Per questo è necessario, prima di tutto stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure adeguate per evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e soprattutto aiutare le vittime e tutti coloro che sono stati colpiti da questi crimini, a guarire” (Benedetto XVI, discorso ai Vescovi d’Irlanda del 28 ottobre 2006) [...]
di p. Nadir Giuseppe Perin *
In ambito psichiatrico la pedofilia viene catalogata tra i disturbi del desiderio sessuale. Consiste nella preferenza erotica, da parte di un soggetto giunto alla maturità genitale, per soggetti che sono, invece, ancora in età pre-puberale, cioè tra i 12 e i 14 anni. La psichiatria definisce “pedofili” quelle persone, aventi più di 16 anni, per le quali i bambini o le bambine costituiscono l’oggetto sessuale preferenziale, o unico. Il termine “pedofilia” definisce, pertanto, l’orientamento della libido del soggetto; la preferenza sessuale dell’individuo. Si tratta di un disturbo psichico.
Al di fuori dell’ambito psichiatrico e nell’accezione comune, invece, il termine pedofilia viene utilizzato anche per indicare quegli individui che abusano sessualmente di un bambino o che commettono reati legati alla pedopornografia. Si tratta dei child molester (molestatore o persona che abusa di bambini).
La psichiatria e la criminologia distinguono i pedofili dai “child molester”.
La pedofilia viene giudicata come un comportamento criminale e, nello stesso tempo, una grave malattia “sociale”. E, molti pedofili si giustificano definendo la loro condizione “una malattia”. Non si capisce,però, perché “se sono coscienti di essere delle persone sessualmente“ malate”, non si curano spontaneamente? Perché continuano nelle loro azioni criminali fino al momento in cui vengono “pizzicati” ed anche oltre?
Nonostante che i casi di pedofilia che fanno clamore siano quelli commessi da educatori, insegnanti, preti, personale di collegi o istituti, non va dimenticato che 80% dei casi di violenza sessuale su minori avviene tra le mura domestiche: padri separati denunciati dall’ex-moglie in concomitanza o immediatamente dopo la richiesta di divorzio; zii, amici di famiglia e simili. Non serve, pertanto, creare dei “mostri”, lasciando credere che essi si annidino nei giardini pubblici, nella scuola, negli oratori, nelle sacrestie o su Internet...ritenendo la famiglia un luogo sicuro.
E’ necessario, invece, che la società reagisca e prenda coscienza dei problemi della sessualità che i bambini in età ancora pre-puberale possono incontrare - a causa di adulti pedofili. Si richiede da parte di tutti un impegno coordinato e di collaborazione per sviluppare tutte le misure educative e preventive adeguate per aiutare le famiglie, la scuola, i responsabili degli ambienti di aggregazione e di utilizzo del tempo libero, a far crescere i bambini verso una maturità affettiva e sessuale e prevenire esperienze sessualmente traumatiche.
Freud affermò che i traumi infantili, in generale, sono inguaribili e lasciano ferite che non rimarginano più e, negli adulti con una storia di abusi violenza sessuale nella loro infanzia, provocano molte difficoltà a carico della sfera emotiva, relazionale, sociale e comportamentale.
Lo scandalo della “pedofilia” che ha visto coinvolti alcuni chierici o religiosi della Chiesa Cattolica, ha suscitato e continua a suscitare nella comunità ecclesiale sgomento ed amarezza, perché hanno“tradito la fiducia che giovani innocenti e i loro genitori avevano riposto in loro. Hanno causato un danno immenso nelle vittime oltre che all’intera comunità ecclesiale, deturpando, nella pubblica percezione, l’immagine del ministero presbiterale e della vita religiosa, rovesciando vergogna e disonore sui confratelli. Per questo dovranno rispondere delle loro azioni sia davanti a Dio onnipotente come pure davanti ai tribunali debitamente costituiti”. Così scriveva Benedetto XVI nella lettera pastorale rivolta ai fedeli cattolici d’Irlanda, pubblicata il 20 marzo 2010.
Le discussioni sull’argomento riportate dai giornali non sono servite né a “fare chiarezza”, né a rasserenare gli animi; né a dare “conforto” alle vittime... ma, spesso hanno contribuito a confondere ancora di più le idee, “gettando fango” su tutto e tutti. Leggendo i giornali, ho avuto l’impressione di assistere ad uno scontro tra due parti “in conflitto di interessi”, più che alla ricerca della verità, perché convinti che solo la verità fa l’uomo libero.
Da una parte c’è il “gruppo degli scavatori” alla ricerca del maggior numero di preti-pedofili possibile, per chiedere che i loro atti peccaminosi e criminali, vengano giudicati e puniti non soltanto secondo il Diritto canonico, ma anche secondo il codice penale civile, esigendo dall’Istituzione Chiesa, a titolo di risarcimento danni, ingenti somme di denaro. E, da ogni parte saltano fuori nuovi e vecchi episodi, ricordi, denunce. Sembra che ci siano vittime di pedofili in ogni angolo di sacrestia ed oratorio...Partono le richieste più allucinanti, compresa quella di portare il Papa davanti ad un tribunale penale perché “non poteva non sapere”...
Dall’altra parte, c’è la Comunità dei credenti che, a causa dello scandalo suscitato dalle accuse di pedofilia di alcuni suoi “pastori” , ha visto scatenarsi nei confronti di tutti, compreso il Papa, i vescovi e gli altri preti, una violenta campagna planetaria in cui nessuno viene risparmiato dalla “sporcizia” che lo scandalo ha rovesciato sulla comunità ecclesiale. Con grande onestà ed umiltà, bisogna ammettere che molti errori sono stati commessi dai “pastori del gregge di Dio”, soprattutto l’errore di “nascondere” lo scandalo “sotto i tappeti della sacrestia”, comperando talvolta il silenzio delle vittime, nella speranza di evitare lo scandalo. L’errore di trasferire il prete accusato di pedofilia in altre parrocchie, invece di applicare il Codice di Diritto Canonico, provocando in tal modo il ripetersi dei comportamenti peccaminosi e criminali anche in altre comunità.
Tuttavia, anche se alcuni leader ecclesiastici hanno dato delle risposte inadeguate, come la mancata applicazione delle pene canoniche e la mancata denuncia all’autorità competente che hanno avuto, sovente, come risultato la mancata tutela della dignità della persona, sono convinto che, in questo momento storico della Chiesa, si possa affrontare lo scandalo della pedofilia e degli abusi sessuali sui minori, da parte del clero, con più coraggio, trasparenza, collaborazione tra le parti nella ricerca della verità, rispetto della dignità delle persone coinvolte. Si può lavorare con più tatto e sensibilità verso le vittime e senza alcuna ambiguità. Non dobbiamo dimenticare che in passato, in moltissimi casi, le vittime per essere ascoltate e rispettate dalla autorità della Chiesa, hanno dovuto sostenere delle lunghe battaglie, contro una cultura clericale che molti potrebbero descrivere come “non cristiana.
