Difesa civile

Calabria: abbandonati Gioacchino da Fiore e l’Abbazia florense

Segreti e interessi a danno della fede, della storia, dello spirito, della cultura
martedì 11 ottobre 2011.
 

San Giovanni in Fiore (Cosenza) - Tony arriva dal Canada, chiede di visitare l’Abbazia florense, entra e ne rimane affascinato. Come Alessandro e Lucia, romani, e tanti altri. Decine di migliaia, ogni anno, dall’Italia e dall’estero.

Chi visita il monumento manifesta uno stupore incredulo: edificato nel ‘200, sempre ne riflette il rigore, l’altezza e la trascendenza; ma la cripta è chiusa, dato che l’impianto elettrico non funziona da mesi. Lo spiega il custode, Antonello Laratta, che riferisce della denuncia d’una signora, caduta per le scale a causa del buio. Silenzio e indifferenza generale, innanzi alle contraddizioni.

Le ossa di Gioacchino da Fiore, nella navata a sinistra dell’altare barocco, giacciono in un’oscurità che dimostra la lontananza della politica e della gente. Perché Gioacchino e la sua Abbazia sono così abbandonati? Quanto ne sa la diocesi?

Da dietro, una luce opaca illumina appena le spoglie del monaco, in penombra, senza il richiamo al passo della Divina Commedia in cui Dante cita “il calavrese abate Giovacchino, di spirito profetico dotato” (“Paradiso”, canto XII).

Ai cori notturni non si accede almeno dalla fine degli anni ’80, quando ebbi il privilegio di vederli grazie allo studioso Alfredo Prisco e al compianto don Vincenzo Mascaro; a cui - anche per l’intelligenza di ex Dc e Pci, tra i quali Tonino Straface, Domenico Foglia, Emilio Greco e Tonino Acri - si deve il “miracolo” della riapertura dell’Abbazia. Erano altri tempi: di là dallo scontro, pure acceso, maggioranze e opposizioni sapevano convergere per il bene comune.

Il restauro con fondi europei della chiesa è ancora fermo. La vicenda è gravissima: a lungo, ai lavori sono mancate le autorizzazioni delle soprintendenze, con interrogazioni al ministro dei Beni culturali dei deputati Angela Napoli (Fli) e Franco Laratta (Pd), l’indignazione del Nobel Dario Fo, del critico d’arte Vittorio Sgarbi, dell’abate don Germano Anastasio, dello scrittore Marcello Veneziani, degli europarlamentari dell’Italia dei Valori Gianni Vattimo, Sonia Alfano e Luigi de Magistris (oggi sindaco di Napoli, ndr); di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, della testata “la Voce di Fiore”, del movimento delle “Agende rosse” e dell’Associazione nazionale familiari vittime di mafia.

La magistratura sta cercando le responsabilità. Il monumento fu sequestrato dalla Procura di Cosenza per presunti danni, per i quali vennero iscritti nel registro degli indagati il rup Pasquale Tiano e i direttori dei lavori, Domenico Marra, Giovanni Belcastro e Salvatore Marazita. La giunta comunale del socialista Antonio Nicoletti difese strenuamente le proprie scelte, benché l’Autorità di vigilanza sui Lavori pubblici rilevò l’assegnazione irregolare degli incarichi tecnici; senza, cioè, una procedura pubblica. Leggendo gli atti del municipio, si trova la delibera n. 883/1996, con cui l’esecutivo di Riccardo Succurro (allora sindaco di centrosinistra, oggi presidente del Centro internazionale di studi gioachimiti, ndr) recepì l’affidamento della progettazione agli stessi professionisti da parte del parroco di allora, don Franco Spadafora; indagato per altra questione, relativa a un traffico illecito di opere sacre.

Impenetrabile la procura e valendo per tutti la presunzione d’innocenza, a prescindere da eventuali procedimenti in corso, sopra l’Abbazia florense e sul riconoscimento del profetismo di Gioacchino da Fiore pesano ancora ostacoli arcani e la rimozione collettiva. Come la vicenda della casa di riposo nel complesso badiale; in passato iniziativa di carità della Chiesa, a cui il Comune di San Giovanni in Fiore concedeva i locali in comodato, e oggi attività imprenditoriale di privati. Di mezzo ci sarebbe una cessione dell’attività da parte della Diocesi cosentina, voce su cui nessuno degli interessati ha mai chiarito pubblicamente. La comunità non sa se c’è un atto in proposito, né quale sia, all’occorrenza, l’accordo tra le parti. Esiste un contenzioso civile fra il Comune e la società che gestisce la struttura, ma le carte sembrano segrete. Se la nuova giunta le mostrasse, e l’assessore Mario Iaquinta vorrebbe farlo, farebbe un bene alla Calabria e non solo.

Tony il canadese si chiede come sia possibile che un monumento così bello e prezioso, che riassume la storia dell’utopia gioachimita, non venga restituito alla collettività. Come sia possibile che interessi particolari possano spuntarla sulle ragioni della fede, dello spirito, dell’arte e della cultura. Come sia possibile immaginare che il restauro della chiesa prosegua in questo caos e senza un progetto di riqualificazione complessiva, che dovrebbe partire dalla piena disponibilità di tutto il complesso badiale.

Nel mentre, un gruppo di giovani intende proporre l’Abbazia come patrimonio dell’Unesco. Forse è giunto il momento di recuperare l’unità politica e civile di una volta. Quando comunisti e democristiani se le davano a ripetizione e poi, insieme, vedevano lontano. Quando padre Antonio Pignanelli, che aveva la tempra e il carisma di don Peppe Diana, per amore del suo popolo non taceva mai. E riempiva la piazza.

Emiliano Morrone, già su il Crotonese del 10 settembre 2011, a pag. 20

emilianomorrone@gmail.com

La difesa del monumento e il dossier sul restauro incompiuto


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