alunni del liceo classico Genovesi, dopo aver tentato un’occupazione dell’istituto, hanno indetto, in piazza del Gesù, un’assemblea pubblica. "Sarà un incontro a cui prenderanno parte studenti e docenti - spiegano i liceali napoletani - un’assemblea come quelle che si stanno organizzando a Roma per dire il nostro no alla riforma. Il nostro slogan? Studenti contro la Gelmini". Oggi, sempre a Napoli, gli studenti universitari terranno un’assemblea nella sede della facoltà di Sociologia della Federico II.
UNIVERSITA’: GIORNATA DI MOBILITAZIONE DA NORD A SUD
ROMA . Giornata di mobilitazioni negli atenei di molte regioni, in agitazione per esprimere la contrarietà rispetto alla legge 133 che "mira a stravolgere il sistema universitario e il suo carattere pubblico". E’ quanto afferma l’Unione degli studenti universitari, spiegando che iniziative sono in corso, o previste per le prossime ore, a Palermo, Pavia, Ancona e Ferrara. A Palermo, tra l’altro, è in programma un’Assemblea d’ateneo che lancerà le assemblee di tutte le 12 Facoltà prevista per il giorno dopo che si chiuderanno in un corteo. Anche a Pavia ci sarà un’assemblea con la partecipazione di dottorandi, ricercatori, docenti, organizzata dal Coordinamento per il diritto allo studio-Udu Pavia in collaborazione con varie realtà studentesche territoriali, in contemporanea con il Senato Accademico dove i rappresentanti dell’Udu-Pavia presenteranno un Odg contro la 133/08. A Ferrara l’inaugurazione dell’anno accademico sarà anticipata da una Contro-inaugurazione organizzata. Stasera è prevista una fiaccolata organizzata dalla Rua-Udu Ferrara con Cgil, Cisl e Uil. Nel primo pomeriggio ad Ancona si terrà una Assemblea di ateneo molto attesa nella Facoltà di Medicina organizzata dal Gulliver-Udu Ancona. L’Unione degli Universitari, nel percorso di mobilitazione condiviso con varie associazioni studentesche locali, continua le contestazioni negli Atenei per opporsi allo smantellamento dell’Università. Gli studenti che partecipano alle mobilitazioni indosseranno "un nastro rosso contro la privatizzazione" per esprimere anche simbolicamente la contrarietà all’intenzione governativa di privatizzare gli Atenei.
STUDENTI DI FORZA NUOVA CONTRO LA GELMINI
Gli studenti medi, superiori ed universitari legati al movimento politico Forza Nuova annunciano la "loro partecipazione agli scioperi ed alle proteste studentesche in corso in questi giorni". "La contestazione - è detto in una nota - non è monopolio di sinistra, e a contestare la Gelmini ci sono anche le sigle Lotta Studentesca e Destra Universitaria, appartenenti a Forza Nuova. Auspichiamo che la mobilitazione anti-Gelmini veda tutte le forze in campo, politiche, sindacali, organizzazioni di base, mature nel gestire i contenuti della manifestazione con una certa severità. Mai come oggi una battaglia di questo tipo ha bisogno di un’unità che sacrifichi anche le diverse appartenenze e riesca a sintetizzare in un unico ’edificio’ i vari mattoni che lo compongono. Da parte nostra non c’é nessuna preclusione. Siamo disposti a dibattere anche con nostri avversari storici", conclude la nota.
AZIONE STUDENTESCA, CONTRO GELMINI UNA MINORANZA
"Contro la Gelmini una minoranza organizzata, gli studenti liberi sono contro la casta dei professori". E’ quanto afferma Azione Studentesca, annunciato che la raccolta di firme "Basta prof incompetenti, più potere agli studenti", nelle ultime due settimane ha raccolto firme in 40 scuole di Roma, raccogliendo ben 8.000 firme. "Il numero di firme raccolte dimostra come in realtà gli studenti che scendono in piazza contro la Gelmini siano una minoranza organizzata, figlia di una certa logica di sindacato - dichiara Andrea Moi di Azione Studentesca - gli studenti liberi sanno che il problema sono i professori. Sanno, anche a differenza dei professori del Liceo Russel, che insultano e provocano i nostri ragazzi mentre volantino, che questa è una campagna provocatoria che ha l’intento di spostare l’attenzione dai non problemi sollevati da altri ai reali problemi della scuola italiana. E forti del consenso della maggioranza degli studenti, non ci fermeremo, anzi nelle prossime settimane ne faremo delle belle".
