Roma, piazza SS. Apostoli, 28 settembre 2011
Modera Beatrice Andolina, Agende Rosse
Interventi:
Serenetta Monti, Agende Rosse
Marco Quaranta, Move On Italia
Beppe Giulietti, Articolo 21
Alessandro Lombardi, blogger
Sonia Alfano, parlamentare europeo IdV
un rappresentante del Popolo viola
Orfeo Notaristefano, Verso Sud
Emiliano Morrone, la Voce di Fiore
un rappresentante del circolo Fli Indro Montanelli, di Roma
Beppe Lumia (Pd), Commissione parlamentare Antimafia
La manifestazione Istituzioni pulite , come precisato nel «manifesto programmatico» di ieri, prevede due distinti momenti a Roma, il 28 settembre 2011:
1) piazza di Montecitorio, ore 15,30, pacifica e simbolica catena umana a difesa della Camera dei Deputati, con ciò ribadendo la pretesa collettiva di pulizia sul piano morale e penale dell’Istituzione;
2) piazza SS. Apostoli, ore 20, Notte della legalità , con interventi di esponenti dei movimenti, impegnati nella promozione e diffusione della cultura della legalità.
Avvertenze
Il primo momento deve essere necessariamente simbolico e condiviso con altri manifestanti in piazza; senza agitazioni di sorta e considerando che, contestualmente, davanti a Montecitorio è in programma una diversa manifestazione, come riferito ieri dalla Questura di Roma al momento della presentazione della nostra richiesta, non accolta per ragioni di ordine pubblico.
Per questo motivo, visto che per la Costituzione ogni cittadino può circolare liberamente sul territorio della Repubblica e che i promotori di Istituzioni pulite sono da sempre sostenitori della legalità;
non volendo e non potendo contravvenire alle norme, abbiamo deciso di andare ugualmente a Montecitorio, come cittadini, e di provare a dialogare coi manifestanti che invece hanno l’autorizzazione della Questura per il pomeriggio del 28. Ciò affinché insieme ai manifestanti autorizzati si possa realizzare una simbolica e pacifica catena umana, evitando con la massima responsabilità qualunque problema di ordine pubblico. Anche perché il senso di Istituzioni pulite è «superare certe logiche e dinamiche del nostro Paese»: «destra contro sinistra, o viceversa, piazza contro palazzo, "Casta" contro popolo, rivoltosi contro parlamentari, incendiari contro istituzioni et coetera».
Queste logiche sono funzionali a un potere che ci subordina sfruttando le divisioni dei gruppi della società civile.
La Notte della legalità , ore 20, piazza SS. Apostoli, ha invece l’autorizzazione della Questura. Le avvertenze, si ribadisce, valgono per la prima delle due iniziative di Istituzioni pulite .
Mercoledì 28 settembre, la Camera dei Deputati voterà, alle ore 16, sulla mozione di sfiducia nei confronti del ministro delle Politiche agricole Saverio Romano, su cui pende una richiesta di rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa.
Sentiamo il dovere, al di là di schieramenti, partiti, appartenenze, ideologie e ruoli, di sottolineare in concreto l’esigenza, per il popolo italiano, di istituzioni pulite; che non abbiano, cioè, rapporti con alcuna forma di criminalità organizzata. Questo vuol dire che occorre uscire fuori dell’ambito virtuale, fuori della rete, fuori di social network e blog, per una presenza libera e incisiva nella realtà.
Il 28 settembre, ci ritroveremo alle ore 15,30 in piazza Montecitorio per una catena umana a difesa di una sede primaria della democrazia, la Camera dei Deputati. Consapevoli che la sovranità appartiene al popolo ed è solo in nome del popolo che si amministra lo Stato.
Invitiamo a partecipare le famiglie, le scuole, le associazioni, i movimenti, i cittadini, i partiti e i politici che intendano sostenere questa iniziativa, concepita al di là di ogni opposizione e dialettica politica.
Crediamo che non ci si possa più dividere e che sia insispensabile abbandonare lo schema della lotta alle categorie (politiche, partitiche et coetera).
Crediamo che sia fondamentale superare la rassegnazione, prodotta da un preciso sistema ideologico, culturale e mediatico. Crediamo che, soprattutto in questo momento di crisi, occorra credere fermamente nella forza della parola, dell’aggregazione e dell’azione comune.
A Roma, sempre il 28 settembre, in serata - e lo comunicheremo tramite tutti i siti dei soggetti che aderiranno - saremo nuovamente insieme per la Notte della legalità (luogo e ora da stabilire), un’occasione di riflessione condivisa a cui vorremmo partecipassero voci impegnate nella diffusione della cultura della legalità.
Che le istituzioni non abbiano al loro interno connivenze con l’antistato è una pretesa, fondata, legittima, inderogabile e improrogabile. Negli ultimi mesi, il parlamento si è occupato tante volte di richieste d’arresto da parte della magistratura o di vicende che, ferma restando per ogni indagato la presunzione d’innocenza, gettano comunque pesanti ombre sulla gestione del potere pubblico.
La corruzione - che oggi è un aspetto preminente del fenomeno mafioso, legata alla collusione - è il male dell’Italia: ha un costo altissimo, impoverisce il Paese, ferma lo sviluppo economico, civile e sociale e cancella le possibilità di lavoro e d’impresa, soprattutto per le nuove generazioni. Il suo dilagare, il fatto che essa si sia estesa come cancro in metastasi, ha creato una frattura enorme fra governanti e governati, fra politica e cittadini, i quali hanno perduto la fiducia verso le istituzioni e oggi si trovano a dover pagare, con le manovre in corso, errori e orrori commessi a palazzo.