Si tratta, ora, di cambiare mentalità ed atteggiamento. Non più la mentalità degli anni ’80 , dove di fronte allo scandalo della pedofilia di alcuni preti, gli unici protagonisti erano: le autorità ecclesiastiche, il prete accusato, il bene della Chiesa, l’eventuale scandalo per i fedeli, mentre le vittime, a tutti i livelli della Chiesa Cattolica, non furono né ascoltate, nè menzionate. La mentalità di quel tempo era, infatti, che “una cosa è buona perché piace a Dio”. Con la conseguenza che il “non-denunciare” non solo non era una colpa, ma un merito. E, se c’era da scegliere tra Dio e la giustizia, si era sicuri che scegliendo Dio, si sceglieva automaticamente anche la giustizia.
Il Papa Benedetto XVI, nella lettera ai fedeli irlandesi ha rovesciato, invece, questa mentalità: “non è scegliendo Dio che io posso essere sicuro di scegliere anche il bene”, ma è “scegliendo il bene che posso essere sicuro che lì, dove c’è il bene, c’è anche Dio”. Infatti, dice ai preti pedofili: “Dovete rispondere davanti a Dio onnipotente, come pure davanti ai tribunali debitamente costituiti”. Non è vero, allora, che se c’è da scegliere tra Dio e giustizia, scegliendo Dio, scegli anche la giustizia. Ma, è vero l’inverso: scegliendo la giustizia tu scegli Dio.
Per questo è necessario, prima di tutto stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure adeguate per evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e soprattutto aiutare le vittime e tutti coloro che sono stati colpiti da questi crimini, a guarire” (Benedetto XVI, discorso ai Vescovi d’Irlanda del 28 ottobre 2006).
Nonostante tutto, sono convinto - sia come cristiano che come prete da 43 anni felicemente sposato - che il comportamento dei vescovi, nella gestione del crimine “pedofilia” - pur avendo evidenziato degli errori - non abbia mai avuto come obiettivo quello di “scusare”, in qualche modo, l’atto peccaminoso e criminale del prete pedofilo. Né l’omissione di denunciare il prete pedofilo all’autorità civile competente sia stata finalizzata “a proteggere il reo”, quanto piuttosto perché tutti - in primis - erano “preoccupati per il buon nome della Chiesa stessa e per evitare ulteriori scandali nel Popolo di Dio”.
Lo stesso Mons. Alessandro Maggiolini, ex vescovo di Como ha affermato “una cosa è prendere i necessari provvedimenti canonici, altro è, come vescovi, diventare strumenti della giustizia italiana, non perché non vogliamo che i sacerdoti colpevoli subiscano le giuste pene della giustizia civile, ma perché le vittime debbono decidere loro se accedervi oppure no. Ed alcune preferiscono non farlo”.
Le vittime della pedofilia o di abusi sessuali cosa dovrebbero fare? Essere aiutate da persone competenti per denunciare all’autorità Giudiziaria, l’abuso sessuale subìto da parte del pedofilo, portando le “prove” del reato, in modo che attraverso il processo giusto ed equo si arrivi alla verità.
I giudici, però, chiamati ad emettere la sentenza di innocenza o di condanna, nell’interrogatorio del bambino, devono usare molto “tatto”, intelligenza, sapienza e prudenza, onde evitare gravi errori giudiziari che provocano danni morali e materiali gravissimi agli innocenti accusati, tenendo presente che l’interazione del bambino con genitori e psicologi può indurre nel bambino la formazione di falsi ricordi.
Per questo è stato messo a punto un protocollo [Carta di Noto del 9 giugno 1996, aggiornata il 7 luglio 2002] che prescrive le attenzioni da seguire nell’interrogatorio del bambino e che è parte essenziale di ogni nuovo caso giudiziario in Italia, relativo a bambini nell’età della Scuola d’Infanzia.. A volte il ricordo vivo e particolareggiato dei minorenni coinvolti può rivelarsi in contrasto con i riscontri probatori. Una persona, infatti, può avere un ricordo molto vivo e dettagliato di eventi che crede sinceramente siano accaduti, ma che in realtà non si sono mai verificati. Quindi, anche se la testimonianza viene da un bambino che non ha alcun interesse a testimoniare il falso, le indagini devono trovare riscontri probatori oggettivi per non fondare la pubblica accusa solo sulle testimonianze oculari.
Presunti abusi infantili sono anche emersi nella memoria di migliaia di pazienti adulti dopo essere stati sottoposti a psicoterapia o ad altre cure analoghe, determinando un vivace dibattito scientifico sulla loro attendibilità ed un seguito di contenziosi legali. Secondo alcuni studi, una percentuale rilevante dei condannati per pedofilia ha a sua volta subito abusi durante l’infanzia. Questo determina due elementi di rilievo per la legislazione in materia: da un lato evidenzia la gravità del danno subito dal bambino e quindi della colpa del reo e dall’altro lascia intuire la difficoltà di stabilire la capacità di intendere e volere del reo in quanto è possibile che abbia commesso il crimine perché affetto da turbe psichiche o raptus improvvisi, a causa di violenze pregresse subite nell’infanzia.
D’altra parte la complessità del problema emerge chiaramente in ambito clinico a fronte delle difficoltà nelle quali si vengono a trovare i professionisti, psichiatri e psicologi, che trattano le persone affette da pedofilia.
Come prete sposato, infine, esprimo il mio disaccordo alla proposta - avanzata da qualcuno - di chiedere l’abolizione della obbligatorietà del celibato per il fatto che ci sono dei preti che si macchiano del reato di pedofilia o semplicemente perché altri non riescono a controllare le loro pulsioni sessuali.
Penso che “il Celibato”, “il matrimonio” ed il “presbiterato”, per essere vissuti in pienezza di vita, richiedano alle persone chiamate a questi tre stati di vita, di avere dentro al cuore una forte carica di Amore. Perché è l’amore (Charitas) che ti dà la possibilità di farti dono all’altro, cioè di condividere con l’altro tutto stesso, quello che sei e quello che “hai”, per rendere felice l’altro; perché l’amore è rispetto dell’altro; perché l’amore è accoglienza dell’altro nella dinamica della propria vita per condividerne i progetti e realizzarli insieme; perché l’amore è dialogo.
