[...] l’intervento di Eco. «Siamo venuti qui a difendere l’onore dell’Italia», ha affermato, «per ricordare al mondo che non tutti gli italiani farebbero lo stesso, che non tutti i padri dicono alle figlie «dai, che ci guadagniamo qualcosa», non saremo molti, ma sotto il fascismo tutti i professori universitari furono obbligati a prestare giuramento tranne undici che non lo fecero e che persero il posto ma salvarono l’onore dell’università» [...]
Saviano, Eco e gli altri: l’ultima sfida
contro Berlusconi riempie i palazzetti
In 10.000 alla manifestazione
per chiedere un nuovo premier
Lo scrittore accolto da rockstar *
MILANO. Un appello che sanno cadrà inascoltato, ma non vogliono rinunciare al lusso di lanciarlo. Circa diecimila persone hanno affollato il Palasharp di Milano - novemila all’interno, centinaia fuori dai cancelli - per ascoltare il grido di protesta di Roberto Saviano, Umberto Eco, Susanna Camusso e tanti altri, tra politici e intellettuali, scesi in campo per chiedere le «dimissioni» di Silvio Berlusconi, dopo l’inchiesta della Procura di Milano sul caso Ruby e le cene ad Arcore. Lo scrittore campano - applaudito come una star, con due standing ovation - ha parlato di «democrazia in ostaggio», la Camusso ha sostenuto che il premier deve lasciare Palazzo Chigi perchè «ha diviso il Paese» ed Eco ha parlato di un Berlusconi vittima di «eccesso di schizofrenia».
Al coro di «Dimettiti. Per un un’Italia libera e giusta», ha replicato in serata il capo del governo. «Non bisogna prenderli sul serio», ha minimizzato. «Ormai gli italiani li hanno capiti - ha aggiunto - Noi adesso siamo nella possibilità di cambiare la situazione, le cose nella giustizia italiana. E gli italiani lo sanno». Mentre, nel pomeriggio, era arrivata una durissima replica del portavoce del Pdl, Daniele Capezzone: «Stanno al Palasharp, ma viene il dubbio che possa sognare una una nuova piazzale Loreto».
Alla manifestazione, organizzata da ’Libertà e Giustizia, oltre ai leader del Movimento, Sandra Bonsanti (che ha parlato di «regime») e Gustavo Zagrebelsky, hanno aderito il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, Nando Dalla Chiesa, Giuliano Pisapia, Carlo De Benedetti, Gad Lerner, Salvatore Veca, Moni Ovadia, Lella Costa, Milva, le figlie di Enzo Biagi, Concita De Gregorio. Oscar Luigi Scalfaro ha inviato un video messaggio in cui ha sostenuto che Berlusconi ha il «dovere di rispondere» ai pm e invitato i manifestanti a «non arrendersi». Applauditissimo anche Saviano che ha parlato del dramma del voto di scambio e di come questo fenomeno tenga «in ostaggio la nostra democrazia».
Lo scrittore campano è poi tornato a parlare della «macchina del fango» che ha colpito chiunque abbia criticato il governo nei mesi scorsi. E non ha risparmiato critiche alle opposizioni. «Quello che ci manca è un progetto nuovo», ha sostenuto, invocando «unità» e stigmatizzando «l’aberrazione del frammento».«Rischiamo - ha avvertito - che i valori che ci fanno stare insieme siano sepolti dall’urgenza di identificare ciò che non siamo, non vogliamo: forse è giunto il tempo per pensare a ciò che siamo e vogliamo».
La prima donna a guidare la Cgil ha incentrato il suo intervento sulla condizione femminile in Italia. «Questo è un Paese che con la sessualità ha un serio problema», ha detto, dopo aver sostenuto che, nella vicenda Ruby, è stato «più facile parlare di velinismo che non della ricattabilità del premier». Parole dure anche nei confronti dell’operato del governo. «Sono due anni e oltre che il tratto costante è stato dividere le persone, i lavoratori, i cittadini italiani dagli stranieri, uomini e donne, studenti e istituzioni».
