PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE “MEDITERRANEA”
II^edizione
DA PUNTA CAMPANELLA A CAPO PALINURO: le rotte degli uomini, i percorsi degli dei
“E vanno gli uomini ad ammirare le vette dei monti, ed i grandi flutti del mare, ed il lungo corso dei fiumi, e l’immensità dell’Oceano, ed il volgere degli astri ... e si dimenticano di se medesimi” Sant’Agostino
Gli uomini nella dimensione della propria vita quotidiana e quindi nell’ordine degli anni e poi dei secoli e dei millenni, hanno seguito percorsi svariati ed infiniti attraverso i luoghi del corpo e assecondando le esigenze dello spirito sì da aprire varchi e strade, introdurre colture, culti e tradizioni, costruire città e santuari che hanno saputo in molti casi giungere fino a noi ed entrare a far parte del nostro vissuto.
Il melograno, votato in seguito a lunghi pellegrinaggi presso il santuario extra-urbano di Hera Argiva a Poseidonia, ha mantenuto il suo valore spirituale tra le mani della Madonna del Granato, quale icona dell’abbondanza in ogni tempo auspicabile nella piana del Sele.
Eppure oggi gli uomini, dimentichi di sé stessi e del patrimonio di culture e di tradizioni di cui sono portatori, lasciano che tanta feracità e bellezza di una regione così ambita nei secoli da tutte le genti sia umiliata ed offesa dai percorsi dell’era moderna, quella degli avanzi e dei rifiuti tossici, che determinano l’apertura di nuovi crocicchi nelle discariche che macchiano la nostra bellissima provincia di Salerno e la regione tutta.
Sembra ancora di sentire il battere cadenzato della mano di una Baccante sul timpano dei culti dionisiaci, di vedere le vesti che si modulano intorno a corpi in preda a furore estatico e uomini e donne che si corteggiano si inseguono si lasciano andare quasi in segno di protesta e ribellione ai legacci degli schemi sociali ... sembra di rivivere tutto questo quando suona una tammorra, quando balla una donna campana bella devota alle sue Sette Madonne e sensuale o quando dalla voce di un uomo si leva un canto di protesta, l’espressione di uno sdegno o il lamento generato dal duro lavoro.
Oggi abbiamo paura del diverso perché ci sfuggono le differenze, non cogliamo le sfumature, ci barrichiamo dentro le nostre case, quando la nostra terra è stata sempre oggetto di interesse, meta del cabotaggio di genti Fenice e Micenee, dei commerci degli Achei e sede delle attività artigianali degli Etruschi. Abbiamo imparato a conoscere i Saraceni e conosciuto i Normanni ed i Longobardi, sangue misto scorre nelle nostre vene di Lucani duri e spigolosi come la terra fiera del Cilento e del Vallo di Diano, ma questo non basta per evitare di chiudere i ponti e di serrare i cuori.
La II edizione del Premio Letterario Mediterranea si propone di parlare degli uomini per far parlare gli uomini, proporre riflessioni e destare opinioni costruttive e coraggiose intorno ad una terra ed un patrimonio culturale ricco e perciò stesso degno della migliore delle considerazioni.
DA PUNTA CAMPANELLA A CAPO PALINURO: le rotte degli uomini, i percorsi degli dei è il tema che l’Associazione Culturale Aut Aut propone per la edizione del 2008, invitando, dopo il successo della precedente, poeti e scrittori ad inviare i propri elaborati entro il 31 Ottobre 2008 al nostro indirizzo
aut.aut.associazione@alice.it
oppure per posta tradizionale al seguente indirizzo
ASSOCIAZIONE CULTURALE AUT AUT c/o PostaExpress (Casella Postale n. 150)
Via Aitoro n. 18/B,
84091-Battipaglia (SA).
Il concorso è gratuito ed i migliori elaborati confluiranno in un’antologia del premio impostata come una guida turistico-letteraria, un diario di viaggio alla scoperta dei luoghi della nostra terra. Per qualsiasi informazione il bando è disponibile sul nostro sito
www.associazioneautaut.it e sui motori di ricerca per concorsi letterari.