Una sessualità, cercata e vissuta come l’attimo fuggente di un godimento biologico, è lontana dall’essere un atto di amore e di dono, dura soltanto un istante e quando finisce “l’orgasmo” lascia l’amaro in bocca e il cuore vuoto. Un’affettività e una sessualità matura, invece, vissuta nell’amore e con amore, dura tutta una vita e non cessa mai di stupire nemmeno a 100 anni.
Pertanto il “matrimonio” (sia come sacramento che fuori dal sacramento) non è il rimedio per ogni impudicizia, il contesto ideale dove l’uomo celibe e la donna nubile possono soddisfare “lecitamente” le loro esigenze sessuali più strane. E’ vero che S. Paolo, alla chiesa di Corinto raccomandava: “E’ bene per un uomo non avere contatti con donna. Tuttavia a motivo delle impudicizie, ciascuno abbia la sua moglie e ogni donna il suo marito. Se non sanno contenersi, si sposino; è meglio sposarsi che ardere!(1 Cor 7,1-2,9). Non mi sembra, francamente questo il modo migliore di considerare il matrimonio, con tutto il rispetto che ho per S. Paolo!
Qual è, allora il motivo per cui chi ha l’autorità e la responsabilità del ministero per la comunità ecclesiale, dovrebbe togliere l’obbligatorietà del celibato e ridare ai preti la possibilità di sposarsi?
Il motivo è uno solo: perché nessun legislatore sulla terra può impedire o limitare per legge positiva alle persone il loro diritto naturale di sposarsi (ius connubii). Lo possono fare, soltanto, qualora ci siano delle “gravi ed adeguate ragioni” richieste da gravi ed oggettive esigenze che scaturiscono dallo stesso istituto matrimoniale e dalla sua rilevanza sociale e pubblica.
Se queste gravi ed adeguate ragioni - che scaturiscono dallo stesso istituto matrimoniale e dalla sua rilevanza sociale e pubblica.- non ci sono, non lo possono fare! E se lo fanno ugualmente violano il diritto naturale (ius connubii) della persona. (Cfr. Santa Sede, Carta dei Diritti della famiglia, 22 ottobre 1983).
Che queste gravi ed adeguate ragioni non sussistano lo si deduce da quanto affermano coloro che nella Chiesa hanno la responsabilità del ministero per la comunità ecclesiale e cioè
che la perfetta e perpetua continenza per il Regno dei cieli, raccomandata da Cristo Signore...non è richiesta dalla natura stessa del presbiterato..”
che “La vocazione sacerdotale, rivolta al culto divino e al servizio religioso e pastorale del popolo di Dio, benché divina nella sua ispirazione e benché distinta dal charisma che induce alla scelta del celibato come stato di vita consacrata, non diventa definitiva ed operante senza il collaudo e l’accettazione di chi,nella chiesa ha la potestà e la responsabilità del ministero per la comunità ecclesiale” (Cfr. Paolo VI, Encicliche e Discorsi, Ed. Paoline, Roma, 1968, Vol.XVI, p. 264).
le ragioni sulle quali poggia obbligatorietà del celibato, “prima raccomandato ai preti è stato poi imposto per legge”, sono basate sul mistero di Cristo e della sua missione”; sul fatto che il celibato è stato giudicato dal Papa “sommamente confacente con la vita presbiterale”.
il celibato è un Charisma, che appartiene all’ordine delle “grazie date gratuitamente” che sono essenzialmente distinte dalla grazia santificante o abituale. E’ un dono dato dallo Spirito Santo solo ad alcuni e non a tutti. Il dono non si può meritare. Il dono non può essere imposto. Il dono va solamente accolto, custodito e vissuto in modo appropriato nella propria vita. Quando un dono viene imposto, anche se per motivi nobili, viene tolta all’uomo la libertà di scelta.
Lo stesso S. Paolo e gli altri Apostoli ci mostrano come il diritto naturale di sposarsi e di conseguenza quello di portare con sé la propria moglie nei viaggi apostolici, come gli altri diritti - quello di vivere del Vangelo e di non svolgere lavori fisici per occuparsi della missione - non contemplano una rinuncia volontaria al loro utilizzo se si vuole fare l’apostolo (cfr. 1 Cor. 9,15). Sono dei diritti che si mantengono per sempre, anche se uno ci rinuncia, per un certo tempo,per dare la precedenza a Cristo e al suo Vangelo.
Lo stesso Paolo ribadisce che anche lui ha il diritto di scegliersi una donna come compagna, come l’hanno avuto gli altri apostoli; e questo diritto non può essere negato per sempre, anche se qualcuno abbia rinunciato ad usarlo per un periodo di tempo.
Tuttavia egli sceglie liberamente di restare libero (1 Cor. 9,1). E, il fatto di astenersi dall’usare i suoi diritti, per lui costituisce un vanto (1 Cor. 9,15).
Secondo Paolo, qualunque prete potrebbe sposarsi anche dopo l’ordinazione, perché il diritto naturale di sposarsi dell’uomo e della donna è un diritto garantito da Dio e da Gesù Cristo, il Signore, quindi divino. Gli apostoli stessi hanno sempre conservato questo diritto e la loro rinuncia volontaria ad usare di questo loro diritto naturale divino di avere una moglie, non ha mai fatto perdere a loro il diritto stesso.
Per tutte queste ragioni, moltissimi, nella Chiesa (vescovi, preti, laici) sono convinti che la disciplina del celibato, allo stato attuale delle cose, richieda una seria revisione per il bene della comunità ecclesiale stessa, indipendentemente da altre situazioni, come “la pedofilia” di alcuni suoi preti .
P. Giuseppe dall’Abruzzo.
* Il Dialogo, Lunedì 26 Aprile,2010 Ore: 16:36
*Ringraziamo di vero cuore il nostro carissimo amico p. Nadir Giuseppe Perin, prete-sposato dal 1968, per questo articolo su un tema di scottante attualità. p. Nadir Giuseppe Perin è dottore in Teologia dogmatica presso l’Università Pontificia dell’Angelicum in Roma; specializzato in Teologia Morale all’Università Lateranense - Accademia Alfonsiana di teologia Morale; Diplomato in Psychiatric Nursing presso la Mental Health Division di Toronto; specializzato in scienze psicopedagogiche presso l’Università di magistero dell’Aquila. Per contatti: nadirgiuseppe@alice.it
Sul tema, nel sito e in rete, si cfr.:
L’ETICA PRE-SOCRATICA DI RATZINGER, SOCRATE, E GANDHI.
AI CERCATORI DEL MESSAGGIO EVANGELICO. Una nota sulla "lettera" perduta.
"È significativo che l’espressione di Tertulliano: "Il cristiano è un altro Cristo", sia diventata: "Il prete è un altro Cristo"" (Albert Rouet, arcivescovo di Poitiers, 2010.)