Le istituzioni devono essere pulite, e vogliamo iniziare dal prossimo 28 settembre un percorso comune per raggiungere l’obiettivo.
Per queste ragioni e con questo spirito, attendiamo le vostre adesioni, chiedendo la massima divulgazione e partecipazione a tutti coloro che condividono la necessità di Istituzioni pulite.
David Sansonetti e Emiliano Morrone
Orfeo Notaristefano, giornalista antimafia
Pino Masciari, testimone di giustizia
Francesco Saverio Alessio, scrittore antimafia
Sonia Alfano, parlamentare europeo
Bobi
la Voce di Fiore, organo di cultura e informazione
Circolo Fli "Indro Montanelli", di Roma
Preg.mi Segretari Angelino Alfano, Pierluigi Bersani, Antonio Di Pietro, Gianfranco Fini, Umberto Bossi, Francesco Rutelli, Pierferdinando Casini, Angelo Bonelli, Mario Staderini, Nichi Vendola, Marco Ferrando, Marco Rizzo, Francesco Storace, Roberto Fiore;
preg.mi rappresentanti istituzionali, sindaco Giuliano Pisapia, sindaco Gianni Alemanno, sindaco Massimo Zedda, sindaco Luigi de Magistris, sindaco Diego Cammarata;
mi scuso, anzitutto e molto, per i tempi di questa mia lettera. Mi spiego. Vi scrivo - in extremis solo perché spinto da necessità profondamente sentita - per invitarvi a partecipare alla manifestazione Istituzioni pulite, prevista a Roma per il 28 settembre prossimo venturo. Qui il link al manifesto programmatico: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5271 .
Vi prego di leggerlo e, se condiviso, di comunicarmi per e-mail la vostra adesione.
Premetto che, nello specifico, di là da ruoli e dialettiche della politica, con associazioni e soggetti promotori dell’appuntamento stiamo tentando di superare certe logiche e dinamiche del nostro Paese: destra contro sinistra, o viceversa, piazza contro palazzo, "Casta" contro popolo, rivoltosi contro parlamentari, incendiari contro istituzioni et coetera.
Credo che concorriamo tutti sul fatto che le istituzioni della Repubblica debbano essere una casa di vetro. Di là da procedimenti penali verso parlamentari od altre cariche pubbliche, per cui vale sempre la presunzione d’innocenza, l’Italia si sta caratterizzando, purtroppo, per una progressiva degenerazione morale a tutti i livelli.
Qui non si processa nessuno: si chiede la vostra collaborazione, indipendentemente da colori, ideologie e schieramenti, affinché si riduca la distanza fra piazza e palazzo, in nome della legalità e della trasparenza. Distanza determinata da fatti specifici, da una diffusa incapacità di dialogo e dalle menzionate logiche, rappresentazione molto parziale dello stato reale delle cose.
La ricostruzione per opposti non risolve il problema della pulizia nelle Istituzioni, ed è per questo che vogliamo coinvolgervi, affinché, con la responsabilità di ciascun cittadino, rappresentante o rappresentato, si recuperi il senso autentico della democrazia; con le dimissioni dei rappresentanti istituzionali interessati da indagini per mafia. Invitiamo i segretari dei partiti e i sindaci di Milano per il Nord, Roma e Cagliari per il Centro, Napoli e Palermo per il Sud. Abbiamo già invitato parlamentari e altri rappresentanti, che hanno assicurato la loro presenza.
Come potete notare nell’indirizzario, alcuni recapiti e-mail sono istituzionali o di uffici vicini al destinatario, a motivo delle difficoltà di reperire prontamente il contatto elettronico più diretto. Tuttavia, vi prego d’intendere questo invito come diretto a tutti i segretari politici, ai rispettivi partiti e militanti.
Tornando all’iniziativa in oggetto, essa si svolge in due distinti momenti: una civile catena umana nel pomeriggio, dalle ore 15,30 davanti a Montecitorio (luogo ancora da confermare), e un momento di riflessione, in serata, con voci impegnate a diffondere la cultura della legalità. Per questo secondo momento, chiamato Notte della legalità , dobbiamo ancora individuare lo spazio pubblico, che sarà comunque a Roma. Tuttavia, per le informazioni definitive riguardanti i due predetti momenti, rinvio a domani, 27 settembre, sul blog http://www.nottebiancalegalita.blogspot.com/.
Con l’occasione, vi ringrazio molto e, in attesa d’un vostro riscontro, vi saluto con viva cordialità.
Emiliano Morrone, direttore di "la Voce di Fiore" (www.lavocedifiore.org)
Inviato a:
redazione@partitodemocratico.it,
dipietro@antoniodipietro.it,
segretario.radicali@radicali.it,
redazione@nichivendola.it,
sindaco@comune.napoli.it,
segreteria@la-destra.it,
nazionale@comunistisinistrapopolare.com,
sindaco.pisapia@comune.milano.it,
francesco.rutelli@alleanzaperlitalia.it,
segreteriaministroriformefederalismo@governo.it,
federazione@verdi.it,
info@pclavoratori.it,
alfano_a@camera.it,
sindaco@comune.palermo.it,
udcitalia@gmail.com,
fini_g@camera.it,
francesco.cicero@comune.cagliari.it,
sindaco@comune.roma.it,
info@forzanuova.org.