Valentina Del Pizzo
Sul tema, nel sito, si cfr.:
FLS
Parmenide, l’assessore e le rovine di Velia
di Antonello Caporale (La Repubblica, ed. Napoli, 20 marzo 2012
Se Parmenide e Zenone avessero avuto la fortuna di conoscere l’onorevole Marcello Taglialatela sicuramente l’avrebbero condotto tra le rovine di Elea, la nobile città della Magna Grecia ora strangolata dall’alluminio anodizzato, dalle targhe fosforescenti, dalle case di mattoni bucati. Se solo avessero avuto questa fortuna avrebbero guidato l’assessore regionale all’Urbanistica a osservare come si sia riusciti a ingoiare persino il loro mare, affrontando le onde col cemento, chiudendo agli occhi e al cuore ogni rispetto per la memoria comune.
Ma Taglialatela di Velia, patrimonio dell’umanità rovinato dagli umani, simbolo della mediocrità di un ceto politico che danza al ritmo del calcestruzzo, ha purtroppo scarsa stima. L’assessore, cugino alla lontana di Attila, ha pensato di segnare la sua presenza alla Regione con un grandioso piano paesistico, opera formidabile di scrittura compulsiva, legge fondamentale nella quale trovano posto tutti i più bei gnè-gnè del mondo. E infatti (e come volete che mancasse all’appello!), è previsto il solito e purtroppo inutile Osservatorio, che dovrà monitorare l’integrità del paesaggio. Dovrà. Futuro del verbo dovere.
Nell’attesa, la legge annuncia la fine dell’unica legge che ha un poco salvaguardato Velia da altro cemento, un provvedimento speciale, approvato all’unanimità dal consiglio regionale nel 2005, che riduceva - seppure in limine mortis - l’appetito agli speculatori. Sei articoli che imponevano lo stop al consumo del suolo e la misericordia collettiva per i resti che ancora restano in vita.
Era una legge di salvaguardia, che ammetteva nella sua drastica misura il default della politica, l’incapacità delle amministrazioni locali di governare lo sviluppo del territorio per colpa delle collusioni e delle corruzioni, dell’ignoranza assoluta e dell’assoluta inconsapevolezza di cosa siano la bellezza e la cultura. E che valore abbia la nostra memoria, quale saldo anche economico produca.
Cosa è cambiato dal 2005 ad oggi? Cosa? Ce lo dica Taglialatela. Ci dica per esempio cosa ne è oggi della magnifica marina di Ascea, dove le concessioni edilizie sono sempre in eruzione malgrado lo zero spaccato imposto sette anni fa. Figurarsi senza quella normativa! Magari, ecco il bel futuro, avremo il suo ottimo Osservatorio che segnalerà nuovi seminterrati di carta, nuovi piani rialzati, nuove serrande di nuove finestre affacciate sulla Porta rosa.
Se solo Taglialatela facesse amicizia con Parmenide e Zenone...
“L’idea mediterranea include l’islam”
intervista a Henry Laurens*, a cura di Jean-Christophe Ploquin
in “La Croix” del 7 maggio 2010
(traduzione: www.finesettimana.org)
Un vertice dell’Unione per il Mediterraneo si terrà il 7 e l’8 giugno a Barcellona. Da quanto il mar Mediterraneo è percepito come un elemento che unisce?
È una delle idee tardive, apparsa nella seconda metà del XIX secolo. A lungo, il nome Mediterraneo è stato applicato solo allo spazio occidentale. Nelle lingue arabe si parlava di Mare Bianco, in opposizione al Mar Nero. Lo si chiamava anche il mare dei Roums, dei Romani, termine che indicava i Bizantini. In Europa, per indicare l’est del Mediterraneo si parlava del Levante, che cominciava dall’Adriatico, e della Barbarie per designare il Maghreb. Con le indipendenze balcaniche e la conquista francese nell’Africa del Nord, queste nozioni hanno perso importanza e si sono imposte delle rappresentazioni nuove, in particolare quella della latinità.
Di che cosa si trattava?
Questo discorso è apparso, da un lato, come reazione all’affermazione abbastanza trionfante della germanità, in una concorrenza intraeuropea per attribuirsi l’eredità greco-romana; dall’altro, come giustificazione della colonizzazione nell’Africa del Nord. È l’epoca in cui si riscoprono dei siti archeologici dell’antichità sul perimetro mediterraneo. La latinità permette di affermare, in qualche modo, che gli europei non sono stranieri e che semplicemente riconquistano una terra. Napoleone III dirà agli arabi dell’Algeria: “Voi siete i nostri Galli, noi siamo i vostri Romani.”