Laici e sacerdoti oggi di Mons. Luigi Bettazzi
RIPARARE IL MONDO. LA CRISI EPOCALE DELLA CHIESA ’CATTOLICA’ E LA LEZIONE DI SIGMUND FREUD.
E’ un dono dato dallo Spirito Santo solo ad alcuni e non a tutti. Il dono non si può meritare. Il dono non può essere imposto. Il dono va solamente accolto, custodito e vissuto in modo appropriato nella propria vita. Quando un dono viene imposto, anche se per motivi nobili, viene tolta all’uomo la libertà di scelta.
L’accurata conoscenza e’ disponibile solo a chi ha’ la mente aperta a ragionare e disposti a fare e credere la verita’ scritta nella Scacra Scrittura.La Bibbia da la risposta a tanti credi-e dottrine messi in atto da uomini per il loro torna conto......Il culto delle immagini, la transustanziazione, il battesimo dei bambini, il purgatorio, l’adorazione di Maria, le preghiere ai santi, la venerazione della croce e delle reliquie, il pentimento in punto di morte, la confessione ai sacerdoti, le messe per i morti, le indulgenze papali, il celibato sacerdotale e l’uso delle armi. Contrari all’uso di chiese imponenti e ornate e pensavano che “Babilonia la Grande, la madre delle meretrici”, fosse la Chiesa di Roma, da cui invitavano i loro ascoltatori a fuggire. (Riv. 17:5; 18:4) Tutto questo alla fine del XII e al principio del XIII secolo!
Negli anni ’60 il Concilio Vaticano II avviò una riforma della Chiesa Cattolica Romana. In diversi paesi europei gli anni ’90 videro esponenti laici della Chiesa Cattolica promuovere delle riforme. Fu proposto, per esempio, di rivedere la questione del celibato. All’interno della Chiesa d’Inghilterra alcuni riformatori fecero approvare un cambiamento che permetteva l’ordinazione sacerdotale delle donne.
La dottrina e la pratica del celibato obbligatorio da parte di certi gruppi religiosi non ha alcuna base scritturale. Anzi è scritto: “In successivi periodi di tempo alcuni si allontaneranno dalla fede, . . . [e] proibiranno di sposarsi”. (1Tm 4:1-3) È da notare che molti se non tutti gli apostoli erano sposati. (1Co 9:5) Ciò che trattiene chi ha il dono del celibato dallo sposarsi non è necessariamente un voto, ma piuttosto il desiderio e la possibilità di impegnarsi nel servizio di Dio rimanendo celibe.
Celibato: Perché? “La controversia sul celibato nella Chiesa Cattolica è una delle principali sfide che si presentano al sacerdozio”, riferisce la rivista Veja. “Nel 1970, risultava che i sacerdoti che avevano abbandonato l’abito talare per sposarsi erano 10.000. Oggi (1999)- 2010!!!) sono 120.000, dodici volte tanti. In Brasile il numero dei sacerdoti che hanno preso questa decisione è aumentato di 20 volte nello stesso periodo”. Benché il celibato ecclesiastico non trovi nessun sostegno nelle Scritture, i capi della Chiesa Cattolica difendono il celibato sostenendo che permette al sacerdote di “prestare più attenzione a Dio” e di concentrarsi sul suo ministero. “Ma le vere ragioni del celibato sono molto più terrene”, dice Veja. “L’idea sorse nel Medioevo per salvaguardare il patrimonio materiale della chiesa, evitando che terre e beni andassero ai discendenti”.
Papi sposati Gli storici stimano che, dei 262 papi designati dalla Chiesa Cattolica Romana, approssimativamente 40 furono sposati. Perfino nel tardo nono secolo un uomo sposato, Adriano II (867-872), ascese al trono papale.
Ciao John,
comprendo il tuo punto di vista sulla questione del celibato nella Chiesa cattolica. Come credente, però, permettimi di fare alcune osservazioni. Innanzitutto chi si fa prete dovrebbe conoscere cosa comporti questa scelta ! Quindi il celibato non lo considererei unicamente un dono dello Spirito Santo, ma anche un dono esclusivo di se stessi a Dio solo !
È Maria il modello di tutte le persone che scelgono di consacrare la loro verginità al Signore e vivere in castità. È Lei la "vergine" per eccellenza che noi cattolici veneriamo. In 1Corinzi 7-37, vediamo che la verginità fioriva già come un fatto normale nelle comunità cristiane. È l’esempio di Maria che suscita fra i cristiani la pratica e la stima del celibato consacrato.
Alle persone che scelgono liberamente la continenza in vista del Regno di Dio, come osservava Papa Giovanni Paolo II, è la maternità di Maria la vera rivelazione della fecondità spirituale che Dio concede loro.
Maria per noi credenti è anche il segno di una fecondità nuova. Meditando il suo esempio ci accorgiamo che Dio ricompensa sempre al centuplo le persone che, per il suo amore, rinunciano a una paternità o maternità fisica. Così in Maria si realizza in pienezza il grido del profeta (Isaia 54, 1-3).
Un caro saluto
Biagio
(1 Corinti 7:37) Se al contrario qualcuno è fermo nel suo cuore, non avendo alcuna necessità,......(Ricorrendo alla pedofilia) ma ha autorità sulla propria volontà e ha preso questa decisione nel proprio cuore, di mantenere la propria verginità, farà bene.....ma tanti...dall’umile monaco fino al papa stesso non fanno tanto bene VERO! Cosi’ anche le monache!
Così in Maria si realizza in pienezza il grido del profeta (Isaia 54, 1-3). Biagio; mermettimi anche tu di fare una piccola contestazione!!!
“Grida gioiosamente, donna sterile che non partorivi!
(Genesi 3:15) E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei. Egli ti schiaccerà la testa e tu gli schiaccerai il calcagno”.
Due donne, due patti Paolo spiegò gli aspetti di questo “dramma simbolico”. “Queste donne significano due patti”, scrisse, “l’uno, del monte Sinai, che genera figli per la schiavitù, e che è Agar. . . . [Agar] corrisponde alla Gerusalemme d’oggi, poiché è in schiavitù con i suoi figli”. (Galati 4:24, 25) Agar rappresentava l’Israele letterale, con Gerusalemme come capitale. La nazione ebraica era legata a Geova dal patto della Legge stipulato al monte Sinai. Questo patto della Legge rammentava continuamente agli israeliti che erano schiavi del peccato e bisognosi di redenzione. - Geremia 31:31, 32; Romani 7:14-24.