26 settembre 2011, ore 19,21
oggetto molto urgente e importante, invito per "Istituzioni pulite (Roma, 28 settembre 2011)
Oggi a Roma La manifestazione promossa da Comitato per la libertà dell’informazione, Cgil e Articolo 21 Le adesioni crescono di ora in ora. E intanto nasce la «Rete delle giornaliste libere autonome»
Intercettazioni: al Pantheon contro la legge-bavaglio
Appuntamento dalle 15 alle 18 per un provvedimento «chiaramente anticostituzionale» sulle intercettazioni. L’Idv: «Governo disposto a tutto pur di coprire le proprie malefatte». Anche l’Udc voterà contro.
di Roberto Brunelli (l’Unità, 29.09.2011)
Il Pantheon val bene una manifestazione contro il bavaglio. L’appuntamento è dalle 15 alle 18, per quella che si preannuncia come una protesta in grande stile contro il ddl intercettazioni che, tra le altre prelibatezze, contiene la cosiddetta norma «ammazza blog». Ieri pomeriggio il tam-tam era incessante: promossa dal «Comitato per la libertà e il diritto all’informazione», di ora in ora fioccano nuove adesioni, tra partiti, associazioni, gruppi di attivisti e anche singoli esponenti politici. Tra i promotori della nuova mobilitazione contro il «bavaglio ad personam», la Cgil, Libertà & Giustizia e Articolo 21, che al Pantheon distribuirà una sorta di giuramento di Ippocrate per i giornalisti e per chi si occupa di informazione: «Giuro che se e quando la legge bavaglio sarà approvata mi impegnerò a fare prevalere sempre e comunque il dovere di informare e il diritto di essere informati». La Federazione nazionale della stampa italiana spiega che l’intenzione è quella di dar vita ad un’iniziativa che «marchi a uomo» tutti i passaggi parlamentari del ddl Alfano sulle intercettazioni, nelle cui pieghe si equiparano blog e siti internet alle testate giornalistiche, introducendo, in materia di diritto di rettifica, scadenze e sanzioni molto pesanti.
Sulla natura del provvedimento su cui la maggioranza, con l’avvicinarsi del voto parlamentare, per ora sta andando a tentoni le valutazioni delle opposizioni convergono. Dice Leoluca Orlando, portavoce dell’Idv, «che il ddl intercettazioni ha l’unico scopo di nascondere le malefatte di questo esecutivo e per farlo è disposto a tutto. Anche privare i cittadini dei loro diritti». Dopo il Pd, che per primo aveva lanciato l’allarme intorno al disegno di legge, anche l’Udc sta valutando il proprio voto negativo, se il testo non sarà sostanzialmente modificato.
ALTRO CHE PRIVACY
Eh sì, perché non sfugge quasi a nessuno che qui si «manomettono diritti costituzionali», come ripete il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni. Secondo Fammoni «non esiste nessuna urgenza anche se viene strumentalmente dichiarata: questa legge è ferma da più di un anno in Parlamento e la si riesuma solo perchè si è creato l’ennesimo problema giudiziario per il premier. La tutela della privacy dei cittadini non c’entra nulla. La mobilitazione delle associazioni e la grande partecipazione dei cittadini contro leggi ad personam e per il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione hanno già dimostrato di contare e di produrre risultati. Tocca di nuovo a noi».
Il disegno di legge pare «un vecchio copione del Bagaglino», è la battuta amara di Claudio Fava. «L’unico rimedio che questo governo immagina per le proprie miserie politiche e giudiziarie è il bavaglio ai giornalisti», dice l’esponente di Sel, che sarà presente oggi al Pantheon. «Sarebbe utile che tutte le voci libere di questo Paese si facessero sentire, come hanno saputo spesso fare nel corso di questi ultimi due anni. Non è più tempo di aspettare. I colpi di coda di questa maggioranza si tradurranno in altrettante picconate al senso e alla decenza costituzionale». Angelo Bonelli, dei Verdi, fa notare che «la libertà di stampa e il diritto di cronaca sono pilastri delle democrazia moderne: il bavaglio alla libertà di stampa è una caratteristica dei regimi dittatoriali e non delle democrazie».
La mobilitazione è in pieno fermento. Per esempio, è nata ieri «Giulia», la Rete delle Giornaliste Unite Libere Autonome, che esordirà proprio oggi al Pantheon. «Le donne si legge in una nota hanno una lunga consuetudine con i bavagli, hanno dovuto lottare per conquistare il diritto a parlare e ad essere rispettate come persone, a non essere trattate come oggetti: e oggi tutto ciò viene messo in discussione. E invitiamo tutte le giornaliste a mobilitarsi con noi. Si vuole impedire ai cittadini di essere informati sulle inchieste e sugli indecorosi comportamenti dei politici che non hanno rispetto per le istituzioni che rappresentano. Si vorrebbe silenziare chi, facendo informazione, illumina un sistema di potere maschile che ha ridotto la donna a merce e tangente. Siamo indignate come donne e come giornaliste e siamo sin d’ora pronte alla disubbidienza civile».
Nel Pdl, intanto, la confusione è totale. Ora spunta un emendamento dell’azzurro Roberto Cassinelli per tentare di arginare il montare delle protesta. Il deputato propone fra le altre cose di distinguere fra i siti professionali, come quelli delle testate giornalistiche, che resteranno legati all’obbligo di rettifica entro 48 ore, e quelli amatoriali per i quali la scadenza diventa di 10 giorni e decorre dal momento in cui il blogger viene effettivamente a sapere della richiesta. Esclude la rettifica per i social network, precisa che la rettifica è dovuta «quando tecnicamente possibile», infine riduce le sanzioni pecuniarie. Difficile che le sue proposte saranno un granché apprezzate, oggi al Pantheon.
