LA STORIA DEL MIO PAESE ...

L’ITALIA, UNA FORESTA BRUCIATA. Un’analisi di Furio Colombo - a c. di Federico La Sala

La landa è desolata. Mi rendo conto che, dopo Berlusconi, siamo in un dopoguerra. Ma non dovremmo essere noi gli autori, visionari e generosi (non nel senso di avere ma nel senso di dare) di un nostro piano Marshall?
domenica 11 novembre 2012.
 

Un Piano Marshall per l’Italia del dopo B.

di Furio Colombo (il Fatto, 11.11.2012)

La politica si è rivelata un mestiere inferiore. Se chi vi partecipa non risulta disonesto, resta comunque accertato che si tratta di un incompetente, del quale è meglio non fidarsi quando parla di numeri. Persino se non ha un suo disegno nascosto, il più delle volte non sa di che cosa parla ed è bene che vi sia una funzione vicaria (quella degli economisti che vanno al governo) per impedire danni, soprattutto danni al futuro.

QUESTO È CIÒ che è accaduto in Italia dopo gli anni di incoscienza e vandalismo del governo Berlusconi che, insieme con l’opposizione molle e il giornalismo vanitoso, hanno creato il furore della antipolitica. Adesso accade che anche gli economisti al governo non siano sempre graditi. E allora si comincia a diffondere l’idea che esista una terza classe di governo, dopo la politica e dopo l’economia, che è la democrazia diretta con verifica immediata delle persone e dei fatti, in ambiente perfettamente sterilizzato. Richiederà il trapianto, nella malandata e poi punita vita italiana, di un organo inesistente, o almeno provato finora solo su piccoli esperimenti ma da cui vengono promessi miracoli, ovvero un trapianto di vita pubblica mai vissuta prima.

Non so come se la caveranno i cittadini, tra la nostalgia della politica che giudichi, poi deleghi poi torni al tuo lavoro, prima di giudicarla di nuovo (si può avere nostalgia anche di ciò che non è mai accaduto) e la voglia di sradicare l’albero di tanti cattivi frutti.

Di certo sarà un po’ difficile rimpiangere questi giorni che stiamo passando in corsia, dove i medici sono quasi tutti rispettabili, alcuni di fama, i loro modi sono quasi sempre bruschi se non maleducati, e le loro cure, probabilmente efficacissime, dato il prestigio dei dottori, sempre somministrate con una certa brutalità che non sai se inevitabile o pedagogica.

Dunque sono tre stagioni difficili e diverse, tutte e tre dominate non dal desiderio di un minimo di tranquillità e felicità delle persone, ma dai conti. Al principio mancano i soldi, che qualcuno ha sperperato, come impariamo da rivelazioni continue e sempre più sorprendenti. Poi, con le buone o con le cattive, i soldi si riesce a trovarli, almeno una parte, prelevandoli dalle famiglie.

Resta il fatto che il mondo sembra governato da tre cerchi: la finanza e le sue rabbie improvvise, gli economisti e il confronto continuo delle loro dottrine (in Italia, unico Paese democratico, gli economisti sono anche il governo, e forse dovremmo dire “per fortuna”, se pensate a chi c’è ancora in giro).

E IL SINDACO Pizzarotti di Parma che da solo, lentamente (sarebbe più giusto dire “cautamente”) governa diverso. Noterete che sono tre governi di quantità, con gradi diversi di garanzia sul netto e sul lordo. Lo strumento non è nella ricerca di una migliore natura umana o politica, ma nella sorveglianza continua (una sorta di braccialetto elettronico per chi amministra, detto trasparenza). E il continuo montare la guardia, attraverso la “democrazia diretta” di chi, dopo avere votato, non dorme mai per essere sicuro in ogni istante che i conti tornino. Tutto ciò mi lascia in sospeso con oggetti strani che non so dove collocare lungo questo tragitto.

Abbiamo attraversato un mondo disastrato e malevolo (Berlusconi e la sua gente), poi ci hanno sistemato in corsie di ospedali tecnico-economici senza “frills” (utile parola inglese per dire piccoli ornamenti che confortano) dove tutto è mirato a qualche forma di restituzione e di correzione. Infine ci promettono un nuovo mondo dove la luce è sempre accesa, dove nessuno si fida di nessuno, dove siamo sempre di guardia perché non si ripetano né il passato dello spreco, né il presente della restituzione (dove il problema è che sono chiamati a restituire coloro che non si sono mai impossessati di niente).

DICEVO che ho oggetti strani in sospeso che adesso appaiono estranei non solo al peggiore dei mondi in cui abbiamo vissuto, ma anche al migliore, nel quale ci dicono che dovremmo entrare tra poco.

Domando: dove mettere il dolore, a chi affidarlo perché, costi quel che costi, la pena diminuisca o venga lenita? Dove mettere la condizione dei disabili di cui nessuno si occupa come se non durasse una vita? Che cosa fare dei bambini a cui tolgono scuole e insegnanti, degli anziani isolati dal mondo eppure vivi e carichi di pensieri, dei pazienti a cui continuano a togliere i letti, e lo annunciano come una conquista di civiltà? Dove metto la felicità nel senso della Costituzione americana (il diritto di cercarla) o di quello, anche più preciso della Costituzione italiana (“diritto al lavoro”, “dirittto alla scuola”, “diritto alle cure”...)?

Alle spalle non ho nulla, lo so benissimo. L’Italia dopo Berlusconi è una foresta bruciata. Ai dottori in economia non posso chiedere nulla perché mi risponderebbero con nuove rivelazioni su buchi da colmare e indispensabili amputazioni da eseguire subito senza anestesia. I politici classici mi rispondono con furibonde gare di leadership personale (stanno tutti chiedendo chi è il migliore del reame). E “il nuovo” promesso dal trapianto dell’organo “trasparenza” misura tutto con cura e persegue con rigore, ma gli interessa solo la misura giusta di ciò che si vede. Il dolore, per esempio, e la speranza di felicità non si vedono.

Ecco, la storia del mio Paese mi ha lasciato qui. La landa è desolata. Mi rendo conto che, dopo Berlusconi, siamo in un dopoguerra. Ma non dovremmo essere noi gli autori, visionari e generosi (non nel senso di avere ma nel senso di dare) di un nostro piano Marshall?


NOTE SUL TEMA:

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