Si comincia domani, venerdì 14, con lo sciopero nazionale dei Cobas
Manifestazione a Roma e rischio di blocco degli istituti in tutta Italia
Scuola, un mese caldo
scioperi insieme ai cortei
di SALVO INTRAVAIA *
Il mese di fuoco per scuola, università e ricerca parte domani, venerdì 17. Tra scioperi, occupazioni e manifestazioni l’intero mondo della formazione e della ricerca scientifica verrà attraversato da un autentico terremoto che vuole lanciare un chiaro segnale al governo. Le riforme messe in campo dall’esecutivo non piacciono a nessuno: genitori, alunni e prof.
Gli appuntamenti. Ogni giorno che passa l’elenco delle manifestazioni spontanee di insegnanti, alunni/studenti e genitori in varie città del paese si allunga. Il primo appuntamento ufficiale con lo sciopero è per domani (17 ottobre). I Cobas della scuola scendono in piazza ripromettendosi di fermare la didattica in tutta Italia. La manifestazione nazionale si svolgerà a Roma e partirà alle 10 da piazza della Repubblica. Anche gli studenti delle scuole superiori stanno affilando le armi: l’Unione degli studenti ha organizzato una tre giorni, dal 21 al 23 ottobre, di occupazioni e autogestioni degli istituti. In quei giorni il Senato dovrebbe approvare con il voto di fiducia il decreto-Gelmini. "Per questo abbiamo deciso di invitare le studentesse e gli studenti di tutta Italia a bloccare la didattica proprio in questi giorni, dimostrando ancora una volta tutta la nostra contrarietà a questo provvedimento", spiega Valentina Giorda. Il clou della protesta del personale della scuola è previsto per fine mese: il 30 ottobre incroceranno le braccia gli aderenti alla Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals Confsal e Gilda degli insegnanti. Mentre il mondo universitario e della ricerca hanno già attivato le procedure per una giornata di sciopero che si svolgerà probabilmente il 14 novembre.
I motivi della protesta. Elencarli tutti non è cosa semplice. Il mondo della scuola è in rivolta per la cura dimagrante imposta dalla Finanziaria che farà sparire 132 mila posti in tre anni. Operazione che avrà effetti disastrosi sui 270 mila precari nelle liste provinciali. C’è poi il Dimensionamento della rete scolastica che dovrebbe cancellare dalla geografia scolastica italiana 2.600 istituzioni scolastiche e 4.200 plessi. Operazione che imposta alle Regioni, che ne hanno competenza, con un diktat poco gradito dai governatori che si rivolgeranno alla Corte costituzionale. L’intera scuola elementare combatte la "restaurazione" del maestro unico che dovrebbe sostituire il team di tre insegnanti su due classi. E il personale della scuola ricorda al governo di avere il contratto scaduto da 10 mesi. A mettere la ciliegina sulla torta ci ha pensato l’altro ieri la maggioranza che ha approvato una mozione che prevede le "classi differenziate" per gli alunni stranieri.
Università e mondo della Ricerca ritengono di essere affossati dai i provvedimenti "ammazza precari" e per i tagli alle università. Gli studenti dell’Unione degli universitari hanno coniato lo slogan "sorridi ... se ci riesci". Il decreto-legge prevede la riduzione annuale fino al 2013 del Fondo di finanziamento ordinario e un taglio del 46 per cento sulle spese di funzionamento. E ancora: una drastica riduzione del turn over al 20 per cento per l’università, la trasformazione degli atenei in fondazioni aperte ai privati. C’è poi la questione dei precari degli enti di ricerca che in base ad un disegno di legge del governo dovranno essere stabilizzati entro il 30 giugno 2009. Coloro che non avranno i requisiti o non troveranno posto saranno licenziati. Secondo la Cgil sono 60 mila i cervelli che fra pochi mesi dovranno trovarsi un altro lavoro o un altro paese che li ospiti.