Quando s’impone l’idea di Mediterraneo?
Segue l’emancipazione delle popolazioni del Mediterraneo orientale e la perdita del monopolio della modernità da parte dell’Europa. Quando gli arabi cessano di essere orientali, diventano mediterranei. Ci sarà anche una corrente che difende l’idea mediterranea come protesta contro l’America, la cui società tecnologica spaventa. Qual è il futuro dell’Unione per il Mediterraneo, che sembra già prigioniera del conflitto israelo-palestinese?
Ci sono due problemi. Quello di Israele e quello della penisola arabica. I paesi del Golfo Persico sono come l’Europa del Nord: non giungono alle sue rive, ma appartengono al secondo cerchio del Mediterraneo. Sono presenti finanziariamente ovunque su entrambe le sponde e sono una potente pompa aspirante di manodopera mediterranea. La mia visione personale è che l’Unione per il Mediterraneo dovrebbe includere i paesi del Golfo ed escludere Israele, che invece potrebbe beneficiare di un partenariato privilegiato con un livello di partecipazione più alto negli organismi europei. Bisogna accettare il fatto che questo paese è ancora incapace di integrarsi regionalmente nel Medio Oriente e che rischia di restarlo a lungo.
Come articolare l’Unione per il Mediterraneo e l’Unione Europea?
L’ambizione mediterranea dell’Unione Europea parte da una realtà semplice: per la prima volta dalla fine dell’Impero romano, tutta la riva nord si sta unificando. L’Unione Europea è un impero per consenso, che crea un immenso scarto di potenza e di ricchezza tra le due rive del Mediterraneo. Questo squilibrio deve essere affrontato, ma il modo di farlo dipenderà dalla sorte riservata alla Turchia. Sarà nell’Unione Europea o fuori? Questo dipenderà da come si definisce l’UE. Geograficamente, l’Europa non ha senso: c’è l’Eurasia, punto e basta! Culturalmente, gli ideologi fanno ancora finta di credere che l’Europa si definirebbe con una sequenza che parte dall’eredità greco-romana, i barbari, poi gli strati del Medio Evo, del Rinascimento, del barocco, del classicismo, dell’illuminismo, del romanticismo... Ma questa sequenza è stata interrotta con l’entrata della Grecia, quella della Bulgaria e, domani, quella della Serbia... Questi popoli, infatti, si sono uniti al concerto europeo solo con il romanticismo. Prima, facevano parte dell’Impero Ottomano. Ciò depone a favore di una definizione di Europa come una patria di cittadini. Allora, si potrebbe accettare la Turchia. E, sul lungo periodo, ciò vorrebbe dire che nel 2070 tutto il Mediterraneo potrebbe essere nell’Unione!
Come sarebbe?
Attenendosi, per l’adesione, a dei criteri democratici e di cittadinanza, si aprirà la possibilità di una Unione euro-mediterranea. Invece, se bloccheremo l’entrata della Turchia, fisseremo l’Unione Europea a Nord. Questa è la vera posta in gioco. Il futuro è aperto: l’Unione Europea può essere o una tappa, o un punto d’arresto.
Oggi è assolutamente impensabile. Gli europei temono i flussi migratori che arrivano dal Sud.
Sì, ma il serbatoio si sta per prosciugare. Nel 2050 0 nel 2070, la struttura demografica dell’Algeria, del Marocco o della Tunisia sarà dello stesso tipo di quella europea. Già oggi, la natalità francese è superiore alla natalità tunisina. Nei fatti, il Maghreb diventa la linea di confine, il “limes” europeo.
La religione non è un fattore bloccante?
Non appare come un elemento che unisce. Una delle ragioni è il concetto identitario di giudeocristianesimo. È un concetto che è comparso come una reazione estremamente positiva alla Shoah, quando le Chiese cristiane hanno detto che l’antisemitismo era un abominio e hanno affermato la loro fraternità con gli ebrei. Purtroppo, affermare oggi una civiltà giudeo-cristiana viene inteso come una logica di esclusione da parte dei musulmani. Al contrario, l’idea mediterranea include l’islam, che è uno degli eredi della cultura greca. Quanto alla bagarre sul velo, sul burqa, sull’apparenza, sul corpo vi è in tutto questo un problema estremamente complesso, che riguarda tutti e tre i grandi monoteismi, che è il rapporto tra il religioso e il femminile. La modernità pare loro incontrollata nella questione del corpo femminile e in quella della procreazione. Oggi, la laicità rinvia alla questione femminile e non, come prima, al rapporto con la politica.