Intercettazioni, ipotesi fiducia
Blogger in piazza
di Dino Martirano (Corriere della Sera, 29.09.2011)
ROMA - Intercettazioni, la maggioranza è pronta all’affondo ricorrendo anche alla fiducia. La legge Alfano, riveduta e corretta con il divieto integrale di pubblicazione degli atti di indagine (anche per riassunto) previsto dal vecchio ddl Mastella, inizierà dunque il suo terzo passaggio parlamentare mercoledì 5 ottobre alla Camera con il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità. Poi, in tempi rapidissimi - visto che le opposizioni hanno otto ore di tempo per il dibattito - il governo darà il via libera all’emendamento del Pdl (ci stanno lavorando Niccolò Ghedini ed Enrico Costa) che elimina dal testo uscito dalla commissione presieduta da Giulia Bongiorno la possibilità di pubblicare atti di indagine almeno per riassunto. Via libera, poi, anche per la proposta di modifica presentata dal deputato Roberto Cassinelli (Pdl) che mira ad addolcire la norma «ammazza blog» introdotta al Senato per imporre alla Rete le regole sulla rettifica già in vigore per la stampa.
I dettagli del calendario sono stati discussi in una riunione convocata dal capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, alla quale hanno partecipato anche Marco Reguzzoni della Lega e Silvano Moffa dei Responsabili. «Si è parlato solo di calendario, di merito non mi occupo», ha detto il capogruppo del Carroccio. Mentre Moffa ha confermato l’innesto dell’articolo 1 del testo Mastella («black out» delle intercettazioni sui media fino alla sentenza d’appello): «Il ddl di Mastella era molto appropriato e i due testi non sono incompatibili». Cicchitto, infine, ha escluso rinvii sulle intercettazioni: «Decollano, probabilmente, la prossima settimana». E che tutto sia pronto lo dimostrerebbe anche l’agenda del ministro della Giustizia, Nitto Francesco Palma, che ieri mattina è prima stato ricevuto dal capo dello Stato e poi ha incontrato a palazzo Grazioli il presidente del Consiglio e l’avvocato Niccolò Ghedini. Al Quirinale probabilmente Palma ha illustrato a Giorgio Napolitano il testo del discorso che lunedì prossimo terrà al Consiglio superiore della magistratura ma non è escluso che, nel corso del colloquio, il Guardasigilli abbia voluto fare anche il punto sulle iniziative legislative del governo e della maggioranza (intercettazioni, processo lungo, prescrizione breve, etc). Oggi alle 15, intanto, il popolo della Rete dà appuntamento a piazza del Pantheon per protestare contro la norma «ammazza blog» che prevede, tra l’altro, l’ammenda fino a 12 mila euro per i siti che non pubblicano entro le 48 ore la rettifica chiesta dall’interessato.
A Roma la manifestazione per la libertà di stampa. Numerose le adesioni, dal Pd a Fli alla Cgil
Oggi in piazza contro il bavaglio "Tornano alla carica, fermiamoli"
L’appuntamento dalle 15 alle 18 al Pantheon Forte mobilitazione su Internet
di Carmine Saviano (la Repubblica, 29.09.2011)
ROMA - Tutto è pronto. L’appuntamento è fissato per oggi pomeriggio in piazza del Pantheon, Roma, dalle 15 alle 18. Il popolo del No alla legge Bavaglio ritorna in piazza. Per protestare contro l’ennesima riproposizione del disegno di legge sulle intercettazioni, un «ricatto della maggioranza parlamentare alla democrazia italiana». E intorno al comitato promotore della manifestazione crescono le adesioni. Dai partiti del centrosinistra alle associazioni, dai cittadini ai blogger. Per restituire al mittente, ancora una volta, un provvedimento che rischia di abbassare la qualità democratica del Paese.
Tra i partiti, netta la posizione dell’Italia dei Valori. Antonio Di Pietro, annunciando la partecipazione alla manifestazione di oggi, commenta: «Anche se dovessero inserire tutto il ddl Mastella nel provvedimento, noi diremo "no" perché siamo contrari al bavaglio per la stampa». Per Claudio Fava, Sinistra Ecologia e Libertà, «sembra essere in un vecchio copione da Bagaglino: l’unico rimedio che questo governo immagina per le proprie miserie politiche e giudiziarie è il bavaglio ai giornalisti». In piazza del Pantheon ci saranno anche i Verdi, guidati dal presidente Angelo Bonelli, e la Federazione della Sinistra.
Se nel Partito democratico sono numerose le adesioni a titolo personale, non manca il sostegno dei finiani de Il Futurista e di Libertiamo. Proprio sui siti delle due associazioni sono numerosi gli articoli che criticano la «mancanza di ragionevolezza» dell’azione del governo. Scendono in campo anche la Cgil, Articolo 21, Libertà e Giustizia. La diffusione di materiali informativi e l’invito alla mobilitazione è costante. Per Roberto Natale, segretario della Fnsi, «è in questione il diritto dei cittadini di conoscere vicende di rilevanza pubblica. Non c’è nulla di privato se il presidente del Consiglio frequenta escort e faccendieri». Sul web la mobilitazione non perde d’intensità. Le iniziative sono tante e il popolo dei post-it ha ripreso le proprie attività a pieno regime. Su Repubblica. it le foto e i messaggi dei lettori continuano ad arrivare in modo incessante. Tra le ultime proposte il «post a rete unificata». Si tratta di diffondere sui social network un vademecum che mette in luce i punti critici del disegno di legge. «Perchè la nostra non è un’indignazione automatica, ma una protesta informata», scrive Arianna Ciccone sul sito del gruppo Valigia Blu.