* la Repubblica, 16 ottobre 2008.
l’Unità, 17.10.2008
Scuola, è rottura governo-Regioni. E oggi corteo anti-Gelmini a Roma
Errani: cancellino subito la norma sul commissariamento per gli Enti che non si adeguano con i tagli-selvaggi
di Maristella Iervasi
LA CONTRORIFORMA Gelmini terrà banco anche oggi, insegnanti, studenti e personale scolastico prenderanno parte a Roma allo sciopero generale dei sinda- cati di base (Cobas, Cub e Sdl) proclamato il 20 giugno scorso, ben prima dei decreti-mannaia sull’istruzione e l’università. E sarà un venerdì di passione anche per i trasporti pubblici (con orari diversi nelle città), la sanità e il pubblico impiego. E sulla scuola, tema rovente, insorgono anche le Regioni: i governatori dicono «no» al commissariamento degli enti che entro il 30 novembre non metteranno in pratica il piano di ridimensionamento degli istituti scolastici (un taglio stimato in 2600 istituti e 4200 plessi, soprattutto nei comuni montani) previsto dall’articolo 3 del decreto 154 sulla sanità. E la pregiudiziale «irrinunciabile» dei governatori manda all’aria il blitz Tremonti-Gelmini. Rottura istituzionale. Governo con il cerino in mano senza saper rispondere. La Conferenza unificata salta, viene sospesa. E i ricorsi alla Corte Costituzionale si annunciano sempre più numerosi. Di istruzione parla anche Berlusconi da Bruxelles: «Con il maestro unico il tempo pieno verrà confermato dove c’era e incrementato del 60% perchè ci saranno più insegnanti a disposizione». Un cronista l’incalza: «Ma il pomeriggio il maestro unico finirà per fare un doposcuola...». E il premier controreplica: «Ho visto in tv che c’era chi diceva: “Ci togliete il tempo pieno”. Può darsi che lei abbia ragione e ci sia anche quello che lei ha detto. Ma io ripondevo a quello che ho visto direttamente».
Corteo a Roma La manifestazione nazionale dei sindacati autonomi partirà alle 10 da piazza della Repubblica e terminerà in piazza San Giovanni. Lo striscione d’apertura: «No alla distruzione della scuola». Piero Bernocchi leader dei Cobas, si attende una presenza in piazza di 100mila persone tra maestre, precari, operai, e pubblico impiego. Ma questo non è che il primo assaggio dell’autunno caldo. Gli studenti dell’Uds e della Rete hanno organizzato una tre giorni di occupazioni e di autogestione negli istituti dal 21 al 23 ottobre, in vista dell’«ingresso» nell’aula del Senato del decreto Gelmini.
Schiaffo delle Regioni Gelmini era arrivata alla Conferenza unificata convinta di tener banco. E invece ne è uscita con una sonora bocciatura, anche delle regioni amiche: Lombardia e Veneto. «Non restiamo seduti - hanno deto i governatori - se non si toglie questa norma che prevede, per la prima volta, il commissariamento senza un’intesa istituzionale». E il blitz di Tremonti infilato nel decreto sanità va per aria. Vasco Errani: «Il governo ha voluto procedere in modo unilaterale mettendo un articolo e il commissariamento in un decreto che riguarda peraltro la sanità e non la scuola. Nessuna comunicazione dal ministero, lo abbiamo appreso leggendo il testo. Un punto itituzionalmente gravissimo. Devono eliminare dal testo quella norma». E la Gelmini ha commentato: «Comprendo la posizione delle Regioni ma condivido quella del governo e di Tremonti. La razionalizzazione dei plessi scolastici è prevista da una legge del centrosinistra, fatta da Bassanini nel 1998. Noi chiediamo che venga rispettata».
Bugie sul tempo pieno Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil prende in castagna Berlusconi. «Come è possibile arrivare all’aumento del tempo pieno come dice il presidente del Consiglio se almeno 130mila persone tra docenti e Ata andranno via?. Basta leggere la legge per capire - sottolinea il sindacalista - che le cose non stanno come le raccontano. Il tempo pieno dipenderà dagli organici disponibili ed è chiaro che se gli insegnanti diminuiscono il tempo pieno non si farà. Quello che dice Berlusconi non risponde a verità».
