[...] L’auspicio è che i senatori, nell’esaminare il testo che ora approda a Palazzo Madama, siano più lungimiranti dei loro colleghi di Montecitorio, e tengano presenti le osservazioni dell’Onu, togliendo il sigillo xenofobo che una minoranza politica ha imposto al Paese [...]
Immigrazione
Integrazione tra culture diverse
Intervista a P. Alberto Maggi su RaiNews24
di Famiglia cristiana - editoriale, 21 maggio 2009.
Con il voto di fiducia sul pacchetto sicurezza il Parlamento è stato espropriato della libertà di coscienza su un tema molto delicato che riguarda la vita di uomini, donne e bambini.
Il disegno di legge sulla sicurezza approvato dalla Camera con il voto di fiducia (evidentemente nella maggioranza c’è qualche "mal di pancia"), si intreccia con i respingimenti dei clandestini verso la Libia, ignorando i più elementari diritti d’asilo di chi fugge da guerra, tortura e, spesso, da una condanna a morte. Che ne sarà di questa gente una volta fatta sbarcare sul suolo libico, in un Paese che non riconosce le convenzioni internazionali sui rifugiati?
Perché l’Italia, da sempre considerata la culla del diritto e della civiltà giuridica, Paese di profonde radici cristiane, antepone qualsiasi esigenza di sicurezza (vera o fittizia) ai diritti inalienabili dell’uomo? Sarebbe stata molto più efficace una seria politica di programmazione dei flussi e di sanatorie per regolarizzare quegli stranieri già inseriti nella società, come le badanti, che svolgono un ruolo prezioso e, molto spesso, insostituibile.
L’auspicio è che i senatori, nell’esaminare il testo che ora approda a Palazzo Madama, siano più lungimiranti dei loro colleghi di Montecitorio, e tengano presenti le osservazioni dell’Onu, togliendo il sigillo xenofobo che una minoranza politica ha imposto al Paese.
Il disegno di legge ha già suscitato le reazioni negative della comunità ecclesiale, dell’associazionismo cattolico, dalle Acli alla Caritas a Sant’Egidio. Padre Gianromano Gnesotto, direttore dell’Ufficio per la pastorale degli immigrati della Cei, ha detto che con l’introduzione del reato di clandestinità il disegno di legge non favorisce l’integrazione e l’inserimento degli stranieri.
Anche monsignor Marchetto, presidente del Pontificio consiglio dei migranti, ha sottolineato il "peccato originale" del reato di clandestinità. La criminalizzazione dello straniero darà vita alla creazione di cittadini di serie B, compromettendo gravemente i loro diritti alla salute, all’istruzione e a molti altri diritti fondamentali, lasciandoli preda di una possibile denuncia da parte di chi riveste un ruolo di pubblico ufficiale: infermieri, medici, insegnanti... Coniugare accoglienza e rispetto della legalità è la raccomandazione che, da mesi, fa l’episcopato italiano, per bocca dei suoi massimi esponenti.
Grandi preoccupazioni sorgono per le difficoltà al riconoscimento dei figli nati in Italia da madri clandestine senza passaporto, i cosiddetti "bambini invisibili", liquidate frettolosamente come "panzane" o "stupidaggini" da esponenti del Governo. In realtà è un problema reale che rischia di farci scivolare nella barbarie.
Problema sollevato anche dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e dalla Caritas. Monsignor Domenico Sigalini, segretario della Commissione per le migrazioni della Cei, ha ribadito che «l’accoglienza non è né di destra né di sinistra, è di tutti» e che «la famiglia va sempre salvaguardata così come il diritto alla salute».
Lo "stigma" del reato di clandestinità crea le condizioni perché i migranti vengano messi fuori dal consorzio umano. Si continua ad attizzare il fuoco della paura, tutto per una manciata di voti in più. Abbiamo trasformato il migrante in "diverso", in nemico. La deriva xenofoba che sta prendendo piede in Italia dovrebbe preoccupare tutti, i cattolici in particolare.
Come ha sottolineato don Giancarlo Quadri, responsabile della pastorale dei migranti della diocesi di Milano, l’indifferenza e il gelo della chiusura soffiano anche nelle parrocchie. Possibile che i cattolici facciano prevalere la paura e un "pacchetto propaganda" sui princìpi evangelici?
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Immigrazione
Integrazione tra culture diverse
Intervista a P. Alberto Maggi su RaiNews24
Immigrazione, «permessi di soggiorno in nome di Dio»
di Roberto Monteforte *
«Permessi di soggiorno. In nome di Dio». Sarà così in tutta Italia il prossimo 20 giugno. Data importante e non casuale: è la Giornata mondiale per il Rifugiato. Si mobilitano contro «il pacchetto sicurezza» le associazioni cattoliche e non solo, i movimenti, i singoli, i missionari, istituzioni pubbliche, enti locali e molte realtà impegnate nel sociale sul terreno difficile dell’immigrazione.