Al vetriolo anche l’intervento di Eco. «Siamo venuti qui a difendere l’onore dell’Italia», ha affermato, «per ricordare al mondo che non tutti gli italiani farebbero lo stesso, che non tutti i padri dicono alle figlie «dai, che ci guadagniamo qualcosa», non saremo molti, ma sotto il fascismo tutti i professori universitari furono obbligati a prestare giuramento tranne undici che non lo fecero e che persero il posto ma salvarono l’onore dell’università». Risata generale per la battuta con cui ha firmato l’incipit dell’intervento. «Per quanto noi gridassimo, gridiamo o grideremo, Berlusconi le dimissioni non le dà, noi credevamo che il nostro presidente del Consiglio avesse con Mubarak in comune una nipote, e, invece, ha anche il vizietto di non voler dimissionare».
* La Stampa, 05.02.2011
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
Il PAESE BORDELLO! MA COME AVETE FATTO A RIDURVI COSI’!!! Una nota di Maurizio Viroli (...) Siamo dunque riusciti a conquistarci presso l’opinione pubblica americana il poco invidiabile titolo di ‘stato bordello’ o ‘stato in cui governano le puttane’. Gli opinionisti diranno che la colpa è degli oppositori di Berlusconi che diffondono a piene mani stereotipi anti-italiani. La verità è che sono gli altri ad attribuirci immagini poco edificanti anche perché hanno occhi per vedere, e sanno ancora ragionare, un’arte ormai estinta in Italia (...)
COSTITUZIONE, LINGUA E PAROLA.....
IL BERLUSCONISMO E IL RITORNELLO DEGLI INTELLETTUALI.
Federico La Sala
SE NON ORA, QUANDO?
APPELLO ALLE DONNE ITALIANE A PARTECIPARE A UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE IL 13 FEBBRAIO *
In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si e’ scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, occupandosi di figli, mariti, genitori anziani.
Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere piu’ civile, piu’ ricca e accogliente la societa’ in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di se’, della liberta’ e della dignita’ femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che - va ricordato nel 150esimo dell’unita’ d’Italia - hanno costruito la nazione democratica.
Questa ricca e varia esperienza di vita e’ cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicita’. E cio’ non e’ piu’ tollerabile.
Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici.
Questa mentalita’ e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l’immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione. Cosi’, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignita’ delle donne e delle istituzioni. Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilita’, anche di fronte alla comunita’ internazionale.
Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignita’ e diciamo agli uomini: se non ora, quando? e’ il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.
L’appuntamento e’ per il 13 febbraio in ogni grande citta’ italiana.
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Prime firmatarie: Rosellina Archinto, Gae Aulenti, Silvia Avallone, Maria Bonafede, Suor Eugenia Bonetti, Giulia Bongiorno, Margherita Buy, Susanna Camusso, Licia Colo’, Cristina Comencini, Silvia Costa, Titti Di Salvo, Emma Fattorini, Tiziana Ferrario, Angela Finocchiaro, Inge Feltrinelli, Anna Finocchiaro, Donata Francescato, Rosetta Loy, Laura Morante, Claudia Mori, Michela Murgia, Flavia Nardelli, Valeria Parrella, Flavia Perina, Marinella Perrone, Amanda Sandrelli, Lunetta Savino, Clara Sereni, Gabriella Stramaccione, Patrizia Toja, Livia Turco, Lorella Zanardo, Natalia Aspesi, Letizia Battaglia, Associazione Dinuovo...
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Per adesioni e informazioni: e-mail: mobilitazione.nazionale.donne@gmail.com ; sito:
http://senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com/
SE NON ORA QUANDO?
DOMENICA 13 FEBBRAIO, ORE 14,30 - PIAZZA CASTELLO. *
Anche a Milano, come in molte altre città italiane, domenica 13 febbraio le donne scenderanno in piazza per rispondere all’appello nazionale “Se non ora quando?”, intorno al quale si stanno mobilitando in centinaia di migliaia in tutto il Paese.
A organizzare l’appuntamento milanese saremo ancora noi,le stesse promotrici della grande manifestazione di sabato 29 gennaio in Piazza della Scala, per dire con decisione che “Un’altra storia italiana è possibile”.
Dando continuità a quel primo momento di mobilitazione, ci ritroveremo alle 14,30 in Piazza Castello, ancora una volta con le sciarpe bianche,
Con noi in piazza ci saranno personalità del mondo della cultura, dello spettacolo e della società civile.