Non solo. Da Agorà Digitale arriva la raccolta di firme per disinnescare il comma "ammazza-blog". L’idea è quella di inviare ai parlamentari una richiesta: firmare uno dei sette emendamenti, depositati sia da esponenti della maggioranza che dell’opposizione, che possono salvare la blogosfera italiana. Un «gesto di civiltà», perché internet «è e sarà una risorsa fondamentale per la nostra democrazia». In piazza del Pantheon interverranno anche le rappresentanti di Giulia, la Rete delle Giornaliste Unite Libere Autonome. «Le donne hanno una lunga consuetudine con i bavagli, hanno dovuto lottare per conquistare il diritto a parlare e a essere rispettate. Per questo aderiamo alla protesta».
MONTECITORIO
Respinta la sfiducia a Romano Di Pietro: "Attenti, arriva la violenza"
La Camera salva il ministro dell’Agricoltura dal rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa. Bagarre in aula, dove Romano rispolvera il teorema berlusconiano: "L’ordine giudiziario ha soverchiato il Parlamento". L’Idv attacca la Lega e il Viminale: "Maroni ogni giorno scioglie i consigli comunali per mafia". Berlusconi: "Io, un perseguitato, spiego tutto in tv". Forse già stasera su Canale 5 *
ROMA - Con 315 voti contrari e 294 favorevoli, la Camera respinge la mozione di sfiducia presentata da Idv e Pd nei confronti del ministro dell’Agricoltura Saverio Romano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Così la maggioranza supera l’ennesimo test sulla propria tenuta, dopo l’apparente ricompattamento sancito dal "no" di Montecitorio all’arresto di Marco Milanese. Scongiurato anche il rischio, in caso di rinvio a giudizio per Romano, di un inasprimento dei rapporti con il Quirinale. Si ricorderà come, al momento della nomina del responsabile dell’Agricoltura, il presidente Napolitano avesse espresso le sue perplessità 1 per la scelta di un politico coinvolto in un’indagine sulla criminalità organizzata.
Nessuna sorpresa a Montecitorio, dove la seduta è tesa, con momenti di gran bagarre, Romano che vota contro la sfiducia a se stesso e Silvio Berlusconi è accompagnato all’operazione dai fischi e ululati dell’opposizione. Dopo il voto, il premier si intrattiene con alcuni parlamentari Pdl. "Sono un perseguitato - avrebbe detto -, nel mirino della magistratura solo per fini politici. C’è una gara delle Procure contro di me, prima mi vogliono come testimone, ora come indagato. Non ce la faccio più, uno di questi giorni vado in tv ed esplodo". E, a quanto pare, Berlusconi potrebbe essere già stasera su Canale 5 per "spiegare agli italiani quanto sta accadendo".
Ma da cui il ministro Romano esce indenne grazie al decisivo sostegno del voto leghista. Scelta fortemente contestata dalle opposizioni, che in aula rinfacciano a Bossi e soprattutto al ministro dell’Interno Maroni la contraddizione di un Carroccio a difesa di un ministro indagato per associazione mafiosa, denunciando l’operazione come "voto di scambio".
Saverio Romano, seduto tra i banchi del governo, dove più tardi gli si siede accanto proprio Umberto Bossi, interviene nel dibattito facendo proprio il vecchio teorema berlusconiano: "Quello che un tempo era l’ordine giudiziario ormai ha soverchiato il Parlamento e ne vuole condizionare le scelte" dichiara il ministro dell’Agricoltura, denunciando la "campagna di aggressione" e la disinformazione di cui, a suo dire, è stato oggetto assieme "alla mia comunità politica, i miei familiari, spesso con grossolane inesattezze".
"Questa vicenda - aggiunge Romano - dimostra la malattia del nostro sistema giudiziario. Invece di una mozione di sfiducia mi sarei aspettato un atto ispettivo presso i magistrati che mi hanno tenuto sulla graticola per otto anni. Se per otto anni un uomo politico colpevole è stato tenuto libero, la giustizia ha fallito. Se invece un innocente è stato tenuto sulla graticola mi sembra un tempo interminabile, che non deve essere consentito per nessuno".
"Se tutto questo è la conseguenza della scelta che ho fatto con altri amici in piena coscienza e con senso di responsabilità, allora sono disposto ad accettarlo" conclude il ministro, in riferimento alla sua scelta di appoggiare con il Pid il governo Berlusconi lo scorso 14 dicembre.
Antonio Di Pietro attacca frontalmente il Carroccio. In aula, il leader Idv chiede al governo di smentire il ministro Umberto Bossi per le frasi sulla secessione della Padania, poi allarga il raggio del suo intervento. "In questo governo - sottolinea Di Pietro - c’è un altro ministro, accusato di mafia, che non si dimette. E’ grave che il ministro Maroni, che ogni giorno scioglie i consigli comunali per fatti del genere, oggi voterà insieme a tutta la Lega la fiducia a questo governo, nonostante vi sia una persona accusata di mafia". "Ma fate attenzione - avverte Di Pietro puntando il dito al governo - voi siete solo il Paese formale, siete un governo pieno di soggetti politici che intendono mandare il Paese alla rivolta sociale. Dall’altra parte c’è il Paese reale che è alla disperazione e sta per arrivare alla violenza. E i mandanti siete voi". Ma Di Pietro ne ha ancora per Maroni, assente in aula al momento del suo intervento (giungerà a ridosso del voto): "Quello che mi addolora - dichiara il leader Idv - è l’atteggiamento del ministro dell’Interno. Oggi che il Parlamento è chiamato alla massima trasparenza, si comporta come un codardo che fugge dal voto di sfiducia al ministro Romano".
Alla frase sulla "violenza" si aggancia Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera. "Ci auguriamo che Di Pietro la rettifichi quanto prima. Si tratta di pura irresponsabilità. Qualche giorno fa Di Pietro aveva preannunciato che la lotta politica e lo scontro sociale prima o poi avrebbero provocato un morto, Di Pietro, nel suo tentativo di prendere la guida della sinistra, sta giocando con il fuoco".