Chi rappresentavano dunque Sara, la “donna libera”, e suo figlio Isacco? Paolo indicò che Sara, la “donna sterile”, simboleggiava la moglie di Dio, la parte celeste della sua organizzazione. Questa donna celeste era sterile in quanto prima della venuta di Gesù non aveva “figli” unti con lo spirito sulla terra. (Galati 4:27; Isaia 54:1-6) Tuttavia alla Pentecoste del 33 E.V. fu versato lo spirito santo su un gruppo di uomini e donne che in tal modo nacquero di nuovo come figli di questa donna celeste. I figli di questa organizzazione furono adottati come figli di Dio e divennero coeredi di Gesù Cristo in una relazione basata sul nuovo patto. (Romani 8:15-17) Uno di questi figli, l’apostolo Paolo, poté scrivere: “La Gerusalemme di sopra è libera, ed essa è nostra madre”. - Galati 4:26.
“Rendi più spazioso il luogo della tua tenda".
Particolarmente dal 1919 in poi all’organizzazione di Geova è stato rivolto questo invito: “Rendi più spazioso il luogo della tua tenda. E stendano i teli di tenda del tuo grande tabernacolo. Non ti trattenere. Allunga le corde della tua tenda, e rafforza quei tuoi pioli di tenda”. (Isaia 54:2) In risposta, l’opera di predicazione va avanti senza sosta, perfino nel gelido Yukon, al confine con l’Alaska, dove un tenace gruppo di pionieri sopporta temperature anche di 45 o 50°C sotto zero, a volte per settimane intere. Negli ultimi anni moltitudini di persone stanno affluendo sempre più in fretta nell’integra nazione di Geova. Le porte sono state spalancate per accogliere persone provenienti dai paesi asiatici fuori della cristianità, dalle ex roccaforti comuniste, da molti paesi africani e da territori tradizionalmente cattolici come l’Italia, la Spagna, il Portogallo e l’America Meridionale. Un altro territorio che si è aperto è quello degli emigrati e dei rifugiati. In Inghilterra, per esempio, i Testimoni si prendono cura dei bisogni spirituali di 13 gruppi etnici nelle loro rispettive lingue.
(CHI NON RADUNA...DISPERDE) Solo in Italia piu’ di 10.000 all’anno si separano e si uniscono con un particolare (Modo di vivere ed agire) Raccomandato da nostro Signore Cristo Gesu’.
"Poiché ti espanderai a destra e a sinistra",
I numerosi figli della donna sterile ( Sono quelle mele buone Non le gueste)
Isaia continua profetizzando un periodo di notevole crescita: “Rendi più spazioso il luogo della tua tenda. E stendano i teli di tenda del tuo grande tabernacolo. Non ti trattenere. Allunga le corde della tua tenda, e rafforza quei tuoi pioli di tenda. Poiché ti espanderai a destra e a sinistra, e la tua propria progenie prenderà possesso anche delle nazioni, e abiteranno pure le città desolate. Non aver timore, poiché non sarai svergognata; e non ti sentire umiliata, poiché non proverai delusione. Poiché dimenticherai perfino la vergogna del tempo della tua giovinezza, e non ti ricorderai più del biasimo della tua continua vedovanza”. - Isaia 54:2-4.
Biagio; per rendere il tuo saluto veramente CARO...Dovresti fare uno sforzo di capire le profezie con (ACURATA CONOSCENZA)
IO lo faccio Biagio ti saluto caramente e con rispetto ed amore (AMORE) devi amare anche i tuoi amici se vuoi essere un mio discepolo disse Gesu....comunque Ciao Bia e sempre ingamba a (trarre da una legge tanti principi)
Di falsi profeti è colma la terra, John ! Gesù dice che li riconosciamo dai loro frutti. Dei frutti dello Spirito Santo a differenza delle opere della carne parla San Paolo. Il profeta vero conduce alla fede, al pentimento, alla riconciliazione con Dio, alla bontà, alla fedeltà, al dominio di sé ecc., mentre il profeta falso semina impurità, idolatrie, dissensi, divisioni, fazioni, eresie, ecc. (Gal 5,19-23).
Ma il frutto più caratteristico del falso profeta è l’impegno volto ad allontanare il popolo di Dio dal Magistero della Chiesa, attraverso cui risuona nel mondo la dottrina di Cristo.
Buona domenica, amico mio !
Li riconosciamo dai loro frutti. Dei frutti dello Spirito Santo a differenza delle opere della carne...... SI, quelli della carne CHI! li pratica? CHI! ha’ lo Spirito? CHI! non ha’ lo Spirito? Domande elementari Biagio; Tutti lo sanno ora che hanno visto e sentito e letto ogni giorno (al telegiornale)
Il profeta vero conduce alla fede, al pentimento, alla riconciliazione con Dio, alla bontà, alla fedeltà, al dominio di sé ecc.,
Mah! tu Biagio vuoi ed approvi che i preti-sacerdoti delle parrocchie commettono PEDOFILIA e poi....dimostrando un falso pentimento i loro capi le dicono: Figliolo ti mandiamo in un\’altra parrocchia dove nessun bambino-NON e’ stato molestato....quindi fai il tuo meglio; e il prete-sacerdote-monaco ripete quello che soleva fare, ringraziando i capi dell’opportunita’ datagli(Tramite quello loro certo spirito santo che hanno sempre avuto,da che’ Costantino ha’ amalganato il Cristianesimo con il Paganesimo...Nel 325 a Nicea.... Grazie, Grazie....Ora mandatemi a un’altra parrocchia vi prago!!!
Mentre il profeta falso semina impurità, idolatrie, dissensi, divisioni, fazioni, eresie, ecc.....Si, Biagio ecc. ecc. ecc.......
(Rivelazione 18:4-5) E udii un’altra voce dal cielo dire: “Uscite da essa, o popolo mio, se non volete partecipare con lei ai suoi peccati, e se non volete ricevere parte delle sue piaghe. 5 Poiché i suoi peccati si sono ammassati fino al cielo, e Dio si è rammentato dei suoi atti d’ingiustizia.
(Malachia 3:16-18) In quel tempo quelli che avevano timore di Geova parlarono gli uni con gli altri, ciascuno col suo compagno, e Geova prestava attenzione e ascoltava. E si cominciò a scrivere dinanzi a lui un libro di memorie per quelli che avevano timore di Geova e per quelli che pensavano al suo nome. 17 “E certamente diverranno miei”, ha detto Geova degli eserciti, “nel giorno in cui produrrò una speciale proprietà. E di sicuro mostrerò loro compassione, proprio come un uomo mostra compassione al figlio suo che lo serve. 18 E voi certamente vedrete di nuovo [la distinzione] fra il giusto e il malvagio, fra chi serve Dio e chi non lo ha servito”.
Ma il frutto più caratteristico del falso profeta è l’impegno volto ad allontanare il popolo di Dio dal Magistero della Chiesa, attraverso cui risuona nel mondo la dottrina di Cristo.