Per adesioni e informazioni: milano13febbraio@gmail.com
* UNIONE FEMMINILE NAZIONALE - MILANO
Strappi e mimose
di Ida Dominijanni (il manifesto, 05.02.2011)
Per quanto tecnica sia la formula, l’aggettivo «irricevibile» con cui Napolitano ha respinto al mittente e rinviato alle camere il decreto sul federalismo ha un suono ben più forte dello strappo procedurale cui si riferisce. Irricevibile è un governo che disprezza il parlamento e prescinde dal Quirinale, irricevibile è una maggioranza di nominati arroccata nel bunker del suo padrone, irricevibile è un capo di governo che usa sistematicamente la scena internazionale per denigrare «la Repubblica giudiziaria commissariata dalle procure», irricevibile è lo stesso capo di governo che su quella stessa scena difende, unico in Occidente, lo zio - anch’esso di sua nomina - della propria favorita, irricevibile è una prassi istituzionale fondata per metodo e sistema sullo scontro fra i poteri dello Stato. Se ne contano almeno nove al calor bianco, in tre anni, fra Palazzo Chigi e il Quirinale, su questioni di procedura e di merito. È un segno, e non l’ultimo, che la situazione è da tempo oltre il livello di guardia.
Perché allora, con le pinze, si tiene ancora? Perché in campo c’è una sola strategia riconoscibile, nei suoi tratti devastati e devastanti: quella di un raìs in pieno delirio di onnipotenza («sono l’unico soggetto universale a essere tanto attaccato», ha detto di sé ieri testualmente il premier) e deciso a resistere, resistere, resistere a tutti costi, nessuno escluso. Senza limiti, perché non ne conosce. Senza vergogna, perché non ne ha. Senza tema di smentite, perché la sua capacità di scambiare il vero col falso è segno non più di manipolazione bensì di negazione della realtà. Intorno a questa maschera, solo una corte di figuranti asserviti che finiscono col restituirle lo scettro anche quando potrebbero sfilarglielo, alla Bossi o alla Maroni per capirci. Dall’altra parte, una strategia felpata, una ricerca di alleanze senza selezione e senza seduzione, una promessa di liberazione senza desiderio. Il risultato è una paralisi che si alimenta di una lacerazione al giorno, una rivelazione all’ora, uno scandalo al minuto, senza che la tela si strappi davvero e mentre chiunque non faccia parte dello zoccolo duro del raìs si chiede: com’è possibile?
È possibile, perché c’è un fantasma lì dietro la scena, che nessuno vuole davvero vedere. Berlusconi lo rimuove, i suoi avversari lo scansano in attesa della foto del peccato o della prova del reato, e tutti quanti pensano di parlare, ancora, di «politica» (federalismo, fisco e quant’altro), come se, per citare Gustavo Zagrebelsky, le notti di Arcore non fossero la notte della Repubblica. Lo sappiamo, i numeri in parlamento sono quelli che sono. Ma la democrazia parlamentare non esclude altre forme dell’azione politica, e non domanda nemmeno che si resti in parlamento a recitare una farsa. Una società stremata da vent’anni di berlusconismo merita qualcosa di più della promessa di una parodia del Cln. O di una raccolta di firme offerta l’8 marzo come un mazzo di mimose dal segretario del Pd «alle nostre donne». Non siamo di nessuno, non amiamo le mimose né tantomeno, per citare stavolta Luisa Muraro, chi conta di usarci come truppe ausiliarie di una politica inefficacace.
Opposizione, ultima fermata
di Furio Colombo (il Fatto. 06.02.2011)
Tutti si domandano, nel mondo, come possa l’Italia adattarsi a vivere con un primo ministro malato, un governo inerte, in cui sia il ministro degli Esteri sia quello della Giustizia fanno i galoppini elettorali, e una opposizione malleabile anziché antagonista.
La domanda è seria perché siamo al di la della buona reputazione del Paese. Siamo in una fase in cui i cittadini, i commentatori, i politici di altri Paesi si domandano se non ci sia qualcosa di malato non solo nel premier, il cui squilibrio mentale è segnalato, come avviene quasi ogni giorno, da solenni promesse di crescita del Paese seguite da violente invettive contro la magistratura eoffese gravi e gratuite al Capo dello Stato (per esempio il decreto con cui il Consiglio dei ministri approva d’urgenza il federalismo poche ore dopo che il Parlamento lo aveva respinto). Ma qualcosa di malato c’è anche nello schieramento eterogeneo della attuale, provvisoria maggioranza che ha deciso di sostenere Berlusconi non solo con il voto ma anche con un grande applauso. Il Primo ministro aveva appena fatto dire che era stato lui a ordinare alla polizia di Milano di rilasciare una prostituta minorenne e ladra e di affidarla alla consigliera regionale Minetti. Aveva fatto dire, sempre a sua difesa, di avere davvero saputo e creduto che la giovanissima ragazza in vendita fosse la nipote del presidente egiziano Mubarak, evidentemente ben consigliato dal suo Ministro degli Esteri.