"Al mondo agricolo della odierna mozione di sfiducia, contro cui voteremo, non frega nulla". Così Sebastiano Fogliato esprime la posizione della Lega, ribadendo che l’agricoltura "è fondamentale per il Paese", e parlando solo dei problemi del settore, "di questo vorremmo occuparci", non di "una mozione strumentale solo per abbattere il governo". Intervento che scatena la bagarre in aula, con continui botta e risposta tra maggioranza e opposizione e il presidente della Camera Gianfranco Fini che minaccia di interrompere la seduta per riportare l’ordine. "Per l’esperienza che ho - commenta più tardi Fini con i cronisti - mi sembra si sia aperta la campagna elettorale...".
"Lei onorevole romano non sarebbe mai dovuto diventare ministro" esordisce Rosa Villecco Calipari, vicepresidente dei deputati del Pd, richiamando le "autorevoli voci" levatesi contro quella nomina, "ma lo è diventato" per fare "da stampella a un governo già in agonia". Calipari si rivolge quindi alla maggioranza chiedendo "un sussulto di spirito istituzionale, un primo segno di discontinuità", poi accusa la Lega di "voto di scambio": "Il vostro è un voto a favore dello sfascio. Romano vi serve perché ha coperto i vostri amici delle quote latte. Vi ha fatto un favore da ministro e ora lo ricambiate".
Fabio Granata annuncia il voto di Fli a favore della mozione di sfiducia. "Spetta alla politica - argomenta Granata - fare un passo avanti e dare un segnale alla Nazione". Anche il deputato di Fli esprime delusione per la dichiarazione di sostegno di Maroni a Romano. Al ministro dell’Interno, "oggi diciamo che le confische sono importanti, ma altrettanto lo sono gli esempi della politica. Come fa la Lega ad appoggiare un ministro su cui anche il Quirinale ha avuto riserve?".
Durante la discussione, i deputati di Futuro e Libertà espongono in aula la vignetta di Vauro apparsa oggi su Il fatto quotidiano: il "Pornostato", rivisitazione satirica del celebre quadro "Il quarto stato" di Pellizza da Volpedo (ribattezzato "Patonza da Volpedo"), con Berlusconi, Tarantini, Fede e Lele Mora, circondati da avvenenti ragazze completamente nude. Più tardi, durante l’intervento di Silvano Moffa, deputato passato dal Pdl a Fli e poi tornato con la maggioranza, dai banchi di Fli parte il coro: "Venduto, venduto".
Ferdinando Adornato dichiara in aula che "l’Udc non vota tanto contro Romano, ma contro questa politica liquida che egli rappresenta. Berlusconi non sa cosa significhi essere un uomo di Stato, ma Romano che ha esperienza di politica dovrebbe saperlo".
Pino Pisicchio, vicepresidente di Api, connota il voto di sfiducia al ministro Romano come "un gesto politico, che compiamo con piena consapevolezza. Le motivazioni più convincenti le ha espresse con il suo alto monito il cardinale Bagnasco, auspicando aria nuova e pulita nella politica e ai vertici del Paese".
All’interno della maggioranza, singolare presa di posizione del leader di Pri, Francesco Nucara: "Se fosse possibile manderei a casa Romano, ma se il mio voto dovesse essere determinante, voterò no così (Nucara mima il gesto di turarsi il naso, ndr)". E spiega che per evitare rischi alla stabilità dell’esecutivo, alla Camera voterà "per ultimo, dopo la seconda ’chiama’".
Per il momento, non sembra aver riscosso grande partecipazione la mobilitazione dei social forum, che per le 15,30 a piazza di Montecitorio avevano convocato una "pacifica e simbolica catena umana a difesa della Camera dei deputati, con ciò ribadendo la pretesa collettiva di pulizia sul piano morale e penale dell’Istituzione". Davanti alla Camera pochi hanno risposto all’appello. Prossimo appuntamento in programma, la "notte bianca per la legalità", a partire dalle 20 in piazza dei SS. Apostoli.
* la Repubblica, 28 settembre 2011)
San Francesco e gli italiani
Il patrono tradito due volte
di Gian Antonio Stella (Corriere della Sera, 26 settembre 2011)
San Francesco fu davvero «il più italiano dei santi, il più santo degli italiani», come lo proclamò Pio XII? In coincidenza con il 50º anniversario della prima marcia della pace Perugia-Assisi e a pochi giorni dalla celebrazione della festa del patrono d’Italia nel 150° dell’Unità, vale forse la pena di ricordare che il Serafico Poverello è stato tradito in patria almeno due volte.
Per cominciare, lo tradì il fascismo. Più ancora che per la predica agli uccelli, la benedizione che ammansì il lupo di Gubbio o il miracolo della fonte, uno dei segni della santità del figlio di Pietro Bernardone fu il suo amore per tutte le creature di Dio («Laudato sie mi’ Signore, cun tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole...») e soprattutto per gli uomini. A partire dai più reietti, come racconta uno dei primi discepoli, Tommaso da Celano: «Un giorno gli si parò innanzi un lebbroso: fece violenza a se stesso, gli si avvicinò e lo baciò». Per non dire del suo viaggio fino alla corte del sultano ayyubide d’Egitto, al-Malik al-Kamil, nipote e successore del Saladino, nel 1219. Una visita, scrive Franco Cardini, che non si presta a equivoci: «È evidente che il "crociato" Francesco non voleva né poteva combattere: oltretutto era diacono, per cui l’uso delle armi gli sarebbe stato comunque interdetto. Approvava la guerra contro gli infedeli? Era uomo di pace: quello che egli sognava, l’ha dimostrato appunto recandosi dal sultano e portandogli la pace del Cristo».