Da apri pista vi sono i padri comboniani di Castelvolturno che con i padri «Sacramentini» di Caserta, l’associazione «Beati costruttori di Pace» e le riviste missionarie, sono in prima fila nella denuncia delle scelte discriminatorie e xenofobe contro i migranti. «L’iniziativa però - lo assicura padre Giorgio Poletti, tra gli organizzatori - è a rete. Non vi sono primogeniture. Siamo aperti al contributo di tutti. Ciascuno modulerà l’iniziativa secondo le situazioni e gli interessi particolari presenti sul proprio territorio».
La «rete» si muove. Si stanno raccogliendo le adesioni e arrivano le prime disponibilità da Venezia, Rovigo, Modena, Firenze, Bologna, Genova, Verona, Vicenza, Caserta per l’appuntamento del prossimo 20 giugno. Saranno diverse le motivazioni che spingeranno gli organizzatori a consegnare «il permesso di soggiorno» - quasi identico a quello "ufficiale" rilasciato dal Ministero dell’Interno - a chi è considerato irregolare. Porterà la dicitura «Ministero del Cielo». Ma la motivazione è comune. «Con questa azione vogliamo dire il nostro no alle attuali politiche sull’immigrazione - spiega padre Giorgio -. È questa un’azione che parte dal diritto di ogni persona ad esistere, ad essere rispettata nella sua umanità, nella sua ricerca di vita democratica e libertà. Il diritto a costruire un futuro per se e per i propri figli. Oggi questo mondo chiede, e noi che ci consideriamo colti e civilizzati siamo chiamati a rispondere, di rispettare quei valori che da anni proclamiamo».
Il padre missionario invita tutti i gruppi a «contattare» le autorità locali, a cercare un confronto. La macchina organizzativa è partita. «L’entusiasmo e l’adesione trovata è uno stimolo a realizzare questa manifestazione come momento di presa di posizione decisa contro le disposizioni governative espresse nel pacchetto sicurezza. È l’inizio di un lavoro di ricerca e di confronto a tutti i livelli dove tutti noi, associazioni e movimenti, siamo coinvolti e impegnati collettivamente».
Alla domanda sul perché questa manifestazione «In nome di Dio», il padre missionario risponde. «Riteniamo che in una società come la nostra frazionata, divisa in molti modi in cui il nome di Dio viene usato in mille modi, spesso per interessi politici ed economici, noi crediamo che Dio stia dalla parte dei più deboli e indifesi». Di sicuro vi è che di motivi per protestare il «pacchetto sicurezza» ne offre molti.
* l’Unità, 22 maggio 2009
Lettera aperta al Presidente della Repubblica affinche’ non ratifichi le incostituzionali e criminali misure razziste contenute nel cosiddetto "ddl sicurezza" *
Signor Presidente della Repubblica,
qualora dopo la Camera dei Deputati anche il Senato della Repubblica dovesse approvare le misure razziste ed incostituzionali contenute nel cosiddetto "ddl sicurezza", con la presente la preghiamo di non ratificare lo scellerato tentativo di introdurre nel nostro paese il regime dell’apartheid e di legalizzare lo squadrismo.
La preghiamo di voler adempiere rigorosamente al suo ruolo istituzionale, ed in tal veste respingere il protervo e barbaro tentativo governativo di violare la legalita’ costituzionale per imporre norme razziste, criminali e criminogene.
Sia difensore e garante della Costituzione della Repubblica Italiana, e quindi della legalita’ democratica, della civilta’ giuridica, dei diritti umani.
Respinga il razzismo, crimine contro l’umanita’.
Distinti saluti,
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 15 maggio 2009
*
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 828 del 22 maggio 2009
Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Genova, la preside segna i ’clandestini’ alla lavagna
Shock a Genova, in tre istituti professionali di Sampierdarena: Casaregis, Einaudi e Galilei dove la preside ha scritto alla lavagna l’elenco dei possibili studenti clandestini. Proteste degli insegnanti, segnalazioni al provveditore. La preside si è giustificata dicendo di averli scritti perché temeva di sbagliane la pronuncia ed era un invito agli studenti a presentare i documenti in segreteria ma è esplosa la polemica.