Come è noto, la consigliera Minetti, ha subito affidato la minorenne nipote di Mubarak nelle mani di una prostituta brasiliana. Una volta ottenuta, anche con la partecipazione di alcuni deputati comprati all’ultimo istante, l’approvazione di una simile incredibile storia che screditerebbe chiunque, è scattato l’applauso della maggioranza berlusconiana dell’Aula, quasi una ovazione, segno che la storia folle non turba e non disturba centinaia di deputati, uomini e donne adulti, molti con figli della stessa età della prostituta comprata e venduta. Eppure bisognava sentire l’on. avv. Paniz celebrare a voce altissima, come nella parodia di una arringa giudiziaria da commedia all’italiana, il percorso seguito con scrupolo dallo statista Berlusconi, inseguito dai giudici “benché non ci sia stata denuncia”. E ha finto di non sapere, lui, principe del Foro, che alcuni reati di una certa gravità, come la frequentazione della prostituzione minorile sono perseguibili d’ufficio.
Parla di crescita e gli credono ancora
MA SE la immagine impressionante, e grave per la reputazione italiana, è lo scroscio di applausi che la maggioranza del Parlamento dedica alla prostituzione minorile praticata dal presidente del Consiglio e dai suoi amici di serate, non è meno grave e dannoso ciò che stava accadendo nello stesso giorno. Berlusconi aveva fatto all’improvviso sapere che d’ora in poi si sarebbe dedicato alla “crescita” del Paese. Crescita è una parola codice. Vuol dire occuparsi almeno un po’, almeno part-time, di governare l’Italia. Subito una buona parte dei media e, l’intera Confindustria, non hanno esitato a salutare l’evento come se ci fosse un piano, come se qualcosa fosse iniziato, come se ci fossero indicazioni tecniche, organizzative, politiche, del grande annuncio del governo. Una vera celebrazione, sia pure durata un giorno. Ma utile per svelare l’incredibile sottomissione che stravolge ancora tanta parte della opinione pubblica e dell’opinione politica, con cui in tanti si adattano prontamente al comportamento evidentemente squilibrato dell’uomo carico di ricchezza ma privo di soglia critica e di senso della realtà.
Ma il caso più difficile da spiegare è quello di una opposizione variabile e malleabile, che non c’e la fa a diventare e restare antagonista e ad assumersi la responsabilità di rappresentare i cittadini che davvero vogliono cambiare il Paese e non sopportano più a lungo l’umiliazione di essere governati da una persona con seri disturbi della personalità e una immensa forza finanziaria che gli consente di comprare consenso, assenso, distrazione e - quando serve in luogo del servaggio-intimidazione e sottomissione spontanea.
Il problema torna a replicarsi in questi giorni quando voci autorevoli del fronte della opposizione tornano a dire che è importante, anzi essenziale “abbandonare l’antiberlusconismo” (una versione alternativa è “superare il berlusconismo”). L’operazione funziona in due modi, ovvero produce due gravi conseguenze, capaci di bloccare ogni vera possibile opposizione. La prima è di negare, insieme con la propaganda di Berlusconi, che vi sia qualcosa di anomalo, di radicalmente malato o in Berlusconi (il personaggio, il suo mega conflitto di interesse, la sua salute mentale, il suo evidente te e brutale percorso contro la Costituzione) o nella poderosa e quasi del tutto illegale macchina politica messa in moto dalla potenza economica e dalla visione distorta del leader anormale di cui stiamo parlando . Negando la eccezionalità legale, mentale, morale, distruttiva e antiistituzionale di Berlusconi vuol dire privarsi di tutti gli strumenti più importanti della realtà che si è abbattuta sull’Italia e ne ha deviato la storia, fisiologia, patologia, carattere ed errori. Tutto è diverso,qualunque sia il giudizio del passato. E niente può essere fatto con una normale politica di opposizione, perché, buono o cattivo, niente qui, adesso, è normale, a cominciare dalle condizioni psichiche dell’uomo che governa.