Io,...Prenderei questa frase che tu hai scritto Biagio e l’applicherei nel modo preciso tale e quale al contrario; se! l’intendevi positiva....ORA NEGATIVA secondo il tuo intendimento d’applicarlo....poiche’ risuona un pensiero confuso; come del resto tutto quello che hai scritto dal principio alla fine di questo tuo modo di confrontarti con quello che io ti avevo spiegato precedentemente.
Grazie Biagio d’avermi augurato una buona Domenica ed io da buono cristiano ti auguro un buon LUNEDI". (Contento tu...contenti tutti)
Da buon cristiano dovresti mettere in pratica le parole di Cristo : "Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato" (Luca 6,37).
Grazie per l’augurio, John
Biagio, Dopo che Gesu stette un tempo considerevole lungo; di quasi piu’ di 3 ore nel cortile del tempio a guardare come operavano i canbia monete e coloro che vendevano le colombe che sarebbero sevite per un umile sacrificio offerto a Dio per il loro perdono.... Gesu’ noto’ che approfittavano della povera gente ....e prese una frusta e scaccio’ e rovescio’ i loro tavoli dal tempio dei ladroni che; approfittavano di chiede una elevata somma piu’ del necessario.
“Due uomini salirono nel tempio per pregare, l’uno fariseo e l’altro esattore di tasse. 11 Il fariseo stando in piedi pregava fra sé in questo modo: ‘O Dio, ti ringrazio che non sono come il resto degli uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neanche come questo esattore di tasse. 12 Io digiuno due volte la settimana, do la decima di ogni cosa che guadagno’. 13 Ma l’esattore di tasse stando a distanza non voleva neanche alzare gli occhi al cielo, anzi si batteva il petto, dicendo: ‘O Dio, sii misericordioso verso di me peccatore’. 14 Io vi dico: Quest’uomo scese a casa sua più giustificato di quell’altro; perché chiunque si esalta sarà umiliato, ma chi si umilia sarà esaltato”.
Giustizia In Italia la difficoltà più grossa è quella di circoscrivere un problema e dare soluzioni. Si preferisce cavalcare ondate di giustizialismo o farsi cullare da bonacce di garantismo.
Biagio, buon Martedi’ datosi che vedo che ti e’ piaciuta l’idea d’avere un buon LUNEDI!!!
Perché la Chiesa non vuole abolire la legge del celibato
di Leonardo Boff - teologo, filosofo e scrittore *
Traduzione di Stefania Salomone
20.04.10 - MUNDO Adital - L’emergere dei casi dei preti pedofili in quasi tutti i paesi cattolici è ancora in corso, rivelando la portata di questi crimini che tanto danno hanno causato alle loro vittime.
E’ troppo poco affermare che la pedofilia è la vergogna della chiesa, o chiedere scusa e pregare. E’ peggio. Rappresenta un debito inestinguibile a quei minori che furono abusati sotto il mantello della credibilità e della confidenza che la funzione presbiterale incarna. La tesi principale di papa Ratzinger, che mi sono scocciato di ascoltare nelle sue conferenze e lezioni, si smentisce da sé. Per lui, l’importante non è cha la chiesa sia grande. Basta che sia un “piccolo gregge”, costituito di persone altamente spirituali.
E’ un piccolo “mondo riconciliato” che rappresenta gli altri e l’intera umanità. Accade che in questo piccolo branco ci siano peccatori criminali e che sia tutt’altro che un “mondo riconciliato”. Bisogna accettare umilmente quello che dice la tradizione: la Chiesa è santa e peccatrice, una “prostituta casta”, come dicevano alcuni antichi Padri.
Non è sufficiente che sia Chiesa; ma deve perseguire, come tutti, il cammino del bene, e integrare le pulsioni della sessualità, che già hanno mille milioni di anni di memoria biologica, per diventare espressione di tenerezza e di amore e non di ossessione e di violenza sui minori.
Lo scandalo della pedofilia diventa un segno dei tempi. Dal Vaticano II abbiamo appreso che bisogna scoprire nei segni dei tempi il messaggio che Dio ci vuole trasmettere. Mi sembra che il messaggio vada in questa direzione: è il momento che la chiesa cattolico-romana faccia quello che le altre chiese hanno già fatto: abolire il celibato imposto per legge ecclesiastica, e renderlo facoltativo affinché coloro che vogliono abbracciarlo possano viverlo con gioia e freschezza di spirito. Ma questa lezione non viene considerata dalle autorità romane. Al contrario, nonostante gli scandali, riaffermano il celibato con maggior forza. Sappiamo che l’educazione per l’integrazione della sessualità nel processo di formazione dei preti è insufficiente. Li si tiene lontani dal normale contatto con le donne, cosa che provoca una sorta di atrofia nella formazione identitaria.
Le scienze della psiche hanno chiarito che gli uomini maturano solo sotto lo sguardo delle donne, e le donne sotto lo sguardo degli uomini. Uomini e donne sono reciproci e complementari. Il sesso genetico delle cellule ha dimostrato che la differenza tra un uomo e una donna, in termini di cromosomi, è ridotto a un solo cromosoma. La donna ha due cromosomi XX e il nome di un cromosoma X e un Y. Ne consegue che il sesso-base è il sesso femminile (XX), essendo il sesso maschile (XY) una differenziazione dello stesso. No vi è quindi un sesso assoluto, ma solo uno dominante. In ogni essere umano, uomo e donna, esiste un “secondo sesso”. Nell’integrazione di “animus” e “anima”, vale a dire delle due dimensioni del femminile e maschile presenti in ogni essere umano, si manifesta la maturità sessuale.
Questa integrazione è ostacolata dalla assenza di una delle due parti, la donna, che viene sostituita dalla immaginazione e dai fantasmi, che, se non soggetti alla disciplina, possono degenerare in distorsioni. Ciò che veniva insegnato nei seminari non era privo di una qualche saggezza: chi controlla l’immaginazione, controlla la sessualità. E in parte è vero. Ma la sessualità è una forza vulcanica. Paul Ricoeur, che ha dato vita a profonde riflessioni filosofiche sulla teoria psicanalitica di Freud, afferma che la sessualità è al di là di ogni controllo della ragione, delle norme morali o delle leggi. Vive nella legge del giorno, dove valgono regole e comportamenti stabiliti, e in quella della notte, nella quale dominano le pulsioni, la forza vitale della spontaneità.
Solo un progetto di vita etico e umanistico (quello che vogliamo avere) può dare senso alla sessualità, trasformandolo in forza per l’umanizzazione e la costruzione di relazioni feconde. Questo processo non esclude il celibato. E’ una delle opzioni possibili, che io difendo. Ma il celibato non può derivare da una carenza d’amore; al contrario, deve risultare da una sovrabbondanza di amore a Dio che trabocca verso coloro che ci circondano.