Eppure il Duce usò proprio lui, l’uomo del dialogo con l’«altro», come simbolo di un nazionalismo che si incardinava anche nella tradizione cattolica: «La nave che porta in Oriente il banditore dell’immortale dottrina accoglie alla prora infallibile il destino della stirpe, che ritorna sulla strada dei padri. E i seguaci del Santo che, dopo di lui, mossero verso Levante, furono insieme missionari di Cristo e missionari d’italianità». Al punto che il podestà fascista di Assisi, Arnaldo Fortini, si spinse nel 1935 a lanciare un incitamento, trasmesso dalla radio, alle truppe che stavano aggredendo l’Etiopia marciando «per le strade segnate dalle orme sanguinose dei missionari francescani».
C’è un piccolo grande libro che aiuta a capire «come» San Francesco, massimo esempio di quanto la mitezza e l’amore possano avere una forza straordinaria, diventò patrono d’Italia paradossalmente durante quel ventennio mussoliniano violento e muscolare che vide perfino la nascita, dalle parti di Vibo Valentia, di un’assurda «Madonna del manganello». Si intitola San Francesco d’Italia - Santità e identità nazionale, raccoglie i lavori di una dozzina di studiosi, è curato da Tommaso Caliò e Roberto Rusconi e spiega come il Poverello di Assisi sia stato utilizzato e manipolato.
In Fascisti e cattolici del 1924, ad esempio, Piero Misciattelli si avventura a spiegare come anche il Duce (che nel 1908 aveva descritto i preti quali «gendarmi neri al servizio del capitalismo» e nel programma fascista del 1919 si era spinto a pretendere «lo "svaticanamento" dell’Italia») fosse un redento: «La crisi della sua conversione dalla fede socialista alla fede nazionale culminò nell’esperienza durissima della guerra da lui accettata, misticamente compresa, poi sofferta nel fango delle trincee, nella comunione diuturna con l’umile fante ignoto ed eroico...».
Il frate Paolo Ardali, nel libretto San Francesco e Mussolini, ricordando Tommaso Caliò andò oltre. Scrivendo: «Ho sotto gli occhi una fotografia di Mussolini in tenuta di marcia: il suo volto patito, sofferente, ma sereno, ma forte, mi richiama alla memoria una pittura di Francesco d’Assisi di scuola senese del secolo XIII: identica vivezza nello sguardo, identica nobiltà di atteggiamento, manca solo l’aureola».
Nell’enciclica Rite expiatis del 1926 lo stesso Pio XI (che pure avrebbe raccolto l’apertura del Duce verso il Concordato del ’29 con la proclamazione del 4 ottobre 1926, VII centenario della morte del Santo, quale festa nazionale), diffidò i fascisti da questo uso del Poverello quale «vessillo» di uno «smoderato amore verso la propria nazione». Come sia finita, si sa. Nella scia di Gabriele D’Annunzio, che certo non viene ricordato come un cristiano ma aveva ben chiare le opportunità offerte da un santo autenticamente «nazionale», dieci anni dopo la firma dell’accordo tra Stato e Chiesa, il 18 giugno 1939, San Francesco veniva proclamato patrono d’Italia da Pio XII come appunto «il più italiano dei santi, il più santo degli italiani».
Formula apprezzatissima dal Duce che fin dal 1925 si era abusivamente impossessato del fraticello in chiave patriottica: «Il più alto genio della poesia, con Dante; il più audace navigatore degli oceani, con Colombo; la mente più profonda alle arti e alla scienza, con Leonardo; ma l’Italia, con S. Francesco, ha dato anche il più Santo dei Santi al Cristianesimo e all’umanità».
Qualche decennio dopo, riscoperti l’amore e la devozione per il «vero» San Francesco, c’è da chiedersi che fine abbia fatto, oltre all’amore per gli altri, il secondo dei grandi esempi dati dal patrono d’Italia: la sobrietà. La dedizione agli altri. Certo, chi è senza peccato scagli la prima pietra ed è vero che il Poverello di Assisi non pretese che tutti avessero la virtù eroica di indossare i sandali e il saio. Dai tempi in cui Alcide De Gasperi andò a Washington facendosi prestare un cappotto da Attilio Piccioni e alcuni dei padri costituenti quali Giuseppe Dossetti, Giuseppe Lazzati e Giorgio La Pira vivevano con spirito e regole monacali nella «comunità del Porcellino» a casa delle sorelle Portoghesi, sembrano passati millenni.
Se quegli uomini avessero spiegato agli italiani la necessità di stringere la cinghia e fare sacrifici, gli italiani avrebbero detto: sì, se lo dicono loro vuol dire che è così, che non c’è altra scelta. Adesso, tra «olgettine» e faccendieri caricati sui voli di Stato, relatori di severe manovre finanziarie che girano con le Bentley e le Ferrari, appartamenti del Colosseo comprati dai ministri «a loro insaputa», ministri con la Maserati quattroporte che bacchettano i precari, è tutto più complicato. Quanto al voto di castità...
https://www.facebook.com/pages/una-strada-in-salita/247275888617523
le donne hanno manifestto il 24 davanti il palazzo ma ci è stato impedito di andare avanti, ho i video le donne difendevano la Costituzione italiana, centro e fulcro della libertà e della democrazia, della legalità e id irtti sacrosanti delle donne, bistrattate dalla manovra, basta bisogna agire!
quando carico i video ve li do ,ciao ;-)
DIMISSIONI SUBITO DI PAPA E "IMPERATORE"!!!
LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica"), che canta "Forza Italia" con il suo "Popolo della libertà" (1994-2011). Questo è il nodo da sciogliere.