Più grave del fascismo
ANZI non governa, non ha governato mai. Una ragione in più per non collaborare mai. Infatti Berlusconi non governa, occupa. Il dramma del Paese è il più grave dai tempi del fascismo. É più grave, infatti, a causa della falsificazione di tutti i percorsi, dell’uso privo di ritegno della parola “democrazia” ogni volta che si cerca il plebiscito e si ottiene la sottomissione. E nella riuscita operazione di eliminare - tra voto e leader e dunque tra popolo e adorazione del capo - ogni regola parlamentare e istituzionale.
Non dimentichiamo che ciò che si verifica oggi, in queste ore, un violento e calcolato scontro istituzionale fondato su una presunzione di cedimento del presidente della Repubblica, sta avvenendo in solitario tra il Capo dello Stato, da un lato, e tutta la forza politica, tutta la forza mediatica, tutta la forza finanziaria del capo del Governo che rende ancora possibile quasi ogni nuovo acquisto. Si dovrebbe chiudere qui, con una dichiarazione di separazione irreversibile - nelle Commissioni e nell’aula delParlamento- con questa situazione malata e illegale, che ha cominciato a girare intorno a modalità burocratiche e pregolpiste di piena violazione della Costituzione. Tale separazione, che dovrà essere irreversibile, dovrà escludere ogni forma di disciplinato assenso all’agenda sempre più folle, sempre più lontana dalla legalità dell’attuale governo. È (sarebbe) il solo modo di rendere chiara e pubblica quella campagna di liberazione che ormai viene invocata da molta parte del Paese e che dovrebbe realizzarsi con la proposta di alleanza fra tutte le opposizioni.
Le condizioni che a suo tempo hanno reso necessario, nella storia italiana, il CNL, adesso ci sono tutte. Il “buon lavoro” per migliorare nelle loro leggi ciò che si può migliorare, è futile e pericoloso, anzi è complicità, prolungamento della vita di un simile modo di governare, e materiale offerto spontaneamente per la loro campagna elettorale, che ci sarà comunque fra poco.
La sordità di tutto ciò che avrebbe dovuto essere opposizione è durata a lungo (diciassette anni di dominio quasi ininterrotto della egemonia berlusconiana). É bene, ma è anche necessario, urgente, che si interrompa subito. Se si hanno dubbi sulle ragioni politiche (e mi sembra impossibile) si tenga conto delle condizioni mentali di Berlusconi, che ormai sono un dato acquisito nel giudizio del mondo sull’Italia.
Che guaio la democrazia blindata
Il bipolarismo rigido aumenta i pericoli d’involuzione dispotica
di Luciano Canfora (Corriere della Sera, 06.02.2011)
S’ intitola La democrazia dispotica un recente, rilevante saggio di Michele Ciliberto (Laterza). È un libro dotto e ben costruito, che riguarda le evidenti deformazioni, e si potrebbe ormai dire degenerazioni, del meccanismo rappresentativo-elettivo, identificato, nel linguaggio comune, con la «democrazia» . Ciliberto si interroga sulla peculiarità, o meno, del caso italiano e dedica, tra l’altro, pagine meditate al fenomeno del «potere carismatico» . Evoca i grandi nomi che su tale questione rifletterono, da Croce a Max Weber, in una temperie in cui tornava sempre al centro la questione delle questioni: il ruolo della personalità nella storia. Plechanov, Lenin, ma già ben prima Tolstoj in pagine fondamentali di Guerra e pace ne avevano dibattuto. Ma Ciliberto ha anche la saggezza di distinguere tra «carismatici» (da Bonaparte a Bismarck) e caudillos.
A mio giudizio, pur tra tanti pregi, questo libro, che è di assai piacevole lettura, muove da un presupposto ottimistico: che cioè davvero il blocco populista-opulento oggi al potere in Italia possa essere indotto, dalla controparte, a «condividere regole e valori prepolitici e preistituzionali» . Un altro presupposto è che la questione non sia solo italiana: ai nostri interlocutori europei - scrive l’autore- dovremmo obiettare de te fabula narratur.
Ma questo appare improbabile. Non si vede in Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna alcunché di simile ai nostri fenomeni degenerativi. E per giunta il nostro è il solo Paese europeo dove non esiste più un partito di massa di sinistra (avendo il Pd, per definizione e composizione, natura non più di sinistra ma di centrosinistra). Un terzo presupposto dell’autore è che il cosiddetto «bipolarismo» sia un bene da non intaccare («Bisogna mantenere l’opzione bipolare se si vuole mettere su solide basi la democrazia nel nostro Paese» ).