Perché la chiesa cattolica romana non fa un passo verso l’abolizione della legge del celibato? Perché è in contrasto con la sua struttura. E’ una istituzione totalitaria, autoritaria, patriarcale, fortemente gerarchica, uno degli ultimi bastioni del conservatorismo mondiale. Sovrasta una persona dalla sua nascita alla sua morte. Secondo un minimo di consapevolezza pubblica, il potere conferito al papa è pura tirannia. Il canone 331 è chiaro: si tratta di un potere “ordinario, supremo, pieno, immediato ed universale”. Se togliamo la parola “papa” e la sostituiamo con “Dio”, funziona lo stesso.
Per questo si usava dire: “Il papa è il dio minore sulla terra”, come hanno affermato anche molti canonisti. Una chiesa che mette il potere al suo centro, chiude porte e finestre all’amore, alla tenerezza e alla compassione. La persona celibe è funzionale a questo tipo di chiesa, poiché questa nega al celibe quello che esiste di più profondamente umano, amore, tenerezza, incontro affettivo con le persone, maggiormente favorito se i preti fossero sposati.
Essi diventano completamente disponibili per l’istituzione, che può mandarli a Parigi o in Corea del Sud. Il celibato implica cooptare il prete interamente non al servizio dell’umanità, ma a questo tipo di chiesa. Dovrà amare solo la chiesa. Quando scopre che questa non è solo “la santa madre chiesa” ma che può essere una matrigna che usa i suoi ministri per la logica del potere, si disaffeziona, lascia il ministero col suo celibato obbligatorio e si sposa.
Finché perdura questa logica di potere assolutista e centralizzatore, non aspettiamoci che la legge del celibato venga abolita, per quanti scandali possano esserci. Il celibato è troppo comodo e utile per l’istituzione ecclesiastica. Ma dov’è allora il sogno di Gesù di una comunità fraterna e egualitaria? Beh, questo è un altro problema, forse il principale. Con questo presupposto si porrebbe diversamente la questione del celibato e dello stile di chiesa che sarebbe più adeguato al messaggio liberatore di Gesù.
* Il Dialogo, 29.04.2010 (ripresa parziale - senza testo originale).
Il lupo allevato nell’ovile
di Aldo Bodrato
in “il foglio” (mensile di alcuni cristiani torinesi) n° 371 dell’aprile 2010
[da: www.finesettimana.org]
Lo scandalo dei preti pedofili, dopo aver colpito la periferia, a cerchi concentrici si focalizza sempre di più sulle istituzioni portanti della Chiesa stessa, diocesi di antica e tradizionale fedeltà, collegi e comunità monastiche di secolare prestigio, istituzioni che dipendono direttamente da Roma, fino a concentrarsi sui centri stessi di formazione del clero, la pupilla dell’occhio dei papi, quel percorso formativo al presbiterato celibatario e maschile, che sono i seminari, punto di maggior resistenza del conservatorismo cattolico pre e post-conciliare.
In sostanza i lupi, che divorano la vita spirituale dei giovani fedeli e dilapidano il prestigio della Chiesa, non vengono da fuori, non entrano nell’ovile, forzando con l’astuzia delle modernità e la lusinga delle mondanità, i punti in cui il recinto è stato reso debole dalle troppe con cessioni allo spirito del tempo dagli innovatori.
È uno dei punti deboli dell’Enciclica, inviata dal papa ai vescovi d’Irlanda, non aver saputo spingersi con coraggio nell’analisi profonda delle cause secolari di questo particolare «malessere» della Chiesa, ma di essersi limitata a un più che superficiale rimando alle conseguenze della secolarizzazione e, anche peggio, a un malinteso permissivismo, conseguente la cattiva interpretazione del Concilio.
La pedofilia qui denunciata ha radici ben più antiche della secolarizzazione stessa e nulla ha a che fare con lo spirito e la lettera, sia pure fraintese, del Vaticano II.
No. I lupi che dilaniano la Chiesa non sono emanazioni del nemico, ma i frutti malati della stessa formazione seminariale della Chiesa, che ha come perno generale la richiesta di riconoscersi chiamati al celibato, imposto come legge prima e quasi unica, e l’esclusione delle donne dal presbiterato stesso e da ogni vero ruolo costruttivo nel curriculum formativo del prete e da ogni incarico di rilievo nella Chiesa.
Celibato obbligatorio e marginalizzazione delle donne
Lo ripetevano da tempo teologi contestatori come Hans Küng, ora lo dicono, con formule più sfumate, anche cardinali di sicura obbedienza ratzingeriana come Schoenborn e saggisti prudenti come Lucetta Scaraffia, addirittura dalla prima pagina dell’«Osservatore Romano». Certo non dicono che il celibato e che l’esclusione delle donne dal presbiterato sono causa diretta della pedofilia presente tra il clero. Sarebbero degli irresponsabili che esagerano ed esasperano una prospettiva da tenere presente, ma da non considerare assoluta e forse neppure prevalente. Dicono che il celibato obbligatorio e la marginalizzazione del ruolo delle donne nella Chiesa hanno un ruolo negativo nella formazione del clero, nella sua maturazione relativa al controllo e all’esercizio della sessualità. Dicono che non il celibato in sé, ma la sua obbligatorietà e esclusività, come via di accesso ai ruoli guida nella comunità ecclesiale, tende a formare nelle coscienze degli aspiranti l’idea che l’emarginazione della questione sessuale nella vita del clero sia doverosa e che una scarsa propensione all’esercizio dell’amore eterosessuale o omosessuale è premessa indispensabile e sufficiente a fare un buon prete e ad aprirgli una promettente carriera. Di qui la creazione di un percorso formativo e la diffusione di una spiritualità celibataria, disattenta alla maturazione sessuale dell’individuo e propensa a lasciare aperte vie secondarie e deviate all’esercizio della sessualità stessa.
Indubbiamente, dunque, una revisione del percorso seminariale è necessaria, come è necessaria una ridiscussione dell’obbligo celibatario per i preti e una riconsiderazione del ruolo delle donne nella Chiesa. Questo non solo in vista del contenimento di ogni tendenza sessuale deviante, ma anche del rinnovamento dei criteri con cui si risponde al bisogno di pastori qualificati per le molte comunità locali della Chiesa.