EQUIVOCATO O EQUIVOCO? BENEDETTO XVI O BERLUSCONI, NESSUNO COMPRERA’ LE NOSTRE PAROLE.
Federico La Sala
Purificare l’aria
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 27 settembre 2011)
La Chiesa boccia Berlusconi. Al Consiglio permanente della Cei il cardinale Bagnasco attacca senza mezzi termini le sue indecorose esibizioni, che “ammorbano l’aria”. I suoi comportamenti “licenziosi” sono contrari al pubblico decoro e danneggiano il Paese all’interno e all’estero. Il Cavaliere non è mai chiamato per nome, ma ogni epiteto, ogni aggettivo si attaglia all’uomo che si è definito premier a tempo perso e il cui programma conclamato è: “la patonza deve girare”.
Stili di vita contro il decoro
DI FRONTE al malumore crescente della base cattolica, dinanzi alla rabbia dei fedeli pressati dalla crisi il vertice della Cei non ha potuto tacere. Il telegramma papale a Napolitano giovedì scorso, in cui Benedetto XVI auspicava un deciso “rinnovamento etico per il bene della diletta Italia”, era già un segnale diallarmecheperlagerarchiaecclesiastica la misura era colma. Bagnasco nella sua relazione al direttivo dell’episcopato lo ha riempito di contenuti. Il presidente della Cei è partito denunciando il clima di insicurezza sociale, causato da una crisi iniziata ben tre anni fa e che non si era voluta capire. Ciò che si sta facendo (leggi: da parte del governo) non è sufficiente, per non parlare del “metodo scombinato con cui si procede”. Poi è stato un crescendo.
Mortifica, ha detto, il deteriorarsi del costume e del linguaggio pubblico. Mortifica il dover prendere atto di “comportamenti non solo contrari al pubblico decoro, ma intrinsecamente tristi e vacui”. Bagnasco ha ricordato che ricoprire una carica pubblicarichiede,comevuolela Costituzione,“misuraesobrietà, disciplina e onore”. Si rincorrono racconti, ha proseguito, che se comprovati “rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica”. Colpisce, ha incalzato, l’esibizione.
Comportamenti licenziosi
E BENCHÉ il cardinale non sfuggaallatentazionedicriticare le troppe intercettazioni e le troppe cronache dedicate al tema, in ultima analisi scandisce: “Nessun equivoco...la responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni... I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune”. Da una “situazione abnorme”, insiste, si genera una spirale che deteriora l’equilibrio della società. Sotto il peso della crisi, che grava sulle famiglie, non si possono “assecondare scelte dissipatorie e banalizzanti”. La collettività guarda “con sgomento” a quanto avviene sulla scena politica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene “pericolosamente fiaccata”.
La questione morale non è un’invenzione
URGONO , martella Bagnasco, comportamenti esemplari. La “questione morale - rimarca è un’invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito privato o pubblico, essa è un’evenienza grave”, che suscita un senso di urgenza. Non si può propagare l’immagine di un’ “esistenza facile e gaudente” nel momento in cui servono serietà e sacrificio. “C’è da purificare l’aria - esclama il presidente della Cei - perché nuove generazioni non restino avvelenate”. Servono trasparenza ed equità.
Per non restare solamente nel-l’ambito della denuncia politico-morale Bagnasco entra anche nei particolari più penosi dell’azione o inazione del governo Berlusconi. “Non si capisce - accusa - che legittimazione possano avere in un consorzio democratico i comitati d’affari, che si autoimpongono attraverso il reticolo clientelare” e generano costi maggiorati per la collettività
Due anni di ritardo
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 27 settembre 2011)
La Chiesa molla Berlusconi. Dopo la Confindustria anche la gerarchia ecclesiastica si accorge che il Paese non può andare avanti così. Il carico di accuse che il cardinale Bagnasco nuove al premier è infamante soltanto a elencarle. Comportamenti indecorosi, licenziosi, tristi, vacui. Incompatibili con la dignità delle persone e delle istituzioni. Relazioni improprie che fanno danno a prescindere dalla notorietà. Esibizioni che danneggiano la società e il credito dell’Italia all’estero. Una situazione che “ammorba l’aria”.
Dunque avevano ragione i cittadini di ogni credo e il popolo delle parrocchie, quando denunciavano il prolungato silenzio della Chiesa. Avevano ragione a porre la questione morale, che oggi Bagnasco riconosce non essere un’invenzione mediatica. Non erano faziosi dell’antiberlusconismo quanti da anni denunciavano il profondo danno causato da un premier, vergogna dell’Italia, colpevolmente inerte nel combattere corruzione, comitati d’affari ed evasione fiscale.
È troppo chiedere ai vertici ecclesiastici perché hanno tardato tanti anni a dire basta? È, al più tardi, dall’anno 2009 - l’anno di Noemi e dell’ignobile decapitazione di Boffo - che ognuna delle parole impiegate nella relazione del presidente della Cei potevano essere scandite. Anche i vertici ecclesiastici portano la loro responsabilità nell’aver puntellato per troppo tempo chi portava l’Italia al baratro.
Nella sua relazione il cardinale Bagnasco si distacca prudentemente dai progetti vaticani di una nuova Dc. La Cei sembra puntare su un “soggetto culturale e sociale” che si confronta con la politica. Per rinascere l’Italia ha bisogno delle migliori energie di credenti e diversamente credenti. Meglio se convergenti. Un modesto suggerimento: i vertici ecclesiastici lascino liberi i cattolici nel loro impegno politico. Non pretendano di teleguidarli o intrupparli. Sono adulti. Faranno le scelte che credono giuste.