Questo presupposto sembra a me un cedimento agli idola fori, per dirla con Bacone. Il bipolarismo, infatti, essendo incardinato su leggi elettorali di tipo maggioritario (o del genere anglosassone, in cui «chi vince prende tutto» come alle corse dei cavalli, o del genere gollista «a doppio turno» , mirante alla liquidazione delle ali «estreme» ), produce - come risultato peraltro fortemente voluto - un esito, in termini di mandati parlamentari, sperequato, difforme e falsificante rispetto ai voti popolari. E dà perciò l’illusione che il cosiddetto vincitore abbia conseguito un vantaggio molto netto e preponderante («una larghissima vittoria elettorale» ).
Si determina dunque una illusione ottica, dalla quale converrebbe incominciare a liberarsi.
Quando si parla di «egemonia» berlusconiana nel nostro Paese, si trascura che essa è almeno in parte frutto per l’appunto di leggi elettorali fondate su «premi» e su consimili strumenti coniati ad hoc per falsare il risultato del voto popolare e regalare la maggioranza assoluta a chi ha conseguito soltanto quella relativa (che rispetto all’intero elettorato resta una minoranza). Non è privo di senso ricordare che il ministro Alfano, nel corso di una trasmissione (Ballarò) andata in onda, in piena bufera sessual-politica, lo scorso 18 gennaio, ha indicato, col consueto trasporto, quale primo merito del suo presidente del Consiglio avere questi «blindato il bipolarismo» .
Oggi i sondaggi danno al blocco populista opulento (Pdl+Lega) un 40 per cento delle intenzioni di voto, e questo- grazie alla legge elettorale- viene considerato, per lo meno per l’elezione della Camera, un buon margine di sicurezza per l’attuale blocco governativo. Vien da ricordare che nelle elezioni politiche del 1958 la Democrazia cristiana da sola conseguì il 42 per cento dei voti, contro il 22 del Pci e il 14 dei socialisti, e fu costretta, nonostante tale successo, ad avviare, assai riluttante, l’esperienza del centrosinistra (con il Psi e su sollecitazione dei partiti repubblicano e saragattiano). Un partito che da solo era al 42 per cento dei voti e degli eletti doveva, allora, trattare con forze politiche differenti e dar vita a soluzioni politiche che tenessero conto delle istanze di forze diverse, con le quali infatti si giungeva a un fecondo punto d’incontro (definito, con un pizzico di malafede, «consociativismo» ). L’esatto contrario dell’astratto e ingegneristico, e al fondo «metastorico» e «metapolitico» , bipolarismo.
Nello studiare la realtà politica italiana Ciliberto usa strumenti sofisticati. E questo è un altro pregio del libro, che si estolle di molto rispetto alla effimera ed esagitata pubblicistica politica che ci inonda quotidianamente in varie guise. Forse però l’autore vola troppo alto; mentre per un verso è efficace nel delineare la democrazia dispotica italiana e il suo principale attore, per altro verso, quando poi passa alla pars construens, sembra avere in mente un’Italia in cui miracolosamente il centrodestra ha quasi le fattezze del movimento finiano. Donde l’auspicio di una futura lotta politica condotta sulla base di solide, addirittura «preistituzionali» , «condivisioni» .
E invece Ciliberto sa bene che l’attuale blocco populista-opulento, che sustanzia il «dispotismo democratico» , «ha rotto con la tradizione, con l’antifascismo, con la religione civile dell’antifascismo». Questo dato rende molto problematiche quelle auspicate «condivisioni» . Un altro merito del saggio consiste nello studio del fenomeno «democrazia dispotica» , considerato nelle sue affinità e nelle sue differenze rispetto a quel dispotismo democratico che Tocqueville intravide e delineò alla conclusione del saggio sulla Democrazia in America. Aggiungerei al «dossier» un’altra fonte.
Un acuto osservatore novecentesco della realtà statunitense, il drammaturgo tedesco Bertolt Brecht, esule in Usa durante il nazismo, in una nota al suo Arbeitsjournal (Diario di lavoro, Einaudi) datata 7 febbraio 1942 osservò: «Un fascismo americano sarebbe democratico» . Fulminante ed efficace definizione, nonché previsione che ci avvicina ancor di più al nocciolo della questione.