Il prete ridotto a galoppino
La pedofilia non è l’unico guaio per la Chiesa, conseguente la pratica del presbiterato celibatario e maschile. Un guaio altrettanto grave è la scarsità del clero che obbliga ad affidare più comunità ad un unico pastore. Così il ruolo del prete viene ridotto a quello di galoppino, costretto a correre qua e là per distribuire i sacramenti, riducendo gli stessi a formalità burocratiche, prive di ogni valore esistenziale e spirituale.
Accade così che non sono le necessità pastorali a determinare la formazione e la qualità dei preti, ma, al contrario, sono le regole restrittive, che presiedono alla formazione del clero, a mettere quest’ultimo nell’impossibilità di rendere alla comunità il servizio per cui sarebbe chiamato. «Sotto questo aspetto quando una comunità pastorale viene formata accorpando tra loro sette o otto parrocchie, rette da un solo parroco, accade che tutte le parrocchie vengono derubate della loro identità spesso antica e delle loro più preziose potenzialità pastorali e spirituali. E l’esperienza mostra già ora che la mancanza di una presenza costante e attiva del clero in una chiesa conduce alla vaporizzazione, all’estinzione della vita cristiana della chiesa stessa» (W. Beinert, «il Regno» n. 4 del 2010, p. 80).
La pedofilia non è dunque la sola conseguenza, più o meno diretta, del celibato ecclesiastico obbligatorio e della conseguente carenza formativa del clero dal punto di vista affettivo. Conseguenza è anche l’impoverirsi della quantità e della qualità del clero stesso. Impoverirsi che sta gradualmente distruggendo la chiesa al suo interno, privandola della possibilità di sviluppare la vita spirituale, pastorale e comunitaria delle chiese locali, che sono il vero cuore pulsante della Chiesa.
Per rimediare a tutto ciò non è più possibile pensare solo ad un sinodo. Probabilmente occorre un Concilio.
Era un’anonima giornata di ottobre, quando il Panzerkardinal (oggi Benedetto XVI), invidioso del successo televisivo, editoriale e mediatico di Drewermann a livello internazionale, nel 1991 lo sospende dall’insegnamento di Storia della Religione presso la Facoltà cattolica dell’Università di Paderborn (Germania-Westfalia). Drewermann, autore di una settantina di testi, tradotti in 14 lingue, continuò ad ogni modo la sua attività come psicoterapeuta e come docente di Sociologia e Antropologia culturale presso la stessa Università. Il suo errore sarebbe stato, secondo la Congregazione per la dottrina della fede, quello di aver interpretato non in maniera storica e letteraria i Testi Sacri, ma di aver introdotto in essi concetti mediati dal simbolismo archetipico della psicologia del profondo di Jung e dalla psicoanalisi di Freud, nonché dalle opere letterarie e poetiche e dalle scienze neurologiche. Questa esegesi lo aveva condotto a riconoscere quello che ogni intellettuale onesto avrebbe sostenuto, contro ogni dogma vaticanesco, ovvero che le cosiddette verità storiche del cattolicesimo non sono altro che una forzatura. Esse sono miti e racconti che hanno un valore puramente simbolico, dunque un valore non reale ma di un messaggio che va al di là della lettera. Insomma, se si parla di Cristo che morì a 33 anni, quel numero rimanda, in verità, al percorso esoterico (le 33 vertebre della spina dorsale) che egli fece per liberarsi del suo vecchio modo di pensare (la morte), mutato poi nel nuovo modo di esistere (la vita nell’amore). Ma ciò che ancor più mandò su tutte le furie il Prefetto e la Chiesa Nera che gli sta dietro (Opus Dei), sono le posizioni di Drewermann su celibato sacerdotale, aborto, ordinazione delle donne e morale sessuale, i soliti dilemmi che gli omofobi e sessuofobi non vogliono neppure sentir nominare, per non cadere in uno sconforto esistenziale che li costringerebbe a riconoscere l’inutilità della loro esistenza e della loro cattiveria, funzionale soltanto a coprire i problemi irrisolti di apostoli falliti. Ciò che scioccò oltremodo la Casta Romana fu il libro, pubblicato nel 1991, "Chierici: psicodramma di un ideale" , dove l’autore denuncia i meccanismi di rimozione che operano a livello inconscio nei sacerdoti. Il quadro emerso dalla sua ventennale attività di psicoterapeuta di numerosi religiosi è a dir poco preoccupante: rimozione e compensazione portano il seminarista ad entrare nell’apparato chiesastico, che rappresenta per lui una protezione per la sua insicurezza e debolezza psicologica ad affrontare il mondo reale. E se, non estranea alle ormai poche vocazioni è l’incapacità clericale di risolvere problemi legati alla sessualità, viceversa, la vocazione salvifica è il risultato di un viscerale attaccamento alla madre, perverso ed immaturo, come è stato rilevato nel caso di Wojtyla. La Chiesa-Madre diviene così una sorta di utero che proteggerebbe dalla necessità di trovare la soluzione alle proprie pulsioni sessuali. Di qui, il voto di castità e di obbedienza che permette al religioso di rimuovere il problema, facendo finta che non esista più (perciò, tanti casi di pedofilia?). Quando l’arcivescovo di Paderborn diede l’annunciò alla stampa della sospensione di Eugen Drewermann, affermò che “dopo anni di profonde preoccupazioni per insegnamenti di dubbia armonia con il credo della Chiesa” si era deciso di sospenderlo a tempo indeterminato e “fino a nuovo ordine” . E Drewermann rispose: “È un provvedimento grottesco che monsignor Degenhardt ha adottato su ordine del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Ratzinger, definendo il provvedimento come “una degenerazione della teologia in un’ideologia del potere amministrato che si autopropone come verità”. Infatti la sospensione era stata accompagnata da minacce di scomunica, che non toccavano minimamente lo spirito umano e libertario del teologo tedesco che replicò: “Come prete sono impegnato nella verità, non nella tranquillità”. Perciò bisogna domandarsi “se Dio è la forza che rende libero l’uomo, o la base di un regime assolutista” e trarne le dovute conseguenze.
La gerarchia Ekklesiastica prenda atto dei suoi eterni errori e muti radicalmente, nei fatti e non solo a chiacchiere, il suo modo di operare. Impari da ciò che Giordano Bruno, quattro secoli dopo il suo “abbrugiamento”, Le manda a dire per bocca di Drewermann:
“La Chiesa si è chiusa per tanto tempo al puro respiro del pensiero, che i suoi pozzi e le sue gallerie sono piene delle marcescenze di secoli; è sufficiente un’unica scintilla per far saltare per aria come una polveriera tutta questa dottrina di autoistupidimento imposto dall’alto” .
da: LA RELIGIONE CHE UCCIDE COME LA CHIESA DEVIA IL DESTINO DELL’UMANITÀ- (Nexus Edizioni), maggio, 2010. 544 pagine, 167 immagini, € 25
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