’’Partecipazione massiccia non solo di iscritti’’
Sciopero Cobas, 2 milioni incrociano le braccia. In 500mila al corteo di Roma
Prime stime sull’adesione all’astensione generale indetta con Cub e Sdl. In piazza contro la politica economica del governo c’erano pubblico impiego, Vigili del Fuoco, Protezione civile, insegnanti, studenti e ricercatori. Il ministro Gelmini: ’’Non capisco le ragioni delle proteste’’.
Roma, 17 ott. (Adnkronos) - Due milioni di lavoratori hanno incrociato le braccia e 500.000 persone sono scese in piazza per manifestare contro i provvedimenti decisi dal governo. In base alle prime stime sull’adesione allo sciopero generale indetto da Cub, Confederazione Cobas e Sdl intercategoriale, sono oltre due milioni i lavoratori del settore pubblico e privato che hanno incrociato le braccia e ben 500mila sono scesi in piazza a Roma per il corteo nazionale, snodatosi da Piazza della Repubblica a Piazza San Giovanni.
Una partecipazione "senza precedenti" ha sottolineato il portavoce dei Cobas Piero Bernocchi. Questa mattina, sotto una pioggia battente, il corteo per le vie di Roma contro il governo. Ad aprire il serpentone lo striscione unitario che racchiude i temi che hanno portato in piazza i sindacati di base, i collettivi studenteschi e i coordinamenti spontanei di insegnanti e genitori: ’Basta con la distruzione di lavoro, salari, diritti, scuola e servizi pubblici’.
In corteo tutti i settori del pubblico impiego, i Vigili del Fuoco (nella foto), la Protezione civile, operatori dei trasporti, insegnanti, ricercatori, tantissimi studenti, bambini e genitori tutti accomunati, spiega il leader Cobas, una delle tre sigle che ha indetto la manifestazione, dalla preoccupazioni per il futuro: "C’è una volontà di denuncia - afferma Bernocchi - di tutte le politiche economiche di questo governo che salva i banchieri e mette in discussione i posti di lavoro dei precari, mette in discussione i diritti".
’’C’è stata una partecipazione massiccia non solo di iscritti ai sindacati di base - dice il leader Cobas - ma cittadini, studenti e anche molti iscritti ai confederali". E tantissimi studenti che, ’a braccetto’ con i docenti, hanno srotolato striscioni contro il decreto Gelmini. Quella ’dedicata’ alla scuola è stata la parte più colorata, chiassosa e allegra del corteo contro la politica economica del governo. Ad aprire, dietro lo striscione ’No alla distruzione della scuola’, tanti bambini, genitori, insegnanti con fischietti e magliette colorate con la scritta ’Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini’.
Da parte sua, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, questa mattina a ’Panorama del giorno’ di Maurizio Belpietro, su Canale 5, dice che ’’le ragioni della protesta francamente non le comprendo e sono sempre più convinta che molti di coloro che scendono in piazza non hanno letto il provvedimento". Alcuni momenti di tensione si sono avuti quando gli studenti universitari in manifestazione a Roma, invece di seguire il percorso indicato dalle forze dell’ordine, hanno deciso di sfondare il cordone dei carabinieri che li precedevano e raggiunto il ministero dell’Istruzione.
Per quanto riguarda i dati delle adesioni allo sciopero del trasporto pubblico locale, alla Trambus di Roma si è registrato il 45% di astensione dal lavoro; alla Cgt di Torino il 75%; a Bologna fra il 75 e il 77%; a Venezia centro l’80% e in extraurbano il 40%; a Treviso il 40%. Forti i disagi anche nei settori aereo, ferroviario e marittimo. E sono stati 24 i voli cancellati dalle compagnie aeree all’aeroporto ’Guglielmo Marconi’ di Bologna.
Manifestazioni e presidi spontanei anche a Torino, in piazza Castello, e di fronte ad alcune scuole. Agitazioni del settore trasporti, scuola e sanità, con lo sciopero dei mezzi pubblici che, dopo la fascia di garanzia dalle 12 alle 15, riprenderà fino a fine servizio.