Una vicenda «gravissima», dice Roberta Pinotti, responsabile Difesa del Pd, quella degli Istituti Casaregis, Einaudi e Galilei di Genova dove la preside avrebbe fatto scrivere sulle lavagne i cognomi agli alunni immigrati in procinto di diventare maggiorenni, e dunque in "odore di clandestinità". «Solleverò la questione nell’aula del Senato - annuncia la parlamentare -. Io e l’onorevole Sabina Rossa stiamo presentando interrogazioni al governo nei due rami del Parlamento perchè il ministro Gelmini dia precise spiegazioni e intervenga immediatamente».
«Avevamo denunciato - sottolinea Roberta Pinotti - che il disegno di legge sulla sicurezza, mantenendo il reato di immigrazione clandestina, avrebbe implicato la possibilità di denuncia da parte di presidi, insegnanti e medici. Purtroppo questa possibilità sembra concretizzarsi ancora prima che il provvedimento diventi legge. Si tratta di fatti gravissimi, che spingeranno gli studenti immigrati quasi maggiorenni a non frequentare più le aule scolastiche. Qualcuno pensa davvero che spingere i ragazzi fuori dalla scuola sia un modo per aumentare la sicurezza dei cittadini italiani o di governare il fenomeno dell’immigrazione?».
* l’Unità, 20 maggio 2009
«Per partecipare all’esame di maturità serve il permesso di soggiorno» *
Una circolare per chiedere a tutti gli studenti stranieri extracomunitari che frequentano l’ultimo anno delle superiori di portare entro 24 ore il permesso di soggiorno. È accaduto a Padova nell’istituto professionale Leonardo Da Vicni. Ne dà notizia il Corriere Veneto.
«Prevediamo che la commissione per l’esame di Stato ve chieda il permesso di soggiorno quindi, vi invitiamo a consegnarlo entro domani», recita la circolare firmata dalla preside Anna Bottaro. Con tanto di nomi e cognomi degli studenti stranieri che a giugno dovranno sostenere l’esame di maturità. Letti in classe ad alta voce.
Una iniziativa che ha sopreso, per primi, gli insegnanti dell’istituto patavino. Ma la preside Anna Bottaro del Leonardo Da Vinci, istituto con alta frequenza di stranieri iscritti, replica: «Non vedo niente di anomalo, i ragazzi hanno portato il permesso di soggiorno a scuola e adesso è inserito nei loro fascicoli».
Secondo il sindacato Cobas che insieme all’associazione Razzismo Stop, in questa storia si deve leggere la traccia di quel provvedimento sui «presidi-spia», che cassato dal pacchetto-sicurezza rischia di riemergere in "forme spontanee" e in comportamenti più realisti del re. Tanto più che qualcosa di simile era già accaduto l’altro giorno a Genova in un altro istituto professionale.
Inziative immotivate perché la Corte di Cassazione si è già pronunciata a favore di una adolescente esclusa dall’esame di stato perché senza permesso di soggiorno. Una sentenza che - osservano i Cobas - mette in chiaro come il diritto allo studio non possa essere negato anche in assenza del permesso di soggiorno.
* l’Unità, 21 maggio 2009
La ragazza è ucraina ed è priva del codice fiscale necessario per iscriversi
Le nuove norme non lasciano speranze. Petizione dei compagni per aiutarla
Napoli, bravissima ma clandestina
Per Daria niente esame di maturità
NAPOLI - A scuola è bravissima, ma non ha il codice fiscale. E per questo non può fare l’esame di maturità. Daria è ucraina, parla 6 lingue e, nel suo paese, ha già il suo titolo di studio. Che, però, in italia non è valido: per questo ha dovuto rifare il liceo. Ma ora, giunta all’ultimo anno, l’ennesimo ostacolo. Daria è clandestina, non ha documenti e tantomeno il codice fiscale. E senza quel tesserino di plastica non può fare l’esame di Stato. La vicenda, riportata dal quotidiano "Il Mattino", si svolge al liceo Margherita di Savoia di Napoli.
E non è altro che la logica conseguenza delle nuove norme varate dal governo. Il ministero dell’Istruzione, infatti, per compilare l’anagrafe dello studente deve rilevare i dati relativi a ogni singolo candidato. Compreso il codice fiscale, che, successivamente, passerà al vaglio dell’agenzia delle entrate.
Un’operazione che deve essere fatta entro dopo domani. Siccome la circolare del 22 maggio 2009 del ministro Maria Stella Gelmini vuole che senza codice fiscale non si possa sostenere l’esame, per Daria il sogno di diplomarsi rischia di infrangersi per sempre.
Daria a Napoli vive insieme ai genitori: la madre fa le pulizie ad ore, il padre il saldatore. A scuola, intanto, è scattata una vera e propria gara di solidarietà per aiutarla mentre i suoi compagni pensano di inoltrare una petizione.
* la Repubblica, 7 giugno 2009