* Henry Laurens è storico, professore al Collège de France
La rassegna multidisciplinare sullo Stretto dal 25 al 30 agosto
Cinema, danza, musica, teatro, libri, fotografia del Mare Nostrum
Mediterraneo, crocevia di culture
a Messina l’Horcynus Festival
di ROBERTO CALABRÒ *
Il Mediterraneo è un crocevia di storie e di linguaggi, di arte e di cultura. Molto più di quanto non dicano le cronache di oggi, con i barconi dei migranti e il loro carico di speranza e di dolore. Da sette anni a questa parte le culture del Mediterraneo si incontrano all’Horcynus Festival, una rassegna multidisciplinare che si tiene proprio in uno dei luoghi simbolo del Mare Nostrum: lo Stretto di Messina. Anche l’edizione 2009, in programma dal 25 al 30 agosto a Capo Peloro, celebrerà varie forme d’arte: cinema, musica, teatro, arti visive. Diverse sezioni, ognuna delle quali si intersecherà con le altre in un continuo gioco di specchi e di rimandi.
"Il nostro festival vuole essere sempre di più un punto di riferimento, un polo della cultura del Mediterraneo", afferma Franco Jannuzzi, uno dei direttori artistici della rassegna. "Come lo Stretto di Messina segna l’incontro di due mari, allo stesso modo l’Horcynus Festival vuole essere un ponte tra le culture di questa parte del mondo".
Ci sarà molto cinema al festival messinese, con due rassegne assai interessanti. La prima è dedicata al "Mockumentary", letteralmente il "falso documentario": un genere cinematografico che da The Blair Witch Project in poi ha riscosso attenzione e successo crescenti. Verranno proiettate pellicole recenti e meno recenti che indagano il rapporto tra reale, irreale e surreale, tra cui Le ragioni dell’aragosta di Sabina Guzzanti, Capricorn One di Peter Hyams, passando per La vera leggenda di Tony Vilar di Giuseppe Gagliardi e La doppia vita di Veronica di Krzysztof Kieslowski. La seconda, invece, volge lo sguardo sulla società araba e in particolare sull’universo degli adolescenti. Nel cortile della Torre degli inglesi, uno dei luogi più suggestivi del Parco letterario "Horcynus Orca", saranno proiettati film e cortometraggi provenienti da Siria, Marocco e Arabia Saudita, seguiti da incontri con i registi.
Ma Horcynus Festival è molto altro ancora. A partire dal teatro con il "Progetto Isole", un percorso che incrocia anche letteratura, musica e danza e che ogni anno punta il suo obiettivo su una regione del Mediterraneo. Quest’anno è la volta della Sardegna con il racconto teatrale Blu, liberamente ispirato al romanzo Il quinto passo è l’addio di Sergio Atzeni, con l’attore nuorese Mariano Nieddu e la regia di Renata Palminiello. Sempre all’interno di questa sezione del festival sono previste le cosidette "incursioni" letterarie e musicali a sorpresa.
Dal teatro alla musica il passo è breve. E se un luogo come il Mediterraneo rappresenta un crogiolo di razze, di lingue e di suoni, non poteva che essere la world music al centro della ricerca musicale del festival con le performance del chitarrista siciliano Francesco Buzzurro e del musicista senegalese Jalì Diabaté, due tra i principali esponenti della "musica nomade" internazionale.
Moltissimi, poi, gli eventi collaterali che si svolgeranno tutti all’interno del Parco letterario, con lo Stretto di Messina sullo sfondo, il vecchio faro, l’enorme pilone e l’antica Torre degli inglesi a fare da cornice. Ci saranno incontri filosofici, proiezioni di film-documentari, presentazioni di libri, mostre fotografiche (la bellissima "I dimenticati - The forgotten ones" di Nermine Hammam sull’ospedale psichiatrico del Cairo). E, per i palati fini, l’atteso aperitivo sullo Stretto, tutte le sere alle 19.30.
Il programma completo e tutte le informazioni sul sito del Parco Letterario "Horcynus Orca".
* la Repubblica, 23 agosto 2009