FILOLOGIA E CRITICA. "Gianni Rodari (le cui proposte sono certo suggestive) promuoveva, ma prevalentemente per il primo ciclo scolastico, la trasformazione dell’ insegnamento in gioco, la vittoria della fiaba sulla razionalità e sulla storia" (Cesare Segre, La didattica «facile» che ha cancellato la capacità di studiare, Corsera 25 febbraio 2011).

DANTE VINCE! CESARE SEGRE RICONOSCE LA VITTORIA DELLA «FIABA» SULLA STORIA: UNA «COMMEDIA» TANTI COMMENTI. Una sua nota - a cura di Federico La Sala

Quella dei commenti alla Commedia di Dante è una delle più importanti imprese culturali dei primi secoli della nostra letteratura.
martedì 22 marzo 2011.
 

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Una «Commedia» tanti commenti

di Cesare Segre (Corriere della Sera, 21.03.2011)

Quella dei commenti alla Commedia di Dante è una delle più importanti imprese culturali dei primi secoli della nostra letteratura. Consacrare alla Commedia, pochi anni dopo la sua definitiva pubblicazione, nel 1321, annotazioni di carattere teologico, allegorico, storico, linguistico, stilistico, così come da tempo ne venivano dedicate ai classici latini, significava riconoscere che quest’opera veniva già considerata, appunto, un classico.

Nessun testo s’impose mai con tanta autorità, e nessuno ha mai avuto un corredo d’interpretazioni così ampio. I commentatori moderni di Dante sono ben consapevoli che il tesoro di annotazioni e interpretazioni costituito dall’insieme dei commenti antichi è la base fondamentale per qualunque ulteriore ricerca. E chiunque prenda in mano un commento moderno, trova ad ogni momento un richiamo a Graziolo de’ Bambaglioli o a Benvenuto da Imola, a Iacomo della Lana o all’Ottimo.

Purtroppo, solo una minima parte di questi testi gode di un’edizione attendibile, sicché è una lacuna ancora grossa quella che da poco ha cominciato a riempire l’Edizione Nazionale dei Commenti danteschi della Fondazione Pio Rajna, raggiungendo in pochi anni l’ampiezza di 28 tomi e 18 mila pagine. Sarebbe una vergogna se ottusi ed erronei criteri di risparmio da parte delle istituzioni bloccassero la realizzazione dell’impresa.

Ma intanto può perimetrare esattamente la situazione il Censimento dei commenti danteschi, a cura di Enrico Malato e di Andrea Mazzucchi (Salerno, tomi 2, pagine LXXXIV-1.180). Esso è dedicato ai commenti dell’epoca preguntenberghiana, cioè sino al 1480: che sono davvero i più importanti. di fatto, il vero e proprio Censimento è lo «Schedario» , che costituisce la seconda sezione di questi due tomi. Vi sono infatti elencati, biblioteca per biblioteca, tutti i manoscritti di ognuno dei commenti, con descrizioni e notizie storiche.

Ma, allo stato attuale, la parte più leggibile e già matura di quest’opera di sintesi è costituita dai medaglioni dedicati, nella prima sezione, a ogni commento: lunghi anche decine di pagine. Dai medaglioni apprendiamo l’essenziale sulla vita e il metodo di lavoro dei diversi autori, e perciò veniamo forniti di quelle conoscenze di base che poi si integreranno quando i commenti saranno editi.

Ogni notizia sui commentatori è benvenuta: sapere se erano notai o funzionari o traduttori, aver notizia della loro conoscenza diretta di Dante (evidente per Andrea Lancia) e del resto della sua opera; essere informati delle loro competenze di letteratura latina o di poesia volgare.

Importante poi orientarsi tra le varie redazioni di questi commenti, in cui spesso venivano inserite nuove annotazioni, solo che i compilatori le trovassero utili. Perché è un dato fondamentale: nella storia di tutti i commenti si intrecciano da una parte il senso dell’autorialità e dell’originalità, dall’altra l’impegno alla completezza dell’interpretazione, a prescindere dalla paternità delle note. I manoscritti di uno stesso commento si allargano o si restringono in base a queste due aspirazioni.

Si noti poi che le cantiche incominciarono a essere commentate prima ancora della conclusione dell’opera: sicché i primi commenti si fermano all’Inferno o al Purgatorio. Interessante anche la distribuzione geografica dei commenti. Perché se le Chiose di Jacopo, figlio di Dante, sono evidentemente «fuori concorso» (1322), vengono primi i commenti bolognesi come quello di Graziolo de’ Bambaglioli, in latino, del 1324, subito seguito da Giacomo d e l l a Lana (1324-1328), il primo a commentare le tre cantiche, e forse il più importante di tutti, mentre quelli fiorentini subentrano solo in un secondo tempo: al 1333-40 risale l’Ottimo, forse da identificare con Andrea Lancia, autore di un altro commento del 1341-1343; infine il Comentarium di Pietro, altro figlio di Dante, è del 1340 circa.

Non c’è poi da stupirsi se i commenti bolognesi hanno un carattere più dottrinale, consapevole del sapere universitario, mentre quelli fiorentini sono più attenti allo stile e ai contenuti narrativi. È certo che l’Ottimo, sia o no da identificare con Andrea Lancia, ha già in programma di offrire una summa di quanto hanno detto i principali commenti a lui anteriori.

E lo stesso Ottimo (o Andrea Lancia) può perfino appellarsi ad affermazioni di Dante stesso, per esempio in questa luminosa frase: «Io scrittore udii dire a Dante, che mai rima nol trasse a dire altro che quello ch’avea in suo proponimento; ma ch’elli molte e spesse volte facea li vocaboli dire nelle sue rime altro che quello, ch’erano appo gli altri dicitori usati di sprimere» . Dunque, nessuna licenza poetica, ma la capacità di estrarre dalle parole significati nuovi: insomma, l’uso creativo della rima. È proprio quanto un grande critico come Ernesto G. Parodi avrebbe dimostrato ampiamente sei secoli dopo.


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